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Autore: TheOnlyWay    10/06/2012    10 recensioni
«Si può sapere dove stiamo andando?» aveva chiesto Rebecca, mentre Savannah svoltava a destra in una strada piuttosto affollata e si infilava nel primo parcheggio libero che trovava.
«Andiamo da qualche parte.»
«Grazie, quello l’avevo capito anche da sola.» aveva borbottato Rebecca, affiancandosi all’amica. Teneva lo sguardo basso, come al solito, cercando di evitare di incrociarlo con quello di qualcun altro.
Savannah aveva sbuffato, seccata e spazientita.
Aveva strattonato Rebecca per un braccio, poco delicata e l’aveva costretta a fermarsi. Poi si era avvicinata ai due ragazzi che camminavano davanti a loro e li aveva chiamati, picchiettando con il dito indice sulla spalla di uno dei due.
Quello si era voltato, un po’ stranito.
«Secondo te, la mia amica è bella?» gli aveva chiesto, incrociando le braccia sotto al seno. Rebecca, che ancora non riusciva a credere che quella psicopatica di Savannah avesse davvero fatto una cosa del genere, aveva alzato gli occhi al cielo, infastidita, poi aveva guardato il ragazzo, che ancora la stava osservando con attenzione, e aveva inarcato un sopracciglio.
«Puoi anche non rispondere, davvero. E scusala, purtroppo la droga fa brutti effetti.»
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hey, pretty girl!




R
ebecca odiava i suoi compleanni. Da sempre.
Odiava essere al centro dell’attenzione, odiava che le cantassero tanti auguri, odiava persino scartare i regali, sebbene fosse più che grata alla propria famiglia e alle proprie amiche del tempo che spendevano per organizzarle, ogni santissimo 23 Marzo, una festa di compleanno a sorpresa, dove la trascinavano a forza.
E finiva sempre nello stesso modo: lei che ringraziava, si commuoveva (o nessuno sarebbe stato pienamente realizzato) e arrossiva quando iniziavano a cantare tanti auguri. In realtà, avrebbe solo voluto sprofondare trenta metri sotto terra e non uscirne più fino al 24 Marzo dell’anno successivo.
Quel 23 Marzo non fu tanto diverso, se non per il fatto che Savannah, la sua migliore amica, aveva deciso di trascinarla in un locale un po’ più conosciuto perché, be’, vent’anni non si compiono mica tutti i giorni!
Perciò si era presentata a casa sua in primo pomeriggio, con un pacco enorme tra le braccia esili. Rebecca l’aveva guardata, scettica e un po’ spaventata, poi aveva alzato gli occhi al cielo, l’aveva fatta accomodare in salotto e l’aveva ringraziata per gli auguri che probabilmente avevano sentito anche a Piccadilly Circus. 
«Fila a farti la doccia, al resto penso a tutto io.» le aveva intimato, raccogliendo i lunghi capelli castani in una crocchia disordinata. Dopodiché, aveva iniziato a frugare nello scatolone in cui Rebecca raccoglieva tutti i suoi trucchi, selezionando quelli che più le piacevano e che probabilmente avrebbe usato.
Rebecca si era chiusa in bagno, rassegnata all’idea di passare un pomeriggio sotto le grinfie dell’amica e aveva fatto in modo che quella doccia fosse la più lunga della sua vita.
«Non cercare di affogarti, baby, tanto è inutile.» aveva urlato Savannah. Rebecca aveva ridacchiato, suo malgrado divertita, e aveva lasciato che l’acqua calda le distendesse la muscolatura un po’ contratta per il nervoso. Incredibile, come un semplice compleanno riuscisse a farla agitare tanto. Una volta finita la doccia, si era avvolta nell’asciugamano azzurro e aveva frizionato i capelli rossi con un altro più piccolo.
«Ho la ricrescita lunga due metri.» aveva annunciato, plateale, entrando in camera per cercare un paio di mutandine pulite e un reggiseno in coordinato.
«Ma se hai i capelli lunghi venti centimetri!» aveva ridacchiato Savannah, lanciandole reggiseno e mutandine nere.
«Non è vero! Ora mi arrivano sotto le spalle.» aveva protestato Rebecca, indignata. Insomma, mica era colpa sua se i capelli non le crescevano in fretta come a Savannah. Ogni volta che la vedeva, sembrava li avesse più lunghi.
«Quanto sei pignola, santo cielo.»
Rebecca aveva fatto la linguaccia all’amica, poi era tornata in bagno per finire di vestirsi ed era uscita di nuovo, coperta solo dalla leggera vestaglia lilla.
«Sono pronta.» aveva borbottato, con un’aria melodrammatica che aveva fatto sghignazzare Savannah per quasi dieci minuti.
Dopodiché, Savannah aveva afferrato il phon, la spazzola e un numero indefinito di mollettoni e aveva cominciato a farle la piega. Rebecca era rimasta con gli occhi chiusi per tutto il tempo, perché non ci teneva affatto a vedere in che condizioni l’avrebbe ridotta l’amica, fin troppo fantasiosa ed esuberante, rispetto a lei.
Savannah, infatti, adorava letteralmente stare al centro dell’attenzione. E poteva permetterselo, d’altronde, perché aveva quegli occhi grandi e scuri ed era minuta, dell’altezza perfetta per ogni ragazzo e in più era spigliata, allegra e perennemente in movimento. Rebecca era il suo esatto contrario: un po’ più in carne, alta un metro e settanta e con un carattere per niente facile. Era ingestibile, spesso fin troppo sarcastica, introversa, diffidente e lunatica. Per non parlare, poi, di quanto fosse testarda e refrattaria ad aprirsi nei confronti di sconosciuti.
In un certo senso, lei e Savannah si completavano, essendo l’una l’opposto dell’altra.
Dopo quasi un’ora – ora in cui Rebecca aveva fatto di tutto per non pensare a cosa stava succedendo ai suoi poveri capelli – Savannah aveva terminato di torturarla e le aveva concesso di guardarsi allo specchio.
Incredibilmente, Rebecca si piacque. I capelli rossi scendevano perfettamente lisci fin sotto le spalle e la frangetta, che di solito lasciava scomposta e spettinata su tutta la fronte, era stata allisciata e ordinata sul lato destro della fronte.
«Ti ho stupita, eh? Ammettilo.» aveva ridacchiato Savannah, sventolandole la spazzola sotto gli occhi come se fosse un trofeo che si era duramente guadagnata.
«D’accordo, d’accordo. Sei stata brava. Pensavo peggio.» aveva concesso Rebecca, prima di schioccarle un bacio sulla guancia.
«Ora viene il bello, baby.»  
Alla fine – circa un’ora e mezza dopo – Rebecca era pronta. Il regalo di Savannah era una camicia a quadri, lunga nemmeno fino a metà coscia, con un cinturino di pelle intrecciata stretto sotto il seno. Insieme alla camicia, Rebecca aveva messo un paio di leggins neri e il suo paio di tacchi alti preferiti. Si era guardata allo specchio, soffermandosi sul trucco accurato (che consisteva in una linea nera di eye-liner, rossetto rosso acceso e mascara) e aveva storto il naso, un po’ insicura. Non era un granché convinta e poi, quel rossetto, era troppo appariscente, per lei.
«Stai benissimo, Becca.» le aveva assicurato Savannah, sorridendole incoraggiante. Rebecca aveva annuito, ancora un po’ incerta, poi aveva scosso le spalle: chi se ne fregava. Dopotutto, non avrebbe mica incontrato l’amore della sua vita, no? E poi, accanto a Savannah, nessuno l’avrebbe guardata.
 
«Si può sapere dove stiamo andando?» aveva chiesto Rebecca, mentre Savannah svoltava a destra in una strada piuttosto affollata e si infilava nel primo parcheggio libero che trovava.
«Andiamo da qualche parte.» era stata la simpatica risposta della ragazza, che era scesa dalla macchina solo dopo essersi infilata le scarpe col tacco.
«Grazie, quello l’avevo capito anche da sola.» aveva borbottato Rebecca, affiancandosi all’amica. Teneva lo sguardo basso, come al solito, cercando di evitare di incrociarlo con quello di qualcun altro.
Savannah aveva sbuffato, seccata e spazientita.
Aveva strattonato Rebecca per un braccio, poco delicata e l’aveva costretta a fermarsi. Poi si era avvicinata ai due ragazzi che camminavano davanti a loro e li aveva chiamati, picchiettando con il dito indice sulla spalla di uno dei due.
Quello si era voltato, un po’ stranito.
«Secondo te, la mia amica è bella?» gli aveva chiesto, incrociando le braccia sotto al seno. Rebecca, che ancora non riusciva a credere che quella psicopatica di Savannah avesse davvero fatto una cosa del genere, aveva alzato gli occhi al cielo, infastidita, poi aveva guardato il ragazzo, che ancora la stava osservando con attenzione, e aveva inarcato un sopracciglio.
«Puoi anche non rispondere, davvero. E scusala, purtroppo la droga fa brutti effetti.» aveva sibilato, prima di spingere lievemente Savannah, che aveva ridacchiato divertita.
«Devi per forza farmi fare ‘ste figure di merda, Sav?» l’aveva accusata, imbronciata.
«Si, finché non la smetterai di comportarti così.»
«Non ricominciare, per favore.»
«Io ricomincio eccome, baby, perché lo devi capire una volta per tutte.»
«Piantala e cammina.»
«Tu.»
«Smettila.»
«Sei.»
«Finiscila.»
«Bella.»
«Basta, d’accordo? Non ti sopporto, quando fai così!» aveva ringhiato Rebecca, sul punto di prendersi un’incazzatura coi fiocchi.
Dio, che giornata del cazzo.
 
Zayn e Niall erano entrati nel locale passando dal retro, per evitare di ritrovarsi in mezzo all’ormai consueta orda impazzita di fan. Volevano un sabato sera tranquillo, senza nessun impiccio e quel pub gli era sembrata la soluzione migliore. Era frequentato, si, ma non trovandosi proprio in centro, era più probabile che li avrebbero lasciati in pace.
Harry, Liam e Louis erano già lì, seduti al tavolo. Harry e Liam stavano ridendo: di sicuro Louis aveva già iniziato a sparare cavolate come al solito.
«Non potete capire cosa ci è successo!» aveva esordito Niall, accomodandosi accanto a Liam. L’attenzione si era immediatamente concentrata su di lui e Niall aveva cominciato a raccontare dell’incontro con quelle due ragazze.
Zayn aveva ridacchiato, ripetendo le parole esatte della ragazza tirata in causa. In realtà, aveva pensato subito che fosse bella e gliel’avrebbe detto, se solo lei non se le fosse filata così velocemente. E poi sembrava simpatica. Non era il suo tipo, quello era vero, però non gli sarebbe dispiaciuto parlarci un po’. Insomma, aveva l’aria di una che non ha nessun problema a dire le cose come stanno.
Niall si era bloccato all’improvviso, fissando l’entrata con aria sbigottita e decisamente entusiasta.
«Eccole! Eccole, sono loro!» aveva urlato, attirando su di sé l’attenzione di metà locale e delle dirette interessate. La prima, quella che li aveva fermati, aveva ridacchiato e aveva sventolato la mano in segno di saluto. La seconda, invece, si era schiaffata una mano sulla fronte, incredula e, a giudicare dalla sua faccia, avrebbe preferito sprofondare.
«Sono carine.» aveva sostenuto Liam, con il suo solito tono gentile. Louis aveva annuito, Harry, invece, aveva sorriso. Sapeva già qual’era il gioco che quelle due cercavano di portare avanti: volevano fingere di non conoscerli, così da spingerli ad avvicinarsi.
Ma se Niall era così ingenuo da cascarci, lui di certo non avrebbe commesso lo stesso errore.
«Ma ti sei bevuta il cervello?» aveva urlato all’improvviso la ragazza dai capelli rossi. L’altra aveva fatto spallucce poi si era incamminata con decisione verso il loro tavolo, falciando la folla nemmeno fosse un panzer. La rossa si era limitata a seguirla, con un’espressione mortalmente infastidita.
«Scusate se vi disturbo, ma volevo chiedervi scusa per poco prima.» aveva sorriso, mettendo in mostra una fila di denti bianchi e perfetti. Avevano ricambiato il sorriso, tranquilli, quasi aspettandosi che da un momento all’altro lei avrebbe tirato fuori carta e penna per supplicarli di firmare un autografo.
«È stato divertente!» aveva riso Niall, facendo storcere il naso alla ragazza con i capelli rossi, che gli aveva rivolto un’occhiata in tralice.
«Mi sa che qualcuno qui non la pensa allo stesso modo.» aveva affermato Harry, riferendosi a Rebecca, che si voltò verso di lui repentinamente.
«La cosa ti crea problemi, per caso?» gli aveva chiesto, acida.
«Tranquilla, dolcezza, non c’è bisogno di scaldarsi tanto. Lo firmo lo stesso il tuo autografo.» le aveva risposto Harry, tranquillo. Lei si era immobilizzata, aveva preso un respiro profondo e si era voltata dall’altro lato, ignorandolo alla grande.
«Be’, noi andiamo. Scusate ancora per il disturbo.» aveva detto la prima, afferrando l’amica per mano.
«Se vi và, potete restare qui.» le aveva invitate Niall, con un sorriso incoraggiante.
«Ti và, Becca?»
Rebecca aveva letteralmente fulminato l’amica con gli occhi, poi si era accomodata accanto a Niall senza dire una parola.
«Io sono Savannah, lei è Rebecca.»
«Io sono Niall, piacere di conoscervi.» Niall aveva stretto la mano ad entrambe le ragazze. Rebecca gli aveva sorriso debolmente.
«Lo sanno già, chi siamo. È tutta scena.» aveva detto Harry, guadagnandosi le occhiatacce degli amici e quella ancora più infastidita di Rebecca. A nessuno sfuggì il modo in cui Savannah osservava l’amica. Forse si aspettava che da un momento all’altro azzannasse Harry alla giugulare. Invece Rebecca non fece niente e non disse niente, cominciando a guardarsi le unghie smaltate di azzurro con evidente interesse.
«Stasera non è di buon umore, perdonatela.» aveva ridacchiato Savannah, alzando la mano per catturare l’attenzione di un cameriere.
«Grazie al cazzo.» aveva borbottato Rebecca. «Già non volevo venirci, in questo cazzo di posto, in più… lascia stare và. Portami qualcosa di forte.» aveva ordinato al cameriere, che aveva annotato velocemente sul block notes.
«Senti, Becca, non ho nemmeno organizzato niente di che. Ti ho solo portato il regalo, quindi non farmi girare i coglioni.»
I ragazzi avevano osservato lo scambio di battute delle ragazze con evidente attenzione, senza fare a meno di trovarle uno spasso.
«Fate sempre così?» aveva chiesto Liam, divertito.
«No, solo quando è il suo compleanno.» aveva celiato Savannah.
«È il tuo compleanno? Auguri!» Niall aveva abbracciato Rebecca e le aveva schioccato un bacio sulla guancia. Lei era arrossita vistosamente, presa alla sprovvista da tanta estroversione e aveva farfugliato qualche ringraziamento.
Il cameriere era ritornato qualche secondo dopo, sostenendo un vassoio argentato tra le mani. Aveva consegnato il primo drink a Savannah, rivolgendole un sorriso amichevole, dopodiché si era voltato verso Rebecca e si era bloccato un secondo.
«Sei sicura di essere maggiorenne?» aveva chiesto.
Savannah aveva distolto lo sguardo, fingendosi più che concentrata sul proprio drink. Becca, invece, si era irrigidita parecchio e le sue guance si erano leggermente colorate di rosso. Tuttavia, il suo non era imbarazzo, ma rabbia. Poi, quando tutti si aspettavano uno scoppio d’ira, aveva sorriso.
«Qualcuno ti ha mai tirato un calcio con un tacco di quindici centimetri?» aveva chiesto. Il cameriere aveva scosso la testa in segno di diniego, un po’ confuso.
«Allora, se non vuoi provarlo, ti conviene darmi quel maledetto drink. Immediatamente.» aveva precisato, facendogli cenno di mollare il bicchiere esattamente davanti a lei. Il ragazzo aveva deglutito, poi si era affrettato a fare come gli era stato chiesto e si era allontanato.
«Molto gentile.» aveva borbottato Becca, prima di bere un lungo sorso di alcolico.
«Ti vuoi ubriacare?» l’aveva rimproverata Savannah, con un sopracciglio inarcato. Becca aveva fatto spallucce. «Tanto lo reggo.» aveva affermato. E poi non era nemmeno tanto alcolico, quindi non correva proprio alcun rischio.
«Come no.»
«Vuoi proprio farmi incazzare, stasera?»
«Si.»
Zayn aveva posato la mano sul braccio di Becca, distraendola dal battibecco in corso. Lei l’aveva guardato, un po’ confusa. Si era quasi dimenticata di trovarsi al tavolo con loro.
E si, Harry aveva ragione, in parte: lei gli aveva riconosciuti e probabilmente anche Savannah. Non si era trattato di una tattica per avvicinarsi, però. Semplicemente non volevano passare per delle ragazzine attratte dalla popolarità.
«Allora… quanti anni compi?» aveva chiesto Zayn, mettendo fine alla discussione.
«Venti.» aveva borbottato Rebecca, con le guance un po’ arrossate. Zayn era così bello che si stupiva anche solo del fatto che potesse parlare con una come lei. Insomma, era così insignificante, perché avrebbe dovuto perdere tempo così?
«Becca!» aveva urlato Savannah, all’improvviso. Poi le aveva tirato uno scappellotto e aveva scosso la testa.
«Dì un po’, Sav, ma ti sei bevuta il cervello? Santo Dio, oggi mi stai perseguitando!» aveva brontolato, lanciando occhiate d’accusa all’amica, che aveva scosso le spalle.
«Lo so cosa stai pensando, Becca. Perciò, se non vuoi che lo sappiano anche gli altri, smettila immediatamente.» l’aveva minacciata, puntandole contro la cannuccia verde fosforescente. Rebecca aveva farfugliato qualcosa di incomprensibile, ma che sembrava tanto simile ad una lunga sfilza di insulti, poi aveva annuito. Soddisfatta, Savannah aveva ricominciato a parlare con Harry, Louis e Liam.
Zayn e Niall, invece, non le levarono gli occhi di dosso.
«A cosa stai pensando?» aveva chiesto Niall, curioso. Becca era arrossita un’altra volta e aveva scosso la testa.
«Sapete, la domanda di prima è ancora valida.» si era intromessa, di nuovo, Savannah. Rebecca aveva promesso a sé stessa che, se la serata fosse continuata in quel modo, la sua migliore amica non avrebbe avuto vita lunga. Insomma, era proprio necessario farle fare una figura di merda dietro l’altra? Non bastava che era già di cattivo umore perché il compleanno non voleva festeggiarlo, no, Savannah doveva trapanarle le ovaie fino a farla impazzire.
«Credo di non averti mai odiata tanto come in questo momento.» aveva affermato, quindi, incrociando le braccia sotto il seno e mettendo il broncio.
Harry aveva riso.
«Sai, anche se non sei tanto simpatica sei carina.» Rebecca aveva boccheggiato, in cerca di qualcosa di abbastanza acido da dirgli, ma non gli era venuto in mente niente.
«Non è carina, è bella.» l’aveva corretto Savannah. Becca avrebbe voluto sprofondare dieci kilometri sotto terra, per non uscirne mai più. Invece si era limitata a nascondere il viso tra le mani, imbarazzata oltre ogni dire.
«La state mettendo a disagio, ragazzi.» l’aveva difesa Zayn, guardando con rimprovero sia gli amici che Savannah. Rebecca l’aveva guardato con gratitudine, prima di scusarsi, alzarsi e annunciare che sarebbe uscita a fumarsi una sigaretta.
Savannah l’aveva osservata con attenzione mentre si dirigeva verso l’uscita del locale: si sentiva un po’ in colpa, ma forse era ora che Becca la smettesse di farsi tante paranoie per qualcosa che non aveva ragione d’esistere. Era bella, punto. E non importava a nessuno che avesse qualche chilo in più, o che fosse introversa. Quando passava la gente si girava a guardarla e non perché fosse così orribile, ma perché aveva un incedere sicuro e aggraziato.
Perché lei non riusciva a vedere tutte queste cose?
 
Pochi istanti dopo, Zayn si era alzato per seguire Becca.
L’aveva trovata seduta sul marciapiede, con le gambe incrociate. Aveva mollato le scarpe dal tacco vertiginoso in un angolo e sembrava incantata a fissare la strada davanti a sé.
Le si era seduto accanto, in silenzio.
«Non credo che Savannah avesse cattive intenzioni.» le aveva detto. Rebecca era rimasta in silenzio per un po’, senza sapere bene cosa rispondere.
«Lo so.» aveva sospirato, infine. «Solo che a volte si ostina a non capire che non tutti sono come lei.» aveva spiegato. Zayn aveva annuito, capendo dopo volesse andare a parare. Anche a lui era sembrato piuttosto evidente che le due amiche fossero l’una l’opposto dell’altra. E se Savannah sembrava più che abituata ad avere le attenzioni di tutti addosso – e le piaceva anche – Rebecca preferiva essere invisibile.
«Io penso che tu sia bella, Rebecca.» aveva mormorato. Becca era arrossita di brutto, questa volta.
«Non lo pensi davvero. Lo dici solo per tirarmi su il morale.»
«No. Sei bella. Il tuo problema è che non vuoi accettarlo.»
Zayn le aveva passato un braccio intorno alle spalle, protettivo. Becca aveva lasciato che la stringesse, anche se era quasi un completo estraneo, anche se tutto quello che le stava dicendo probabilmente era solo per farla sentire meglio. Tuttavia, si sentiva così bene accanto a lui che per un momento mise da parte ogni paranoia, ogni complesso e si costrinse ad essere sé stessa. C’era ancora, da qualche parte, la vera Becca?
«Perché lo fai?» aveva chiesto.
«Cosa?» Zayn era sembrato confuso.
«Perché sei qui con me, anziché con i tuoi amici? Perché sei così gentile?»
«Perché le donzelle in difficoltà risvegliano il cavaliere che c’è in me…» aveva ridacchiato Zayn, gettando il mozzicone della sigaretta per terra. 
«Ma io non sono in difficoltà. Sono incazzata.» aveva risposto Becca, sorridendo divertita. Aveva calzato di nuovo le scarpe, poi aveva accettato di buon grado la mano tesa di Zayn per tirarsi su.
«Buono a sapersi, allora, perché le donzelle incazzate sono le mie preferite.»
 
 
 ***

Questa One-Shot è... be', non lo so. Fatto sta che l'ho scritta un paio di mesi fa e mi ero stancata di lasciarla ad ammuffire nella sua cartella. Perciò eccola qua.
Non è un granchè, però un pò mi piace. E magari, chi lo sa, potrebbe piacere anche a voi!
Fatemi sapere che ne pensate, se vi và.
Con affetto,
Fede.
   
 
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