Senza nuvole
(ShikaIno - InoShika)
Shikamaru si mosse infastidito su quel pavimento in
cemento, cercando di trovare una posizione più comoda per il suo solito
pisolino pomeridiano, prima che qualche jounin particolarmente seccante della
Sabbia arrivasse a disturbarlo - e quella era ormai un’azione tipicamente
quotidiana, da quando si era stabilito lì per gli esami dei Chuunin.
I suoi occhi, le cui palpebre parevano essere
dannatamente pesanti, scrutarono il cielo sgombro di nuvole. Era di un azzurro
così intenso da far venire il mal di testa, forse, ma anche un po’ di
batticuore.
Il formicolio della sabbia nei sandali lo infastidiva,
così come quella sensazione di nostalgia che provava guardando in alto. Aveva
bisogno di nuvole, non di ricordi: uno stratega come lui, in piena guerra,
aveva bisogno di almeno due ore per rilassarsi e non pensare a nulla. Invece,
in quegli istanti, lei era sempre lì. Un’eco sorda, che rimbombava tra
le pareti del suo cervello (cuore?) e ciarlava prepotente sulla sua pigrizia,
sui suoi doveri, su quanto volesse abbracciarlo.
Ino Yamanaka, pensò Shikamaru, era la più grande
seccatura della sua vita anche da lontano. E a volte si domandava davvero come
lei riuscisse, con quel suo esuberante carattere, a trascinarlo in piedi a
forza.
Shikamaru sosteneva assolutamente di essersi fatto
incastrare, ne era più che certo.
Ino ammiccò suadente, mentre qualcuno al suo fianco
gridava “Tanti auguri!” e pareva essere ubriaco. Erano passati tre anni dalla
guerra, ed ora Ino e lui avevano la stessa età.
Per qualche assurdo motivo, la ragazza aveva voluto
festeggiare i loro compleanni la sera tra il ventidue ed il ventitre settembre.
“Per non sentirmi sola,” aveva detto Ino, ma mentre fissava Kiba Inuzuka
circondarle la vita ed attirarla a sé per un bacio a schiocco sulle labbra,
Shikamaru pensò che Ino Yamanaka non sarebbe mai stata sola. Mai.
“Dove te ne vai? Ino poi si arrabbia se…” Choji l’aveva
osservato per tutto il tempo con quel ghigno saccente: seduto a gambe
incrociate e con un piatto di carne tra le mani, sembrava un Buddha in procinto
di scoppiare.
Shikamaru trattenne a stento un sorriso a quel
pensiero, mostrando il pacchetto di sigarette. Choji storse il naso. “Ino si
arrabbia anche se fumi”.
Il ragazzo con il codino scrollò le spalle, uscendo
dal salone e dirigendosi a passi strascicati verso una panchina in legno
vecchia come il primo Hokage, e sedendovi sopra. Anzi, Shikamaru si premurò si
occuparla interamente, sdraiandosi.
Fu costretto per due volte a sollevarsi, però: la
prima perché la cenere gli cadde sul collo, bruciandolo e lasciando
probabilmente un segno così rosso che sua madre, il giorno dopo, avrebbe preso
in carico di scoprire a cosa fosse dovuto.
La seconda, fu a causa di un peso sul proprio stomaco.
E non un peso come un senso di colpa o un pensiero preoccupante, no, il peso
aveva le fattezze della sua migliore amica bionda.
Ino sorrise civettuola, accarezzandogli il petto.
Aveva le guance imporporate, segno che fosse quantomeno brilla, e una
scollatura vertiginosa. I suoi seni prosperosi si intravedevano facilmente
attraverso quel decolté, ma la ragazza pareva non farci davvero caso.
“Cosa ci fai qui?” Domandò Shikamaru incerto se gli
interessasse o meno: voleva solamente che Ino si levasse dal suo stomaco,
pesava, ma questo, se ci teneva veramente alla vita non avrebbe mai potuto
dirglielo.
“Ti cercavo, sapevo di trovarti stravaccato da qualche
parte,” il sorriso di Ino non accennava a sparire mentre parlava, come se
quella fosse la serata più bella della sua vita.
Che Kiba le avesse proposto di uscire? Nah, Ino sapeva
bene quanto quel cane tenesse ad Hinata, il motivo doveva essere senz’altro
qualcosa a lui sconosciuto.
Non le domandò nulla; conosceva Ino, sapeva che prima
o poi gli avrebbe detto qualsiasi cosa, pur di riempire quel silenzio
imbarazzante per entrambi. O forse solamente per lui, che guardava la sua
scollatura ed aveva paura di beccarsi un pugno sul naso.
“Sai Shikamaru,” ecco, pensò, ora gli avrebbe detto
che si era fidanzata (ancora), o qualcosa di simile, “a volte mi chiedo se noi
due non potremmo essere più di due semplici amici”.
Tossì il fumo della sigaretta così forte ed in maniera
così soffocante che Ino si sollevò dal suo stomaco e lo costrinse a sedersi,
dandogli qualche pacchetta sulla schiena solamente per pietà.
Shikamaru si asciugò le lacrime e buttò la sigaretta a
terra - gli aveva bruciato i pantaloni -
e guardò Ino, pensando che si fosse offesa. Ed effettivamente, un broncio le
arricciava le labbra non più rosse, mentre un ciuffo di capelli cadeva lungo la
scollatura del kimono.
Il ragazzo deglutì, passandosi una mano sul volto. “Cosa
vuoi dire, seccatura?”
“Come sarebbe se fossimo amici che si comportano come
fidanzati?”
Shikamaru aprì un occhio. “Intendi cene romantiche e
passeggiate al chiaro di luna? Sai che…”
“No,” lo interruppe Ino sollevando gli occhi al cielo,
“intendo che qualche volta potremmo tenerci compagnia a vicenda.”
Lo sguardo poco lucido di Shikamaru, accompagnato
dalle gote arrossate di Ino, per finire alla sua scollatura, gli fecero battere
il cuore. “Perché?”
Uno sguardo ammiccante, Ino si avvicinò maggiormente a
lui, posandogli in maniera casuale una mano sul ginocchio. “Sarebbe divertente:
forse riusciresti a trovarmi meno seccante e più attraente”.
Shikamaru non si premurò di dirle che lui, in quegli
anni, non aveva mai negato di trovarla dannatamente attraente. No, stette zitto
e lasciò che Ino lo baciasse.
Si ritrovò ad osservare il corpo nudo di Ino per la
prima volta da quando quella situazione era iniziata, steso pacatamente al suo
fianco. La schiena si sollevava ed abbassava ripetutamente ad un ritmo calmo,
segno che la ragazza dormiva, e lui desiderava baciarle la pelle fresca.
Non si era rivelata una seccatura, quell’idea.
Nonostante Ino fosse a volte chiassosa, quando per esempio guardavano un film,
e predicasse sul fargli ripetutamente portare una vaschetta di gelato al
cioccolato, era piacevole. Piacevole sulla scala delle seccature, si intende,
perché ogni volta Ino aveva qualcosa di nuovo da provare.
Quel giorno non avevano guardato un film, né si erano
fatti il solletico, né avevano mangiato il gelato: Ino l’aveva baciato sul
divano, passionale e senza vergogna, con la mano che accarezzava audacemente la
zona vicino al cavallo dei pantaloni.
Prima che avesse anche solo provato a chiederle se non
avrebbe preferito fare altro, Shikamaru aveva toccato la pelle sotto la sua
canottiera leggera. Era quanto di più morbido avesse mai sentito contro i
propri polpastrelli, liscia, forse con qualche pelo che si sollevava al suo
passaggio. Rabbrividì quando la vide nuda, e quando Ino chiamò il suo nome a
gran voce, spezzata solo in parte dal dolore di una prima volta consumata tra…amici?
Ino mugugnò in quel momento, e Shikamaru deglutì. Non
era un fifone, non volle distogliere lo sguardo mentre la ragazza apriva i suoi
grandi occhi azzurri e lo guardava nudo al suo fianco.
Gli occhi di Ino erano lucidi, ma non si spalancarono
per la sorpresa come Shikamaru si era aspettato, brillarono. Ino allungò una
mano a cercare quella del ragazzo, afferrandola. “Buongiorno, ti sei divertito
a guardarmi?”
Era maliziosa anche la mattina, con gli occhi che le
si chiudevano e il sapore di una dormita ancora nella bocca. Rideva, ed era così
bella che Shikamaru si chiese se potesse baciarla oppure no.
“Mai quanto te stanotte, Ino,” acconsentì Shikamaru,
allora, sdraiandosi al suo fianco.
La ragazza lo colpì ad un braccio, poi al petto ed
infine gli morse una guancia. Shikamaru aveva mantenuto un sorriso sarcastico
per tutto il tempo, così tipico di lui che Ino, per non arrossire, si era
nascosta contro il suo petto.
“Devo essere un mostro,” sussurrò Ino pensando ai
propri capelli, e Shikamaru trattenne a stento un sorriso.
Si domandò perché Ino non fosse seccante. Perché
provasse quel piacevole torpore a stare con lei. Perché se ne fosse innamorato
prima senza conoscere quei lati così piacevoli che, persino lui, non si sarebbe
mosso di lì per andare a stendersi su un prato.
Rinsaldò la presa intorno alla vita esile di Ino,
baciandole la base del collo. “Un mostro terrificante, Ino. Lo rifacciamo?”
Vide i suoi occhi spalancarsi per lo stupore e poi,
poi la sua risata: riempì le pareti intere di quella stanza, cristallina e
squillante, prima che Ino salisse a cavalcioni sopra di lui, nuda e senza
vergogna.
“Allora non sei così pigro!”
Anche Shikamaru sorrise. “Se lo sono poi tu mi sgridi,
Ino”.
Ino rideva con la bocca aperta, mostrando i denti.
Aveva un suono cristallino la sua risata, che si sposava magnificamente con gli
occhi ricchi di brillante ironia.
Il jounin di fronte a lei era avvenente, notò
Shikamaru, e con i tratti scuri proprio come piacevano alla ragazza.
Osservò la sua compagna di squadra accavallare le
gambe, porsi più ammiccante verso l’uomo, nonostante Nara potesse comprendere
che no, Ino non faceva sul serio.
Quando poco dopo la vide scusarsi e dirigersi verso il
bagno, non si premurò di dare spiegazioni a Choji e Kiba, seguendola.
Ino vide il suo riflesso nello specchio ma non sussultò,
come se si aspettasse di trovarlo lì. Come se avesse previsto tutto.
Mostrò un sorriso malizioso e rosso come il rossetto
che le pitturava la bocca, prima di voltarsi ed incrociare le braccia sotto i
seni.
“Qual buon vento?” Domandò con sarcasmo affilato la
ragazza, mentre Shikamaru si chiedeva perché avesse tanta voglia di fumare.
Insomma, okay, erano praticamente più che amici, ma non fino al punto di essere
terribilmente geloso di Ino. Oh, decisamente no.
“Quel tipo vuole solo una cosa da te,” disse Shikamaru
accendendosi una sigaretta ed ignorando il cartello “Vietato fumare” di poco
sopra le loro teste.
Ino arcuò un sopracciglio biondo sottile, leccandosi
le labbra. “E tu non vuoi solo quello, Shikamaru?”
Fu un duro colpo. Non si sarebbe mai aspettato che Ino
ponesse quella domanda con serietà, gli occhi azzurri assottigliati e le labbra
strette. Da lei si sarebbe aspettato una risata o un ghigno sarcastico, visto
che era stata colei che aveva fatto nascere quella situazione.
Non voleva darle risposta. Cercarla seriamente nella
sua testa, domandarsi perché fosse corso lì da Ino, perché il cuore gli battesse
così forte sarebbe stato troppo seccante, per un come lui.
Fu per questo che Shikamaru sorrise, arrivando ad un
passo da lei e scostandole una ciocca di capelli biondi dal viso.
“Fra mezzora a casa mia, Yamanaka”.
E mentre le dava le spalle, sapeva che, probabilmente,
lei sarebbe arrivata anche prima di lui. Perché? Non lo sapeva, o forse sì. In
fondo era un genio.
La guancia destra di Ino era segnata da un taglio che
correva dalla fine dell’occhio all’inizio delle labbra. Sanguinava
copiosamente, ed era sporca di terra e piccoli sassolini che la stavano
infettando ogni minuto di più.
Shikamaru cercò alla rinfusa nella cassetta del pronto
soccorso, mentre la ragazza tentava di curargli vanamente la ferita alla gamba
che aveva impedito al compagno di compiere sforzi grandi come sfuggire per gli
alberi.
Era strano non sentirla lamentarsi per i capelli
sporchi, i vestiti strappati o il dolore: Ino pareva un’altra, con l’aria
terrea e spaventata, di chi non vede scampo di fronte a sé. Normalmente le avrebbe
detto di smetterla, di non preoccuparsi, che gli altri sarebbero sicuramente
corsi a salvarli.
In quell’istante, però, Shikamaru si limitò ad
afferrarle le spalle esili con un braccio e buttarsela addosso, in un abbraccio
goffo ed improvvisato, che gli aveva tinto le gote di un rosso leggero. Ino
sospirò pesantemente, stringendo le labbra.
“Dimmi che ce la faremo,” sussurrò contro il petto del
jounin, senza singhiozzare o piangere. La sua voce era ferma, forse era tremata
solamente sull’ultima sillaba, quando lui aveva rinforzato la presa.
“Sai che non morirai, Ino,” rispose inflessibile,
udendo lo scoppio di una bomba in lontananza.
Si sarebbe alzato, l’avrebbe portata con sé con forza
se una figura fulva e grande come un lupo non fosse comparsa in quell’istante
tra le fronde.
Ino, ancora non resasi conto di nulla, sorrise.
“Lo so, tu non lo permetterai”.
Ino stava sfogliando un vecchio album quando lui piombò
nella sua stanza, dopo aver salutato i suoi genitori al piano di sotto. Non
sapeva se sospettassero qualcosa o meno, ma Shikamaru era corso su per le scale
a cercarla, con urgenza. Era quasi imbarazzante quanto lei l’avesse reso meno
pigro.
“Shikam…”
Il ragazzo si era chinato su di lei per baciarla,
prima che Ino potesse anche solo domandargli cosa ci facesse lì. Fu strano non
sentirla contraccambiare, o meglio, non sentirla aggrapparsi al suo collo e
appiccicarsi al suo corpo.
Perplesso, si separò da lei. E uno squittio di
sorpresa lo fece voltare di scatto.
Trovarsi Hinata Hyuuga sulla porta della stanza di
Ino, in camicia da notte, e rossa di imbarazzo per essersi fatta trovare così,
gli fece capire che Ino non l’aveva rifiutato, ma voleva semplicemente
avvisarlo.
“S-s-s-scusate!” Strillò, ed entrambi i membri del
team 10 pensarono di non averla mai sentita parlare ad un tono di voce così
elevato.
Ino trattenne una risata, mentre Shikamaru reprimeva
la voglia di chiederle almeno mezzora di intimità.
“Non è un problema, Hinata-chan,” Ino le abbracciò
vivacemente le spalle, con un sorriso luminoso. “Shikamaru è appena tornato da
una missione, ed è venuto a salutarmi”. Spiegò come se la cosa non la toccasse,
ma Shikamaru non poté ignorare quanto quegli occhi azzurri brillassero nel
guardarlo.
Nascose un sorriso, alzando una mano per scusarsi. “Sono
stanco, Hinata-san, me ne vado. Buon divertimento,” ed uscì dalla stanza, per
poi girarsi e lasciare che Ino si aggrappasse al suo collo e si facesse
sollevare da terra, ridendo e baciandolo sotto gli occhi di Hinata.
Le strinse forte la vita, inspirando a pieni polmoni
il suo odore. “Ci vediamo domani”.
Choji aveva guardato Shikamaru con un sorriso così
grande che il jounin, deglutendo, si chiese se Hinata gli avesse detto tutto.
“Kiba ha cantato,” spiegò l’Akimichi per dissipare le
sue pene. Certo Shikamaru non credeva che Hinata fosse una chiacchierona, ma
forse al suo ragazzo i segreti non li nascondeva granché bene.
Sospirò pesantemente, le occhiaie segnate dall’ennesima
nottata passata nell’ufficio dell’Hokage ad organizzare una strategia, e poi
guardò Choji.
“Non so cosa stiamo facendo,” spiegò pratico,
ricordando che lui ed Ino non avevano mai ammesso alcun sentimento, né
passeggiato per la strada mano nella mano.
Quello che lo stupì, fu che Choji continuava a
sorridere. Non dovette nemmeno chiedergli di spiegare, perché il suo migliore
amico lo conosceva bene.
“Non penso che né tu né Ino vi buttereste in qualcosa
che potrebbe rovinare irrimediabilmente la vostra amicizia,” spiegò sempre con
quell’imbarazzante - almeno per Shikamaru - sorriso da Buddha, “e soprattutto,
nessuno dei due sarebbe così se non fosse
innamorato”.
“Così come?”
Choji ci pensò su. “Brillante, azzarderei, anche se
Ino con quei capelli biondi è quasi più luminosa di te”.
Non era stata Ino a dichiararsi, ma Choji gli stava
riferendo che Ino lo amava. E tanto. Senza motivo, così, dal nulla: amava lui,
non Sai, Sas’ke, Neji, Kiba, Rock Lee. Lui.
“E poi tutti lo dicevano che sareste finiti insieme da
quando avete iniziato ad indossare lo stesso tessuto a rete,” spiegò ancora
Choji, mangiando un boccone di patatine.
“Io lo dicevo da prima,” ed entrambi si voltarono
verso il sorriso malizioso di Ino, che circondò le spalle di Shikamaru con un
braccio. “In fondo, Shikamaru si prendeva cura del mio corpo, no?”
Choji ridacchiò, mentre Shikamaru arrossiva a quei
ricordi. Stringere al petto Ino, quand’erano solo ragazzini in fase ormonale,
gli procurava non pochi problemi. E forse Choji aveva cantato con lei.
Si passò nuovamente una mano sul volto rosso, mentre
lei lo abbracciava e baciava su una guancia ridendo. “Che seccatura, ragazzi”.
Ino era appoggiata con la testa al suo petto,
lasciandosi coccolare dalle dita di Shikamaru tra i suoi capelli.
“Domani parto,” avvisò d’un tratto, ed Ino sollevò gli
occhi verso di lui.
Arricciò le labbra, storse il naso e, infine, sospirò.
“Immaginavo, ho sentito che Kakashi-sensei parlava dei nuovi esami di selezione
dei Chuunin,” e rotolò accanto a lui supina, guardando il soffitto in legno.
Shikamaru la guardò con la coda nell’occhio, notando
il tremore delle sue braccia.
“Non è la prima volta che sto via più di qualche mese,”
sussurrò forse un po’ emozionato, mentre lei teneva le mani saldamente sulla
sua pancia.
Ino si morse le labbra, agitata, prendendo poi un gran
sospiro. “Però prima non sapevo che mi amavi,” spiegò.
Non le disse nulla: non annuì, non la smentì, niente.
Si limitò a sovrastarla e baciarla per una serie infinita di minuti, con le
mani di Ino che gli stringevano il collo e le gambe affusolate che l’accarezzavano,
lisce e lunghe, che si avvinghiavano e cercavano di avvicinarsi quanto più le
fosse possibile.
“Se ti prometto che ti sposo, ti preoccuperai di meno?”
Ino si immobilizzò tra le sue braccia, congelata,
mentre Shikamaru nascondeva un sorriso nell’incavo del suo collo. Un incavo che
pareva essere stato creato per la sua testa, lo cullava e sorreggeva sempre, un
fresco angolo di Ino in cui il suo profumo di fiori lo inebriava più di sempre.
“Ti sembra il modo di chiederlo?” Domandò Ino
staccandosi un poco da lui, sbattendo le palpebre e, notò il ragazzo, gli occhi
leggermente lucidi.
Sorrise un poco Shikamaru, forse emozionato, scostando
una ciocca di capelli biondi dal proprio viso. Ah, quei capelli, li avrebbe
trovati ovunque una volta sposati, già lo sapeva. Anche ora quando tornava a
casa, sua madre si lamentava sempre di quei fili dorati sui vestiti.
“Preferirei che ti inginocchiassi, con un anello,
magari, e me lo chiedessi per bene,” continuò Ino imperterrita. Ora gli occhi
non era più prossimi alle lacrime, brillavano di una felicità così palese che
forse sarebbe stato proprio Shikamaru a commuoversi.
Trattenne a stento un sorriso, lui, sollevandosi sui
gomiti.
“Non scocciare, Ino,” mugugnò Shikamaru e la baciò.
Non la sentì lamentarsi e sorrise quando Ino sussultò
contro la sua mano, caduta fin troppo in basso per confondere le intenzioni del
ragazzo.
“Non provare a cambiare discorso, Nara!” Ino gli mollò
un calcio nello stomaco e lui tossì. “VOGLIO UNA PROPOSTA DEGNA DI…”
“Che seccatura, Ino. Dopo, eh?”
E la baciò nuovamente. Questa volta, però, si assicurò
che lei tremasse sotto le sue dita e non trovasse forza per parlare.
Shikamaru udì la porta del terrazzo sbattere
rumorosamente, mentre un jounin di cui non si era premurato di conoscere il
nome lo guardava leggermente seccato. Probabilmente, indovinò il ragazzo di
Konoha, lo avevano cercato in lungo ed in largo.
“Eccoti,” disse infatti l’uomo, spostandosi su un
fianco per farlo passare.
Shikamaru gettò un’ultima occhiata alle nuvole, prima
di seguirlo con un sorriso. Quel cielo sgombro gli aveva fatto venire in mente
che, a due giorni dal suo ritorno, non le aveva ancora comprato un anello.
To Milly,
Tanti auguri tesoro!
N/a:
questa è la prima fic di una mini-raccolta, che potrebbe essere formata da due
o tre capitoli, a seconda dei turni che affronterò all’Hunger Games contest. Le
fic prevedono sempre Shikamaru come protagonista (povero lui, lo faccio
stancare) e, se possibile, la presenza di Ino. Nella prossima sicuro! *_*
Ringrazio moltissimo la giudice, che è stata rapida
nello stilare i risultati e ha organizzato un contest interessante e nuovo. :D
Alla prossima. ;) ShikaIno is rock. (L)