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Autore: soxy88    29/12/2006    5 recensioni
Kate era rimasta affascinata da Rukawa che desiderava conoscere: le sarebbe piaciuto scontrarsi con lui... Ma era fiduciosa perché sapeva che il suo desiderio si sarebbe realizzato presto: osservando la sua divisa, infatti, aveva capito che era un giocatore dello Shohoku, e che quindi l’indomani si sarebbero rivisti…
Genere: Romantico, Malinconico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Kaede Rukawa, Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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IL VERO GIOCO DEL BASKET

IL VERO GIOCO DEL BASKET

 

UNA DOMENICA DI RICORDI

Un’altra domenica era arrivata. Tutti, durante quel giorno della settimana, si riposavano; lui no…

Rukawa si allenava ogni domenica, come ogni altro giorno, ed anche quella domenica ne aveva l’intenzione.

Si diresse verso la palestra della scuola. La strada era poco trafficata: con il caldo che c’era, pochi si avventuravano per le vie, sotto il sole cocente di fine estate. Regnava la quiete più assoluta e Rukawa, sulla sua bicicletta, procedeva lento; la maglietta larga che indossava si modellava attorno al suo petto, e i capelli si muovevano leggermente all’indietro per lo spostamento d’aria.

 

Entrò nel giardino scolastico ed appoggiò la bicicletta al muretto. Si diresse, di corsa, verso la palestra, impaziente d’incominciare ad allenarsi.

Arrivò davanti all’ingresso principale, dove era stata posta una teca di vetro. La osservò per molto: all’interno vi era contenuta la coppa, simbolo della vittoria del campionato nazionale; era in bella vista, su un piedistallo, ed ai suoi piedi, sopra ad un ripiano di velluto blu, vi erano le dodici medaglie consegnate ai membri della squadra durante la premiazione.

 

Velocemente ritornò con la mente a quel giorno, all’ultimo punto, agli urli del pubblico, alla gioia della vittoria… Probabilmente quel punto decisivo avrebbe voluto farlo lui, ma è il risultato che conta! Poteva ancora sentire la tensione degli ultimi quattro secondi, quando il Quattrocchi, sceso in campo in sostituzione di Mitsui infortunato al ginocchio, aveva ricevuto il passaggio perfetto di Miyagi ed era corso nell'area avversaria; al limite di quest’ultima, aveva fatto un passo indietro ed era riuscito a saltare, eludendo la difesa. Quel canestro aveva portato lo Shohoku ad un solo punto di vantaggio sulla squadra avversaria, ma fu un punto necessario per vincere. Riusciva ancora a sentire l’ovazione del pubblico e gli applausi a loro dedicati. Tutti i compagni corsero verso Kogure che gli aveva salvati; ormai piangeva per la gioia. Il Gorilla, Mitsui e Aiako piangevano a loro volta: la commozione era palpabile; il vecchio Anzai rideva in stile Babbo Natale, come suo solito: sapeva che gli sforzi dei suoi ragazzi erano stati premiati. Quando tutti si allontanarono da Kogure, Rukawa gli si avvicinò con freddezza e si fermò ad un metro da lui; lo guardò fisso negli occhi in lacrime, nascosti dagli occhiali, ed alzò il braccio; poi disse:

“Qua la mano, Quattrocchi… Un gran tiro…”

Si diedero il < cinque > come due amici di vecchia data.

Poi, in seguito alla premiazione, fecero tutti insieme una foto ricordo.

 

Ora poteva vederla appoggiata al piedistallo a forma di cubo della coppa, ricoperto anch’esso di velluto blu. Al centro della foto, vi era Capitan Akagi che teneva in alto l’ambito trofeo con le braccia tese; alla sua sinistra, Hanamichi stringeva la sua medaglia con la mano sinistra, in segno di forza; al suo fianco, vi era Mitsui, sostenuto da un’Aiako sorridente, che, dolorante, alzava il braccio destro, estasiato per l’obiettivo raggiunto; alla destra del Gorilla, vi era il piccolo Miyagi, che teneva alzati l’indice e il medio, in segno di vittoria; più in basso, in ginocchio, vi erano i sei panchinari abbracciati, con, al centro, il salvatore della squadra sorridente; infine, accanto a Miyagi, vi era Kaede, messo di profilo, che teneva alto il pollice con orgoglio, e con lo sguardo serio, ma colmo di soddisfazione.

 

Riprese ad osservare le medaglie, che erano state sistemate secondo un ordine che metteva in luce chi era stato più determinante per la squadra. Alla loro base, erano incisi i nomi dei giocatori nel velluto, ed una frase ricordo che enunciava:

-Perché le generazioni future di sportivi dell’istituto, vi prendano d’esempio e non dimenticano la passione e la dedizione che voi, nostro orgoglio, avete dimostrato nel gioco del basket, raggiungendo un obiettivo che l’istituto non era mai stato in grado di raggiungere. Grazie ragazzi, siete grandi! Il preside-     

Kaede guardò la sua medaglia; era la terza, dopo quelle di Akagi, grande capitano, e Mitsui, miglior giocatore dell’anno. Appoggiò, quindi, le mani e la fronte al vetro della teca.

Pensò –La mia doveva essere la prima!- e, determinato a migliorare ancora, raggiunse la porta d’ingresso.

Si accorse che era già aperta e poi, avvicinandosi ancora, sentì che dentro c’era qualcuno che palleggiava. Si stupì perché, di solito, nessuno della squadra, durante le prime settimane di scuola, visto che il campionato era lontano, rimaneva oltre gli allenamenti, men che meno si allenava di domenica. Socchiuse leggermente la porta e spiò l’interno: vide l’ultima cosa che si sarebbe aspettato di vedere…

 

Quella ragazza era davvero bella: aveva capelli biondi, lisci e lunghi, che teneva legati per giocare meglio; aveva gli occhi di un azzurro profondo ed espressivo; i lineamenti erano delicati, accompagnati da un fisico invidiabile, tipico delle sportive; non era molto alta, ma saltava abbastanza da riuscire a centrare il canestro; i pantaloncini larghi e la canottiera lunga le davano l’aspetto di una vera giocatrice di basket.

Kaede ne rimase affascinato, ma non per il suo aspetto, piuttosto per la bravura e la passione che metteva nel gioco: sembrava una vera professionista. Il suo allenamento solitario era ipnotizzante. Non ammetteva, però, di essere inferiore a lei, il suo orgoglio glielo impediva: non sarebbe mai stato capace di riconoscere che una ragazza era più brava di lui!

 

Rimase lì fermo a fissarla fino a sera: in altre parole finché la ragazza non ebbe concluso e non si fosse diretta verso gli spogliatoi.

Non appena la palestra fu vuota, entrò, chiedendosi chi fosse quella giocatrice. Poco dopo cominciò il suo allenamento. In ogni suo movimento, rivedeva le mosse di lei, tentando di imitarle; non faceva altro che pensare a lei, alla sua bravura: si sentiva inferiore a quella ragazza che neanche conosceva e, per questo, si alterava, impegnandosi sempre più in un allenamento esasperato che lo sfiniva.

Ora aveva un nuovo obiettivo: arrivare allo stesso livello di gioco di quella ragazza, e superarlo!

 

Kate aveva appena finito di fare una doccia rinfrescante. Era esausta dopo una giornata passata, nella sua nuova palestra, ad allenarsi. Di solito non si esercitava così a lungo, ma dopo tre anni d’inattività n’aveva bisogno. Non era molto soddisfatta di quell’allenamento in realtà, però non poteva certo tornare subito ai vecchi livelli di preparazione, dopo essere stata così a lungo lontana dei campi…

Si stava allontanando, uscendo dalla porta secondaria, quando si accorse che la luce della palestra era ancora accesa.

-Che strano… mi sembrava d’averla spenta- pensò, avvicinandosi all’entrata principale.

Si accorse, in seguito, che c’era qualcuno che si allenava all’interno ed, incuriosita, osservò cauta.

 

Quel ragazzo era fantastico: alto, snello, moro, occhi magnetici; era veloce nei movimenti e con una buona tecnica; aveva un ottimo controllo di palla e un buon tiro, anche se si vedeva che giocava da poco. Riconosceva, comunque, che aveva un gran talento e un modo di giocare da vero campione. Nella sua divisa della squadra era magnifico e, quando saltava per fare una schiacciata, i capelli si alzavano, assieme alla canottiera, per poi ridiscendere, una volta che ricadeva a terra.

Ne rimase molto colpita e l’osservò per molto.

Il ragazzo sconosciuto, ad un certo punto, si fermò un attimo per riprendere fiato; si chinò, piegando leggermente le gambe, fino a prendersi le ginocchia con le mani ed a sostenere il busto con le braccia tese. Mentre faceva respiri grossi, il sudore gli bagnava il volto, mostrando tutto il suo impegno.

 

Kate era affascinata da quel ragazzo che desiderava conoscere: le sarebbe piaciuto scontrarsi con lui in uno scontro < uno contro uno >. Ma era fiduciosa perché sapeva che il suo desiderio si sarebbe realizzato presto: osservando la sua divisa, infatti, aveva capito che era un giocatore dello Shohoku, e che quindi l’indomani si sarebbero rivisti…  

 

  
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