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Autore: soniuccia    11/06/2012    2 recensioni
Alzai timidamente la testa verso l’edificio osservando se c’era qulacuno a cui chiedere aiuto.
Poi lo vidi.
Un bambino di pressapoco 10 anni affacciato ad una finestra che mi guardava curioso.
Riuscii solo a notare in capelli scompigliati neri, ma presto lo vidi allontanarsi.
“Sono perduta”
Mi dissi.
Ma, immediatamente, sentii aprirsi il pesante portone in legno vedendone uscire un’uomo sulla sessantina e il bambino della finestra che mi si avvicinarono subito.
Poi chiusi gli occhi, giusto in tempo per vedere un paio di occhi azzurri e un paio neri come la notte sopra la mia testa.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beyond Birthday, L, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando quella mattina mi alzai, ero piuttosto fiduciosa.

Era il primo giorno d’estate, il sole splendeva e le previsioni non preannunciavano cattivo tempo nemmeno nei prossimi giorni.

Da qualche tempo, una strana felicità mi abitava.

Forse era il caldo incombente o semplicemente il fatto che tra un mese avrei compiuto otto anni.

Fatto stava che niente avrebbe potuto rovinare quella sensazione.

«Cassie!»

Mi sentii chiamare da mia mamma.

«Cassie la colazione!»

Scesi entusiasta dal letto e presi a scendere di corsa le scale.

Arrivata alla fine un delicato e dolce profumo invase le mie narici.

Varcai la soglia della cucina e mi sedetti al tavolo.

In quel momento mia madre mi mise davanti un piatto con dei pancake.

Sgranai gli occhi. Era da secoli che non li preparava. Che fosse anche lei di buon umore?

La osservai, facendo attenzione a notare se avesse qualcosa di nuovo o se fosse cambiata in qualche modo.

Gli stessi capelli castani di sempre, gli stessi occhi armoniosi color nocciola stranamente simili al cioccolato, stesse guance perennemente arrossate.

Direi che era tutto nella norma.

Quando davanti a me posò poi del cioccolato fuso, iniziai a pensare che forse aveva perso davvero il nume della ragione...

Al contrario di me, lei odiava tutto ciò che era dolce. Io invece ne avevo un amore spropositato,  tanto che un giorno mi ero fatta spiegare come preparare dei biscotti.

Dopo avere ripulito tutto il piatto, mi alzai e corsi a prepararmi per uscire, cosa che il giorno prima la mamma mi aveva promesso.

Ci eravamo trasferiti da poco a Londra ed io ero affascinata dalla London eye cioè una grande ruota panoramica. Dopo avere implorato i miei genitori miliardi di volte, si convinsero a portarmici.

Di corsa salii nella mia camera e afferrai una graziosa maglia gialla e dei pantaloni bianchi.

Dopo averli indossati ed essermi guardata allo specchio soddisfatta, mi precipitai in bagno. Mi guardai allo specchio. Ero molto simile a mia mamma:

gli stessi capelli castani ondulati, gli occhi nocciola e lo stesso viso armonioso.

L’unica cosa in qui eravamo diverse erano le guance. Le le aveva rosee, io sempre bianche così come tutto il viso. Feci spallucce e cominciai a sciogliermi i ricci ribelli che mi arrivavano alle spalle.

All’improvviso, sentii un clacson suonare e capii all’istante che era mio padre, tornato dal qualche posto dove la mamma gli aveva imposto di andare, tipo al supermercato.

Posai la spazzola e dopo essermi messa le mie scarpe di ginnastica, scesi ed assieme la mamma ed uscii di casa.

 

***

 

Si era ormai fatta sera ed io ero al settimo cielo.

Dopo un pomeriggio di passeggiate e dolcetti sgranocchiati qua e là, finalmente stava per arrivare il gran finale: la London eye. Già pregustavo il tanto atteso momento in cui  sarei arrivata in cima!

Dopo qualche minuto che camminavamo, chiamai mio papà con una tirata di un angolo del giubotto.

Abbassò lo sguardo.

«Cosa c’è Cassie?»

«Papà, noi tre rimarremo sempre assieme vero?»

Gli chiesi stringendomi a lui.

«Certo»

Riaspose scompigliandomi i capelli.

Fu curioso il fatto che lo disse proprio in quel momento, perchè quando alzai la testa dal suo giubotto, mi trovai difronte un muro.

«No! Ho sbagliato strada!»

Fece papà. Quando ci voltammo, ebbi un tuffo al cuore.

Un uomo. Davanti a noi. Una pistola in mano.

Mi sentì catapultata dietro la schiena di mamma dalle sue mani affusolate.

Il suo viso aveva perso l’espressione gioiosa che aveva. Era in preda al terrore.

Quando l’uomo si mosse avvicinandosi, spontaneamente indietreggiai.

Aveva un passo malfermo, era di sicuro ubriaco.

Il mio cervello vagò cercando una via d’uscita.

Era un vicolo cieco. Solo se l’uomo si fosse avvicinato fino quasi a toccarci sarei potuta scappare. E i miei genitori?!

Delle lacrime scesero silenziose lungo il mio viso.

Avevo già intuito ciò che sarebbe successo, per questo strinsi ancora più forte la maglia di mamma.

L’uomo continuava ad avanzare. Mamma e papà si scambiarono un’occhiata e ritornarono a guardare l’uomo.

Quando alzò la pistola sentii la mamma tremare.

«Datemi la borsa!»

Urlò.

Papà obbedì.

L’uomo guardò all’interno e io sentii mia mamma cominciare a spostarsi di lato.

Capii in un attimo le loro intenzioni.

Papà lo avrebbe distratto per darci qualche secondo per fuggire. Rischiando la vita.

Quando infatti lo vidi gettarglisi addosso e la mamma iniziare a correre con me in braccio piangendo, confermai le mie idee.

Sentì un enorme botto e dei passi veloci che ci seguivano.

Eravamo in vantaggio, ma ci avrebbe raggiunto.

La mamma cadde slogandosi la caviglia.

Si mise in ginocchio e mi guardò negli occhi. I suoi occhi nocciola galleggiavano nelle lacrime. Poi mi prese per le spalle.

«Corri! Corri e non fermarti Cassie! Corri!»

Mi alzai velocemente ed ubbidì giusto in tempo per vedere la mamma che mi sorrideva e l’uomo puntargli l’arma alla testa seguita da un rumore assordante.

Non mi fermai. Nemmeno quando le mie gambe si fecero di pietra, nè quando ormai non vedevo più per le lacrime.

Sfinita, rallentai semplicemente il passo.

Continuai a correre finchè non persi l’equilibrio e caddi davanti un enorme edificio rischiarato dalla luna estraniato dalla città.

In ginocchio mi portai le mani agli occhi singhiozzando.

Erano morti. Per sempre. MORTI.

Avvertii un bruciore alla caviglia a cui, prima, non avevo fatto caso. La guardai e la vidi che sanguinava.

Di sicuro mi ero tagliata nella mia corsa disperata verso la salvezza.

Alzai timidamente la testa verso l’edificio osservando se c’era qulacuno a cui chiedere aiuto.

Poi lo vidi.

Un bambino di pressapoco 10 anni affacciato ad una finestra che mi guardava curioso. Riuscii a notare i capelli scompigliati neri, ma presto lo vidi allontanarsi.

“Sono perduta”

Mi dissi.

Ma subito sentii aprirsi il pesante portone in legno vedendone uscire un’uomo sulla sessantina e il bambino della finestra che mi si avvicinarono subito.

Poi chiusi gli occhi, giusto in tempo per vedere un paio di occhi azzurri e un paio neri come la notte sopra la mia testa.

  
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