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Autore: OttoNoveTre    09/06/2012    11 recensioni
- Mi offrirei di accompagnarla a casa, signorina, ma non credo si usi più.
- Questo non vuol dire che rifiuterei, capitano Rogers.
- Lo sapevo.
- Cosa?
- Una cameriera di diner rimane sempre un po’ anni ’50.
[raccolta di storie serie, semiserie o per nulla serie sulla coppia Steve Rogers/Josephine March]
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Beth, Steve Rogers/Captain America, Un po' tutti
Note: Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Diner Apollo'
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La cameriera del diner




Le giornate di merda bisognava imparare a riconoscerle a fiuto, così da darsi malati e rimanere tutto il giorno sotto la trapunta del divano. Così almeno la cosa peggiore che sarebbe potuta capitarti era doversi trascinare fino al frigo per trovare qualcosa di commestibile.
E invece, all’inizio di quella giornata di merda, aveva trovato Wis rimasto a bocca asciutta la sera prima, di conseguenza voglioso di sfogarsi e di conseguenza pronto a farlo sui suoi dipendenti. Non era la prima volta che si prendeva le gentilezze di Wis, ma quella mattina il suo “Jo, come al solito hai perso un'ottima occasione per stare zitta e non rompere il cazzo” era arrivato dopo una notte insonne, tre bollette nuove e un perizoma della Troia Svedese ritrovato dopo mesi tra i cuscini del divano. A quanto pare il suo ex e l’attuale fidanzata non ci davano dentro solo nel suo letto, sul suo tavolo della cucina e in sella alla sua moto.
Almeno il turno di lavoro era finito: scalciò via la divisa del diner e tirò fuori dallo zaino la canottiera bianca.
Sarebbe stato bello fare una scenata da film, con il capo scornato, i clienti che applaudono e lei che incede in mezzo ai tavoli rovesciando a terra la brocca del caffè. Anzi, prima avrebbe appallottolato la stupida divisa rosa, poi avrebbe preso la brocca del caffè e l’avrebbe versata sulla pelata lucida di Wis, allora la signora Richardson le avrebbe sorriso, mite, sorseggiando il solito tè freddo alla pesca, mentre il resto della sala applaudiva.
Si allacciò i jeans e le scarpe da ginnastica, mise la divisa appallottolata nello zaino e si appuntò mentalmente di guardare la pagina degli annunci di lavoro sul giornale gratuito della metro. Almeno, con un nuovo contratto in mano, avrebbe potuto fare la sua uscita trionfale. Nel frattempo si sarebbe accontentata di perfezionare la scenografia. Si sbatté alle spalle la porta del retro, con lo zaino su una spalla e il sacchetto della spazzatura sull’altra. Lo mollò vicino ai bidoni e uscì dal vicolo sulla strada principale.
Frugò la tasca esterna dello zaino in cerca del pacchetto di sigarette, ma la scatoletta di cartone era vuota.
Giornata di merda, giusto.
- Permette?
Una mano sporse verso il suo naso un portasigarette di cuoio pieno di Marlboro. La mano apparteneva a un uomo alto e biondo, che le fece un sorriso.
- Quando arriva la fregatura?
L’uomo biondo la guardò perplesso.
- Sono scese così tanto di qualità le Marlboro da quando le ho comprate l’ultima volta? Scusi, forse sono io che non ricordavo più il sapore di una buona sigaretta, dopo tutti gli anni passati a fumare catrame, al fronte. Se mi indica una rivendita di tabacchi, le posso offrire un pacchetto di una marca più di suo gusto.
Lei lo fissò, indecisa se inquietarsi o ridere per il modo affettato con cui le si rivolgeva. Alla fine gli prese una delle sigarette.
- Marlboro andrà benissimo, grazie. Le offrirei un caffè al diner dove lavoro, qui dietro, ma temo che rivaluterebbe il catrame.
Il biondo rise, accese a entrambi le sigarette e mise via scatola e accendino.
- Peccato, perché il gusto del caffè dopo quello del tabacco è qualcosa che… mi manca molto. Ma venendo in qui ho visto un baracchino. Se non la offendo, potremmo prenderci qualcosa lì.
- Certo che bruci le tappe in fretta, soldato! Facciamo che è stato molto gentile…
- Steve.
- Ok, facciamo che è stato molto gentile, Steve, ma preferisco andare a casa. È stata una brutta giornata oggi. – Jo si sporse sulla strada per fermare un taxi di passaggio. L’autista bloccò la macchina qualche metro davanti a loro. Il biondo la superò, spalancò la portiera dell’auto e le prese la mano per aiutarla ad accomodarsi. La gentilezza dei modi la spiazzò, tanto che si bloccò con un piede sull’auto e l’altro sul marciapiede.
- Se vuole andare a casa, io chiudo la portiera e non la importuno più. Ma se ha voglia di fare due chiacchiere e prendere un caffè, non le nascondo che mi farebbe molto piacere.
Era strano quel tipo. Non aveva detto “prendere un caffè” col tono che sottintendeva “buttare a terra le mutande il più in fretta possibile”. Gli occhi azzurri erano rimasti seri in attesa della sua risposta.
Jo tolse il piede dal taxi e il biondo chiuse la porta.
- Va bene, Steve.

A guardarlo meglio poteva avere trenta, massimo trentacinque anni. Ma dava l’impressione che dai suoi capelli mancasse giusto un po’ di brillantina, per fare il paio con quei pantaloni a vita un po’ troppo alta e la camicia dentro la cintura. E non una camicia a scacchettoni, proprio una camicia.
Si erano seduti su una panchina vicino al baracchino del caffè, con due bicchieri fumanti e ciambelle coperte di glassa.
- Quindi lavori in un diner, Josephine?
A Jo il morso della ciambella andò quasi di traverso.
- Oddio, non chiamarmi così!
- Perché?
Steve fece una faccia educatamente perplessa. Ecco, avrebbe potuto mettere l’avverbio “educatamente” prima di ogni sua azione, sarebbe stato appropriato.
- Beh, perché oggi non sono vestita da Josephine. – e questa da dove esce? Perché questo tipo vestito come miononno sembra assolutamente appropriato e devo fare io quella strana?
Steve le fece un gesto di incoraggiamento, come a dirle di proseguire la storia, e lei ricominciò:
- Josephine è un essere misterioso e anacronistico come il suo nome; appare solamente ai pranzi con la nonna, vestita di tutto punto e col filo di perle. Così la nonna potrà stupirsi se ancora non si è presentato alla porta un giovanotto con un mazzone di rose rosse e una di quelle scatole di cioccolatini a forma di cuore chiusa da un nastro di raso rosso, che chiederà a mio padre il permesso di portarmi fuori a cena. Quando finisce di fare parte delle fantasie anni ’50 della nonna, Josephine scompare sotto un telo di cellophane nell’armadio, e io torno a essere Jo.
- Peccato, credo che Josephine mi starebbe simpatica.
- Non dirlo alla nonna! Poi come minimo ti vuole a cena in completo.
- Credo di averne uno sotto naftalina, da qualche parte.
Jo pensò a un attimo che lui, in completo, sarebbe stato ancora più Steve. Bevve un altro sorso di caffè.
- Ogni vestito dà un nome appropriato alla persona che lo indossa, no? Come i supereroi.
Steve proruppe in una risata cristallina, che riuscì a fermare soltanto col sorso di caffè successivo.
- Ok, ho detto una cosa davvero da ragazzina scema. Sarà perché abbiamo Stark in città, non so se hai presente... Diciamo allora che è come quando tu ti metti la divisa da militare. Lì diventerai il capitano Rogers, no?
- Sai, Josephi… Jo, in realtà i due esempi si assomigliano molto.
Steve scosse il tovagliolo con le briciole della ciambella e attirò qualche piccione vicino alla panchina. Sembrava sereno, come se si stesse godendo ogni cosa nel parco, dall’aria fresca al caffè ai piccioni che tubavano per avere ancora briciole.
- Sei stato via per molto tempo con l’esercito, Steve?
- Un bel po’. Mi mancavano questi posti, anche se sembra sempre che cambi tutto troppo in fretta. Però il diner dove lavori me lo ricordavo. Mi sono trovato a passeggiarci davanti quasi per caso. Non hanno cambiato neppure le divise.
- Credo che Wis non le cambi da quarant’anni le divise, due o tre anni sono una bazzecola! Ogni tre anni cambia al massimo il filtro nella macchina del caffè. – Jo finì l’ultimo sorso dal bicchiere e guardò l’orologio sul suo polso. Quando alzò lo sguardo Steve era già in piedi che le porgeva la mano.
- Mi offrirei di accompagnarla a casa, signorina, ma non credo si usi più.
- Questo non vuol dire che rifiuterei, capitano Rogers.
- Lo sapevo.
- Cosa?
- Una cameriera di diner rimane sempre un po’ anni ’50.

La mattina successiva non preannunciò nessun giorno di merda all’orizzonte.
Nel retro del locale, Wis si era scusato a modo suo, offrendole un vassoio di muffin del giorno prima da portare a casa.
Poi, sbirciando dal retro del diner, Jo aveva visto Steve nascosto dietro un giornale sportivo. Slacciò i primi due bottoni della divisa, in modo che facesse capolino il filo di perle, infilato quella mattina nello zaino tra una smorfia e una risata.
Steve prese una colazione standard e sette tazze di caffè (sette tazze, sette giri di Jo con la brocca al suo tavolo), aspettò la fine del suo turno ed erano tornati a Central Park per un hot-dog.
Il primo invito a cena arrivò per lettera, una settimana dopo. Jo scelse un vestito con la gonna a campana, aprì la porta a Steve nascosto dietro un gigantesco mazzo di rose rosse. In qualunque modo avesse fatto, si era procurato pure una scatola di cioccolatini a forma di cuore, con il fiocco di raso rosso. Li mangiarono assieme al tavolo del ristorante, con un’orchestrina che suonava sotto la luna.









La tana di Otto

AVVISO (17/12/2012): la cameriera del diner innamorata di Steve è stata aggiunta (grido di gioia) alla lista personaggi, e si chiama Beth. Josephine/Jo è un nome di mia invenzione, perché quando ho cominciato a scrivere non sapevo ne esistesse uno ufficiale. Oramai mi ci sono affezionata e ho deciso di non modificare il nome nelle storie, ma il personaggio quello è. Beth rimarrà il secondo nome :-)
Steve Rogers/Capitan America è fondamentalmente un gentiluomo. Soprattutto al nostro gusto moderno il suo spirito e le sue motivazioni suonano esagerate e cliché. Eppure a me il modo in cui hanno scelto di rappresentarlo, nel film, è piaciuto moltissimo: buono, idealista al limire dello sciocco. Ma io sono come Phil (Phiiiil!) e se avessi delle figurine vintage le porterei al capitano per un autografo.
Josephine sarebbe la ragazza che viene salvata e intervistata alla tv dopo l'attacco alieno a New York. Amici informati mi dissero che dovrebbe diventare la nuova morosa del Capitano, sono andata a cercare sulla wiki il suo nome ma non ho scoperto molto. Probabilmente faranno come con Jane e cambieranno nome o mestiere rispetto ai fumetti (Jane sarebbe un'infermiera e non un'astrofisica). Diciamo che è la mia interpretazione del personaggio così come, per ora, è comparso nel film.
La storia è ambientata prima dei fatti di Avengers.
Spero di non aver aumentato troppo il diabete in giro per il fandom, con questo sfacciatisimo fluff vintage!
Grazie a tutti quelli che leggeranno.













   
 
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