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Autore: Elena Waters    09/06/2012    11 recensioni
Ora mi sento vuoto, vuoto come devi sentirti tu.
Il tempo avrebbe dovuto lenire il mio dolore, portarmi a guardare in altre direzioni.
Ho paura di cercare in un’altra quello che non ho trovato in te, sarebbe troppo essere ingannato ancora.
Forse è per questo che continuo a cercare scuse per non legarmi, forse è perché davvero non posso più amare.

1° classificata nel contest “Memories”, di Dark Aeris
6° classificata nel contest “A volte l’amore è crudele”, di Cloe901s
Genere: Malinconico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Interferenze.
Dev’essere già ora del sound-check.
Mi alzo riluttante dal tavolino del bar; è come se spezzando il silenzio quel suono stridente e fastidioso mi chiamasse, costringendomi a riporre la mia agenda e a seguirlo. Il sole è già basso, alcune sottili nuvole di un azzurro opaco scivolano nel cielo ancora luminoso. Una leggera brezza si solleva per spazzare via il calore del giorno, facendo rotolare fazzoletti sporchi e scontrini stracciati per le strade semivuote. L’aria pungente sfiora la mia nuca leggermente sudata, facendomi rabbrividire. Infilo le mani nelle tasche, abbassando lo sguardo sui miei anfibi consumati che lentamente coprono la breve distanza che mi separa dalla piazza principale, dai concerti che chiuderanno la Giornata dell’Arte come tutti gli anni.
Sei sicuramente già lì, tu, con i ragazzi del tuo gruppo, con il mio migliore amico che ti guarda sorridendo da dietro la tastiera, facendoti un cenno per confermarti che è tutto pronto. Mi sembra già di vederti mentre cerchi di non incontrare gli sguardi di un pubblico esiguo e annoiato. Perché è così suonare a quest’ora, vero?
C’è ancora troppa luce perché tu possa non vedere le loro facce stanche e tediate, i loro sguardi che sembrano attraversarti. Quando stavamo insieme dicevi che non avrei mai conosciuto una sensazione del genere, io che potevo stare nell’ombra, guardarti senza che tu mi vedessi.
Le tue amiche sono già sotto il palco, conoscono a memoria la scaletta; so che sei stata tu a scegliere ogni singolo pezzo, hai sempre scelto tu. Due colpi secchi sul microfono.
Sono quasi arrivato, riesco già a vedere la parte più alta della piazza, illuminata dagli ultimi raggi di sole. È la prima volta che canti qui, vero?
Sono passati quasi due anni da quando sei entrata nel gruppo, da quando Christian e Marco ci hanno presentati, se non mi sbaglio. Per quanto io possa non essere più niente per te, ricorderai certamente quel giorno.
C’era qualcosa di diffidente nella tua espressione, pensai che fossi spaventata quando entrai nello scantinato di Christian. Fummo costretti a provare senza Federico, dato che quel giorno aveva il corso di recupero di matematica, ed era per questo che non potevamo ancora darti una risposta definitiva. Tuttavia, fu il dolce suono della tua voce a dissipare ogni nostro dubbio; era ancora giovane e imperfetta, sotto qualche aspetto, ma ci vennero i brividi non appena riempì la stanza.
Fu qualcosa di magico. Ricordo ancora come il mio cuore si arrestò, come per un istante ebbi la sensazione di non riuscire più nemmeno a respirare. Non conoscevo ancora il tuo nome.
Veronica.
Non sentimmo più il bisogno di aspettare che anche Federico ti ascoltasse, tanto ci avevi colpiti. Eravamo seduti su un divanetto, stringevamo tra le dita quattro birre stappate per festeggiare il fatto che da quel giorno saresti stata una di noi.
La luce del sole mi acceca, non riesco a distinguere che le vostre sagome. La stessa voce che ascoltai per la prima volta quel gelido pomeriggio di febbraio e che in un istante riuscì ad aprire una breccia nella mia anima risuona ora nell’aria.
Nonostante non sia un fan accanito dei Pink Floyd, riesco comunque a riconoscere i primi versi di “Hey you”[1].
 
 
Hey you, out there in the cold
Getting lonely, getting old
Can you feel me?

 
 
Non eravamo ancora usciti da quello scantinato freddo e umido quando mi diceste di dovermi sostituire perché vi serviva un bassista migliore. Avevo problemi con la scuola in quel periodo, saltavo le prove in continuazione. Marco e Federico erano irremovibili, nonostante le tue deboli proteste e il desiderio di Christian di lasciare il gruppo insieme a me.
Uscii sotto la pioggia scrosciante ad aspettare il primo autobus. Mi seguisti e cercasti di convincermi che ci avrebbero ripensato, senza riuscirci.
 
Hey you, standing in the aisles
With itchy feet and fading smiles
Can you feel me?
Hey you, don’t help them to bury the light
Don’t give in without a fight

 
 
Sembravi così triste. La pioggia ti scorreva a rivoli sul viso e sulle braccia nude facendoti rabbrividire, eppure restavi lì a guardarmi, senza dire una parola.
Fu in quel momento, bagnato fradicio, in preda alla disperazione, che ti baciai per la prima volta. Mi persi nei tuoi occhi neri come il carbone, impazzii quando le tue labbra umide sfiorarono le mie.
Non ci mettemmo mai insieme, non nel vero senso della parola; dicevi che le cose ufficiali ti spaventavano. Non riuscivo a percepire il sottile disprezzo che quelle parole celavano, ero ancora troppo giovane e inesperto per vedere il dolore che mi nascondevi e per rendermi conto che non ti sarei mai bastato. Forse tu non mi amavi nemmeno allora. Soltanto una volta nella tua vita avevi saputo cosa significasse amare, ma eri stata ferita così profondamente che per nessuna ragione avresti voluto rischiare di nuovo.

 
 
Hey you, out there on your own
Sitting naked by the phone
Would you touch me?
 

Pensandoci bene, tutte queste cose avrei dovuto saperle. Erano nei tuoi silenzi, nelle chiamate senza risposta, nel modo in cui mi lasciasti alla fine, senza alcuna spiegazione.
La convinzione che l’amore fosse soltanto un’illusione, una cosa senza importanza, si fece strada in me velocemente, senza che riuscissi nemmeno a prenderne atto, come se le tue parole piene di sarcasmo avessero avvelenato il mio stesso sangue. Non mi innamorai un’altra volta, non volevo, non ne ero più in grado. Continuavo a pensare a te, al fatto che se fossi stato una persona più cinica non saresti riuscita a ferirmi in quel modo. Erano stati la fiducia e l’amore che nutrivo nei tuoi confronti a tradirmi e a ridurmi in quello stato.
 
 
Hey you, with your ear against the wall
Waiting for someone to call out
Would you touch me?
Hey you, would you help me to carry the stone?
Open your heart, I’m coming home
 
 
Imparai questo da te, imparai a non legarmi a nessuno, così nessuno avrebbe mai più potuto farmi quello che tu mi avevi fatto. Le ragazze con cui uscivo in qualche modo lo sapevano: ben presto impararono anche loro a non riporre alcuna fiducia in me, a usarmi e ad amare solo il mio corpo, non la persona che ero diventato. Facevo di tutto perché non si sentissero legate a me, perché capissero che le nostre relazioni non significavano niente. Sentivo di non poter fare altrimenti; ogni mio tentativo di tornare indietro, di provare di nuovo qualcosa - debole o disperato che fosse - svaniva in una bolla di sapone.
 
 
But it was only fantasy
The wall was too high, as you can see
No matter how he tried, he could not break free
And the worms ate into his brain
 
 
Ora mi sento vuoto, vuoto come devi sentirti tu.
Il tempo avrebbe dovuto lenire il mio dolore, portarmi a guardare in altre direzioni.
Ho paura di cercare in un’altra quello che non ho mai trovato in te, sarebbe troppo essere ingannato ancora; forse è per questo che continuo a cercare scuse per non legarmi, forse è perché davvero non potrò più amare: queste ferite bruciano ancora, sono ferite che né il tempo né l’amore di altri possono sanare.
Lo sai anche tu, Veronica. Conosci il mio dolore meglio di quanto lo conosca io, è l’unica cosa che condividiamo ancora. Ti avevano ingannata e ferita ancora prima che io ti conoscessi, l’acredine ti era cresciuta dentro, si era impadronita della tua anima nutrendosi della rabbia che provavi.
Aveva radici troppo profonde per essere estirpata.
Per questo hai ferito il mio orgoglio, tradito la mia fiducia e respinto i miei sentimenti per te: era una specie di cieca vendetta macchinata ai danni del primo innocente che fosse capitato, colpevole soltanto di pensare che credessi ancora in qualcosa che invece ti aveva distrutta. Perdonami, ma non riuscirò a sopportare questa situazione ancora a lungo: sono stanco, Veronica, sono stanco di essere come te.
Dicevi che nessuno poteva vedermi, nell’oscurità in cui ero immerso, in cui sono immerso tuttora.
Come ti sbagliavi.
È stato lo sguardo di una ragazza che neanche conoscevo, che in un’altra circostanza forse non avrei nemmeno notato: un dubbio, una paura profonda e sconosciuta. La stessa paura che lei avrebbe potuto percepire in me.
 
 
Hey you, out there on the road
Always doing what you’re told
Can you help me?
Hey you, out there beyond the wall
Breaking bottles in the hall
Can you help me?
Hey you, don’t tell me there’s no hope at all
Together we stand
Divided we fall

 
 
Dicevi che non c’era speranza, che soffrire era normale, che la vita ci avrebbe distrutti e amare avrebbe soltanto complicato le cose. Sono stato uno stupido a crederti, per quanto mi dispiaccia dirlo.
Perché non chiedi aiuto come ho fatto io, perché non cerchi comprensione nello sguardo di uno sconosciuto?
Tu non vuoi essere aiutata, non vuoi essere compresa.
La tua voce mi rimbomba nella testa come la prima volta che ti ho sentita cantare, ma ora non riesco più a vederti chiaramente, sono stato costretto ad allontanarmi. C’era troppa gente, non riuscivo più a respirare.
Tutto tace, ormai avete finito e state lasciando il posto a un altro gruppo.
Ti immagino scendere dal palco soddisfatta, orgogliosa di te stessa e dei ragazzi, con lo stesso sorriso sognante che avevi subito dopo il tuo primo concerto. Ti ricordi? Ti gettasti tra le mie braccia, quasi con le lacrime agli occhi. Per un istante mi sembrò quasi che tremassi, ma lasciai perdere e ti strinsi più forte.
Ero fiero di te, non riuscivo a smettere di dirti quanto fossi stata brava.
Non potrò mai dimenticarlo, Veronica.

 
  
 

 
NdA: Questa non è una storia d'amore: ho cercato di andare oltre, di toccare qualcos'altro.
Non si tratta di un'opera di fantasia, non del tutto; i personaggi, a parte la ragazza di cui non conosciamo il nome - no, nemmeno io che sono l'autrice, sono ispirati a persone che esistono realmente ma che, diversamente da ciò che si potrebbe pensare, io non conosco se non in modo superficiale. Di conseguenza, prendete questa storia per quello che è: un patetico tentativo di capire.
 
 

 
 
1° classificata nel contest “Memories”, di Dark Aeris


 
 
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[1] Canzone tratta dall’album “The Wall”, Pink Floyd, 1979
   
 
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