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Autore: Lady Bracknell    26/12/2006    14 recensioni
Remus riesce a togliere a Tonks il suo spirito natalizio, ma aiutarla a recuperarlo si rivela essere qualcosa di un po' più duraturo di un bacio rubato sotto il vischio.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Werewolf who stole Christmas

Da secoli Alektos cerca di convincermi a tradurre questa storia, della quale parlo spesso e di cui ha letto alcuni spezzoni qua e là.

Alla fine ho deciso di accontentarla, ed ho tradotto per lei il primo capitolo.

 

Allo stesso tempo ne approfitto per fare un esperimento…

A dire la verità io ero un po’ restia a pubblicarla, visto questa storia è un po’ diversa dalle altre di Lady Bracknell.

Non dico che non sia bella, perché io l’adoro, solo è molto lineare e anche molto molto lunga ( 16 capitoli, 353 pagine e non l’ha ancora finita ), e può piacere o meno, dipende dai gusti.

 

Io sono prontissima a tradurla, se la cosa vi attira… altrimenti mi butto su altro.

La decisione è vostra.

Io in inglese l’ho già letta.

 

Fatemi sapere.

 

P.S. Il rating lo alzo eventualmente in un secondo momento… per ora va bene così.

 

 

The Werewolf who stole Christmas

 

 

1.Stealing Christmas

 

Tonks spalancò gli occhi non appena la sveglia smise di suonare. La mattina di Natale era uno di quei giorni in cui non le dispiaceva essere svegliata dal suo sonno.

Saltò fuori dal letto, trattenendo appena il respiro quando il suo corpo fu esposto alla temperatura glaciale della sua stanza di Grimmauld Place.

Battendo i denti raccolse i jeans, una t-shirt di un blu intenso con fiocchi di neve ricamati sopra ed un gigantesco maglione color verde acido che stonava terribilmente con entrambi. Sentendo un po’ meno freddo mentre stringeva a sé la maglia, chiamò a sé dal cassetto un paio i orecchini con due pettirossi come pendenti e se li mise alle orecchie.

 

Si fermò un istante a pensare a che fare con i capelli, decidendo per un rosso festivo, e dopo aver annuito al suo riflesso in apprezzamento, si catapultò fuori dalla porta e giù dalle scale per vedere chi altro era in piedi.

 

Irruppe in cucina e trovò Remus seduto a tavola, e Molly indaffarata ai fornelli. L’aria era calda e sapeva di spezie e cioccolata.

“Buon giorno!” esclamò “Buon Natale!”

 

“Buon Natale, cara,” rispose Molly senza voltarsi.

 

“Adoro il Natale!” disse Tonks, accasciandosi sulla sedia accanto a Remus.

 

“Davvero?” mormorò lui, sbirciando la sua t-shirt ed i suoi orecchini. “Non l’avevo notato.”

 

Gli sorrise sarcastica, ma non riusciva a stare arrabbiata con lui a lungo. Era una delle cose che più la irritavano di lui. Prima diceva qualcosa di ironico, asciutto ed assolutamente esasperante e subito dopo diceva qualcosa di amichevole e dolce e lui tornava immediatamente a piacerle.

 

Perché lui le piaceva. Più di quanto avrebbe dovuto. Anche se faceva di tutto perché non fosse così.

 

“Vai a trovare i tuoi genitori, più tardi?” chiese Molly. C’era qualcosa di strano nella sua voce -  probabilmente era solo preoccupata per Arthur, pensò Tonks, mentre cercava di non fissare Remus.

 

“Sì,” sospirò Tonks. “Preferirei rimanere con voi, ma, sapete com’è, il Natale va trascorso in fam...

 

Stava per dire che il Natale è una festa che va trascorsa in famiglia, ma Remus le afferrò un braccio e scosse la testa. Tonks ricordò Percy e chiuse gli occhi, maledicendosi mentalmente per la sua indelicatezza.

 

“Ha un profumo delizioso quello che stai cucinando, Molly,” intervenne Remus, senza distogliere lo sguardo dalla ragazza. Tonks sillabò la parola ‘scusa’ nella sua direzione e lui lasciò andare il suo braccio, sorridendo con gentilezza e mandandole un brivido lungo il corpo che non aveva niente a che fare con l’irritazione. “Che cos’è?”

 

“Ricetta della madre di Arthur per il dolce di Natale,” rispose, e se si era accorta del passo falso di Tonks, non lo diede a vedere. “E’ un po’ affrettato,ma ho pensato che gli avrebbe fatto piacere, visto che è confinato in un letto d’ospedale. Dice sempre che preferisce le mie,ma so che non è vero.”

 

“Che cos’ha fatto Arthur per meritarti?” commentò Remus, e Molly si voltò, sorridendogli con gli occhi lucidi.

 

In poco tempo la cucina era piena fino a scoppiare delle persone che occupavano la casa durante le vacanze, del brusio delle chiacchiere sui regali e Sirius che cantava qualche canzone natalizia. Molly decise che avrebbero dovuto raccogliersi in soggiorno attorno all’albero di Natale per scambiarsi i regali prima di pranzo. Harry, Ron, Hermione, i gemelli e Ginny avevano già aperto i loro, ma gli adulti non erano meno eccitati, probabilmente a causa dello zabaione che avevano bevuto a colazione nel quale Tonks immaginava ci fosse più alcol di quello che Molly vi aveva versato.  Sospettava infatti che Sirius ne avesse aggiunto ancora un po’ mentre Molly non guardava, ma le guance arrossate della donna suggerivano che non se ne era accorta o che non le dispiaceva.

 

Tonks localizzò la sua pila di regali colorati, iniziando a scartare i suoi mentre Sirius, Molly, Remus e Bill si ringraziavano a vicenda fra fruscii di carta e nastri, e sospirando sorpresa ad ogni pacchetto che  apriva. Tuttavia c’era un regalo, fra tutti, che non vedeva l’ora di aprire. Si chiedeva da tempo che cosa le avrebbe comprato Remus, ripromettendosi di non dare troppo significato a quel dono, cosa che sapeva avrebbe comunque fatto.

 

Lo cercò in mezzo agli altri doni e dovette controllare due volte prima di rendersi conto che non c’era. Remus non le aveva comprato niente. Cercò di non apparire delusa e ringraziò calorosamente Molly per i dolci che le aveva preparato, Sirius per la maglietta arancio acceso delle Sorelle Stravagarie, e i ragazzi per la biografia del leader del gruppo per cui tutti avevano contribuito.

 

Quando Remus aprì la barretta gigante di cioccolata di Mielandia che gli aveva comprato ( era così grande che sarebbe stata un’impresa spezzarla ), la cercò con lo sguardo attraverso la stanza,ed aprì la bocca come per dire qualcosa. Poi cambiò idea e decise per un semplice “Grazie.

 

“Figurati,” mormorò Tonks, pensando che probabilmente avrebbe dovuto sentirsi in colpa per essersi dimenticato di comprarle qualcosa.

Si sentì stranamente vuota e non sopportava più l’idea i rimanere lì. Tutt’ad  un tratto non aveva più molta voglia di festeggiare. Raccolse tutti i suoi regali e si alzò.

“Devo andare,” disse, cercando di suonare più allegra possibile. “Puoi dire ad Arthur che spero si rimetta presto, Molly? Ci vediamo più tardi.” Aggiunse, e se ne andò.

 

Il Natale a casa dei suoi genitori era un’esperienza distruttiva. Per cercare di evitare i consueti commenti sul suo aspetto, Tonks aveva optato per lunghi capelli castano scuro, e occhi castano chiaro, man non fu di molo aiuto. A metà della solita ramanzina della madre sul fatto che non avrebbe mai trovato un ragazzo se continuava ad andare in giro vestita così, iniziò a pensare che avrebbe preferito essere piuttosto a Grimmauld Place con Kreacher.

 

Fintantoché non ci fosse stato Remus, pensò amaramente. Non aveva proprio voglia di vederlo. Non riusciva a credere che non le avesse comperato niente. Niente. Nemmeno un Topo di Zucchero. Era convinta che i loro rapporti fossero migliorati, ultimamente – più che migliorati, in effetti. In un paio di occasioni, durante una delle loro cioccolate post-missione, le era persino sembrato che stesse flirtando con lei...

 

Ma doveva esserselo immaginato, perché lei voleva che lui flirtasse con lei.

 

Non avrebbe dovuto comprargli niente – era come ammettere che le piaceva e ovviamente lui non provava le stesse cose. Sospirò, e finse di essere interessata a quello che sua madre stava dicendo riguardo la figlia della signora Barnstaple, la vicina, che aveva due anni meno di Tonks e si era già trovata un marito. Si versò un’altra tazza di vino speziato, bevendola talmente in fretta che si scottò la lingua.

 

Alla fine rimase più di quanto avesse programmato. Ogni volta che pensava di tornare, ricordava Remus e trovava un’altra scusa per restare ancora un po’ – fingendosi interessata al film degli anni ’60 che suo padre stava guardando e poi offrendosi di aiutare sua madre a lavare i piatti.

 

È stato folle aspettarsi qualcosa da lui, pensò. Dopo tutto si conoscevano solo da un paio di mesi, ed aveva fatto capire chiaramente in numerose occasioni che la trovava estremamente esasperante. Mentre beveva un’altra tazza di vino seduta davanti al fuoco, si chiese se sarebbe stata capace di evitarlo per un po’. Ne avrebbe parlato con Moody, chiedendogli di non metterli in turno insieme, con la scusa di voler imparare un po’ anche dagli altri membri dell’Ordine.

 

Tonks realizzò che sua madre stava parlando. Distolse lo sguardo dal fuoco, sorrise e annuì, senza esattamente sapere a cosa stava acconsentendo. Sua madre sorrise. Non era cosa buona. Sbirciò l’orologio, e dato che erano quasi le undici, decise che era meglio andare. Il vino speziato le aveva lasciato in corpo una calda, sonnolenta sensazione di ebbrezza, e pensò che se non se ne fosse andata al più presto, si sarebbe addormentata sulla sedia, e non si sa mai che sua madre non ne approfittasse per trasformare i suoi abiti in qualcosa di più appropriato mentre dormiva.

 

Sua madre cercò di convincerla a rimanere per la notte ma Tonks pensò che era meglio affrontare Remus piuttosto che sua madre il mattino dopo. Fece di nuovo gli auguri di buon Natale ai suoi genitori, diede loro un bacio, e sparì nel fuoco.

 

Riemerse nella cucina di Grimmauld Place, spazzando via la cenere dai jeans dove si erano sporcati e si guardò intorno nell’oscurità. Nonostante il fuoco fosse stato acceso, non c’era nessuno in giro, ed infilò il corridoio, per metà sollevata di non essere costretta a scambiare una parola con nessuno, e l’altra metà delusa perché non c’era nessuno in piedi con cui scambiare una parola e dimenticare i suoi pensieri. Mentre si arrampicava su per le scale, notò dalla porta aperta della libreria, il fuoco ancora acceso che proiettava ombre danzanti sul pianerottolo.

“Sirius?” chiamò, socchiudendo la porta ed entrando. Con un po’ di fortuna avrebbe avuto con sé una bottiglia di Whiskey Incendiario con cui affogare le sue pene.

 

“Temo di no,” rispose Remus, da una poltrona acanto al fuoco. Tonks sussultò. Avrebbe dovuto immaginare che avrebbe trovato lui. Aveva un libro in grembo, gli occhi indugiavano sulla pagina che le sue dita erano pronte a voltare. “Hai passato una bella giornata?”

 

“Non troppo,” rispose scostandosi i capelli dal viso. “Ma ho fatto il mio dovere. Come sta Arthur?”

 

“Sperimenta rimedi babbani.” Disse Remus, un’espressione vagamente divertita in volto. “Non ne farei parola con Molly.”

 

Si stava comportando così normalmente, che non riusciva a sopportarlo. Prima di sapere quello che stava facendo, Tonks attraversò a falcate la stanza e si fermò di fronte a lui.

 

“Cosa c’è che non va in te?” domandò Tonks. Non riusciva a credere di averlo detto, e prese mentalmente nota di fermarsi dopo la seconda tazza di vino speziato in futuro. Confuso dal tono brusco di lei, Remus alzò lo sguardo.

 

“Un sacco di cose, oserei dire,” rispose. “Potresti essere più specifica?”

 

“Lo so che non ti piaccio,” sbottò, fissandolo con fare accusatorio, mano sul fianco. “Ma avresti potuto comprarmi qualcosa. Un Topo di Zucchero, qualunque cosa.”

 

“Oh,” mormorò Remus, e con un lieve sorriso chiuse il libro che stava leggendo senza mettere il segno, e si alzò.

La raggiunse dove si era fermata, cercando con una mano nella tasca della giacca di tweed, ed estrasse una piccola scatolina di velluto rosso, con un fiocchetto verde e delle foglie di agrifoglio con le loro bacche. “Scusa.  Non volevo dartelo di fronte agli altri.” Spiegò.

 

I suoi occhi sorridenti erano fissi sui suoi, e per alcuni istanti fu troppo scioccata per prendere il pacchetto dalle mani di lui. Quindi le aveva comprato qualcosa. Qualcosa in quello che sembrava essere una scatola di gioielleria. Alla luce del fuoco i suoi occhi scintillavano, e il bagliore delle fiamme metteva i evidenza la giovinezza della sua espressione piuttosto che le rughe  che sapeva erano sul volto di lui.

 

“Oh,” mormorò lei, e tolse la mano dal fianco prendendo la scatolina dalla sua mano tesa. Non aveva mai ricevuto qualcosa di incartato in modo così delizioso, e le ci volle qualche istante per capire da dove iniziare. Sciolse il fiocco, e sentì il velluto della scatolina sotto le dita, il cuore che le martellava nel petto.

 

Alzò il coperchio per trovarsi a fissare una collana, una sottile, catenina argentata che brillava alla luce del fuoco, con infilato un pendente a forma di goccia, una grande pietra verde-blu incorniciata d’argento. La tirò fuori dalla scatola e la osservò davanti alla luce emanata dal caminetto acceso. Appoggiò la confezione sulla mensola sopra il camino e prestò piena attenzione al suo regalo.

 

“Ti piace?” chiese lui, continuando a guardarla intensamente. Lei la lasciò cadere sul palmo della mano, passando le dita sulla pietra, sorpresa nel vederla diventare rosa al tocco.

 

Co...” balbettò, cercando il suo sguardo.

 

“E’ incantata,” spiegò. “Cambierà colore a tuo piacimento.”

 

“E’ bella,” mormorò. “Nessuno mi ha mai regalato niente del genere prima.”

 

Era assolutamente vero. La gente le regalava sempre magliette da quidditch o libri su manici di scopa e gobbiglie. Nessuno gli aveva mai regalato niente di, beh, bello prima, e sicuramente niente di elegante e femminile. Probabilmente pensavano che non le sarebbe piaciuto, o che l’avrebbe rotto. Ma lei l’adorava e adorava il fatto che l’avesse comprata per lei – come se pensasse a lei come ad una donna e non ad una stupida goffa ragazzaccia.

 

“Ho pensato che deve essere terribilmente frustrante per qualcuno che può cambiare il proprio aspetto a piacere, avere dei gioielli che non possono farlo.” Disse. “Puoi trasformare questo in qualsiasi pietra tu voglia solo pensandovi – come protezione contro certe pozioni e maledizioni, naturalmente, o puoi semplicemente abbinarla al colore dei tuoi capelli, che, se posso dirlo, sono particolarmente carini questa sera. Vuoi che te la metta al collo?”

 

Tonks lo fissò, chiedendosi se davvero aveva appena detto che i suoi capelli erano carini, se davvero le aveva comperato un gioiello, incantandolo lui stesso, e se sarebbe stata capace di restare in piedi, con le sue dita sul collo, senza svenire. Un sacco di se, pensò. Realizzò che lui stava ancora aspettando una risposta, ed annuì.

 

Prese la catenina dalle mani di lei, ed aprì il gancio con le sue lunghe eleganti dita. Lei gli diede la schiena, spostando i capelli dal collo e tentando di non tremare quando le sfiorò le orecchie con le braccia passandole davanti a lei per agganciare la collana. Sentì il freddo peso del pendente sulla pelle, ed il suo respiro sul collo mentre chiudeva il gancio. Tentò di continuare a respirare regolarmente quando le sue dita le sfiorarono la pelle.

 

“Ecco,” disse lui, e Tonks lasciò andare i capelli e si voltò i nuovo verso di lui, sorpresa, ma non dispiaciuta, di scoprire che non si era allontanato.

 

“Come mi sta?” chiese, indicando col dito la pietra che aveva appoggiata al petto, sperando che non riuscisse a sentire il battere furioso del suo cuore dietro di essa.

 

“Adorabile.” Rispose. “Perché non provi a cambiarla in qualcos’altro? Devi solo pensare ad una pietra, immaginarla, e dovrebbe fare il resto da sola.

 

Tonks annuì, e chiuse gli occhi concentrata.

“Ematite,” disse Remus, risparmiandole la fatica di chiedere se avesse funzionato. La ragazza aprì gli occhi per scoprire che stava sorridendo.

 

“Grazie,” disse, “E’ bellissima.”

 

“E’ un piacere.” Rispose.

 

Qualcosa in alto catturò l’attenzione di Tonks, ed alzò lo sguardo, realizzando dove si erano fermati.

“Oh, guarda,” mormorò tranquillamente. “Vischio.”

 

Anche Remus alzò lo sguardo, ma i suoi occhi tornarono su quelli di lei tanto velocemente quanto vi si erano allontanati.

“Già,” disse lui, le labbra che si increspavano nell’inizio di un sorriso. “Harry mi ha diligentemente informato che potrebbe essere infestato da Nargilli.

 

Nargilli?” chiese Tonks. “Cosa diavolo sono i Nargilli?”

 

“Non ne ho la minima idea,” rispose, ridacchiando sommessamente, la sua voce poco più che un sussurro. Rimasero lì a guardarsi alla luce del fuoco per quella che sembrò un’eternità, ma per una volta, a Tonks non dispiaceva il silenzio. Si godette il leggero scoppiettare del fuoco, il modo in cui proiettava dolci ombre danzanti sul volto di lui e, più di tutto, il modo in cui la stava guardando.

 

Inclinò la testa verso di lei così lentamente, che in un primo momento lei credette di aver soltanto immaginato di averlo visto muoversi, e quando capì che stava per baciarla, trattenne il respiro. Era sicura che stesse per darle un bacetto sulla guancia, ma all’ultimo momento lui sembrò cambiare idea e posò invece le labbra su quelle di lei. Il suo bacio fu leggero e dolce e Tonks sentì un calore invaderle tutto il corpo. Si scostò fin troppo presto, lasciando solo una vaga impressione delle sue labbra sulle sue.

 

“Buon Natale, Tonks,” disse, sorridendole. Dopodiché si voltò e lasciò la stanza, cantando fra sé una melodia natalizia.

 

Tonks rimase impalata, bocca aperta a fissare la porta per un bel po’, giocherellando soprapensiero con il pendente che aveva al collo.

“Adoro il Natale,” sospirò.

  
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