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Autore: RMSG    10/06/2012    4 recensioni
[Seconda classificata al 'You And I Contest' di Luna Ginny Jackson]
[...] München, 21 März 1925.
Quattro anni erano passati.
Il giorno in cui sarebbe tornato a casa era arrivato.
E quel giorno era oggi. [...]

Pairings: RoyEd; Alter!RoyEd; WinryEd.
NO BROTHERHOOD. E' una what if? basata sul finale della prima serie.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Edward Elric, Roy Mustang, Un po' tutti | Coppie: Roy/Ed
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Grazie a tutti coloro che sono arrivati fino a quest'ultimo capitolo. A chi ha commentato e anche a chi ha letto il mio lavoro in silenzio.
Grazie di cuore, davvero. Spero che quest'ultimo capitolo sia di vostro gradimento tanto quanto gli altri e che questa storia vi abbia lasciato qualcosa nel cuore. Il mio compito e desiderio è sempre stato questo.
Molto presto tornerò con una nuova fan-fiction, una one-shot. Spero che ognuno di voi sarà lì a darmi il proprio parere. Non vedo l'ora che succeda.
Detto questo, buona lettura. E arrivederci.


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Too Much Love Will Kill You
Capitolo 5: Too Much Love Will Kill You,
in the end. 




Edward si alzò di scatto e gli corse incontro, tirandogli un ceffone.

“WAS HAST DU GEMACHT?! * ” le lacrime gli rigarono il viso e fra di loro cominciò un’infuocata discussione in una lingua che Mustang – il soldato –, non conosceva. Le grida e gli spintoni si fermarono però piuttosto presto ed Ed si voltò verso l’altro Roy, quello rimasto in disparte, confuso e spaventato tanto quanto lui. Si voltò verso l’Alter Roy e asciugandosi le lacrime: “Kannst du english, ja?”
“Doch…” rispose lui, scocciato, con entrambe le guance arrossate a causa degli schiaffi ricevuti.
“Colonnello” cominciò “la nostra lingua, nel suo mondo, è conosciuta come inglese. Prima ne parlavamo un’altra” si mise la mano sul viso, pensando ad altro.”Ma non ha importanza, perché questo… questo idiota! Ha passato il Portale! E non so come abbia fatto e… e ora è un casino, perché non può tornare indietro!”.
“Io non tornerò indietro, infatti. Rimarrò qui con te. E anche volendo, non potrei farlo: sono ricercato, lì. Stanno arrestando tutti gli insegnanti e Hitler dopo Putsch sta organizzando un altro colpo di stato!” strinse i pugni “Ho perso tutto. La mia casa, il mio lavoro, i miei alunni, i miei libri, l’uomo che amavo… lì non ci torno!” alzò di nuovo la voce, prendendo Ed per le spalle. “Perché te ne sei andato?! Non eri felice con me?! Potevi portarmi qui con te!”
“E come potevo, Roy?! Qui esiste già un Roy Mustang!”.
“Ah, giusto, il mio sostituto!” gridò, ferito.
“Non dire stupidaggini! Nessuno di voi due sostituisce qualcun altro. Siete diversi!”. Il Maggiore Mustang decise ancora per il rimanere in silenzio, mentre l’Alter Roy feriva sempre più Ed con le sue parole. “Allora puoi amarne solo uno, Edward”.
Entrambi i Roy lo circondarono e benché si trovassero in uno spazio naturale sconfinato all’inverosimile, Ed si sentì con le spalle al muro. Sentiva un’immaginaria forza prenderlo a pugni sulla cassa toracica e un’altra sensazione ancora che lottava dall’interno. Si strinse con le sue stesse braccia e pianse lacrime amare, lacrime di coccodrillo.
“Solo uno, Ed. Solo uno” riprese il tedesco. Il biondino fece qualche passo indietro, non sapendo che fare, come reagire o a chi chiedere aiuto. Per tutta la vita aveva affrontato situazioni impossibili, sconfitto nemici imbattibili ed era dovuto diventare uomo prima del tempo. Ora che invece quel tempo era arrivato, si ritrovava a essere un bambino impotente e incapace di scegliere fra due giocattoli. Scegliere, che brutta parola.
“Scegli, Ed. Scegli ora!”.
“Ed” lo chiamò il soldato. “Ed, ascolta… non esiste scelta che non comporti una perdita” gli disse, più calmo e pacato, più uomo, più leader, più giusto del suo sosia. “E non è possibile non scegliere. Certo, devi avere la forza di scegliere ciò che preferisci e di rimanere coerente attenendoti alla tua decisione, ma non stiamo parlando di oggetti, qui” guardò male il suo alterego, e in un altro momento Edward sarebbe scoppiato a ridere per la situazione paradossale. “Stiamo parlando di uomini, di esseri umani, di sentimenti. E siccome tutti hanno il potere di scegliere, io scelgo di ritirarmi”. A Ed sembrò di deglutire sabbia, più che saliva.
“Cosa?” boccheggiò, con il volto rigato e contrito.
“Io ti amo tanto quanto può amarti lui, ma dato che non puoi scegliere entrambi, faccio la cosa più giusta: lascio che almeno uno di noi due ti possa amare e rendere felice. Per ogni Roy Mustang ci sarà sempre un Edward Elric da amare. Per cui, va bene così.” si avvicinò a lui e gli asciugò le lacrime. “Vivi con lui. Qui a Resembool, magari, dove nessuno mi conosce e potrà disturbarvi. Vivi felice e innamorato, io posso… accettarlo” gli fece un’ultima carezza sulla guancia. “E perché no, anche continuare ad aspettarti, ma senza scappare dal mio sogno, che è anche il tuo”.
Il tedesco rimase muto e sporco di vergogna. Quello era l’altro uomo di cui Edward era innamorato. Un uomo più nobile di lui, un uomo capace di ritirarsi con maturità per far felice il proprio compagno. E lui invece che cos’aveva fatto oltre a piangere, a gridare e a pestare i piedi per riavere indietro Ed?
“Roy, no…”
“E’ giusto così, Fullmetal” e si staccò da lui, girandosi e tornando indietro sui propri passi, mentre il suo unico occhio cominciava a piangere le prime di mille altre lacrime. Intanto Edward era caduto in ginocchio e l’Alter Roy lo aveva raggiunto, cercando i suoi occhi, cercando conforto da qualcuno che di conforto non ne aveva più da offrire. Mai aveva compreso appieno la vita come in questo momento: per quanto un’ingiustizia sia relativamente facile da sopportare, quella che proprio brucia è la giustizia. Si voltò a guardare le spalle del suo sosia con quella divisa blu: alla vergogna per il caos causato, si aggiunse anche un pizzico d’orgoglio. Era evidente: da qualche parte, in qualche mondo, c’è sempre una versione buona di noi stessi.

Edward accettò con stoica rassegnazione di poter amare solo uno dei due e acquistò una minuscola casa a Resembool, dove vivere con il suo tedesco. Le giornate scorrevano abbastanza tranquille, persino felici. Ma qualcosa non andava in quel, per quanto adorabile, fittizio quadretto di campagna, e no, non era un problema di Ed, ma di Roy. La sua coscienza lo divorava lentamente e dolorosamente da dentro e la nostalgia della Germania era più forte di quanto anche solo avesse potuto immaginare. Più che per la patria, gli mancava quello che amava fare più di tutto: insegnare la cultura antica. E anche parlarne e studiarne ogni più piccolo dettaglio. Lì invece cos’aveva? Un compagno guadagnato dalla sofferenza di un altro se stesso, un posto totalmente diverso da casa sua e una vita in un mondo dove tutto quello che lui conosceva non era nemmeno mai accaduto. Paradossale: cercando una soluzione ai suoi problemi, aveva trovato solo un modo per aumentarli e aggravarli. E la cosa peggiore, era che non poteva tornare indietro.

Fu al tramonto, che Ed se ne accorse. Poco più di due ore prima Roy era andato a farsi un bagno caldo e solo dopo aver terminato di preparare la cena e di ritirare il bucato che si domandò che fine avesse mai fatto. Attraversò goffamente il corridoio per via del cesto di vestiti che aveva in braccio e bussò alla porta.
“Schatz? Ci sei morto lì?”. Nessuna risposta. “Roy? Guarda che sto entrando, eh, non farmi storie poi!” e girò la maniglia. Tempo dopo sarebbe anche arrivato a rimuginare per ore e ore a cosa sarebbe successo se solo avesse aperto prima quella porta. Ma si sa, l’istinto e la coscienza sono come quei congegni d’allarme che scattano per ogni cosa e col tempo, nessuno gli dà più retta.

Dovette anche far incidere un nome diverso sulla lapide: Marcus Tullius Cicero. Il suo stupido oratore preferito, ma un nome di fantasia qualsiasi per gli abitanti di questo mondo. Alla fine era rimasto coerente con le proprie antiquate idee. Si era persino ucciso come quel Seneca, tagliandosi le vene e immergendosi in una vasca d’acqua calda per favorire l’emorragia. Quasi teatrale, quasi da Annale.
Lasciò un mazzo di rose rosse dinnanzi a quella grigia pietra e se ne andò, diretto in stazione. Non c’erano più questioni in sospeso, ora, e la sua coscienza, ponte gettato fra passato e futuro, gli diceva che poteva anche fermarsi un attimo a dar vita a un presente migliore.

Toc toc.
Bussò con l’automail, così che si potesse sentire con chiarezza che era tornato. L’ingresso si aprì, ma di certo la bella donna bionda in divisa e di fronte a lui non era esattamente la persona che Ed s’aspettava di trovare.
“Maggiore Hawkeye?”. Dopo lo stupore, la gelosia lo infuocò interamente, tanto che non poté non notare che per la prima volta Riza aveva la giacca dell’uniforme sbottonata e che la maglia nera d’ordinanza era davvero, davvero attillata. Ma si sa, un geloso trova sempre più di quanto cerchi in realtà.
“Ciao, Edward!” e infatti… “Il Maggiore Mustang è uscito a comprare il giornale. Entra, tornerà a momenti”. Ed Edward la seguì all’interno, un po’ nervoso: per entrare in una casa comprata da lui e regalata al suo compagno, non aveva bisogno di permesso.
In ogni caso, una più che inconsapevole Riza lasciò Edward in salotto per andare a finire il bucato, sino a quando non si sentì il rumore della porta d’ingresso. Roy apparve nel salotto e rimase di sasso di fronte a quel biondissimo ragazzo seduto sul divano.
“Acciaio…” Ed s’alzò e gli si avvicinò piano, appoggiando con naturalezza il capo alla sua spalla, stringendolo e facendosi stringere.
“E’ morto”. Roy sussultò visibilmente.
“Cosa?”
“Si è suicidato” un’anonima lacrima scorse sul volto di Ed. Roy lo stritolò quasi fra le sue braccia.
“Ed, mi dispiace… io…”
“Shhh, non è colpa di nessuno. Doveva andare così, fa parte del flusso”. L’altro non chiese ulteriori spiegazioni.
“Se posso permettermi, Edward… credo che alla fine morire sia stato più positivo che vivere qui, per lui”.
“In che senso?”
“Ho sempre creduto che scegliere la propria fine sia la più grande manifestazione della libertà. L’ha scelto lui, nessun altro”.
“Scegliere…” sussurrò Ed, amareggiato. “Alla fine è stato lui quello che ha dovuto scegliere”.
“Tutti dobbiamo scegliere, credo tu l’abbia capito” l’altro gli circondò le spalle ed Edward annuì, rimanendo poi in silenzio.
“Roy?”.
“Mh?”.
“Ho scelto te”.

 










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