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Autore: Trick    06/06/2012    6 recensioni
«Lei deve essere una grande esperta di burocrati».
Le labbra di Irene si storsero in un sorriso carico di malizia.
«Può giurarci che lo sono, signor Holmes».

|Pre-Irene/Mycroft|
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Irene Adler, Mycroft Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: Non sono certa del risultato, perché è la prima fan fiction che scrivo sul fandom di Sherlock – e se non fosse stato per le insistenti e maniacali pressioni di e m m e manco l'avrei fatto – ma tant'è che questo è quanto. Forse prima o poi ci prenderò sul serio la mano.

♦♦♦

Un messaggio da Karachi

Lo smalto scarlatto dell'indice sinistro era graffiato e lei non se ne era nemmeno accorta. Socchiuse le palpebre con espressione rattristata e avvicinò la mano al bel viso, se la rigirò pensierosa davanti al naso, osservò ogni dettaglio delle proprie dita. Non si era mai vantata con franchezza del proprio corpo, ma era sempre stata pericolosamente consapevole del contributo che la sua bellezza sapeva aggiungere alla sua furbizia. Possedeva belle mani affusolate, polsi e caviglie sottili, un volto piccolo e simmetrico, zigomi alti, occhi chiari e allungati, denti bianchi e labbra rosse e delicate: era stata in grado di far perdere la ragione a più uomini di quanti una qualunque donna britannica avrebbe mai incontrato in tutta la vita.
Sarebbe stata sufficiente una sola parola pronunciata dalla sua voce vellutata e la Gran Bretagna sarebbe crollata come un castello di carte, ma non aveva mai parlato. Non le era mai importato altro che la certezza di stringere nel pugno un intero paese e la sicurezza che fin quando avesse potuto stringere ancora di più, fin quando loro avessero saputo che lei era pronta a farlo, che poteva farlo, sarebbe stata libera e al sicuro.
In quel momento, seduta in morbosa attesa alla scrivania di Mycroft Holmes e in profonda contemplazione della propria unghia scheggiata, Irene sentiva di aver sbagliato qualcosa – ogni cosa. Quello sfregio alla sua intaccabile immagine era proprio lì, sulla punta delle sue dita, e sembrava gridarle: “Guarda, Irene, guarda cosa ti è sfuggito”.
Era lì, eppure lei non riusciva ad afferrarlo del tutto.
Cosa ti è sfuggito, Irene?

♦♦♦

«Non esiterei a mettere in evidenza ognuna delle opportunità che le si offrono davanti, se solo non sapessi che ne è già perfettamente a conoscenza».
Irene ispirò e gli rivolse un'occhiata carica di orgoglioso contegno. Mycroft accennò appena un lieve sorriso, mentre fingeva di concentrarsi sulla leggera rotazione che il suo polso stava imprimendo al bicchiere di porto. Lei non aveva nemmeno toccato il suo e una parte di lui lo giudicò un gesto troppo borioso e maleducato. Tuttavia, si beava del pensiero di averla finalmente sotto scacco e senza la benché minima possibilità di salvare il re – o la Regina, piuttosto. Irene Adler, la donna che aveva rischiato di azzoppare l'intero sistema governativo per il quale lui si prodigava da una vita, non poteva che rassegnarsi a qualunque decisione Mycroft avrebbe deciso di prendere.
«Perciò sarei lieto se mi illuminasse, signorina Adler... mi dica, cosa facciamo?».
«Le sconsiglio vivamente di giocare con me, signor Holmes. Non ho l'abitudine di giocare pulito».
«Oh, nemmeno io l'ho mai avuta» ridacchiò divertito Mycroft, accomodandosi meglio lungo il comodo schienale della poltrona imbottita. «Ma mi sono premurato di non perdere quella di vincere, a conti fatti. Dunque, questa è la situazione: potrei farla arrestare e lei non tornerebbe in libertà nemmeno ammaliando tutte le guardie penitenziarie del paese; oppure potrei semplicemente lasciarla andare e scommettere con la mia assistente per quanto le sue ammalianti capacità sapranno tenerla in vita. Il mondo là fuori è un posto molto crudele, signorina Adler, soprattutto quando gli si volta le spalle».
Irene emise uno sbuffo stizzito e appoggiò il mento al palmo della mano. Sembrava decisa a non perdere quell'aura di austera sensualità con cui si era sempre presentata, e Mycroft non poté evitare di pensare a quanto i suoi tentativi di mantenere ogni cosa sotto il proprio controllo fossero a modo loro adorabili. Le ricordava un gatto randagio che aveva avuto la pretesa di voler addomesticare all'età di sei anni: come lei, sembrava incapace di accettare la sua nuova condizione di cattività – sfrontato, presuntuoso e in trappola. All'epoca, tutti i suoi sforzi si erano rivelati vani e la fastidiosa creaturina era scappata in fretta, ma Mycroft non aveva più sei anni e lei non poteva scivolare oltre le sbarre del cancellino di casa.
«Una volta conosciuto il mondo dentro, quello fuori non è poi così male» civettò Irene.
«Forse, ma è anche vero che sarà proprio quello fuori a spararle non appena vi avrà posato un piede».
«E lei mi butterà fuori, quindi? Lascerà che accada e si libererà semplicemente di me?».
«Non sia ridicola. Sono un alto funzionario del governo, non mi è permesso incoraggiare un omicidio premeditato».
«Ma lo farebbe. Non è vero, signor Holmes? Se potesse, lo farebbe».
Mycroft la fissò per qualche istante.
«Lei è una donna molto pericolosa... e non solo per se stessa».
«Oh, lei deve essere un grande esperto di donne pericolose».
«Affatto. Me ne sono sempre tenuto alla larga».
«È tipico di voi burocrati» lo schernì aspra Irene. «Non riuscite a sopportare nemmeno l'idea che le vostre amanti possano avere la forza di sfuggirvi... e di norma, siete così tanto impegnati ad assicurarvi che nulla possa sfuggirvi da non accorgervi che loro sono le prime a farlo sotto il vostro naso».
«Lei deve essere una grande esperta di burocrati».
Le labbra di Irene si storsero in un sorriso carico di malizia.
«Può giurarci che lo sono, signor Holmes».
♦♦♦

Il fatto che il proprio cellulare privato fosse suonato proprio mentre rileggeva per l'ennesima volta il dossier di Irene Adler lo avrebbe fatto ridere, se solo Mycroft avesse creduto almeno un poco nel destino. Richiuse il fascicolo con calma snervante, infilò una mano nella tasca interna della giacca e guardò lo schermo.
1 nuovo messaggio.
Mycroft si passò la lingua sul labbro superiore, appoggiò la nuca al poggiatesta e sogghignò appena. Sotto almeno quel punto di vista, Irene aveva avuto ragione: lui non sopportava l'idea che qualcosa potesse sfuggire al suo controllo e si premurava bene che qualcosa di simile potesse accadere. La sensazione di non aver fallito nemmeno quella volta gli procurava un rassicurante calore alla bocca dello stomaco. Digitò a memoria un numero di telefono e portò il cellulare all'orecchio.
«Signor Holmes?».
«È a Karachi, Pakistan. Fate in modo che lui lo scopra».
Buttò giù la chiamata prima di poter ascoltare qualunque altra risposta e riprese la lettura del dossier di Irene. Staccò la sua fotografia dalla prima pagina e se la rigirò concentrato fra le mani.
«È tipico di te» mormorò divertito all'espressione spavalda con cui Irene era stata immortalata. «Non riuscire a cavartela da sola fino alla fine».
Deciso ad eliminare il messaggio, riafferrò il cellulare e visualizzò la cartella dei ricevuti. Rileggerlo per la seconda volta gli provocò un improvviso moto di risate. Gettò la fotografia sulla scrivania e lo eliminò in fretta.

Saluti da Karachi, Uomo di Ghiaccio.
   
 
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