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Autore: Zecho    09/06/2012    3 recensioni
(Warning, storia furry ma particolare!) Federico e Maria sono grandi amici. Un giorno Federico viene a sapere che Maria è stata rapita e corre a salvarla. Parte così un piccolo racconto romantico, forse un po' scontato ma (almeno credo) interessante.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una calda giornata di fine marzo, una settimana dopo il mio compleanno, ed ero fuori dalla scuola mentre aspettavo che Maria uscisse per fare la strada insieme.

Molti non sono abituati a vedere un lupo e una gatta insieme, tanto più che il lupo è il progenitore del cane, nemico mortale del gatto. Ma io sono affezionato a Maria, siamo amici fin dall'asilo!

Ma forse è meglio che mi presenti: sono un lupo siberiano e ciò che mi piace del mio aspetto è la sfumatura bluastra del pelo. Ho dei grossi occhi nocciola e il muso bianco. La mia coda è lunga e folta e ci tengo molto. Non vado spesso in palestra ma cerco, comunque sia, di fare attività fisica, camminando o badando ai miei cugini, per esempio. Ah, mi sono scordato di dirvi il mio nome: Federico, per gli amici Fede o Zanna Bianca (si capisce che adoro leggere?).

Maria, invece, è una bellissima gatta nera, con meravigliosi occhi gialli e la coda folta e a forma di punto interrogativo. È molto bella e mi ha sempre voluto bene, ma non mi sono mai fatto avanti; non era amore, più una calda amicizia.

Dicevo, stavo aspettandola al cancello e mi stavo preoccupando...Maria era sempre stata puntuale e, a meno che non fosse stata nei guai, non avrebbe mai fatto quel ritardo.

Sentii qualcuno toccarmi la spalla; mi voltai e vidi il leone Luigi, il mio migliore amico, che mi guardava preoccupato. “Fede” mi domandò “Perché non vieni con me? Ci sono anche Pietro e Angelo.”. “Devo aspettare Maria” gli risposi “Ma adesso lei non c'è” considerò lui, guardandosi in giro “Già” riflettei “è strano da parte sua un ritardo del genere...” “Beh” mi propose lui “Non per fare il rompi, ma siccome lei non viene, potrei darti un passaggio.” Accettai, pensando (quanto mi sbagliavo!) che Maria fosse andata con la sua amica gatta Erica o con la sua amica cavalla Viola.

Appena sceso, mi squillò il cellulare: era un SMS di Maria. Lo aprii, ma non era scritto nello stile di Maria (c'erano pochissime abbreviazioni e molti errori di ortografia).

Iniziai a leggerlo e sbiancai: se l SMS non era uno scherzo, Maria era in guai seri! Senza pensarci due volte, presi il giubbotto e tornai indietro, rischiando di chiudermi la coda nella porta.

Landa sperduta, con solo una casa all'orizzonte, due alberi secchi e un pozzo.

L unico segno di civiltà è una fermata del bus e una strada trafficatissima.

Un bus color ciliegia si ferma e scende un solo passeggero: un vecchio lupo siberiano, con il pelo sbiadito, un vecchio bastone, un cappello da alpino e una cartina geografica tra le mani.

Quello sono io , non so se si è capito. Ma forse è meglio ricominci dal principio: quando ebbi letto il messaggino, salii subito sul primo bus in partenza per la località “Casaccia”, dato che il messaggio era: “Se vuoi rivedere la tua amica, vieni con 180.000 € in via Castello 27. Lasciali nel primo bidone e vai via senza voltarti.”.

Non era citata espressamente la località, ma, supponendo che i rapinatori avrebbero dovuto lasciare la via in fretta, l'unica residenza “sicura” e vicina era appunto la Casaccia, che dava il nome alla località. Ovviamente, non potevo andare là con il mio aspetto perché, dato che io sono abbastanza robusto, i rapinatori avrebbero potuto giudicare conveniente stordirmi ed eliminarmi insieme a Maria. Quindi mi travestii da vecchio e reperii una vecchia mappa, per fingermi un turista. Pur essendo io uno molto avventato, non ero affatto imprudente e portai con me un bastone (che più tardi si rivelerà più temibile di quel che si possa credere).

Come dicevo, scesi dall'autobus e mi avviai verso la casa.

Bussai e mi aprì un gorilla con delle spalle iperboliche e l'aria incredibilmente ebete. “Mi scusi” feci io, cercando più che potevo di parlare come un anziano “Stavo cercando un mio amico, che abita in località Casaccia, numero 27.”. In quel momento, la voce cristallina di Maria urlò “Vi illudete!”. Si udì un secco schiaffo e un gemito.

Appena vide che avevo sentito tutto, il gorilla mi prese e, senza troppi complimenti, mi trascinò fino ad una cella dove mi buttò sul pavimento.

Fatto questo iniziò a parlare fitto fitto con una figura, che in quel momento non potei identificare.

Notai che qualcuno stava piangendo, per cui mi voltai; non fu la presenza di Maria a stupirmi, ma il suo stato: la sua pelliccia era tutta arruffata, aveva un grosso graffio sulla guancia e una gamba tutta sanguinante.

Era in condizioni penose e non potei trattenere una lacrima.

Lei se ne accorse e mi domandò, gentilmente “Perché piangi, vecchio?”; mi ero preparato a questo momento e risposi subito “Mi dispiace molto vedere una bella ragazza come te in questo stato!” “Sei gentile” mi sorrise “Oh, scusa, non mi sono presentata! Mi chiamo Maria. Te?” “Mi chiamo...Orazio” risposi.

Maria si alzò e, scuotendo la coda, si spostò vicino alla minuscola finestra. “Perché sospiri?” le domandai “Sto aspettando la persona più cara che ho...si chiama Federico....ma forse tu non lo conosci...” fece lei, sempre sospirando “Come no!” replicai “è il nipote di un mio caro amico!” Lei sorrise e tornò a sedere per terra “Quei balordi gli hanno inviato un messaggino, ma sono sicuro che mi verrà a salvare! Se solo sapessi dov'è.....e perché non arriva subito!”.

Decisi di avvisarla, senza tuttavia scoprirmi: “Cara mia, ricordati dell'Odissea! Ulisse non tornò a Itaca a capo di un esercito, ma come mendicante per far abbassare la guardia ai Proci e poterli colpire facilmente! Imita Penelope, cara! Attendi il tuo salvatore con fede!”.

Mi accorsi di essermi avvicinato troppo, così che lei mi avrebbe potuto riconoscere dai baffi; infatti mi disse, lievemente sorpresa: “Gli assomigli tanto!” “Ce lo dicono tutti!” mi ritrassi imbarazzato.

In quel momento, arrivò il gorilla di prima, che prese me e lei per un braccio e ci trascinò fino ad una vicina stanza, dove ci scaricò su due sedie sgangherate e ci legò strettamente.

Maria si dibatteva e implorava aiuto; mi fece una pena tremenda e mi accorsi che ciò che avevo sempre ritenuto una calda amicizia era invece amore, per di più (se prima non aveva mentito) ricambiato. Non si spiegherebbero altrimenti le continue richieste di presenza, i caldi auguri, le continue spazzolate alla coda, la chiamata serale e, ultima ma non meno importante, la fiducia infinita nei miei confronti.

In quel mentre, la porta della stanza si aprì ed entrò un ghepardo scheletrico, con una cicatrice a forma di croce sulla fronte, la pelliccia corta e sporca e la lunga coda morsicata.

Appena Maria lo scorse, gridò, sommamente sorpresa: “FOSCO! PROPRIO TU!” lui si accomodò e accese un sigaro che emanava un aroma pestilenziale “Io. Sono contento che tu ti ricordi di me. I tuoi genitori, invece, non dovrebbero farlo!” “È per via di quei prestiti, vero?” mormorò Maria, disperata “Esatto” continuò Fosco dopo un piccolo applauso “Certo. Quei prestiti potevano essere la mia salvezza, ma i tuoi genitori chiedevano il rimborso dopo pochissimo tempo!” “No, ti sbagli!” si mise a piangere la mia amica, mentre il mio cuore batteva fortissimo per l'ansia “I miei genitori” continuò Maria, dimenandosi “Sono uomini retti e generosi e te sei solo uno sporco ladro!”.

Il mio cuore perse un colpo; se Fosco si fosse incacchiato, nemmeno una botta di fortuna tremenda avrebbe salvato Maria....il ghepardo, effettivamente, smise di fumare e guardò Maria con agghiacciante odio; anche io, che le ero vicino, non potei fare a meno di guardarlo e mi accorsi con un brivido che un'iride era verde e l'altra rossa.

Egli si alzò e mormorò: “Lo sai, brutta sfacciata, che basta un mio gesto perché tu scompaia, anche con i luridi soldi dei tuoi genitori?” “Ora, capo?” fece il gorilla di prima, con un sorriso sadico e tonto.

Fosco fece segno allo scherano di attendere poi, passando accanto a Maria (e pestandomi, tra l'altro, la coda) le carezzò la guancia e le mormorò, con un tono carico di sottintesi: “Magari, non dovrai nemmeno scomparire....”. Io vidi rosso: nessuno poteva toccarmi gli amici (o la famiglia o comunque una cosa per me importante) senza una mia reazione.

Mentre ero nella “cella” avevo spezzato il bastone, in maniera del tutto silenziosa e mentre il gorilla mi trascinava mi ero infilato, grazie a un'azione coordinata di gambe e coda, il guanto con le unghie di ferro che avevo nascosto nel bastone in attesa del momento. Passai le mani sulle corde e le tagliai, mentre la tentazione di fare a fettine Fosco aumentava vertiginosamente.

Quando però egli avvicinò il suo sporco muso a quello di Maria, non ci vidi più: scattai in aria (scordandomi di impersonare un vecchietto artritico e reumatico) e iniziai a tempestare di pugni il gorilla che tentava inutilmente di soffocarmi.

Mentre questi stava per soccombere, sentii una mano fredda stringermi la gola e una voce altrettanto gelida sussurrare “Non so chi tu sia, ma il treno per la morte ha già il tuo biglietto....” “Con la crisi è bene risparmiare” risposi e, con una rovesciata, colpii in fronte Fosco.

Mentre i due erano a terra sanguinanti, corsi subito a liberare Maria. Lei si alzò e mi disse “Ti devo la vita!” “Sei sicura di non dovermi anche qualcosa di più?” dissi sibillino. Presi una bacinella, la riempii con l'acqua del rubinetto e mi sciacquai il pelo. Mi voltai. Mi tolsi il guanto, il cappello e il giacchetto da vecchio.

Appena rimasi in jeans e maglietta, Maria mi corse incontro e mi abbracciò, piangendo per l'allegria. “Lo sapevo che non mi avresti abbandonato!” “Anche te, come Penelope, hai avuto bisogno del tuo Ulisse travestito!” le risposi io, stringendola più forte.

I nostri musi si toccarono...i nostri occhi erano chiusi....”Fermi tutti! Mani in alto!” un poliziotto, una pantera grossa e muscolosa, entrò nella sala brandendo una grossa pistola. “Lei è in arresto per il rapimento di Maria Carboni.” mi disse sbrigativamente, ammanettandomi.

“Ma che ca....” feci io, sorpreso “Ci deve essere un malinteso! Lui è venuto a salvarmi!” implorò Maria, con la coda tra le mani “Questo lo deciderà il giudice!” chiuse, secco, il poliziotto. Mentre uscivamo, mi davo del cretino mille volte: perché non ero uscito subito, con lei in braccio? Dopo esserci baciati, saremmo andati con la macchina di quei disgraziati a casa di Maria, due minuti di spiegazioni, saluti e via!

Mentre rimuginavo ciò, il poliziotto vide una macchina ferma poco lontana dalla casa. Appena vidi chi c'era dentro, mi scappò un grido di esultanza: erano proprio Fosco e il gorilla, rimasti a secco! “Che esulti, criminale!” mi scosse la pantera “Esulto perché sono stato io a fare questo danno!” gli risposi, mentre Maria strabuzzava gli occhi “Si, e io sono un delfino!” mi rispose ironica la pantera “Se le dessi la prova che ciò è vero?” risposi “Vediamo” mi tolse le manette il poliziotto. Presi il bastone dove avevo messo il guanto e lo ruppi contro un sasso.

Il liquido che colò era proprio benzina! Ci volle poco per convincere il poliziotto di come erano andati i fatti e lui, dopo essersi ripetutamente scusato, ammanettò i due criminali (per il gorilla servirono due manette, date le dimensioni dei polsi!), poi salimmo sulla volante, noi tre davanti e i due dietro.

“Ehi, ti fa male?” mi fece Maria, toccandomi un taglio che mi ero fatto sulla guancia col guanto. “Un po'...” risposi io, spavaldo “Beh, ti passerà presto!” mi consolò.

Poi si avvicinò e mi diede un bacio sulla ferita. Mi toccai esterrefatto il punto. La macchina si fermò, perché eravamo arrivati. La pantera scese, tenendo in mano i due delinquenti. “S'è fatto trenta...” dissi a Maria, stringendola a me e accarezzandole la coda “Facciamo trentuno” concluse lei, prima di baciarmi. Non ci credevo: ero famoso, stavo baciando la mia fiamma e lei mi considerava un eroe...cosa vuoi di più dalla vita?

Quei due rimasero 25 anni in galera per ricatto, prima di sparire dalla città. Io e Maria rimanemmo insieme per sempre.

  
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