Serie TV > Dr. House - Medical Division
Ricorda la storia  |      
Autore: fiorediloto87    24/12/2006    5 recensioni
Hanukkah 1990, Natale 2010. James Wilson, che cos'è cambiato?
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Greg House, James Wilson
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Non ridere
 

 

Titolo: Non ridere

Autore: Fiorediloto

Pairing(s): House/Wilson; James/David (meglio conosciuto come “il fratello scomparso”)

Rating: (lievissimo) R

Warning: Incesto.

Spoiler: Seconda stagione ed episodio 3x01. Molto, molto lievi sull’episodio 3x10 e sulle anticipazioni del 3x11. Ma davvero, leggendo non vi rovinate niente.

Disclaimer: Non possiedo bla bla bla. David però è mio.

Dedicata a: Eryslash e Nakanna Lee. Ery, la parte dedicata specialmente a te sai già qual è.

NdA: Di solito evito di scrivere fic di Natale perché cerco di dare a questa festa la minore importanza possibile, ma in fondo Natale è sempre Natale e anche quest’anno mi è toccato farlo. Ammetto che l’ho fatto con gioia e con piacere, e soprattutto con una sferzata di ispirazione. Buon Natale a tutti!

NdA2: Volete vedere la cravatta che David regala a James? Qui.

 

 ---


 

Hanukkah 1990

 

 

Non che ci fosse propriamente niente da ridere.

A ben pensarci, la cosa non faceva ridere, no, neanche un po’.

E non era neppure una questione di principio: nella vita c’erano cose di cui ridere e cose di cui non ridere.

C’erano migliaia di cose per le quali era lecito lasciarti andare a una grassa, liberatoria risata – una di quelle che ti fanno tremare la pancia finché non resti senza respiro, e il diaframma ti duole con fitte intermittenti in corrispondenza degli scatti più violenti del tuo divertimento.

E c’erano cose… be’, cose di cui non si rideva.

Non che queste seconde dovessero necessariamente essere tristi. C’erano un mucchio di cose non tristi di cui non ridere.

Una vecchia zia che inciampava su una gobba del tappeto crollando sul suo non proprio leggiadro sedere, ad esempio – Avrebbe potuto rompersi qualcosa!

Una passante che finiva inondata da capo a piedi dal passaggio di una macchina maleducata, col bell’abitino Armani pronto ad essere buttato nella spazzatura – Avrei voluto vedere te al suo posto!

Una scintilla della menorah che cadeva sulla frangia del tappeto e appiccava fuoco a quello, a un lembo della gonna di Amy e alla gamba della sedia della zia…

James Wilson, non c’era proprio niente da ridere in proposito.

Quando tutto si era calmato, avevi dovuto cercare rifugio in un angolo ragionevolmente lontano dalle facce sconvolte dei tuoi parenti. La finestra, sul momento, ti era parsa una buona scelta. Potevi fingere di guardare la neve cadere a fiocchi nel giardino già immacolato, e piangere e gemere in silenzio sulle miserie di questo Hanukkah andato allo sfascio – mentre in realtà avevi solo una gran voglia di ridere, e ringrazia Dio che sei riuscito a soffocare i primi sbuffi ilari che ti uscivano dalla bocca.

La tua immagine riflessa nel vetro ti guardava con i lineamenti deformati nello sforzo di trattenere le risate.

Nella sala da pranzo aleggiava ancora una vaga puzza di bruciato mista alla schiuma sintetica dell’estintore. Il tappeto era da buttare, la sedia probabilmente non avrebbe più retto l’augusto peso di alcuna matrona della famiglia Wilson; la cugina Amy aveva pianto calde lacrime sulla gonna pagata chissà quanto, e chissà quanto inutile, ormai – la sua fine sarebbe stata quella del vestito Armani di cui sopra.

Gli ospiti erano tornati a casa, rattristati, mentre tua madre copriva il disappunto di circostanza con un coraggioso sorriso di circostanza. Ti aveva sempre sorpreso constatare come una persona possa fingere di soffrire solo per poi fingere di essere abbastanza forte da tentare di nasconderlo. Eppure credevi che le dispiacesse sul serio – se non altro per il tappeto. Forse è solo l’abitudine ai sorrisi di circostanza che disinsegna alla gente il sorriso naturale.

Avevi salutato i parenti, esternato la tua contrizione, espresso parole di timido ottimismo, senza smettere di trovare tutta la situazione incredibilmente comica. Poi eri tornato alla finestra. Nel riflesso vedevi tuo fratello Paul affaccendarsi con le ceneri del vostro Hanukkah, abbandonato nella sua missione di salvataggio perfino dalla moglie Christine e dal primo figlio, che riposava ancora nel pancione.

Poi anche Paul aveva rinunciato.

«Sto andando, Jimmy. Lascio le luci accese?»

«No, spegnile, grazie.»

Fuori dalla finestra, le luci del giardino illuminavano anche il tuo piccolo angolo di salotto e la tua faccia.

Nella penombra luminescente di questo Hanukkah qualche passo lento, poi più rapido, aveva attraversato la stanza per poi fermarsi accanto a te.

«Si è bruciata solo la carta, per fortuna.»

Avevi preso il pacchetto con un sorriso, mormorando un ringraziamento, ma non avevi fatto in tempo a scartarlo del tutto che le mani di David avevano spostato le tue, tirato fuori il regalo dal suo involto massacrato e te l’avevano passato intorno al collo. Tuo fratello restava alle tue spalle, a tenerti la cravatta appoggiata al petto, col lembo più largo tremendamente vicino al cuore.

Poi la cravatta aveva continuato a pendere da sola dalle tue spalle, e le braccia di David ti stringevano la vita e le sue labbra ti cercavano l’orecchio. Tu avevi smesso di ridere, e non perché David non dovesse fare ciò che stava facendo, ma perché ci sono molte cose non tristi di cui non si deve ridere, e una di queste è tuo fratello che ti bacia nel buio del salotto di famiglia.

La tua mano che accarezzava la sua era una forma di vago incoraggiamento, ma le sue dita che si intrecciavano con le tue erano una preghiera. Nel momento in cui piegavi il capo indietro per lasciargli lo spazio che voleva, sapevi che David avrebbe chiesto altro. Che non si sarebbe accontentato. Mai.

Doveva essere il suo bisogno a far sì che ti chiedesse sempre di più, e il tuo a far sì che non riuscissi a negargli niente.

«Ti amo.»

Tra le luci e l’alone di bruciato, aveva avuto quasi il sapore di una formula sacrificale.

 

 

Natale 2010

 

 

Non che ci fosse propriamente niente da ridere.

Lo sai adesso come lo sapevi allora: ridere nel momento sbagliato può causare danni irreparabili. E tuttavia sai anche che le tue spalle, da cui un tempo pendeva una cravatta Regimental azzurra, ora sono più larghe, forse più stanche, ma in qualche modo più felici – e non sarà una risata sfuggita al momento sbagliato a cancellarne mille altre al momento giusto. Non è la lealtà, né la fiducia, ad essere in discussione tra voi.

Tuttavia avresti potuto evitare di scoppiare a ridergli in faccia.

Tra le cose di cui non ridere, adesso, puoi aggiungere “zoppo con bastone che scivola sulla carta del suo regalo di Natale”. Un po’ come la vecchia zia Betty, hai pensato mentre lo vedevi volare sul pavimento di casa. Solo che House è molto più divertente.

Mentre si rialza, il suo sguardo gronda confusione, e tu non puoi fare a meno di ricordarti di quando il suo bastone si è rotto in due pezzi, facendogli fare un volo nel mezzo del corridoio dell’ospedale. C’entravi qualcosa, forse?

Da uno sguardo hai dedotto che la gamba lesa è rimasta salva, e lì non ce l’hai più fatta. Il dolore era l’unica cosa che potesse frenarti dal ridere, l’unica per la quale avresti mostrato un compunto rispetto.

Non ridevi così tanto, non ridevi così bene, da almeno sei anni.

C’è un Natale, sepolto nella tua memoria, che ricordavi di aver catalogato come orribile – Julie lasciata sola ai suoi ospiti, tu a bere e mangiare cinese e guardare House festeggiare con doppia razione di Vicodin. Due anni dopo, mentre guidavi sotto l’acquazzone e le mani ti tremavano sul volante al pensiero che gli fosse accaduto qualcosa, quel Natale ti era sembrato un ricordo inestimabile.

Nella tua memoria, House rideva.

«Chissà perché sospetto che sia colpa tua» borbotta adesso, rialzandosi.

«Non sono stato io a farti cadere.»

House guarda il pavimento, vedendo su cosa è inciampato. «È la carta del tuo regalo» ti dice, accusatorio.

«Ricordo distintamente di averti detto di non buttarla per terra.»

«E io ricordo di averti detto di raccoglierla, così potevo guardarti il sedere.»

Si lascia cadere sul divano accanto a te, mentre i titoli di coda del film proseguono nel loro corso illeggibile. Ti ricordi improvvisamente che dovresti farti controllare la vista. A distanza non hai problemi, ma quando leggi devi tenere il libro sempre un po’ più lontano dagli occhi.

Distrattamente ti chiedi come staresti con gli occhiali.

House ti appoggia una mano sul ginocchio, e tu appoggi la tua sulla sua.

Nessuno dei due aveva voglia di fare l’albero, quest’anno, e tu credi di aver visto la tua ultima menorah accesa quando ancora stavi con Julie. Già allora, comunque, era lei ad occuparsi delle decorazioni.

Hai assistito a troppi Hanukkah in famiglia per credere che un albero o una menorah possano farti sentire a casa – che le lucine danzanti delle fiammelle o intermittenti delle lampadine riscaldino davvero l’atmosfera. Quanto a calore, tu preferisci di gran lunga quello umano.

Gli stringi distrattamente la mano, accarezzandone le lunghe dita.

Il tuo regalo giace sul tavolo, per il momento dimenticato.

L’hai ripescata da una scatola in fondo all’armadio di House, la cravatta rossa, e sul momento ti ha stretto il cuore pensare che fosse stata gettata lì perché il suo proprietario se ne dimenticasse l’esistenza.

Poi hai visto che nella scatola c’erano altri oggetti: il bastone spezzato in due, la palla rossa e grigia, lo skateboard. Il biglietto di uno spettacolo dei Monster Trucks a cui c’eri anche tu, a giudicare dalla data.

L’hai fatta incorniciare, anche se il commesso ti ha guardato come se fossi pazzo.

House non ti ha guardato come se fossi pazzo. Il suo commento è stato: «È un modo velato per dirmi che è meglio che non la indossi mai più? No, perché sai, non l’ho scelta io».

«È un modo velato per dirti che non voglio dimentichi perché te l’ho regalata.»

«Per farmi sembrare un idiota?»

«Avevi bisogno di sembrarlo

Lui ti ha sorriso, e tu hai pensato che non ti importava se il regalo gli era piaciuto o meno. L’importante era che avesse capito.

«Un altro film?» proponi adesso, senza molta convinzione.

«Andiamo a letto.»

«Non è neanche mezzanotte.»

«Appunto. Festeggiamo.»

Invece festeggiate sul divano, anche se è scomodo e lo spazio è poco, perché vi ricorda la prima volta che l’avete fatto. Era estate, allora, il sudore vi scorreva lungo il corpo come fuoco liquido, e House sembrava seriamente intenzionato a sperimentare tutte le nuove possibilità offertegli dalla ketamina. Non avevi dovuto fare attenzione alla gamba lesa, allora, perché il dolore se n’era andato.

Ma anche se ora devi misurare i movimenti per non fargli male, sai che in qualche modo avete raggiunto il livello massimo di felicità concessavi. Il pensiero ti inebria e ti sconforta allo stesso tempo. Non che quello che avete non ti basti – sei felice, e chiedere di più sarebbe ingordigia.

È solo… il pensiero di aver raggiunto un limite. La consapevolezza che d’ora in poi le cose potranno solo restare come sono, o andare peggio.

Al diavolo, Jimmy Wilson, ma quando mai è stato diverso?

Smetti di pensare e goditi la serata.

E buon Natale.

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Dr. House - Medical Division / Vai alla pagina dell'autore: fiorediloto87