Il Prezzo del Coraggio
di
arance e scarpette rosse
…Allora Oz
disse: "È stato facile dare un cervello allo spaventapasseri,
un cuore all'uomo di latta e il coraggio al leone codardo,
poichè ciò che credevano di non avere in
realtà era già dentro di loro,
io li ho solo aiutati a capirlo".
(F. Baum – Il Meraviglioso Mago di Oz)
Se c’è una
cosa che Draco Malfoy ha
imparato, in questi ultimi quattro anni, è tenere
costantemente i sensi all’erta
e almeno in questo è risultato particolarmente bravo.
È assai difficile
riuscire a coglierlo di sorpresa, in missione come anche in casa, ha
riflessi
pronti e capacità decisionale rapida e reattiva.
Tutti si complimentano ammirati, credendo
che sia un’abilità innata donatagli come dovuto
omaggio dalla limpidezza
cristallina del suo sangue reale, tutto l’entourage
dell’Oscuro lo tiene in
grande considerazione come uno dei migliori strateghi e combattenti
dell’esercito e a lui, ovviamente, sta bene così.
Ma la verità bussa alla sua porta,
picchia sodo sul legno e, per quanto possa fare orecchie da mercante,
ogni
tanto, specie nelle notti desolate e umide di freddo e nostalgia,
è costretto
ad aprirle.
Draco sa che non è istinto ferino né
lampante genio, ma solo il risultato del costante esercizio di un
codardo senza
nerbo che coglie ogni sussurro nell’ombra, ogni movimento
sospetto, ogni brilluccichio
di alamari, ogni sguardo indecifrabile per abbandonare il campo di
battaglia ed
evitare lo scontro diretto. Lo sa da quella notte maledetta sulla torre
di Astronomia, da quando un vecchio e saggio mago precipitò
giù e non per sua mano, la sua mano di ragazzino, certo, di
bimbo traviato e angosciato, ma comunque una mano che tremava troppo.
Gli è molto più congeniale sventare che
sventrare, da sempre. E dato l’esiguo numero in cui sono
rimasti, loro
Mangiamorte, si giustifica con sé stesso sostenendo che se
non rimane lui, a
latrare ordini e a predisporre schemi di accerchiamento e attacchi a
sorpresa in
piena notte, come faranno a vincere?
Perché è ora di vincere, insomma. Quasi
cinquanta mesi sono più lunghi di quanto si possa pensare.
Da quanto Draco non
dorme? Dormire davvero, dormire così profondamente da non
sentire nemmeno un
urlo maschile o il pianto di una madre provenienti dai sotterranei,
così
pesantemente da svegliarsi molte ore dopo con un rivolo di bava che
bagna il
cuscino. È stanco, davvero molto stanco. Stanco di quei
falsi riposi sbocconcellati
a fatica come tozzi di pane secco, di ronde massacranti e tende
improvvisate,
stufo di quella tensione nervosa, di quell’attenzione
isterica ad ogni minimo dettaglio
degli ambienti che ha il retrogusto di istinto di sopravvivenza e che
non lo
abbandona da troppo tempo. Non ne può più di
camminare ispezionando il terreno
alla ricerca di un’impronta stonata, di fango fresco smosso
da poco, di
trappole tese o di fruscii inaspettati.
È difficile salvarsi la pelle e non c’è
più nessuno che lo faccia per lui. Sua madre è
stata l’ultima. Il cuore già
malandato le è esploso nel petto dopo esserglisi lanciata
davanti per
proteggerlo dell’ennesima cruciatus,
dato che non era riuscito ad estorcere le informazioni necessarie a
quel
vecchio ciccione del capo del distaccamento anticrimine del Wizengamot.
Ma come Salazar si fa a
violentare una mocciosa di dodici anni davanti agli occhi dello zio pur
di
farlo cantare?
Draco non lo sa e non ci tiene a
saperlo. C’è un limite alla mostruosità
ed anche se ci cammina a ridosso da
molto tempo non ha alcuna intenzione di valicarlo.
-
Non
volevo ucciderla – ha commentato monocorde il Signore Oscuro,
quando Narcissa
gli è stramazzata ai piedi, gorgogliante schiuma di bile e
sangue. Si è alzato
in piedi ed è uscito dalla stanza con assoluta indifferenza,
lanciando a Draco
uno sguardo che, in teoria, sarebbe dovuto essere perlomeno di scuse,
ma che invece era
risultato solo pieno di disgusto per un debosciato senza spina dorsale
che preferisce
nascondersi dietro le sottane della mammina ma che, purtroppo,
è un buon
condottiero e perciò non eliminabile.
Suo padre non gli parla più. Narcissa è sempre
stata molto più importante di qualsiasi altra cosa. Il
frutto del suo ventre
non è riuscito a difenderla e Lucius non lo
perdonerà mai per questo.
Ormai si avvicendano con sempre maggiore frequenza, le notti in cui la
coscienza va a chiedergli di regolare i conti.
Cosa
hai fatto, Draco… cosa hai fatto…
Non volevo... giuro che non volevo.... lasciami
stare…
Non posso. Hai un debito con me. Non vuoi onorarlo?
Non
è un debito, è usura! Ti prendi anche ossigeno,
lacrime, salute, energia!
Sono
la coscienza, Draco, non uno strozzino. Prendo il corrispettivo di
ciò che è
stato, né più, né meno.
E
cosa vuoi… cosa vuoi…
Ancora
non lo so. Ti farò sapere presto.
Forse sono i sensi di colpa, i
ricordi
strazianti pieni di vecchietti pestati a sangue e bambini strappati ai
genitori, le case dei babbani a cui hanno appiccato fuoco o i pomeriggi
abbarbicati sui tetti dei grattacieli a giocare a fare i cecchini,
forse
semplicemente Draco non ha più voglia di vivere e quindi
nemmeno di prestare
attenzione ad ogni infinitesimale particolare che lo circonda.
Forse è tutto questo.
Sta di fatto che, per la prima volta in
quattro anni di onorata carriera, viene colto di sorpresa.
***
Troppo silenzio, innanzitutto. Un
silenzio innaturale avvolgeva da qualche minuto la radura in cui il
gruppo di
Mangiamorte si era accampato per la notte, in attesa delle prime luci
dell’alba
per attaccare un villaggio di oppositori alle nuove tasse che il
Signore
Oscuro ha imposto.
Si sarebbe dovuto
udire il l’ululato di qualche lupo, il crepitio del fuoco, il
fracasso del
russare di Goyle: invece no, tutto taceva di una
tranquillità assolutamente improbabile.
Se fosse stata una serata normale se ne
sarebbe resto conto.
Invece improvvisamente sente la tenda
librarsi in alto e il vento gelido della notte investirlo senza
pietà. D'istinto, senza rifletterci, allunga la mano e si
infila la
maschera
d’argento, sbagliando clamorosamente. Avrebbe dovuto
approfittare di quel
secondo per afferrare la bacchetta, non per garantirsi
l’anonimato: ha i
riflessi pronti, certo, ma non per la battaglia.
Sa che dovrebbe vergognarsi, di portare
un nome a cui non rende per nulla onore: non è un drago,
è un povero topolino
spaventato che cerca la via di fuga appena può. Ma questa
volta il predatore è più
rapido: viene catapultato in aria e ricade pesantemente al suolo,
qualcosa di
tondo e appuntito gli provoca un dolore lancinante al fianco
destro.
Un piede imperioso si poggia sul suo
petto e la punta di un’arma affilata gli disegna il profilo
della maschera.
Non può muoversi, non può parlare. È
stato
pietrificato dal collo in giù.
Da una donna.
Dalla Weasley.
- Ce
ne sono altri? – sibila, terribile e ribollente di rabbia, i
capelli raccolti
in una calza nera e
uno sguardo così
micidiale che non gli consente di mentire. Chiude gli occhi e li
stringe forte,
sperando che lei capisca che è un no.
- Se
stai mentendo, ti squarto come un capretto – ringhia,
piantandogli il manico
del coltello dritto nello stomaco con una forza totalmente inaspettata.
Draco
non ha mai provato un dolore simile.
La Weasley si alza e fa un cenno verso
gli alberi. Dalla foresta sbucano figure che si aggirano guardinghe per
il
campo, con le bacchette tese e le espressioni attente.
Uno di loro fa un paio di cenni con le
mani e ognuno si dirige presso una tenda. Poi gli si avvicina.
- Ginny,
sai che non è prudente – brontola la voce,
probabilmente femminile.
-
Ci
serve uno che ci dia qualche informazione.
- Questo
non significa presentarsi a viso aperto. Avrebbe potuto…
- Con
gli avrebbe potuto, capo, non si va
tanto lontano.
Draco si guarda intorno, disperato, alla
ricerca di qualcosa che possa aiutarlo a non essere completamente
inerme di
fronte a quella pazza. La sua bacchetta riluce timida a un paio di
passi da
lui, come a voler attirare l’attenzione del padrone. Se
riuscisse a scardinare
questo incantesimo e a lanciarsi abbastanza a destra…
Il braccio è libero, può muoverlo con
una certa facilità. Approfitta del momento di distrazione
delle due per tentare
di allungarlo.
Uno scarpone pesante gli schiaccia senza
pietà le quattro dita tese. Draco urla come un maiale
sgozzato.
- Dieci
galeoni che è Malfoy – ridacchia la rossa, con un
astio che stilla copioso da
ogni lettera.
- Io
non ci sto, Rossa. Sono soldi troppo facili – ribatte uno, e
tutto il gruppo ride sguaiatamente.
Lei si china rapidissima e gli toglie la
maschera.
- Visto,
che vi dicevo. Quelli della sua stirpe non sanno far altro che
attaccare alle
spalle.
Continua a premere il piede sulle sue
dita, muovendolo in piccoli semicerchi per imprimere più
forza.
- Dov’è
tuo padre? – continua, rivolta a Draco.
- Non…
non qui - biascica lui, con la gola riarsa e una voce tremolante che
d’improvviso gli è ritornata in gola.
- È
in missione da qualche altra parte?
- Che
io… sappia… no.
La Weasley si gira e confabula per un
attimo con uno degli uomini. Poi, per ogni evenienza, molla un calcio
nel
fianco a quello steso a terra.
- Se
trovate Lucius, lasciatelo a me.
Si volta e sparisce di nuovo in mezzo
agli alberi, così in fretta che Draco non riesce a capacitarsi di come
abbia fatto.
La donna che è evidentemente a capo
dell’operazione gli si inginocchia al fianco e lo fissa.
Indossa abiti scuri,
morbidi, da uomo e in testa ha una specie di calza di lana spessa,
nera, che le
lascia scoperti solo gli occhi. Gli sembrano familiari, ma non riesce
a identificarli precisamente.
- Che
ci facevate qui? – gli chiede con una voce cupa, camuffata
dalla stoffa.
Draco è combattuto. Da un lato sta
cercando la soluzione più rapida e indolore per trarsi
d’impaccio dalla
situazione senza danni collaterali, dall’altro qualcosa gli
dice che non è
dignitoso arrendersi così facilmente e fornire al nemico
tutte le informazioni
che gli dovesse richiedere.
Decide di far finta di resistere, ancora
un po’. In fondo loro si considerano i buoni, non dovrebbero
fargli cose
terribili, anche se la Weasley gli sembra parecchio incattivita e
pericolosa.
Non che se la ricordasse come uno zuccherino, picchiava forte durante
le
partite di Quidditch quando Madama Bumb non guardava, ma non
è come ora.
Sicuramente darebbe spole intere di filo da torcere alla maggioranza
dei suoi
uomini.
- Niente
che ti riguardi, ribelle.
La donna prende un profondo respiro e
gli si siede accanto, con la bacchetta in mano ma abbassata.
- Malfoy,
che ci facevate qui?
Silenzio. Non è così stupido da non
aspettarsi una reazione, se oserà provocarla.
- Se
non mi rispondi con le buone, non riuscirò a convincere i
miei uomini a non
essere… persuasivi. E
credimi, non lo
voglio affatto.
- Se
non mi lasci andare immediatamente, non riuscirò a
convincere i miei uomini a
non sterminarvi. E non mi pongo nessun problema a farlo.
- I
tuoi uomini sono fuori uso per almeno tre giorni e completamente
immemori di
ciò che è successo. Molti dei miei, invece, hanno
qualche conto in sospeso con
te o con chi rappresenti e hanno imparato tanti nuovi trucchetti.
È con le spalle al muro, ormai. È un
topolino, ma non può sgusciare via attraverso le sbarre
della gabbia, tanto
vale mostrare i dentini, almeno per togliersi quella soddisfazione.
Canterà subito dopo la prima cruciatus.
- Non
andate in giro sbandierando di essere voi, i paladini della giustizia?
Torturereste un uomo disarmato? Non
siete molto differenti da noi, in fin dei conti. E tu, puttana
traditrice,
che ruolo hai? Sei la guardia buona, dopo che la pezzente ha
interpretato
quella cattiva? Fai
tanto la coraggiosa
e non hai nemmeno l’onore di mostrarti in faccia,
maledetta…
Qualcosa gli corrode rapidamente lo
stomaco e si spande in tutta la pancia con rapidità
impressionante, come se la
sacca muscolare si sia bucherellata a mo' di colapasta e stia lasciando
fuoriuscire tutti
gli acidi gastrici.
La donna ha tolto la calza dal viso in
un unico gesto fluido.
Sa chi è. Lo sa perfettamente.
E tuttavia non è più lei.
Se la Weasley era Rabbia, questa
Hermione Granger è Paura. Non
la sua, certamente, lei non ne ha, forse non ne ha mai avuta, nemmeno
quando ai tempi di
Hogwarts avrebbe dovuto.
Ha però le sembianze che Draco darebbe alla
Paura. È la personificazione della Paura per come Draco la
intende e si rende
conto immediatamente che non ne uscirà vivo.
Questa Granger è
implacabile, inarrestabile, senza pietà. Questa
Granger lo spezzerà a metà come il collo di un
coniglio appena cacciato, se
sarà necessario.
Cercare di controllare gli sfinteri sta
diventando sempre più difficile.
- Io
non ho bisogno di maschere, Malfoy. Sono io, Hermione Jean Granger,
capo dei
ribelli e non temo di farlo sapere. Se
uscirai vivo di qui, puoi andare a raccontarlo a chiunque tu voglia. Io
cammino
a testa alta.
Mentre sta finendo la frase un uomo le
torna accanto, battendosi il petto a pugno chiuso.
- Capo,
non c’è niente.
Lei alza lo sguardo e sospira,
passandosi una mano sulla tempia.
- Che
ne facciamo di questo?
– chiede il
soldato, guardandolo con due occhi divertiti.
- Prigioniero.
Uno schiantesimo lo prende in pieno
petto e Draco sviene prima ancora di poter respirare.
***
Quando mai si è visto uno della
categoria che in teoria ha il permesso di andarsene tranquillamente a
spasso
per l’accampamento? Certo, non ha più la bacchetta
e sono stati eretti scudi
che gli impediscono di uscire fuori da un determinato perimetro, ma
dove sono
le catene, le torture, le sevizie, i ricatti? Non che gli dispiaccia,
ovviamente, ma è tutto sbagliato. Innanzitutto lui potrebbe
allegramente scorrazzare
in giro, prendendo nota mentalmente di qualsiasi dettaglio che potrebbe
tornare
utile ai fini della sua missione: tipo e numero di armi, organizzazione
gerarchica, orari, piano d’attacco, punti deboli…
potrebbe manomettere i
viveri, avvelenare l’acqua, uccidere qualcuno nel sonno,
sabotare le
comunicazioni.
Sì, e con quali mezzi?
E soprattutto, chi gli assicura che
prima o poi ne uscirà vivo?
Merlino, forse è per questo che non lo
toccano con un dito. Gli stanno regalando le ultime ore di vita
dignitosa prima
di sgozzarlo, impiccarlo o chissà quale altra diavoleria.
No, tutto sommato resterà tranquillo e
seduto nella sua piccola tenda scura. Non sia mai che a qualcuno di
quegli
schifosi luridi traditori, vedendolo, venga qualche strana sadica idea,
tanto
più che qualche volta ha sentito la Weasley dire che si vuole divertire.
È l’incarnazione del demonio.
***
Un interrogatorio che si rispetti
avviene quando qualcuno ti tortura con cruciatus, ferri roventi, secchi
d’acqua
ghiacciati in cui immergere la testa, pugni, calci e spranghe. Se si
vuole
sapere anche il colore delle mutande che la vittima ha indossato il
giorno del suo
quarto compleanno, bisogna procurarsi una persona a lei cara e
minacciare di
farle le cose più terribili, o direttamente metterle in atto.
La Granger che ogni sera entra in tenda,
gli si siede di fronte e gli chiede gentilmente di rivelarle tutto
ciò che sa,
senza alzare nemmeno la bacchetta su di lui, è semplicemente
ridicolaggine.
Per i primi giorni Draco le vomita
contro gli insulti più irripetibili, le ingiurie
più bieche, la etichetta con
aggettivi che farebbero arrossire molti dei suoi guerrieri
più amorali, conia
per lei termini originali e mirabolanti.
Dalla faccia che lei fa sembrerebbe che
lui stia zitto. Nemmeno quando le illustra con dovizia di particolari
la
vastità e la tipologia della clientela delle sue antenate
ottiene nulla,
nemmeno una piccola smorfietta, neanche un sopracciglio corrugato.
Niente di
niente. È come se fosse sorda.
Finita la fantasia, per due settimane
decide di giocare al suo gioco e le passa in silenzio. Stanno ore a
guardarsi.
All’inizio è fastidioso e imbarazzante,
poi… poi diventa quasi un rituale, una necessità,
l’evento cardine della
giornata che Draco si trova ad attendere con impazienza. Certo,
continua sempre
a fulminarla con lo sguardo e ogni tanto quando gli viene in mente
qualcosa di
nuovo non si trattiene dal comunicarglielo, ma si sente come
importante. È lui
che va a trovare ogni sera, è la sua voce che vuole sentire,
è per lui che sta
sprecando tutto quel tempo prezioso.
Non è bella, la Mezzosangue, non lo
è mai stata e questa vita all’addiaccio piena di
paura e privazioni non le dona
di certo. È magra, scavata, bianca come un cadavere, con le
mani screpolate e
rosse, il viso graffiato, i vestiti sformati, le sopracciglia un
po’ incolte.
Però...però gli piace guardarla.
All’inizio era l’unica cosa che aveva da fissare e
quindi si divertiva a
coglierne ogni difetto, ogni imperfezione, ogni ruga o livido o brutta
smorfia,
poi pian piano ha iniziato ad apprezzare la visione
d’insieme. È graziosa
quando si stringe le mani tra le cosce per tenerle al caldo, quando
arcua il
piede e disegna in terra mezzelune con l’alluce, quando lo
guarda dritta negli
occhi mentre lui la chiama cagna in
calore e non batte ciglio, anzi sembra quasi avere un
interesse
scientifico, come se il processo logico e verbale che Draco le mostra
sia
così affascinante da meritare di essere studiato.
Alla fine, giusto per non prendere
l’abitudine e diventare più volgare di un troll di
montagna, inizia a parlarle.
Non le racconta niente dei piani dei Mangiamorte o la collocazione
della residenza
del Signore Oscuro (d’altronde non potrebbe, non è
lui il Custode Segreto), ma
le parla di minuzie, del profumo dei tigli selvatici o del freddo che
fa sullo
Scafell Pike, di quando hanno fatto saltare per aria mezzo paese, delle
urla
della fattucchiera con un occhio solo e la pelle blu quando
c’è la luna piena.
E poi, una settimana lei sparisce.
E sono sette giorni mortalmente noiosi.
***
- Benedetto
Salazar, che hai combinato?
-
Ho
catturato cinque dei tuoi, tra cui Zabini. Mi è sfuggita la
Bulstrode per un
pelo. Adesso sono ad Azkaban, in attesa di un regolare processo.
Draco
rimane senza parole per qualche minuto, stordito dalla
portata dell’attacco
che la sua compagine ha subito. Cinque… cinque! Tra cui
Zabini, Zabini "la
pantera"! Come diavolo avrà fatto a catturarlo? Quello
è praticamente
invisibile, a malapena Draco riesce a parlarci!
E poi è sconvolto, sinceramente confuso da
quell’informazione che non riesce a inserire nei suoi schemi
mentali. Cioè,
quelli la fanno a pezzetti, la bucherellano e lei che fa? Li
consegna alla giustizia.
È completamente fuori di testa.
- Complimenti,
Mezzosangue, vuoi l’applauso?
- Dovresti
farlo a te stesso, l’applauso – e adesso ghigna, la
brutta stronza, e sembra
proprio il ghigno trionfante di una convinta di averlo messo nel sacco
– sei
stato tu a dirmi dove trovarli.
- Cazzo
dici, pazza visionaria? Non ti ho detto mezza parola!
-
Parole
me ne hai dette tante, la maggior parte delle quali davvero indegne del
tuo
prezioso sangue puro. Però qualcosa me l’hai
detta, Malfoy. Mi hai parlato
dello Scafell Pike, quindi significa che bazzichi dalle parti della
contea di
Cumbria. Mi hai parlato di un villaggio saltato per aria, e
l’ultimo in quella
zona è Glenridding. Hai parlato di tigli, e anche i bambini
sanno che la zona
vicino a Brough Castle ne è piena. Certo che siete proprio
banali… un vecchio
castello diroccato come quartier generale… simbolo perfetto
della vostra,
seppur nobile, decadenza…
Draco sa di avere la bocca spalancata e
la faccia da cretino, ma non riesce a darsi un contegno. Dovrebbe
essere
furibondo, dovrebbe saltarle addosso e finire il lavoro che i suoi
colleghi
hanno cominciato, dovrebbe prendersi a pugni per essere stato tanto
idiota.
Ma la verità, maledizione, è che
l’ammira. Lui non avrebbe fatto certi collegamenti nemmeno se
fosse scesa
Morgana in persona a fargli il disegnino e lei, invece, ha azzeccato la
collocazione di una delle loro roccaforti principali solo sentendolo
parlare di tigli.
- Il
diavolo sta nei dettagli, Malfoy. Non te l’hanno mai detto?
– gli chiosa,
compiaciuta e tronfia come ai tempi della scuola, con il tono
galvanizzato di
chi pregustava da tempo il piacere di sbattergli in faccia quella frase
di
vittoria e finalmente c’è riuscito. Sembra
improvvisamente ringiovanita di un
lustro e gli fa tanta tenerezza.
- Ma
guardatela, la piccola Granger ha applicato per bene la
lezioncina… - dice,
senza riuscire a sembrare sprezzante. Peccato che sta dalla parte
sbagliata e
che è una Sanguesporco, sarebbe un elemento formidabile.
- E
ora, Malfoy, ti faccio una domanda – continua, tornando
improvvisamente seria.
– Non devi rispondere a me, ma a te stesso.
Si prende un attimo di silenzio e Draco
la guarda torvo. Va bene, è una in gamba, ma se spera che
caschi in un altro
dei suoi trucchetti può anche andare a farsi…
- Secondo
te, cosa avresti ottenuto tu, da me, usando i tuoi metodi?
Ciao,
Draco. Sono sempre io. Avanti, rispondi alla domanda.
No.
Come
no… insomma, non ti ricordi più i nostri
colloqui? Abbiamo un conto in sospeso,
io e te.
No…
Se
rispondi, magari potrei scontarti un po’ la pena.
Nulla.
Bravo,
Draco.
- E
cosa ho ottenuto io, invece, usando i miei?
Un
bel bottino.
Facciamo
progressi, Draco.
- Ti
lascio a riflettere, Malfoy. Buonanotte.
È in quel momento che Draco capisce che
quella brutta iena infida della Granger gli piace da matti.
- Sei
più furba di un folletto, Granger.
Sono ricominciati i loro incontri serali,
finalmente, stava quasi disimparando a parlare. Quella settimana in cui
lei era
assente è stata davvero una tortura, tutte le sere si
perdeva a fissare
l’entrata della tenda e non vederla svolazzare è
stata ogni volta una piccola
bruciante delusione. Ora Draco sta attentissimo a come parla, ma dubita
di
essere capace di tacitare altre informazioni. La maledetta capirebbe
anche cosa
ha mangiato due settimane prima, se gli si avvicinasse abbastanza da
sentirgli
l’alito.
-
Grazie,
Malfoy. È un complimento? Incredibile, mai avrei pensato di
udirlo da te.
- Abbassa
la cresta, Mezzosangue. È solo una constatazione.
- La
necessità aguzza l’ingegno, che nel mio caso, devo
ammettere, era già
abbastanza sviluppato.
- Scoppierai,
prima o poi, il tuo ego esploderà.
Lei ride forte e Draco si scopre, ogni
momento più stupefatto, ad adorare quella risata trillante.
Nell’accampamento dormono tutti, quella
notte hanno tirato sino a tardi, presi com’erano ad
insultarsi. Anche lei ha un
buon vocabolario, certo molto più moderato ma comunque
notevole.
Escono fuori dalla tenda, c’è una
splendida mezzaluna che inonda di luce lattea il pendio.
Qualche estate fa, quando era più piccolo, un po' di volte
Draco
è entrato in un "cinema", un luogo di svago babbano con Nott
e Goyle per divertirsi a lanciare
qualche fattura sugli avventori. Una volta, prima di concentrarsi sul
suo lavoro, ha
guardato sul muro di fronte a sé e ha visto
l’immagine di un uomo e una donna,
abbracciati di fronte alla luna proprio come loro adesso.
Gli piacerebbe provare, vedere com’è,
come ci si sente a stare così. Ma non è il
momento, non ancora.
- Sai,
Granger, non sei più quella di prima. Non so quanto questo
possa essere un bene
o un male.
- Siamo
cambiati tutti. Tranne te. Tu invece sei sempre lo stesso.
- È
un insulto, vero?
- Certo
che sì.
Silenzio.
- Potresti
essere il leone, Malfoy, davvero. Peccato che ti manchi il coraggio.
- Non
esagerare, Mezzosangue – ringhia, - non osare darmi del
Grifone…
- Ho
detto leone.
- E
che vuol dire?
- Niente,
niente. Mi è scappato.
- Spiegami.
- Ma
niente, non capiresti.
- Non
pretendo di essere al tuo livello di genialità, ma guarda
che il mondo non è
fatto da stupidi decerebrati che arrancano nella tua scia.
- Che
permaloso! Ho detto solo che non capiresti, non sai a cosa mi riferisco.
- E
dimmelo.
- È
una storia babbana.
- Allora
non lo voglio sapere.
Ancora silenzio. Lei si rigira un filo
d’erba tra le dita e disegna semicerchi nel terreno col piede
destro, come
sempre.
È bella.
Come ha fatto, un po’ di giorni prima, a
pensare il contrario?
- Si
vede che stai morendo dalla voglia di blaterare, Mezzosangue. Te lo
concedo,
raccontami questa storia strepitosa.
Le ricompare per un istante sul volto
quell’adorabile smorfia da saputella, prima di iniziare a
parlare.
- C’era
una volta una ragazza, di nome Dorothy, che viveva nel Kansas con la
zia Emma…
- Hai
detto una cazzata, Granger. C’è magia, in questa
storia, non è babbana.
- Si,
lo è. Ma guarda che anche i babbani hanno fantasia. Anche se
ora che mi ci fai pensare chissà, magari Baum...
- Ti prego risparmiami le tue
elucubrazioni, sennò facciamo mattina. Comunque io sarei il
leone senza coraggio?
- Esattamente.
Ma qui non esiste nessun Mago di Oz, Malfoy, devi trovartelo da te.
- Io
non sono un vigliacco.
Mentre lo dice, Draco si rende conto che
è una bugia grossa come quella stessa luna che lo sta
accarezzando con la sua
luce tenue.
L'altra tace. Lei, le bugie, non le dice nemmeno
per consolare qualcuno, è spaventosamente crudele.
- Comunque
– riprende Draco, giusto per uscire da quel momento di
imbarazzo - il
cambiamento più impressionante è quello della
Weasley. Fa…è… spaventosa.
La Mezzosangue prende un respiro
profondissimo e trema per un attimo.
- Ginny
è quella che ha perso più di tutti.
Draco non sa che dire. Non può dire che
gli dispiaccia, un po’ perché in fondo non
è poi così vero e un po’
perché lui
era tra le fila di quelli che hanno causato quelle perdite. Ritiene
però che
chiedere sia uguale a manifestare interesse.
- Non
mi pare. Ne ha persi tre, come te. Il gemello, Lent... Weasley piccolo
e Potter.
- No.
Lei ne ha persi quattro.
- Chi
altro è morto dei Weasley?
Draco non ottiene risposta. Sa che
insistere con lei è inutile.
Si stende sull’erba e si rilassa nella
contemplazione del cielo stellato.
Ad un certo punto, pensa a come
starebbero bene i capelli della Granger dipanati tra quelle scintille
luminose,
la sua chioma insieme a quella di Berenice, luminose e profumate
di pace e infinito, in cui perdersi beatamente fino a dimenticarsi
persino se
stessi.
***
Abbiamo
un conto in sospeso, io e te, ricordatelo.
Lasciami…
lasciami stare…
Ma
no, Draco, no, devi pagare. Hai le mani sporche, sporche di sangue e
terra e male.
No…
non è vero…
Si,
Draco. Salderai il tuo debito, Draco. Non è questo che fanno
gli uomini
d’onore?
Io
non sono un uomo d’onore…
Oh,
lo so benissimo. Ma non sono una che guarda a certi dettagli. Voglio
solo ciò
che è mio.
E
cosa vuoi… cosa vuoi…
Sto
valutando varie interessantissime alternative. Te lo farò
sapere, a tempo…
debito.
I giorni passano e si avvicendano
con
una tranquillità rassicurante che Draco apprezza sempre
più.
Erano anni che non dormiva così
saporitamente. Quanto le ha desiderate, delle dormite così!
Eppure è prigioniero in una tenda fredda e umida e piena di
spifferi, su di una brandina scassata e dura. Dovrebbe temere
per la sua vita, per la sua incolumità. Dovrebbe tentare in
tutti i modi di
fuggire, di ingannarli, di coglierli di sorpresa, sterminarli tutti e
consegnarli insaccati come salumi al Signore Oscuro, splendidi trofei
che
decreterebbero finalmente la sua preminenza nella gerarchia di comando.
E
chissà, magari suo padre riprenderebbe a parlargli.
Inutile a dirsi, non ne ha la minima
intenzione. Non vuole passare dalla loro parte, per carità,
un cambio di
schieramento così radicale è disdicevole persino
per i suoi standard, ma inizia
a prendere seriamente in considerazione la possibilità di
ritirarsi da questa
guerra assurda, quel padrone instabile e folle, questo sbando socio
politico
che sta portando la loro realtà allo scatafascio.
Chissenefrega, di come
andranno le cose? Tanto in un modo o nell’altro non ci
sarà da gioire, o
Mezzosangue e Nati Babbani prenderanno illegittimamente possesso di un
potere che
non meritano o il Signore Oscuro instaurerà il suo regime di
terrore,
distruggendo pian piano quello stesso potere in maniera sempre
più profonda e
insensata.
Tanto vale ritirarsi a vita privata, una
bella baita su un ruscello di montagna e addio mondo civile.
Però. Nella vita c’è sempre un
però.
Il suo ha i capelli crespi e raccolti
alla bell’e meglio in una bassa coda ribelle, vestiti scuri e
sbiaditi, le
maniche arrotolate su fino ai gomiti e sta lavando alcune stoviglie in
una
tinozza d’acqua calda, inginocchiata sulla nuda terra, magra,
pallida, stanca,
sola.
Ma lei non dice “chissenefrega”.
Perché?
Non
lo sai perché, Draco? Perché lei è
quello che non sei tu.
E, ancora una volta, non
può proprio
dare torto alla sua coscienza.
***
- Non
mi estorcerai più niente, maledetto genio.
-
Vedremo,
Malfoy, vedremo – ridacchia con la sua solita intonazione
convinta.
-
Sei
più fastidiosa del morso di un Avvincino!
-
E
tu come lo sai, com’è il morso di un Avvincino?
Non è possibile, non è assolutamente
possibile che le sue sinapsi
siano così rapide. Draco vede la comprensione espandersi
nelle sue pupille ancora
prima che possa prendere un respiro per risponderle.
-
Lago
di Windermere!
-
Merlino,
ti odio! – urla Draco, e si butta verso di lei.
Non ha alcuna intenzione di farle del
male, vuole solo scompigliarle i capelli e toccarle la testa sperando,
per
osmosi, che quel cervello gli trasferisca anche solo un ventesimo della
sua
genialità. Ha persino un sorrisetto complice stampato in
faccia.
Ma lei non lo capisce, o non lo vuole
capire. Draco si
ritrova la bacchetta puntata in mezzo agli occhi, proprio tra le
sopracciglia,
e un coltello in mezzo a qualcos’altro. Non sa dire quale
delle due armi tema
di più.
La Granger lo guarda dritta negli occhi
con un’espressione mezza stupefatta e mezza mortificata,
evidentemente nemmeno
lei si aspettava di poter reagire così violentemente e
così rapidamente. Allontana
piano il coltello ma la bacchetta rimane lì
dov’è.
-
Non
volevo farti niente – bofonchia Draco, tirandosi lentamente
indietro e issandosi
sulla sua scomoda brandina.
-
Scusa
– sibila lei, così piano che forse l’ha
solo immaginato.
-
Buonanotte,
Granger.
La donna comprende che è un congedo ed
esce dalla tenda. Prima di richiudere il lembo, però, si
rigira verso di lui e
lo fissa con l’espressione più dispiaciuta che
abbia mai visto in faccia ad una
persona.
Non si fiderà mai di lui. Perché dovrebbe?
Quali credenziali le ha fornito, quali motivazioni le ha dato?
E soprattutto, perché gli interessa così
tanto avere la fiducia della Granger?
Forse perché la scenetta che si figura
in testa, da un po’ di notti a questa parte, è
sempre la stessa.
Lui seduto sul portico di una bella
baita in montagna, a sorseggiare un bicchiere di liquore, beandosi del
gorgoglio del ruscello e del profumo di foresta che invade
l’aria.
E la Mezzosangue seduta accanto a lui,
che si gode l’atmosfera in assoluta tranquillità,
più colorita, più in carne,
più rilassata, più sua.
Ci sarà un Sentiero Dorato da seguire
per giungere alle porte del suo cuore?
***
Sono seduti accanto al fuoco. Lui sta
pelando patate (non gli è stato imposto, gli è
stato gentilmente richiesto, ma
l’espressione del colosso che gli ha portato il cesto
lasciava ben poca
possibilità di manovra) e, qualche passo più
avanti, la Weasley sta dando di
matto contro il povero Finnigan, che si è fatto piccolo
piccolo sotto la sua
furia implacabile. A quanto pare hanno avuto per le mani Lucius ma gli
è
sfuggito per un pelo.
Draco li guarda divertito. Bisogna
essere davvero dei mollaccioni per farsi bistrattare in quella maniera
indegna.
- Che…
volgare che è diventata.
Non che la
sua famiglia abbia mai brillato per classe né per senso
dell’eleganza, ma
insomma, c’è stato un tempo in cui sembrava un
essere umano.
La Mezzosangue, che accanto a lui sta
affilando il suo inseparabile coltello su una cinghia di cuoio, pare
non
ascoltarlo ma rincara la passata sulla pelle con rinnovato vigore.
È l’occasione perfetta per sfogare la
sua frustrazione, il suo dispiacere, punzecchiarla e punirla per il
brutto momento di qualche giorno prima. Ma possibile
che non perda mai la calma? Mai uno scatto, una reazione rabbiosa, una
pecca
nel suo comportamento ineccepibile, uno sgarro nel suo rigido codice
etico?
Con gli insulti a lei diretti non
funziona, si è mangiato il cervello per settimane
ingegnandosi in ogni maniera
pur di ferirla in quel modo e non ne ha ricavato nulla. Forse, se si
accanisce
contro qualcuno che ama, riuscirà a farle perdere le staffe.
Magari pagherà questa provocazione,
magari è una di quelle persone che ne sopportano novantanove
senza battere
ciglio e poi alla centesima esplodono distruggendo tutto ciò
che incontrano nel
raggio di miglia.
Ma la tentazione è troppo forte, la
voglia di vedere quella sua intollerabile maschera di compostezza
incrinarsi,
una reazione comunemente classificata sbagliata
apparire sul suo viso, lei sempre così
tragicomicamente corretta, pacata,
diplomatica.
- Ma
guardatela. Con quella sua voce da pescivendola, quei modi da
gigantessa, non
si direbbe che sia una donna se non fosse per i capelli lunghi. Fa
veramente
pietà, qualcuno dovrebbe aiutarla. Perché non ci
pensi tu, signor capo? Non che
tu sia molto più femminile, ma se non altro ad un occhio
attento puoi ancora
dare quell’impressione…
Niente. Nemmeno stavolta ne caverà un
ragno dal buco. È inutile, è una roccia
inamovibile. Avrà qualcosa che non va a
livello genetico. È umano
arrabbiarsi, non può non farlo mai.
Sarà un qualche effetto collaterale
dell’entrata in contatto tra il sangue babbano e la magia,
magari ti regala un
cervello portentoso ma lo spettro emotivo di un sasso.
- Che
cazzo c’avrà poi contro mio padre… -
bofonchia Draco, più che altro tra sé e
sé.
- È
stato tuo padre ad uccidere Ron. Alle spalle, come il vigliacco che
è. Come i
vigliacchi che siete.
Non è possibile pietrificarsi così, dal
nulla. Semplicemente non è possibile.
E allora perché Draco è immobile, senza
respiro, senza pulsazioni, con gli occhi sbarrati a fissare le fiamme
che
ardono rabbiose e sembrano spingersi verso di lui come vermiglie
cavalcature
che vogliano travolgerlo nella loro corsa implacabile?
Perché non riesce più a
pensare? Perché si sente ferito?
Si incassa nelle spalle, serra il viso
tra le ginocchia; se possibile, si fa ancora più piccolo di
Finnigan.
- Per
lo shock, Ginny ha perso il bambino che aveva in grembo. Era figlio di
Harry.
Ecco, che cazzo c’ha contro tuo padre – continua
lei, con una voce ringhiante e
definitiva come un tragico verdetto di colpevolezza, rigirandogli
quelle parole
nelle viscere a mo’ di coltelli arroventati che gli fanno
venir voglia di
vomitare.
La Mezzosangue continua imperterrita a
far scivolare la lama d’acciaio temperato su e giù
per il cuoio, con un rumore
insopportabile che farebbe rizzare i peli a chiunque. A un certo punto
le sue
spalle sussultano. Una volta e una volta soltanto.
La vergogna, per Draco, non è mai stata
così totalizzante.
***
E così
ora c’è qualcosa di bello, nella tua vita... ti
piace, Draco?
Non
so di cosa tu stia parlando…
Oh,
ma io lo so invece. Lo vedo, sai. Sono qui, dentro di te, e vedo tutto,
anche
quello che tu tenti di celarmi.
Non
c’è niente…
Non
mentirmi, non aggiungere altre voci alla già lunga lista.
Credi di meritartela?
Lasciami
in pace…
Credi
di poter essere desiderato da donna del genere? Oh, tu lo vorresti, so
che lo
vorresti tanto, e credimi, ciò ti fa onore. Ma non si fida
di te, lo vedi…
Sparisci…
…
come potrebbe? Perché dovrebbe?
Lasciami
in pace!
Tu
sei un malvagio, Draco, malvagio e vile, uno che ha lasciato che
uccidessero
sua madre…
Non
è vero! Non è vero, non avrei mai
voluto…
…
la donna che più di ogni altra ti amava, il sangue del tuo
sangue, colei che ti aveva generato…
Non
è vero! Non è vero, se avessi potuto…
…
pur di aver salva la pelle…
Basta…
…
e che sgozzassero persone innocenti…
Basta,
ti prego…
…
pur di fregiarsi di una gloria effimera e immeritata…
Basta!
Quando
ti lavi le mani, Draco, riesci a vederle pulite? O grondano ancora del
sangue
delle tue vittime?
Taci,
maledetta, taci!
E
quando chiudi gli occhi, la notte, cosa senti? Silenzio o urla disumane
che
ancora riecheggiano nelle tue orecchie?
BASTA!
Si alza, indossa il mantello ed esce
fuori dalla tenda, per rischiararsi un po’ le idee.
Una figura è accucciata a qualche passo
di distanza. Quei capelli possono avere un solo proprietario.
- Mezzosangue
– la chiama piano, avvicinandosi alle spalle. È
seduta vicino al fuoco ormai
spento, avvolta in una grezza coperta di lana e pare stia fissando il
cielo
stellato, che effettivamente è uno spettacolo niente male.
Fulminea come una frazione di secondo fa
scattare la mano alla bacchetta. Poi gira leggermente la testa
indietro, lo
vede e ritira l’arto dentro il plaid.
È un altro piccolo dolore.
-
Malfoy.
-
Posso
sedermi accanto a te?
-
Siediti.
-
Hai
preso l’abitudine, ormai? – sbotta seccato.
-
Di
cosa?
-
Di
dare ordini. Potevi rispondere semplicemente
“sì”.
Lei sorride greve, quasi schernendosi di
quell’accusa.
- Hai
ragione. Allora sì, prego, siediti.
Draco le si siede accanto. Gli
piacerebbe che lei lo accogliesse all’interno della coperta e
per un secondo la
guarda, scettico ma speranzoso. Lei stringe tra le mani un grosso
bicchiere e non
lo degna di un’occhiata.
- Non
dormi?
- Certo
che no. È il mio turno di guardia.
- Come
ti tieni su? Con quello?
- No,
questo è succo d’arancia rossa. Mi piace e basta,
non ha nessun fine.
La guarda per un po’ e decide che sì,
quella notte oserà. Chi se ne
importa, impazzirà presto, tanto vale
approfittarne finchè è ancora lucido. E potrà
anche piantargli il coltello nella pancia o lanciargli una cruciatus, non fa niente, tutto pur di
uscire da questa
insopportabile glacialità, da questa situazione di
lontananza che gli pesa
davvero. Draco rivuole le loro schermaglie, rivuole stare attento a
come parla
e vuole arrabbiarsi di nuovo quando lei ci azzecca, vuole rivederla
disegnare
in terra archi coi piedi.
Semplicemente, la vuole.
Non è vero che i Malfoy sono vigliacchi,
è solo che scelgono per cosa rischiare e per cosa no.
- Me
lo fai assaggiare?
Lei fa scattare la testa e lo fissa per
un attimo, dubbiosa e sinceramente stupita. Poi gli porge il bicchiere.
- Prego.
Draco le schiaffeggia la mano, facendo
rotolare tutto lungo la collina, l’afferra per la nuca e la
bacia forte,
intricando le dita nei suoi capelli impossibili, bloccandole quella
stessa mano
che era partita per dargli un ceffone.
Lei si divincola per un po’, ma si sente
subito quando una donna ti sta respingendo davvero e quando invece sta
tentando
di respingere l’idea da se stessa. Difatti la lingua di Draco
non ci mette
molto a cogliere qualche goccia di succo mescolato alla saliva della
Mezzosangue, mentre la bacia con più dolcezza.
Quando si staccano, qualche secondo
dopo, lei ha la faccia terrorizzata di una che non sa di fronte a cosa
si trova
e come fronteggiarlo. Per un tipo come
lei dev’essere sconvolgente.
- Delizioso,
davvero – commenta Draco, senza riuscire a reprimere un
sorriso di vittoria.
La Granger si porta due dita alle
labbra, ancora scossa.
Draco apre la coperta e ci si infila di
prepotenza, ficcando la testa nel suo incavo del collo, e poi la
richiude su
entrambi.
- È
qui dentro che si cela, il mago di Oz?
Lei tace. Avrà una lotta campale nel
cervello, per forza l’attività verbale
è azzerata.
- Non
c’è bisogno che mi regali il coraggio, Dorothy. Me
lo sono preso da solo.
Il silenzio diventa da un lato pesante e
dall’altro tranquillizzante. Alla fine l’uomo
decide che per quella sera non
può pretendere di più: si accoccola meglio contro
di lei e chiude gli occhi,
mentre un vento tiepido profumato di erba selvatica li accarezza
dolcemente.
Non è mai stato così con una donna. È
una cosa nuova.
Tutte le cose nuove che prova con lei,
in un modo o nell’altro, sono sempre cose belle.
- Perché?
– mormora dopo tanto tempo la Mezzosangue, così
piano che Draco non è certo di
averlo sentito davvero. Ma comunque decide di dare una risposta.
- Mi
piacciono le arance rosse. Così, senza nessun fine.
E forse, per la prima volta, è riuscito
a farla sorridere.
***
Stanotte si è tenuta una riunione tra i
capi dei ribelli, Draco ha spiato fuori dalla tenda. C’era
anche gente di
Hogwarts, compresa la Lovegood (la
Lovegood, capo di qualcosa?) e un ex Tassorosso del loro anno
di cui non ricorda il nome.
Discutono per diverse ore e la
Mezzosangue sembra quella più contraria. Alla fine si vota
per alzata di mano.
La sua e quella della bionda sono le
uniche che scattano su.
Draco è steso sulla sua scomoda branda e
sta disperatamente cercando di smettere di immaginare
l’espressione della
Granger in un momento di piacere sensuale, quando i lembi di tessuto si
spostano e la luce aranciata del fuoco gli colpisce le pupille.
Un piccolo corpo ossuto e spigoloso,
improvvisamente, gli si accoccola contro.
Questo è senza ombra di dubbio il modo
in cui non riuscirà a
calmare i suoi bollenti
spiriti.
- Hanno
deciso per l’attacco, tra tre giorni.
Draco dovrebbe preoccuparsi,
spaventarsi, tentare di avvisare i suoi. Ma, sinceramente, chi glielo
fa fare?
- E tu non vuoi?
- No, non siamo pronti. Non siamo equipaggiati, e
in ogni caso preferirei trattare.
- Noi...loro
non tratterebbero con te.
- Ma io non sono come voi.
L'uomo prende un respiro sofferto.
- Lo so. È questo il bello.
Lei lo stringe forte, più forte, così forte che
il cuore
di Draco forse sta scoppiando o implodendo, non lo capisce.
La
baita in montagna.
- Alla fine di tutta questa storia,
Granger, ti regalerò le scarpette d’argento.
- Non
è con un paio di scarpe che modificherai le mie intenzioni,
qualunque esse
siano – ribatte piccata, forse convinta che stia cercando di
comprarla.
Un brivido di inquietudine lo assale.
Che davvero voglia ucciderlo?
- E
comunque le voglio rosse, se proprio devi –
ridacchia divertita dalla tensione che ha sentito esplodere nel suo
petto.
Di certo sarebbe molto meno ilare se
percepisse quella tra le sue gambe.
- Ma
nella storia…
- Si,
ma nel film sono rosse e sono più belle.
- Dove?
- Nel
film.
- Cos’è?
Una roba babbana?
- Si.
- Allora
non mi interessa.
Tacciono per qualche istante. Lei, come
sempre, traccia archi immaginari con il piede sul materasso.
È un gesto che Draco ama alla follia,
non avrebbe mai nemmeno pensato che una sciocchezza del genere potesse
esercitare su di lui un’attrazione così magnetica,
suscitargli una tenerezza
così pervasiva.
- Ti
stai torcendo le budella pur di cianciare, Granger, lo vedo. Avanti,
spiegami
cos’è questa diavoleria.
Ancora una delle piccole cose che di lei
ha imparato ad amare, quel suo sorrisino accondiscendente che usa
quando sa che
deriderla è il suo modo per chiederle spiegazioni,
quell’espressione divertita
di chi ha a che fare con un bambinetto orgoglioso che sa perfettamente
come
prendere.
È un burattino da tanti anni e non ci ha
mai riflettuto sopra, accettando passivamente ordini su cui non si
è mai posto
quesiti di legittimità, figuriamoci di morale, ma ora si
rende conto che la
bellezza di questo ruolo dipende dall’identità di
colui che manovra i fili.
Il burattinaio fa tutta la differenza.
Ed è una differenza sostanziale.
La
baita in montagna.
- Un
film, pressappoco, è una sequenza di immagini trasmesse ad
alta velocità in
modo che sembrino una unica che si muove e che racconta una storia.
- Come
le nostre, cioè, quelle magiche.
- Più
o meno. Il risultato è quasi lo stesso ma la tecnica
è ovviamente diversa.
- Aspetta,
forse ho capito. Li fanno vedere nei “cinema”?
- Si,
bravo! – nella penombra lo guarda stupita, quasi ammirata dal
fatto che conosca
qualcosa di un mondo che ha sempre fatto di tutto per distruggere.
– Come lo
sai?
Valle a dire che ci sei entrato per far
evanescere le gambe alle signore e vederle urlare terrorizzate mentre
tastavano
a vuoto lo spazio dove fino a un secondo prima c’erano i loro
arti inferiori,
per sghignazzare con due compari più stupidi di te.
- Beh,
sai… alcuni sono molto belli... mi interessavano molto -
spiega con sicurezza da esperto (bugiardo).
-
Davvero?
– esclama, piacevolmente sorpresa. Forse è un modo
per conquistarla, questo,
forse sta guadagnando punti! Chissà se stanotte
magari… - e quali hai visto?
- I
film, no? Di questi stiamo parlando.
- Si,
ma quali?
Che accidenti significa? I film sono i
film!
Pensa, pensa, pensa. Cosa c’era scritto
fuori da quell’edificio? Qualcosa c’era
scritto…. Cosa…
- Oh…
beh… si, una volta ho visto…
Pensa, pensa!
- Eh,
si, ho visto Il sesto senso.
Gli è sembrato un titolo evocativo,
romantico. Magari è una storia d’amore.
La Mezzosangue si solleva sul gomito e
lo fissa, con una strana espressione divertita in volto. È
vicinissima, se l’afferrasse per la nuca e la tirasse su di
sé
potrebbe baciarla piano
e interrompere tutte quelle chiacchiere inutili su
quell’insidioso campo minato
e accarezzarla e toccarla e affondare le dita nei suoi
capelli e strapparle i vestiti di dosso e leccarla tutta e…
- Oh,
ma davvero? – gli chiede, sempre con quella smorfia che Draco
non riesce a
interpretare. – Bello, vero? Una storia d’amore
così coinvolgente, così intensa
e piena…
Che colpo! Allora era davvero un film
melenso!
Draco non riesce a credere di aver avuto
tanta fortuna.
- Oh
si, tanto dolce… come si sposano poi, alla fine…
- azzarda.
Mai dimenticarsi due cose: la prima, che
se una cosa è troppo bella per essere vera, allora non
è vera. La seconda, che
si ha a che fare con la Granger. Ha dei tempi di comprensione dimezzati
rispetto al normale.
Infatti lei si schianta di botto con la
schiena sulla brandina e scoppia a ridere convulsamente, tenendosi la
pancia
con le mani.
Avrà anche detto una stupidaggine, ma se
non altro riesce a farla ridere.
- Il
sesto senso è
un film di
paura, parla di fantasmi, Malfoy! – sghignazza tra le lacrime.
- Ma
ci sono entrato davvero al cinema! – tenta di difendersi.
- Per
far che? Per tormentare i poveri spettatori?
- Ehm…
ma no… era una marachella innocua…
Lei, riprendendo il normale respiro e
asciugandosi gli occhi, scuote la testa piano, le labbra spiegazzate in
un
sorriso di rassegnazione.
Altro che notte di fuoco, Draco si
ritroverà di nuovo, come gli capita spesso da un
po’ di tempo, a rigirarsi nel
letto tentando di domare sia il suo basso ventre che la tentazione di
andarla a
sedurre nella sua tenda.
Strizza gli occhi e rabbrividisce forte,
rendendosi conto solo in quel momento della immensa, monumentale,
miserrima
figura da idiota che ha appena fatto; un istante dopo due labbra calde
premono
sulle sue, con una morbidezza delicata che lo fa pensare di stare
morendo di
pura magnificenza.
Non fa in tempo ad approfondire il bacio
come avrebbe voluto, ma apre gli occhi e si trova quella terribile
arpia che lo
mette nel sacco con uno schiocco di dita a un soffio dal suo viso.
- È
stato un buon tentativo, Malfoy, davvero. Ma dovresti averlo imparato,
ormai,
che si ottiene di più dicendo la verità.
Un altro bacio, stavolta più profondo, più bello,
più dolce, più... più... di più, di
più!
Draco tenta di agguantarla ma lei si scansa e si alza dalla branda.
- Che ne sarà di me?
Il sorriso che le spunta in faccia è la magia più
strabiliante a cui Draco abbia mai assistito.
- Quando tutta questa faccenda sarà
finita, mi regalerai le scarpette rosse.
Esce e lo lascia lì, impalato e
vistosamente eccitato, a maledirla in tutte le lingue che conosce.
L’unico pensiero che lo consola è che, forse,
questa non sarà l’ultima volta.
La
baita in montagna.
***
- A morte i traditori! A morte i ribelli!
Urla disumane, sfrigolii di maledizioni, stivali dalla punta di metallo
che spappolano fegati e milze, spranghe che fracassano crani.
- Non lasciate vivi!
Si
alza in fretta e si guarda intorno alla ricerca di qualcosa di pesante
o contundente. Non c'è niente. È sempre un
prigioniero.
Esce così, senz'armi, senza niente, stando ben attento a non
farsi colpire prima del tempo.
È l'apocalisse.
- Lasciatemi la Granger! La spezzerò a
metà! - urla una voce a Draco ben nota.
Sai perché sono qui. Sono venuta a reclamare ciò che mi spetta.
È disarmato, confuso,
terrorizzato e sta
girovagando a vuoto in mezzo alla mischia. In teoria dovrebbe farsi
notare da
uno dei suoi, ma non ne ha la minima intenzione.
Sta cercando la sua Dorothy.
E quando la trova, vorrebbe solo riavvolgere indietro ore minuti e
secondi e tornare alla sera prima, su quella brandina tarmata.
C’è la Mezzosangue che sta praticamente
distruggendo Goyle.
C’è suo padre che le sta puntando la
bacchetta alle spalle.
Alle
spalle, come i vigliacchi che siete.
C’è la
Weasley che sta correndo e urlando come un’ossessa,
cercando di farsi sentire, ma il rumore della battaglia copre qualsiasi
suono.
No!
Anche Draco urla e cerca di correre, di avvertirla, di chiamarla, di distrarre Lucius, ma è appena esplosa una Bombarda che gli fa fischiare le orecchie e forse gli ha rotto i timpani e non importa niente perchè la Granger non sente e suo padre sta pronunciando una formula...
No! Ti
prego, no...
La resa dei conti, Draco.
Ma non...
È
un prezzo onesto, dopotutto.
Io
sono la coscienza. Sono onesta per definizione.
Sapevi
già in che modo sarebbe andata, vero?
Non
sono il Fato, Draco, sono giustizia. Una vita per una vita, non si dice
così?
Perché
tutto questo, allora?
Perché
la bellezza di un bacio puro non si nega a nessuno.
È meraviglia
perversa, la bellezza.
Certo. Ma forse che non ne è valsa la pena?
Certo, che ne è valsa la
pena.
Anche se non ci fossero stati i baci, gli
abbracci e le loro schermaglie, ne sarebbe valsa la pena.
Anche solo per i semicerchi coi piedi,
ne sarebbe valsa la pena.
Peccato, però, peccato per tante cose. Il
poco tempo, innanzitutto. Peccato per l'ultimo bacio, peccato
perchè ha pensato che non sarebbe stata
l'ultima volta e forse, con quel pensiero, si è portato
sfortuna
da solo, perchè non le porterà mai il succo
d'arancia a letto.
Peccato perchè non hanno mai fatto l'amore, peccato
perchè non sarà lui a regalarle le scarpette
rosse.
La scintilla è stata un istante, breve e
fugace, perché invece non è durata abbastanza da
lasciar divampare le fiamme?
Perché la vita non si programma e
pensare di poterla controllare, quantomeno per la maggior parte,
è solo l’ennesima
e più illogica presunzione dell’essere umano.
Draco non avrebbe mai potuto immaginare
che essere fatto prigioniero dalla fazione nemica contro cui combatte
da anni
sarebbe stata la benedizione della sua vita, così come
nessuno in quell’accampamento
avrebbe mai potuto immaginare che sarebbero stati attaccati di sorpresa
all’alba
del giorno dopo.
- Avada...
Non
è istinto, quello che lo spinge ad
agire. Non lo è affatto. L’istinto, al contrario,
gli sta urlando a
squarciagola di scansarsi, voltarsi indietro e fuggire come se avesse
il diavolo
alle calcagna, correre così forte da farsi scoppiare la
milza, nascondersi,
proteggersi, salvaguardarsi.
Ma fuggire è un’attività a lui
così nota
che non ha la minima intenzione di continuare a farlo. Adesso
c’è qualcosa per
cui tenere val la pena correre incontro, invece che scappare.
C’è il coraggio, innanzitutto. Ora è
davvero un Drago, fiero e ribollente d'audacia: non gli è mai
interessato abbinare il significato di questa parola
alla sua vita, ma ora capisce quanto essa sia importante per
definirsi
veramente uomo,
un uomo che ruggisce e non si nasconde più nei sotterfugi.
È un coraggioso, ora, e forse lo è sempre stato,
ma non
aveva nulla per cui gli importasse davvero lottare.
L’onore del suo nome, per secondo.
Perché Draco lo vede, Lucius, che approfitta
del momento di distrazione della Mezzosangue per coglierla di sorpresa,
senza
concederle la possibilità di un duello dignitoso; non dovrà
più essere vero, che i Malfoy
colpiscono alle spalle. La Weasley potrà prendersi la sua
vendetta e lo farà
faccia a faccia, com’è giusto che sia.
Per terzo… oh, per terzo c’è quel qualcosa che Draco prova per la prima
volta in vita sua.
Non ha mai voluto
dargli un nome e le poche volte che l’ha fatto sa di avergli
dato
consapevolmente quello sbagliato, perché è
più facile denigrare e svalutare lo
smeraldo, chiamandolo fondo di bottiglia, se sai di non essere
meritevole di un
tale dono.
Ma (ed è un grande ma),
sebbene per un attimo, ha potuto ammirare le mille
sfaccettature luminose di quella gemma inestimabile ed ora sa
perfettamente
che, anche se non potrà rimanere tra le sue mani per sempre,
vale la pena
sacrificarsi per essa.
La Granger è la Città di Smeraldo. Merita di
restare splendida e integra per chiunque sarà degno di
visitarla.
E se questo implica tranciare di netto i suoi ventitrè anni
e la
sua magnifica baita in montagna, beh, allora così sia.
- ...Ke....
Ora.
Non
ce la farebbe mai, ad arrivare prima da suo padre, è molto
più lontano. Se lo chiamasse gli darebbe solo man forte.
Draco prende una decisione razionale,
ponderata e pienamente riflettuta. Decide di farlo e lo fa.
Oh,
Dorothy, che peccato.
Con
un ultimo slancio si butta davanti alla Mezzosangue,
facendole da scudo con il proprio corpo. Lei si gira e spalanca gli
occhi, impietrita
dall’orrore, senza nemmeno avere tempo di realizzare cosa
stia accadendo. Come
ultimo contatto, nella foga del momento, Draco non trova niente di
meglio se
non stringerle le spalle con le mani e fissarla dritta negli occhi.
Nessun
posto è bello come casa mia.
E Draco,
morendo nel nocciola delle iridi
di Hermione, si sente a casa.
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"Il Meraviglioso Mago di Oz" è un libro di Frank Baum, la
cui
trasposizione cinematografica più famosa è quella
del
1939 di Victor Fleming.
"Però, nella vita c'è sempre un però"
è un
verso dalla canzone "Il pescatore di asterischi"
di Samuele Bersani.
"Se una cosa è troppo bella per essere vera, allora non
è vera" è una citazione dal film Bastardi senza Gloria.
"È meraviglia perversa, la bellezza" è un verso
dalla
canzone "La Bellezza"
di Niccolò Fabi.
Tutti i luoghi geografici sono realmente esistenti.
In data 16 novembre 2012 questa storia ha partecipato come edita al contest "A is for Angst" indetto da MmeBovary sul forum di EFP, classificandosi ottava e vincendo il premio speciale Outstanding Character.