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Autore: FaDiesis    11/06/2012    1 recensioni
“I sogni sono figli di mente vagabonda, pieni soltanto di vana fantasia, che ha meno sostanza dell’aria ed è più incostante del vento che ora corteggia le gelide gole del nord e poi, furibondo, fugge lontano in cerca di calore…”, diceva William Shakespeare.
All’alba della mia carriera di studioso, detestavo questa frase, costretta a forza nella mia testa dal Maestro di turno.
Assai articolata, lunga e piuttosto utopistica, se ho il permesso di dirlo.
Con il tempo, ho imparato ad amarla e perfino a farne la mia filosofia di vita.
I sogni… Quale cosa complessa!
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{Storia classificatasi quarta al contest "A Spasso nel Tempo" di Talismaa}
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Napoleone
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Come il fuoco fa con la carta
 
Nick sul Forum: Esis
Nick su EFP: FaDiesis
Titolo: “Come il fuoco fa con la carta”
Genere: Storico
Rating: Verde
Fattore scelto: Rivalità
  

Ajaccio, Venerdì 23 Giugno 1825
 

Roland,
 fratello mio,

 
“I sogni sono figli di mente vagabonda, pieni soltanto di vana fantasia, che ha meno sostanza dell’aria ed è più incostante del vento che ora corteggia le gelide gole del nord e poi, furibondo, fugge lontano in cerca di calore…”, diceva William Shakespeare.
All’alba della mia carriera di studioso, detestavo questa frase, costretta a forza nella mia testa dal Maestro di turno.
Assai articolata, lunga e piuttosto utopistica, se ho il permesso di dirlo.
Con il tempo, ho imparato ad amarla e perfino a farne la mia filosofia di vita.
I sogni… Quale cosa complessa!
In quest’ultimo periodo mi tormentano il sonno.
Tu, protagonista.
Il tuo ritorno, evento chiave.
Il nostro affetto ritrovato, finale felice.
E poi, madido di sudore, tutto finisce.
Il tuo ritratto appeso a quel muro, nel buio, mio unico conforto, mio unico tormento.
Lo ricordi, quel disegno?
Opera di nostra sorella, quel dì primaverile.
Eravamo distesi nel cortile della nostra umile dimora, qui ad Ajaccio, a guardare il sole nascondersi tra le nuvole.
Lillà sbucò dal portone, allegra, con gli occhi che le brillavano.
“A chi di voi farebbe piacere un ritratto?” chiese, portandosi dietro un cavalletto di legno e una tela bianca.
Subito tu scattasti in piedi e ti annunciasti, egocentrico e bisognoso di attenzioni come sempre.
Eravamo bambini, allora, ma già si distinguevano le differenze dei nostri caratteri.
Gemelli, ma con personalità talmente diverse da sembrare due estranei.
Tu, vivace, scattante, baldanzoso, spavaldo.
Io, tranquillo, timido, insicuro, timoroso.
Eppure, eravamo due gocce d’acqua.
Stessi capelli biondo cenere, stesso viso regolare, stessa altezza. Un piccolo particolare consentiva alla gente di riconoscerci: la piccola sfumatura grigia nei tuoi occhi che invece non segnava i miei, unicamente cerulei.
Quel giorno, facemmo arrabbiare non poco Lillà, lo rammento bene.
Tu che non riuscivi a stare fermo per il ritratto, io che ti facevo le smorfie per farti ridere.
Si innervosì, Lillà. I tratti gentili della sua mano diventarono secchi e il carboncino le tremava fra le dita.
Con un urlo isterico nostra sorella abbandonò lì tutto il lavoro, lasciando il disegno ad un contorno di viso e capelli.
Ci guardammo negli occhi, con il solito scintillio audace, e la sfida era partita.
Scattammo, rincorrendoci e cercando di afferrare per primi la tela incompiuta.
Finì male quel ritratto. Sporco d’erba, macchiato di fango e terra.
Alla fine vincesti e ti mettesti sopra una roccia, mostrando il tuo premio come un soldato vittorioso.
Già, nostro padre lo diceva sempre: avresti avuto un futuro promettente nell’esercito.
Ed ora, come una profezia avveratasi, tu sei lì, in guerra, chissà dove.
Spero ti sia rimasto un briciolo di quell’energia che ti leggevo negli occhi ogni volta c’era da combattere.
Perché devi farlo adesso, devi lottare. Sei il primo generale di Napoleone Bonaparte, non puoi arrenderti.
Ricordi quella nostra tipica rivalità? 
Eravamo sempre in gara, ognuno doveva superare l’altro, era quasi un obbiettivo.
Nostra madre ci sgridava sempre, per questo.
Fu durante la consueta battuta di caccia del nostro diciannovesimo compleanno, mentre stavi esultando per aver appena catturato un cervo più grosso del mio, che avvenne la scena a cui mai più potrò pensare senza odiarla.
Davanti a te si presentò un uomo di bassa statura, con i capelli tagliati corti e una divisa militare.
Napoleone.
Subito scendemmo da cavallo e ci prostrammo ai suoi piedi, rispettosi.
Fu gentile, ci fece alzare e ci parlò con uno strano tono di voce profondo rispetto alla sua statura piccola e con quella buffa erre moscia.
“Buondì, messieurs” disse, cordiale.
Al tempo mi sembrarono un onore, quelle due semplici parole.
Insomma, il celebre Bonaparte che rivolgeva la parola a noi?  Mi sembrò un miracolo.
Miracolo che ben presto si trasformò in incubo.
Non so cosa vide in te, forse la stessa determinazione che ammiravo tanto io, forse quel lampo di sfida negli occhi chiari, ma ti notò, notò il tuo valore.
Ti prese come apprendista e dopo un mese -trenta infiniti giorni in cui solamente dieci minuti al giorno potevamo parlare e stare insieme- te ne andasti, al suo seguito.
C’era una donna, tra la servitù di Napoleone, tra la sua scorta.
Non tanto alta, con ricci capelli rossi e occhi color nocciola. Si chiamava Belle, lo ricordo bene.
Portava quasi sempre quell’abito porpora, che faceva un contrasto incredibile con la sua capigliatura color fuoco e la pelle pallida. Era stretto sul corpetto, legato da grossi lacci intrecciati sulla schiena, lasciava libere le sue strette e delicate spalle e scendeva leggero fino alle caviglie. Non aveva le solite balze eleganti, ma scomode, che caratterizzavano i vestiti delle dame nobili, era semplice e lineare.
Solamente una serva, diceva sempre, non si riteneva una donna, ma solo un’umile serva.
Io l’amavo per questo,  e l’amavi anche tu.
Forse fu proprio lei che generò il nostro più grande litigio e perfino provocò la tua partenza.
All’inizio lo prendemmo come un gioco, come una caccia, come la solita sfida.
Noi due gli sfidanti, lei la preda.
Belle era timida, ma decisa. Aveva un modo di pensare tutto suo, ribelle e libero da ogni influenza. Disprezzava la guerra, le armi e la violenza, ma era costretta a rimanere al servizio di Napoleone. Era la sua unica speranza di sopravvivere, il solo modo di guadagnarsi da mangiare.
Eppure, nonostante le difficoltà, continuava ad andare avanti ed a non arrendersi mai.
Rispondeva sempre a tono a Bonaparte e quando egli le dava lavori più pesanti, come pulire la stalla del cavallo e portare la sella di cuoio pesante fino al fiume per lavarla, lei reagiva nobilmente e con energia.
Era veramente una brava persona, nobile d’animo.
No, correggo la frase:è veramente una brava persona.
Perché sì, è ancora qui con me.
Lo sai e lo sapevi allora, lei ha scelto me, il debole.
Ne ero felice, estremamente felice, all’inizio, ma col tempo… ho realizzato che è tutta colpa mia se te ne sei andato.
La corteggiavamo nello stesso modo, ma in maniera diversa.
Io le scrivevo semplici poesie, tu regalavi rose rosse.
Mi prendevi sempre in giro per questo, dicevi che le rose erano da galantuomo mentre le poesie non erano utili a nulla, che erano una scarsa imitazione di quei romanzi romantici che si stanno diffondendo in questo periodo.
E invece, lei scelse me.
Ti arrabbiasti, dicevi che dovevi sempre vincere e che amavi Belle.
E allora mi irritai anch’io. Perché io l’amavo più di te e questo tu non lo capivi. Per me non era più una questione di rivalità o di orgoglio. Erano sentimenti veri i miei, e non volevo rovinare tutto solo per te, nonostante il bene che ti volevo.
Urlammo, strepitammo e ci insultammo.
Fu il nostro ultimo litigio, l’ultimo prima che te ne andasti.
Adesso mi ritrovo a desiderarlo un litigio… mi basterebbe riparlarti, risentire la tua voce.
Ti rivorrei qui con me e basta.
Ma sei in battaglia, ad affrontare la schiera di nemici del tuo superiore.
Ora, ora sei un generale tu, il più fedele generale di Napoleone ed io, io solo l’ umile scrittore del paese, Ajaccio, stessa cittadina di Bonaparte.
Siamo lontani, distanti chilometri, eppure io ti sento.
Forse è quel legame speciale che unisce i gemelli, che li tiene insieme malgrado la lontananza, ma ti sento.
Sento quando stai male, quando qualcosa ti turba, quando sei felice.
Ho commesso il più grande dei miei errori, lasciandoti andare, lasciandoti alla guerra e mai me lo perdonerò.
Le notizie volano, sai? Sono venuto a sapere della disfatta di Waterloo e immediatamente ho sentito il bisogno di contattarti.
E ora, in questo scritto, ti rinnovo tutto l’affetto che provo per te, tutto l’amore che riempie il mio cuore consumato al tuo pensiero, al tuo ricordo.
Perché sei mio fratello e sempre, per sempre, lo rimarrai.
Spero di rivedere presto quella grigia scintilla nei tuoi occhi, di risentire quell’elettricità che alleggiava tra di noi e che tanto caratterizzava la nostra, solo nostra, rivalità.
Affido questa lettera al vento, che la culli fra le sue calde braccia fino a te, ovunque tu sia.
E che le mie parole ti arrivino al cuore, che l’amarezza del nostro ultimo incontro non le distrugga come il fuoco fa con la carta…
                                                                                                                   
                                                                                                                                                                                                                                                                 Con affetto,
                                                                                                                                                                                                                                                                       Laurent
 
 
 
4 Classificata: Esis

Originalità della storia:7/10
Correttezza della grammatica: 10/10
Fedeltà ai criteri richiesti: 5/10
Originalità dei personaggi:6/10
Ambientazione della storia: 8/10

Totale punti: 38

Originalità della storia: Come ho scritto nelle altre recensioni delle storie partecipanti al contest, scrivere una storia originale non è facile perchè comunque cos'è l'originalità? Non esiste quasi più perchè ogni argomento è stato trattato, quindi è solamente lo scrittore che può rendere una storia "non originale" interessante. Ecco, ovviamente la storia che hai deciso di raccontarmi non è chissà quanto originale, insomma ci sono i classici fratelli che si sfidano a vicenda, però comunque credo che tu sia stata capace di scrivere una buonissima storia perchè nonostante fosse un racconto espistolare sono riuscita a "vivere" anche le emozioni del fratello a cui Laurent scrive, quindi da una parte abbiamo Laurent che è il fratello più remissivo, calmo e se vogliamo dirlo anche più dolce e sensibile che però mi è piaciuto molto sopratutto per l'affetto che nonostante tutto prova per il fratello, e dall'altra parte abbiamo Roland che è il classico "cocco" della famiglia, ma anche lui mi è piaciuto nonostante non abbia letto le sue vere emozioni ma solamente quelle che il fratello pensava che vivesse. Quindi ti ho voluto assegnare sette punti perchè nonostante mi sia piaciuta non ritenevo appropriato assegnare di più.

Correttezza della grammatica:Bene, qui non posso dire nulla se non che hai uno stile davvero ottimo nello scrivere, sei scorrevole e riesci a far immedesimare il lettore nella storia, proprio come se fosse lui a vivere quei momenti, e non manchi di descrivere gli aspetti psicologici dei personaggi, cosa che ritengo assolutamente fondamentale in una storia, e poi per quanto riguarda la punteggiatura e tutto quello che concerne la grammatica credo che tu abbia fatto un buon lavoro, non ho riscontrato alcun errore, quindi ti sei meritata un 10.

Fedeltà ai criteri richiesti:Dunque, su questo punto sono stata molto indecisa su che punteggio assegnarti, ero combattuta, perchè comunque la rivalità l'hai inserita correttamente, solamente che io mi aspettavo qualcosa di più "cattivo" mettiamola in questo modo, cioè è una rivalità accennata che non trova nessun avvenimento grave legata ad essa, quindi ho ritenuto giusto darti un 5.

Originalità dei personaggi:Ok, devo dire che fino ad ora non ho mai trovato in nessuna storia personaggi originali, e ovviamente non li ho trovati nemmeno qui, però nonostante questo i personaggi mi sono piaciuti per come li hai descritti dal punto di vista psicologico, e se devo essere del tutto onesta sono felice che tu abbia introdotto Napoleone perchè è un personaggio che ho sempre adorato, comunque niente di così eclatante.

Ambientazione della storia: Beh ovviamente essendo uno scritto epistolare non hai descritto molto il paesaggio e la città, quindi ti ho assegnato un otto perchè almeno ho capito dove si svolgeva la storia.

In definitiva, per quanto riguarda il mio gradimento personale la storia mi è piaciuta, forse avrei gradito una long con qualche dialogo qua è là ma comunque la storia merita tutte le mie congratulazione, in poche pagine ho potuto vivere per qualche minuto la vita di questo giovane fratello che si strugge per la partenza del fratello, era come se io fossì lì insieme a lui mentre scriveva la lettera, quindi ti faccio i miei complimenti, sei molto brava a scrivere...ovviamente hai ancora molta strada da fare ( così come devo farla io, ricorda che chi lascia questa recensione è una tua pari ) ma sono sicura che la scrittura sia proprio adatta a te!

 

 

   
 
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