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Autore: blackamethyst    05/06/2012    10 recensioni
Per Ida.
Perché senza di lei non avrei mai conosciuto questa meravigliosa trilogia e mai avrei incontrato Gwendolyn, Gideon, e company.
E perché le voglio bene come lo si può volere solo ad una sorella.
Spero ti piaccia, tesoro.
“Quel giorno pareva accodarsi perfettamente a quella lunga lista che Grace relegava nei meandri oscuri del cervello, ma è risaputo che di solito tutto riesce a prendere una svolta radicale in poche ore, e allora era ancora beatamente ignara del suo destino, sprofondata negli scuri abissi della disperazione. «Gwenny!» La sala del drago piombò in un intenso silenzio, e perfino Grace trattenne il fiato, spezzando per un attimo la catena di singhiozzi che si susseguivano con una velocità inverosimile. Ma quella non era la voce di Gideon? L'aveva sentita? Lo sapeva?”
[falkXgrace | spoiler!green]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Per Ida.
Perché senza di lei non avrei mai conosciuto questa meravigliosa trilogia e mai avrei incontrato Gwendolyn, Gideon, e company.
E perché le voglio bene come lo si può volere solo ad una sorella.
Spero ti piaccia, tesoro.

                                                         
                                                                                     Da quando Grace aveva memoria 

 

Per tutte le ragazze dal cuore di marzapane
( e intendo proprio tutte le ragazze del mondo.
L'emozione è sempre la stessa, a quattordici anni
come a quarantuno ).

La « 
speranza » è la pennuta creatura –
Che si posa nell'anima –
E canta melodie senza parole –
E non smette mai – proprio mai –


                                      Emily Dickinson


Da quando Grace aveva memoria, non aveva mai passato un giorno più pestifero di quello.
Non era affatto uno di quei — rari — giorni soleggiati che la mettevano così tanta allegria, dove, mentre camminava in strada, il sole le baciava i capelli; Dove, a volte, poteva addirittura arrischiarsi a prendere il sole, nonostante i frenetici impegni che la tenevano indaffarata per metà giornata. Non era uno di quei giorni in cui appena tornata dal lavoro usciva con le amiche, come se fosse una diciassettenne, o aveva un appuntamento con un bel tipo, che magari non le avesse presentato sua madre, perché, per atroce esperienza personale, aveva imparato che nella maggioranza dei casi quei tizi non erano così attraenti come sembravano.
Semplicemente, quella che all'inizio le era sembrata una bellissima giornata, si era trasformata in un incubo.

Si era trasformato nel peggiore della sua vita, dopo la morte di suo marito, di suo padre, e dell'addio definitivo con Lucy, che si era concluso con un mare di lacrime amare. Peggio di quando quella mattina era andato a lavoro con le sue cose femminili, e si era ritrovata bloccata in metropolitana, in piedi, sofferente, e solo perché una vecchia zitella inacidita l'aveva squadrata dall'alto del suo naso adunco, rivendicando il posto con irritante voce nasale e sbandierando all'intero vagone i suoi sessantacinque anni suonati.
Quel giorno pareva accodarsi perfettamente a quella lunga lista che Grace relegava nei meandri oscuri del cervello, ma è risaputo che di solito tutto riesce a prendere una svolta radicale in poche ore, e allora era ancora beatamente ignara del suo destino, sprofondata negli scuri abissi della disperazione.
«Gwenny!»
La sala del drago piombò in un intenso silenzio, e perfino Grace trattenne il fiato, spezzando per un attimo la catena di singhiozzi che si susseguivano con una velocità inverosimile. Ma quella non era la voce di Gideon? L'aveva sentita? Lo sapeva? Sussultò, torcendosi improvvisamente le mani.
«Dove vuoi andare?»
«Via da qui!»
«Vengo con te! Non ti lascio sola.»
«Gwendolyn!» Grace la chiamò nell'ingorgo di un singhiozzo, issandosi dalla sedia in un gesto così repentino da rischiare seriamente di capovolgerla, in modo che sbattesse bruscamente sui piedi di qualcuno. Magari su quelli di Falk?
Era pronta per sfoderare una corsa Olimpica, ma le ginocchia assurdamente molli la fecero fermare di scatto, e dovette mantenersi alla sedia come una donna anziana per evitare di cadere a faccia in avanti.
«Gideon!» Falk e il Dottor White raggiunsero con poche, grandi falcate la porta. A quanto pareva, le loro capacità motorie non sembravano particolarmente intralciate come le sue.
Ah, già, dimenticava. Ovviamente non era la loro bambina quella ad essere scappata, di sicuro in un mare di lacrime perché traumatizzata dalla scioccante scoperta che sua madre le aveva mentito e che i suoi 
veri genitori erano niente di meno che degli adolescenti che vivevano nel passato perché inseguiti da una setta paranoica e cospiratoria di dubbia reputazione.
Quando la porta fu spalancata e il dottor White ebbe lanciato un'occhiata superflua al corridoio, Grace dedusse dallo sguardo dei due che nessuno lo occupasse. Non c'era nessuno. Erano andati via. 
Le lacrime le sgorgarono nuovamente dagli angoli degli occhi, e fu tentata di sbattersi una mano in fronte. Probabilmente aveva urlato così tanto — Insieme a quel capellone arrogante di un de Villiers — che anche Mrs Jenkins, la segretaria comodamente seduta nella sala d'ingresso, l'aveva sentita perfettamente. Che peccato che avesse dimenticato il megafono! Avrebbe avuto di sicuro un effetto più soddisfacente.
Sei micidiale, Grace Montrose. Quarant'anni di stupidità.
Si lasciò cadere di nuovo sulla sedia, nascondendo il volto impiastricciato dal trucco fra le mani. Forse nessuno si sarebbe più spaventato. Non si poteva proprio dire che quel look le donasse. Con ogni probabilità somigliava fatalmente ad uno scoiattolo striato che ha appena perso la sua adorata ghianda.  Aprendo gli occhi dietro le dita, lanciò stupidamente una fugace occhiata a Mr Whitman, che, tanto per spezzare una lancia a favore della sua Gwenny, somigliava davvero ad uno scoiattolo.
Gwenny, la sua Gwenny. 
Adesso dov'era?
Era inconcepibile il fatto che l'avesse saputo così, in quel momento. Origliando dietro ad una porta! Una notizia di quella portata doveva essere data con le dovute cautele! Si maledì ancora una volta, massaggiandosi stancamente le tempie.
Venne travolta dall'intenso desiderio di stringere Gwendolyn tra le braccia, e consolarla, e dirle che le dispiaceva. Solo che Gwendolyn era andata via e Grace non poteva che stringere l'aria, anche se, d'altronde, le sembrava lecito un possibile sfogo sul petto di Falk. Era o non era una madre addolorata?
Gwendolyn l'odiava, di sicuro.
Come poteva accettare una cosa simile, come poteva non portare rancore verso la persona che le aveva tenuto nascosto tutto questo ambaradam per sedici anni?
«A quanto vedo i pianti isterici sono una cosa di famiglia» commentò con una notevole sensibilità da scaldabagno un piccolo doccione invisibile dal muso di gatto e l'aria visibilmente scocciata e ironica.  Probabilmente aveva trovato seccante il fatto di essere ignorato da tutti, perché spiegò le ali e svolazzò altrove, lasciando una leggera brezza fredda sul collo di Grace. Dal canto suo, non poteva che classificarlo come il solito Spiffero Freddo. 
I Guardiani, anche se per lei non erano altro che dei maniaci fanatici dell'esoterismo e soprattutto degli inguaribili ficcanaso, iniziarono ad imprecare furiosamente sottovoce, e Falk le riservò una speciale occhiata gelida ( Come se il tono di prima, che strideva come una lama sulla pietra e aveva tentato Grace di tapparsi le orecchie urlando “Lalala non ti sento”, non fosse stato abbastanza. )
Gli occhi ambrati la trafissero pezzo per pezzo, ma Grace non se la prese troppo. Diciamo che era troppo occupata a crogiolarsi nella disperazione assoluta, e a lanciargli epiteti poco carini mentalmente, di tanto in tanto. Okay, in parte era stata lei ad urlare come un maiale sgozzato, e di questo se ne rammaricava profondamente, ma magari Mr de Villiers avrebbe potuto evitare di alzarla a sua volta. Non era necessario urlare in modo che tutta Temple li sentisse. 
«Spero che ora sia contenta» abbaiò il nero dottor White con nota tagliente. Grace gli rivolse l'occhiataccia più bruta del suo repertorio.
Ma certo, non vede che sprizzo felicità da tutti i pori?

Proprio mentre stava per reclamare la sua bambina con voce strozzata, qualche minuto dopo, dalla porta sbucò improvvisamente la segretaria, Mrs Jenkins. Come sempre, il viso era nascosto dai grandi occhialoni e teneva sottobraccio un ingombrante raccoglitore, perfettamente in equilibrio su un paio di trampoli dotati di tacco a spillo.
«Mi rincresce interrompere la riunione, signori, ma c'è stato un increscioso disguido tra Mr Marley e Mr de Villiers.»
Attimo di silenzio. Mr George assunse un'espressione tirata, tamponandosi con un fazzoletto la pelata madida di sudore, e Grace approfittò della situazione per contemplarsi le scarpe ben intonate col vestito. E si era anche data la pena di scegliere accuratamente l'abbigliamento, constatò con ulteriore rammarico.
Che si aspettava, una dichiarazione d'amore nella sala del drago? Non che a lei interessasse, comunque. Andava bene anche così. Cioè, sarebbe andato tutto bene, se solo Gwendolyn non fosse venuta a conoscenza della tragica verità in un modo così osceno. La segreteria iniziò a blaterare di Marley che era furioso, il diamante che insieme al rubino era trasmigrato senza permesso, e di quanto la cosa fosse inconcepibile ed inaccettabile. In realtà Grace perse il filo del discorso dopo il secondo «E' contro le regole d'oro!», quindi si vide costretta a domandare per quale oscuro motivo Falk, insieme ad un adepto, il suddetto Mr Marley, dovesse scortarla nella stanza del Cronografo.
«Aspetteremo il ritorno di Gwendolyn e Gideon personalmente» fu la scocciante risposta del Gran Maestro. Grace non poté che abbassare lo sguardo e seguire l'uomo nel corridoio, abbastanza lentamente per sentire il dottor White brontolare «Ma perché non mi sono scelto un altro lavoro?» e qualcosa sulle donne isteriche. Come se ne sapesse qualcosa, quel vecchio bisbetico.
In corridoio li aspettava un giovanotto dai capelli rosso fuoco come i suoi, e Grace fu lì per lì per esclamare «E' un parente? Che c'è, anche io ho qualche familiare di cui non so nulla?»
Questi ostentava un'aria feroce, sfoggiando con un cipiglio irritato un labbro gonfio, ma appena intercettò lo sguardo contrariato di Grace prese letteralmente fuoco, dal pomo di Adamo alla punta dei capelli.
«Se non le dispiace, devo, uhm, devo bendarla, Mrs Shepherd» balbettò, e a Grace diede l'impressione di una capretta belante dopo una dormita fatta sotto il sole cocente del pomeriggio. Marley alzò una mano dall'aria sudaticcia, contenente una benda nera. Grace lanciò un'occhiata interrogativa a Falk, ma quando quello si limitò a scrollare le spalle, era decisa a sbottare «Sì, mi dispiace, e ora, se non dispiace a lei, mi porti da mia figlia senza bendarmi!», con il tono à la Lady Arisa.
«Certamente, ma faccia piano» disse invece, mesta.
«Vedi qualcosa?» le domandò Falk, dopo che Mr Marley le strinse per bene il nodo tirandole anche delle svariate ciocche di capelli. Grace affondò gli incisivi nel labbro, per poi scrollare la testa.
«Il buio assoluto e anche dei fulmini blu che mutano in oggetti deformi viola o azzurri. E' rilevante?» replicò con un'inconfondibile nota di spaventosa ironia, nonostante la voce declinasse in una sfumatura di puro dolore. Nessuno parve accettare di buon grado la sua battuta, perché rimasero in silenzio. Si aspettò quantomeno che il gracile Mr Marley le prendesse la mano con stretta sudaticcia, ma quando sentii invece una stretta tutt'altro che sudaticcia, ma fresca, forte e sincera, non poté fare a meno di suggerirsi che magari quell'arrogante maleducato stesse cercando di farsi perdonare. O forse voleva solo farla sbattere contro un muro.
Il che era probabile.
Passarono alcuni minuti in un tombale silenzio, che servirono solo a far innervosire Grace. Più di quanto non lo fosse, in ogni caso.
«Dove stiamo andando?» chiese asciutta.
«Te l'ho detto, Grace, aspetteremo il ritorno di Gwendolyn e Gideon. Che sono trasmigrati senza permesso. A causa tua.»
Falk non notò l'occhiataccia velenosa di Grace solo perché, ringraziando il cielo, i suoi occhi erano oscurati dalla spessa benda nera.
«Non farmi la paternale, Falk de Villiers! Siete voi che avete ficcato i vostri lunghi nasi in affari non vostri!» lo aggredì la donna. «La parentela di Gwendolyn è un argomento strettamente personale!»
Grace sentì la presa sulla mano affievolirsi, per poi scomparire del tutto. Continuò a camminare, ma si fermò quando qualcosa le colpì la spalla.
«Ahia!» borbottò, mentre Falk replicava, concitato:«Non sono affari nostri? Ma ti senti quando parli, Grace? Gwendolyn fa parte del Cerchio! E tu hai rischiato di compromettere la cosa, e nemmeno una volta, bensì più volte!»
«A-attenzione, gradino» gracidò Marley. Grace sporse le mani, cercando di tastare qualcosa. Con ogni probabilità quello stupido arrogante stava camminando davanti a lei, gesticolando come un forsennato.
«La cosa! Oramai la cosa vale di più delle persone! Me ne frego della vostra “cosa”, Falk! Per colpa vostra, mia figlia— »
«Tua figlia, Grace?» La sua voce trasudava collera, scherno, gelo. Grace non vedeva nulla, ma riusciva benissimo ad immaginare che Falk stesse sorridendo cinico, mentre camminava senza alcun riguardo per lei. «Non dare la colpa di tutto a noi, per favore. Chi è stata a mentirle per sedici anni? Ah, di certo non io!»
Nell'impeto della rabbia, Grace sbatté contro una parete, ma si trattenne dall'esclamare furente. O di lanciare maledizioni Maya a Falk.
Lo sapeva lei che voleva farla sbattere contro i muri! Brutto arrogante!
«Aspettavo il momento giusto per dirglielo!» La voce le si incrinò. «Non volevo che venisse a conoscenza dei suoi veri genitori... in questa modo!»
«Mrs Shepherd, vuole una mano?» le chiese gentilmente Mr Marley. Probabilmente anche lui aveva notato che Grace stava letteralmente prendendo testate una dopo l'altra.
«Si sposti, Marley, faccio io» Grace colse un'inconfondibile nota arrogante nel tono di Falk. Di nuovo la sua mano, ma questa volta la stretta era molto più forte. Quasi rozza.
«Hai intenzione di farmi schiantare di nuovo nel muro?» chiese ironica.
«Scusami. Anche se te lo meriteresti, tu e la tua testa dura.»
Per qualche motivo, le sue scuse sembravano sincere.
Sembravano.
« Rincresce anche a noi il fatto che Gwendolyn sia venuta a conoscenza della verità in questa modo, ma— »
Proprio non accennava a lasciar cadere l'argomento. E Grace ne aveva già abbastanza della sua interminabile paternale.
«Lo so, lo so! Avrei dovuto dirglielo io stessa. Lo avevamo già deciso, io, Nicholas e mio padre. Ma...» La voce le si spezzò nuovamente, e questo contribuì solo ad accrescere l'irritazione. Continuò, caparbia. «Date le successive circostanze, decisi di dirglielo quando sarebbe stata abbastanza grande da capirlo.  Ed accettarlo. Ma era così sconvolta quando è venuta a sapere del gene, era già troppo per lei. Come avrebbe reagito?»
«E così l'hai tenuto segreto per sedici anni? Grace! Se non altro potevi informare la Loggia!»
Silenzio.
Questa volta durò quasi per un quarto d'ora, anche se veniva puntualmente interrotto da alcuni “Giri a sinistra” o “Attenzione, gradino” di Mr Marley. 
Falk le lasciò di nuovo la mano, ma Grace non accennò a muoversi. Le faceva già male la fronte per alcune testate. Sentì il rumore di una serratura aprirsi e, pochi secondi dopo, la benda le scivolò via dagli occhi. Dovette sbattere più volte le palpebre per abituarsi alla fioca luce. La porta dava su una stanza non molto larga, dall'aria del tutto normale, che deluse le sue aspettative; Si aspettava quanto meno il laboratorio di Frankestein o giù di lì, considerando i maniacali sistema di sicurezza dei Guardiani. Nella modesta stanzetta c'era solo un tavolo, un baule, e alcune sedie. Sul ripiano in legno si trovava un oggetto che era molto simile ad un orologio, ma la cosa che più sorprese Grace furono delle pietre così grandi che le fecero sospettare della loro autenticità. Il cronografo. Era quello.  Ostentando un'aria disinvolta — Anche se le lacrime che ancora scendevano lungo le gote la dicevano lunga sul suo umore — entrò nella suddetta stanza del Cronografo, e si impuntò accanto al tavolo, le mani nelle mani e il naso all'aria.
«Può andare, Marley.»
«Sì, signore, andare, signore.»
L'allarme anticendio ambulante si congedò in meno di un secondo, e Falk richiuse la porta alle sue spalle con un sospiro. Grace si scoprì nervosa e terrorizzata in un modo assurdo; Cosa avrebbe detto a Gwendolyn? Cosa avrebbe fatto lei? L'avrebbe perdonata? E perché diavolo Falk le si stava avvicinando con gli occhi rimpiccioliti?
Ah, no, voleva solo prenderle una sedia, da vero gentiluomo qual'era.
Forse fu quello a salvarla da un'imminente crisi di pianto.
La donna si lasciò cadere con un tonfo, spostandosi i capelli rossi dal viso con esasperante lentezza. Come meglio poteva, iniziò ad asciugarsi il trucco che le insozzava gli zigomi, ma quando iniziò a striarsi anche le mani lasciò perdere. Dal canto suo, Falk non faceva altro che tenere le mani dietro la schiena e ciondolare avanti e indietro come il capo di un esercito di soldati nel bel mezzo della prima guerra mondiale. 
«Potresti smetterla di camminare come un'anima in pena? Mi rendi nervosa» borbottò Grace, tenendosi il mento con il palmo della mano. Falk sospirò. 
Un nodo le attanagliava violentemente la gola e la bocca dello stomaco, che intanto pareva aver trovato il momento giusto per iniziare a fare le acrobazie. Era quella la sensazione che avevano i viaggiatori nel tempo? La donna scoccò un'occhiata penetrante al cronografo sul tavolo, mentre un'altra crisi la aggrediva seduta stante.
Gwendolyn stava bene? Come avrebbe reagito? L'odiava? Pensava che non fosse una buona madre, o quantomeno una buona finta madre?
La fontanella si aprì nuovamente, e Grace affondò il viso nei palmi delle mani. Sentì una mano stringerle premurosamente la spalla.
Oh, eccolo che ora si sveste dei panni del Gran Maestro della loggia del Frigorifero e fa il cucciolo pentito. Disgraziato.
«Smettila di piangere, Grace, ti prego» azzardò Falk, un tono che sfociava vagamente nell'imbarazzato. Si vedeva che non era proprio pratico.
Gli uomini!
Quando le spostò le mani dal viso, Grace lo trovò chinato alla sua altezza, la fronte aggrottata mentre gli porgeva con fare fraterno un fazzoletto. Lei lo accettò senza tanti complimenti, soffiandosi rumorosamente il naso.
«Te l'ho rovinato, scusami, ora è da buttare» piagnucolò lei, rinunciando all'iniziativa di asciugarsi anche le guance. Scoccò un'occhiata a Falk, che intanto faceva un gesto di rassegnazione.
«Non è un problema, Grace, di questi tempi si possono comodamente infilare in lavatrice.»
Non me ne importa un fico secco dei tuoi fazzoletti e della tua lavatrice, abbracciami!
Ma dal momento che l'uomo proprio non accennava a muoversi, Grace decise di sfogarsi, tanto per neutralizzare il macigno sullo stomaco. Dio, odiava piangere davanti a lui, ma si sentiva così abbattuta che non trovava niente di meglio da fare.
«Avevo così paura di questo momento!» singhiozzò, rituffando il viso nel fazzoletto. Profumava di Falk, della sua acqua di colonia. Ragione per cui si ostinava a tenerlo ancora contro il naso. «All'epoca c'erano anche Nicholas e papà. Ma Nicholas è morto, e poi anche papà, e io...»
La voce strozzata le si incrinò violentemente per la cinquantesima volta in giornata, e Grace si prolungò in un lamento.
«La mia Gwenny mi odierà» esalò. Il ripudio di Gwendolyn era forse la cosa che più la terrorizzava, e anche la più verosimile. Grace si augurò di non essere una buona veggente.
Falk evidentemente trovò adatto il momento per abbracciarla, o forse fu solo costretto dalle circostanze e dal suo aspetto da cane bastonato.
Grace, che iniziava già a sentirsi meglio, nascose il viso nel suo ampio torace, inalando il profumo a pieni polmoni. Sentì un lieve capogiro, che di sicuro non aveva niente a che fare con il suo umore altalenante, aggreddirla.
«Gwendolyn è una ragazza intelligente, Grace» ribatté lui, deciso. «Senza alcun dubbio comprenderà le tue ragioni.»
Per una frazione di tempo nessuno dei due ebbe l'ardire di proferir parola, ma poi Grace, di punto in bianco, iniziò a colpire con piccoli ma dolorosi pugni il petto di Falk. Lui la fissò sconcertato.
«Tutto perché avete obbligato quei due poveri ragazzi a rinunciare alla loro prima figlia!» strillò con voce assurdamente acuta. Falk la osservava in ogni più minimo movimento, dalle nocche che colpivano la stoffa allo sbattito concitato delle palpebre bagnate di lacrime, inerme e allibito. Grace era nel pieno di un attacco di nervi. Singhiozzò. «Non ci sono stati quando ha messo i primi dentini, non ci sono stati quando ha detto le sue prime parole, non ci sono stati quando ha iniziato a camminare, non l'hanno accompagnata al suo primo giorno di scuola, non hanno visto le sue recite scolastiche dove cantava, non hanno passato con lei nemmeno un solo e misero Natale! E questo per colpa vostra!» Digrignò i denti così tanto che riuscì a udire il loro scricchiolare agghiacciante. «E il dolore lancinante al petto e l'ironia che mi corrodeva all'interno quando mi sentivo chiamare mamma, e non poterle dire “Sai, tesoro, io non sono la tua vera mamma, i tuoi genitori in realtà sono già morti e sepolti perché una setta di meschini fanatici di esoterismo li hanno perseguitati fino a che non sono stati costretti ad abbandonarti qui”! Hanno rinunciato alla loro bambina, ai loro familiari! Non ti senti nemmeno un pò in colpa per tuo fratello, Falk? Non ti manca? Ebbene, a me Lucy manca, e tanto! Quindi né tu né i maledetti Guardiani siete così puri e innocenti! Non avevate il diritto di farmi quella paternale, né di ficcanasare, né di procurarmi altro dolore! Se voglio nascondere l'identità dei genitori biologici di Gwendolyn la nascondo, punto e basta!»
«Maledizione, Grace, credi che io non abbia sofferto?»
Era chiaramente irritato.
«Non ho certo deciso io di perseguitare quei due poveri ragazzi! Sei stato tu l'artefice della tua sofferenza! Sei così egocentrico che credi di avere sempre ragione, anche quando non ce l'hai, Falk de Villiers. Se tuo fratello è sparito, la colpa non è mia, ma tua, e dei maledetti Guardiani.»

Falk incassò il colpo in silenzio, allontanadosi da lei. Aveva innalzato la tipica barriera neutra che celava i suoi veri sentimenti ( Rabbia? Dolore? Impellente bisogno di schiaffeggiarla? ), ma Grace non escludeva che le sue parole, un pò cattive, c'era da ammetterlo, l'avessero scosso nel profondo. Proprio quando credeva che sarebbero rimasti così per tutto il pomeriggio, lei con l'aria di una che aveva un serio disturbo schizoide e lui che sembrava essere stato investito da un autobus a due piani, Falk stirò la bocca in una gelida linea diritta, forse per evitare al labbro inferiore di tremare. 
«Mi manca, sì» furono le sue uniche parole. Grace si aspettava uno dei suoi terzi gradi sull'importanza della Loggia, e blah blah blah, ma invece il saggio Gran Maestro si era limitato a squittire, quasi impotente, come se fosse schiacciato dai sensi di colpa e dall'interminabile assenza di suo fratello. Possibile che fosse un agnello travestito da lupo? «Ma mi sono sempre ostinato a credere che avesse fatto le scelte sbagliate. Pertanto, mi illudevo di essere innocente. Grazie per la tua santa illumazione, Grace, mi hai aperto gli occhi.»
Grace si impietosì così tanto che, suo malgrado, sbiascicò «Oh, Falk...». Ovviamente il suo attacco di nervi era scemato lentamente, fino a scomparire del tutto. Col senno di poi, si sentì una delle peggior cretine sulla faccia della terra. Lui l'aveva consolata, e lei per ripagarlo l'aveva usato come punching-box. 
Un altro punto per Grace Montrose.
«Oddio, non fare così!» Si accigliò. «Mi dispiace. Sul serio. So come ci si sente. Santo cielo, a te non è mai venuta una crisi di nervi, per, che so, troppo stress da lavoro? Ecco, avevo bisogno di sfogarmi. So che il tema di tuo fratello o di Lucy e Paul in generale è un pò azzardato, e questo lo leggo dai tuoi occhi, a proposito, mi inquieti con il tuo sguardo, comunque dicevo che non è di certo bello parlare di persone che non ci sono più, anche perché per esperienza so anche che non è certo facile perdere una persona importante, io ne ho perse tante, così tante che ne ho perso il conto o forse no. Credo di non stare molto simpatica al fato, per nulla. Sai, proprio ieri sono scivolata per le scale dell'Ospedale, rischiando di fratturarmi una caviglia. Per non parlare della gente con cui mi ritrovo a convinvere. Hai visto mia sorella Glenda, no? Sapessi la paternale che mi riserva sul fatto di “aver portato via il gene a Charlotte”, quando nemmeno immagina cosa c'è sotto...» e continuò a sputare altre cose incomprensibili e incollegabili tra loro con una velocità quasi inverosimile, frenetica, così tanto che era impossibile starle dietro. Ma Grace era ancora del tutto ignara del pensiero che attraversò come un fulmine la mente di Falk.
Io non perderei troppo tempo in chiacchiere. Lo farei e basta. Se lei poi ti molla un ceffone, sai che cosa pensa.
E così fece. Improvvisamente, del tutto inaspettatamente, si chinò su Grace, spostandole i rossi capelli dal viso. Senza nemmeno darle un preavviso o magari anche il tempo di reagire con uno schiaffo, poggiò con delicatezza le labbra sulle sue in un gesto cauto, quasi gentile, ma abbastanza impregnato di tutto il desiderio e l'amore che provava verso quella Montrose un pò isterica e testarda come un mulo. Grace rabbrividì, mentre la sua mente tornava inevitabilmente a molti anni prima; Era proprio come il loro primo bacio, accanto alla Fountain's Court, che aveva ottenuto il suo titolo di fontana più bella della città dopo quel particolare episodio. All'epoca, la giovane Grace era proprio seduta sul bordo della vasca, e Falk, di una bellezza inaudita e con i capelli ancora corvini, si era chinato a baciarla mentre lei era troppo occupata a sciorinare un lungo discorso su nemmeno ricordava cosa, ma che in quel momento era sembrata quasi di importanza vitale. Già allora possedevano la strabiliante qualità di litigare un minuto prima e sbaciucchiarsi un minuto dopo come se non fosse mai successo nulla. Sentì le stesse impetuose emozioni di una volta, sentì scivolare via lo stress accumulato in tutti quei giorni. Il bacio aveva messo a tacere anche le sue continui ammonizioni: E' un de Villiers, non si può, è arrogante, non c'è più niente tra voi, no non è proprio bello, smettila di guardarlo con quella faccia da baccalà lesso, controllati.
Fino ad un certo punto rimase un lieve contatto, soffice come seta e leggero come le ali di una farfalla, tenero, adolescente; Ma quando Grace decise di ricambiare, vorace, quasi disperata — Perché sì, dannazione, da quand'è che aspettava quel momento? Da quand'è che teneva accesa quell'inutile fiaccola di speranza nel suo petto? —, allacciando le braccia attorno al collo di Falk e allungando appena il proprio, tutto prese una svolta radicale. Lui le cinse la vita, sollevandola alla sua altezza e attirandola a sé, i petti che si alzavano e si abbassavano con un ritmo identico. La sensazione del suo corpo sul proprio era meravigliosa, il sapore delle sue labbra era estatico, il suo tocco era ipnotico. Tutte sensazioni che Grace non sentiva da molti, molti anni, e sembravano essersi risvegliate con un unico e grande big bang. Sensazioni che le sgorgavano dal cuore e le si diffondevano con un senso di beata felicità in tutto il suo essere.
Ma c'era uno spettatore segreto di cui gli amanti non sapevano nulla; Lo stesso doccione dalla faccia di gatto di prima volò forsennatamente nella stanza, atterrando con un gran baccano sul tavolo. Quando notò i due impegnati nel loro bel da fare, si mostrò profondamente soddisfatto.
«A quanto pare anche i vecchi laboratori sono i covoni di fieno di quest'epoca. Mh, dovrei avvertire Gwendolyn? Meglio di no.»
Rimase acciambellato sul tavolo, ma quando notò che nessuno dei due accennava a staccarsi, fece una smorfia schifata, con annesso gesto teatralmente drammatico. 
«I miei bellissimi occhi hanno visto abbastanza! Stanotte non dormirò.»
E andò di nuovo via, urlando «Tutti nel fieno!!».
Grace — che non avrebbe sentito entrare nemmeno il conte di Saint Germain in persona nella stanza, figurarsi un fantasma, cioé, pardon, un demone , non sapeva dire, con precisione, quanto tempo fosse passato quando rovesciò il capo all'indietro con un gemito, e Falk scese lentamente verso il suo collo, baciandole la superficie con un'intensità straordinaria, solleticandole la pelle con la barba. Grace sfiorò con i polpastrelli una ciocca morbida e mossa dei lunghi capelli, delicata, e quando si staccarono, si ritrovarono contro il tavolo del Cronografo. Come diavolo ci erano finiti lì?
Fu proprio per lo scossone che, a malincuore, Falk si allontanò lievemente da Grace, osservandola incalzante, quasi come a voler aspettare una sua qualsivoglia reazione.
«Questo dobbiamo definirlo un incidente?» chiese con voce roca e una nota inconfondibilmente ironica che fece sciogliere del tutto Grace. Continuò a tenere le braccia attorno alla sua vita sottile, e inclinò appena il capo di lato con le sopracciglia inarcate, come un bambino curioso.
Grace riprese aria, probabilmente con l'espressione più inebetita degli ultimi quarant'anni. Per un momento i suoi unici pensieri furono “ancora!”, “santo cielo, se baci da Dio!” e, per ultimo, “C'è un vecchio pazzo sciovinista che vuole uccidere la mia bambina e io mi sono abbarbicata a questo arrogante come una piovra gigante”. Poi si scrollò di dosso quell'aria deficiente cronica e mise fine al filo dei suoi commenti mentali, dove, oltre ai mugolii e al suo ammonirsi, si domandava perché mai madre natura fosse stato così generoso con quell'uomo, se per farla impazzire o una stramba coincidenza.
Complimenti ai genitori, niente da dire.
Deglutì, ostentando un sorrisetto, una risatina che le uscì vagamente isterica.
«Certamente, dopotutto l'hai fatto solo per zittirmi.»
Anche se il tono di Falk era stato chiaramente giocoso, Grace, in cuor suo, temeva che l'avesse fatto solo e unicamente per mettere fine allo sproloquio. Prese a mordicchiarsi il labbro. Ah, si sentiva una sciocca adolescente! E aveva quarant'anni!
Decisa a non mutare in un budino ambulante, voltò di nuovo lo sguardo verso Falk. Non l'avesse mai fatto! Era così bello che ritornò di nuovo a sciogliersi lentamente. La fissava intensamente con quegli occhi d'ambra, e i denti bianchi e regolari quasi l'abbagliavano. Si perse nell'elegante linea del lungo naso, della bocca piena, dell'arco delle sopracciglia, del mento. E lei di sicuro rasentava il ridicolo, con quel trucco colato; Con tutte le probabilità, anche la barbona che se ne stava tra i cassonetti della metropolitana era più affascinante di lei. 
«Certo. E perché mi dovevi qualcosa per la camicia battezzata dalla torta. La macchia non è più andata via.»
«Tanto non ti andrebbe di sicuro.»
«Stai forse cercando di dirmi indirettamente che sono ingrassato?»
«Solo cresciuto.»
Grace rise debolmente, e Falk consultò l'ora.
«Gwendolyn e Gideon saranno qui a momenti» annunciò con un sorriso stanco e, non le sfuggì, anche autoritario. Lasciò la presa sulla vita di Grace, che prese nuovamente posto sulla sedia. Falk si chinò per raggiungere la sua altezza, agguantando il fazzoletto e cercando di aggiustarle il trucco irrimediabilmete colato in un gesto vano.
«Lascia perdere» alitò Grace con un altro debole sorriso. «Magari un'ubriacona sarà più attraente di me, ma suppongo che il fazzoletto non aiuti molto.»
«Sei bellissima anche così.»
Dovresti proprio imparare a renderti meno attraente, Falk de Villiers, ché un giorno o l'altro potresti far morire qualcuno.
Il sorriso di Grace si fece più marcato, lusingato, e si costrinse a non irruppere con una risatina civettuola, dalla serie “ihihih”.
«Avevo paura che mi schiaffeggiassi» Il tono di Falk era sinceramente stupito, e Grace si domandò perché mai avesse dovuto schiaffeggiarlo quando desiderava quel momento da una vita. In realtà la sua capacità di raziocinio purtroppo era andata a farsi benedire sul pianeta Zargos quando Mr de Villiers aveva avuto l'ardire di poggiare le sue labbra sulle proprie; A stento respirava, figurarsi schiaffeggiarlo! A parte muovere le labbra come una ventosa e aggrapparsi a lui come una scimmia cappuccina, il suo cervello era andato del tutto in stand-by.
«Non l'avrei mai fatto.»
«Mi hai tirato una torta ai lamponi addosso, altroché se ne sei capace.»
«Quella volta te lo sei meritato» ribatté lei, caparbia. Falk rise.
Ma, tanto per infiocchettare spiacevolemente quel quadro di risa e interromperlo in grande stile, una figura si materializzò accanto al tavolo, le braccia lungo i fianchi e i capelli castani un po' arruffati: Gideon.
Falk e Grace si staccarono con una velocità fulminea, imbarazzati fino alla punta dei capelli, ma Gideon non parve farci caso più di tanto. Salutò entrambi rigidamente, e Grace sentì l'ansia, la paura, la tensione assalirla, tutto come un'enorme valanga, insieme alle guance ardere. La beatitudine di qualche minuto prima aveva lasciato posto ad un tormento continuo.
Dov'è Gwendolyn?
E poi, eccola. Apparì con uno sbuffo, e aveva gli occhi rossi di pianto, l'aria sconcertata.
Grace continuò a torturarsi pateticamente le mani, trattenendo a stento le lacrime.
Si sentì persa, ma un'occhiata affettuosa di Falk — Che agli altri poteva sembrare neutra, ma che per lei non lo era, perché lo conosceva come le sue tasche e trovava stranamente meraviglioso il fatto che riuscisse a comprenderlo così dannatamente bene — contribuì a darle un pò di forza. Non così tanta da portarla ad aggredire il mondo, ma quanto bastava per non fare la figura dell'idiota con sua figlia.
Il che era assurdo.
Aveva sempre creduto erroneamente che innamorarsi di un de Villiers fosse totalmente sbagliato, l'errore più grande e sciocco che uno potesse commettere in vita, così come lo pensava sua madre, e Glenda, e in pratica tutta l'allegra famiglia. Per il semplice motivo che i legami tra Montrose e de Villiers non erano mai nati sotto una buona stella, che i de Villiers erano tutti un branco di spocchiosi ricconi arroganti. E, a maggior ragione, perché tutti i rapporti tra le due famiglie erano destinati a fallire e lei aveva fondato quella teoria, prendendo come esempio la breve storia che lei e Falk avevano avuto e che si era conclusa con il lancio delle torte e un naso rotto.
Aveva sposato Nicholas, sentiva di avergli voluto bene, ma alla sua morte aveva deciso di dimenticarlo.
Semplicemente perché non c'era più, perché non poteva continuare a vivere in punta di piedi come se dovesse tornare da un momento all'altro, ad aspettarsi il suo ritorno, a figurarselo di nuovo sulla soglia della porta con il suo sorriso affettuoso, perché una stupida malattia lo aveva strappato dai suoi figli e da sua moglie.
Aveva fatto le valigie ed era andata via, per dimenticare.
E poi, forse per ironia della sorte o forse solo per uno scherzo di cattivo gusto del destino, al suo ritorno a Mayfar, la verità le si era schiantata contro come un treno che corre ad alta velocità: Era riuscita a dimenticare Nicholas, ma non Falk de Villiers. Anzi, non solo non l'aveva dimenticato, ma aveva a continuato a provare quei forti, irritanti sentimenti per tutta la durata del matrimonio con Nicholas, e anche dopo. Perché se si ama ancora una persona dopo molti, tanti anni, ciò vuol dire che i tuoi sentimenti non sono mai andati via.
Anzi, per l'occasione si erano riaccesi per quel pericoloso pseudo-scienzato maniaco di esoterismo meschino e fanatico di misteri, che le si era conficcato nella testa come un'enorme spillone.  Aveva sperato che quel calice le venisse risparmiato, perché lei, la caparbia Grace Montrose, non poteva innamorarsi di quell'uomo pericoloso.
Ma si sbagliava.
Grace riteneva che quella fosse la giornata più brutta della sua vita, Grace riteneva che fosse un errore amare Falk de Villiers, Grace riteneva che non si sarebbe innamorata mai più dopo la morte di Nicholas.
Be', altroché se si sbagliava.
Da quando Grace aveva memoria, non aveva mai creduto a così tante sciocchezze in una volta sola.
Da quando Grace aveva memoria, non ricordava di aver mai amato così tanto un lupo dal cuore d'agnello.

l'angolo della miws.
Dopo un lungo e straziante travaglio, ho partorito questa fanfiction —
 o almeno lo dovrebbe essere in teoria —, ringraziando il cielo.
Perché una Grace/Falk? Perché io li amo con tutto il mio essere, e perché, a parer mio, sono una delle più belle coppie della trilogia. Perché sono due gran bei personaggi e spesso vengono messi in ombra, e a me questo non va giù. Potrete quindi capire la grande frustrazione che ho provato quando giravo l'ultima pagina di Green, pensando “Ma Falk e Grace?”. Ebbene, se zia Kerstin non ha dato loro un finale, ci ho pensato io.
La fiction è ambientata proprio in Green, quando Gwenny viene a sapere dei suoi veri genitori e in pratica scappa con Gideon nel passato. Al ritorno, trova Grace — Sua madre o la sua prozia? Dipende dai punti di vista —, e Falk. Rileggendo quel pezzo, ho pensato “Quei due non saranno mica restati a girarsi i pollici per tutto il tempo in cui Gwen e Gideon pomiciavano sulla cugina sofà, vero?”. Inizialmente l'avevo scritta solo per piacere mio, una piccola soddisfazione personale, ma solo in seguito ho deciso di renderla pubblica. Okay, ci sono state le paranoie, del tipo Ma Grace non è IC, o Ma no, è una merda e Ma Falk direbbe davvero una cosa del genere?.
In pratica, se mi lasciate una bella recensione fate non solo felice me, ma anche Grace e Falk, povere creature.
Oddio, avrei da ringraziare milioni di persone che mi hanno sostenuta lungo il tragitto,  ma siccome sono tante, mando un bacio generale a tutte insieme ad un grande abbraccio.
Siete magnifiche, girls!
Orsù, recensite o vi faccio strozzare dal conte.
xx,
midnightsun.
  
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