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Autore: Alexy Snitch    11/06/2012    4 recensioni
Trovare l'idea giusta per festeggiare un anniversario, si sa, non è mai semplice. Stavolta, però, Harry ha fatto centro.
Buon compleanno, roxy_xyz e Kamura86!
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Dopo la II guerra magica/Pace
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Buon compleanno, Roxy e Kamura86!





A ship in the night



Era stanco. Da almeno due settimane stava organizzando una sorpresa per la sua ragazza: l’indomani sarebbe stato il loro primo anniversario.
Naturalmente, Hermione non doveva saperlo. Beh, con il tirocinio e tutto il resto era molto spesso fuori Londra e questo sotto un certo punto di vista poteva essere considerato pure una fortuna. In quanto Auror, invece, Harry non viaggiava poi così tanto. C’erano le esercitazioni, gli interventi sul campo, i primi incarichi, ma stava ancora studiando e duramente. Quindi, passando la maggior parte del tempo in Accademia a Londra, nel weekend aveva parecchio tempo libero.
Era stato solo per caso, infatti, che un sabato pomeriggio, camminando da solo per Oxford Street, aveva trovato il regalo perfetto per lei. Niente gioielli o cose prive di significato, non era il tipo. E poi: niente libri. Ne aveva troppi! L’appartamento che Hermione aveva in affitto si era rimpicciolito con la nuova libreria e ogni volta che Harry ci metteva piede, non riusciva mai a capacitarsi di come potesse starci ogni cosa. Inoltre, quello che gli stava frullando nella mente era quasi come una vacanza e Merlino sapeva solo quanto entrambi ne avessero bisogno!
Nel giro di poco era riuscito a organizzare un po’ tutto: dal noleggio della barca al catering, dai fiori al convincere Ron a tenere la bocca cucita. La signora Weasley, quando le aveva annunciato le sue intenzioni, gli aveva detto apertamente di non essere per nulla convinta che quello fosse il modo giusto per festeggiare, ma, al contrario, suo marito sembrava più eccitato che davanti ad una papera di gomma. Il problema più grande si era rivelato, invece, tenere all’oscuro la sua bellissima ragazza, che fiutava i segreti a miglia di distanza. Nemmeno Luna era riuscita ad essere di molto aiuto visto che doveva dirigere il Cavillo tutta da sola, poiché suo padre era partito alla ricerca della prova inconfutabile che le Rane lunari esistono. Giugno era appena iniziato, Xenophilius non si vedeva da dicembre. Harry era sicuro che non sarebbe tornato nemmeno per quell’estate. Alla fine, era stato costretto ad inventarsi varie scuse, come ad esempio un corso pratico avanzato che, per quanto ne sapeva Hermione, doveva frequentare il sabato mattina.
Ad ogni modo, mancava sempre meno all’ora x, l’ora in cui sarebbe passato dall’appartamento che Hermione condivideva con Ginny per portarla a destinazione. Harry aveva deciso di usare il meno possibile la magia, voleva farle assaporare al meglio il piacere della scoperta e quale miglior cosa se non attendere con ogni fibra di te una sorpresa?
Andò a letto ormai stremato con il timore che le rose non arrivassero alla giusta ora e con la paura che tutti i suoi sforzi fossero stati vani. Aveva già posato la testa sul cuscino quando il telefono squillò.
“Pronto?” biascicò già mezz’addormentato. Si mise a sedere, mentre teneva in malo modo la cornetta. Tirò il filo e come al solito l’intero telefono cadde ancor prima che qualcuno all’altro capo parlasse.
“Harry? Tutto bene?” domandò la voce inconfondibile di Hermione, preoccupata per il frastuono che doveva per forza aver sentito.
Grugnì nell’intento di sistemare tutto e, non appena riuscì a districare il cavo, Harry finalmente rispose. “Ciao, Hermione! Sì, tutto bene. Mi era caduto il telefono.” Le spiegò.
Hermione soffocò una risata. “Come al solito.” Non poté fare a meno di sorridere. Almeno due sere su tre era sempre la stessa storia. “Perché non mi hai chiamato oggi?” gli chiese d’improvviso seria.
“Non ho avuto tempo.” Borbottò velocemente. “Inoltre, ero convinto fossi impegnata tutto il giorno con Ginny.”
“Siamo andate a fare shopping, ma solo per un paio d’ore. Sai che non amo passare il mio tempo in mezzo ai vestiti. Preferisco di gran lunga…”
“Un libro.” Finì Harry per lei.
“Esatto!” disse contenta. “Non è per niente normale sprecare ore e ore alla ricerca di quello che Ginny definisce l’abito perfetto per ogni occasione.”
“E ci sei riuscita?” si informò Harry distrattamente.
“Sì, fortunatamente!” Hermione sembrava sollevata. “Comunque, basta parlare di me. Allora, che mi dici di questo corso extra che stai frequentando?”
Si raddrizzò d’improvviso attento a non fare gaffe. Non poteva certo lasciarsi scappare qualche parola a sproposito! Mancava ormai molto poco all’ora x e nulla al mondo avrebbe potuto rovinare quello che aveva in serbo per lei. “Tutto bene. Il comandante Matthews è severo, ma ormai ci ho fatto l’abitudine.” rispose. Se solo avesse scoperto che Matthews non era altro che il comandante della nave…Harry soffocò una risata con uno sbadiglio sonoro che probabilmente avrebbe svegliato anche Kreacher giù dabbasso.
“Perfetto.” Disse fiera di lui. “Direi, allora, di andare a dormire. A che ora usciamo domani?”
“Per le quattro.”
“Buonanotte, Harry!” Si addormentò con il sorriso sulle labbra. Le preoccupazioni era scomparse non appena aveva sentito la sua voce rassicurante pronunciare per l’ultima volta il suo nome. Non si capacitava di quanto potesse essere calmante sentirle dire Harry a quel modo.

Quando la sveglia suonò, Harry scattò sull’attenti. Inciampando nelle ciabatte, si diresse in bagno per una doccia. Aveva i minuti contati, doveva sbrigarsi. Si guardò allo specchio, sperando che il suo segreto non venisse svelato prima del tempo. Se conosceva bene Hermione, sapeva pure che bastava una semplice occhiata per farle intuire cosa stesse organizzando. La complicità era il loro punto di forza, ma alle volte si rivelava anche la loro più grande debolezza. È difficile nascondere i problemi o il dolore, è difficile vedere il sorriso svanire dalle labbra dell’unica persona che ti capisce meglio di te stesso e non poter fare altro che stringerla in un abbraccio e sussurrarle qualsiasi cosa ti passi per la testa nel vano tentativo di vederla sorridere. Harry scosse il capo e, ripetendosi varie volte che tutto sarebbe andato per il meglio, iniziò a prepararsi.
Quella mattina e le ore successive le passò a Dover, aspettando il comandante sotto un sole accecante come non se ne erano mai visti in quegli ultimi giorni di primavera. Parlarono della rotta e concordarono gli orari in modo che nulla fosse lasciato al caso. Con il catering, invece, Harry ebbe il suo da fare: il cuoco era in ritardo. Dopo l’una, ossia dopo circa un’ora e mezza di attesa snervante, durante la quale non aveva fatto altro che rimanere sul pontile con Matthews e parlare di quello che aveva progettato per la serata, finalmente scorse il furgoncino del servizio di catering avvicinarsi al porto. La tensione lentamente iniziò a scemare e si rimise al lavoro. Poco prima delle ora concordata con Hermione, diede le ultime disposizioni per cenare a poppa, all’aperto, e si Materializzò, quindi, a Londra.
Riuscì a raggiungere l’appartamento di Hermione con dieci minuti di anticipo. Fu Ginny ad aprire la porta. Per quanto i loro rapporti negli ultimi tempi fossero notevolmente migliorati, c’era sempre un briciolo di imbarazzo tra loro, ma non per questo avevano smesso di essere amici. La guerra aveva creato legami che la pace aveva, però, dissolto. I primi mesi di quiete erano un ricordo appannato per Harry, si era leccato le proprie ferite e aveva cercato di farsi forza e riprendere a vivere, ma aveva anche visto scivolare via tutto l’amore che pensava di provare per lei. Col senno di poi, entrambi avevano compreso che quel sentimento che li legava non era destinato a durare nel tempo.
“Sei in anticipo.” Gli disse, lasciandolo passare. Lo squadrò e solo dopo un’attenta osservazione abbozzò un sorriso.
“Sì, lo so. Ho il presentimento che qualcosa possa andare storto.” Le confidò, stando ben attento che Hermione non fosse in corridoio.
“Beh, se mio fratello ha tenuto la bocca chiusa fino ad ora, non vedo dove stia il problema.” Ginny sorrise ancora e se ne tornò in camera sua lasciandolo solo.
Harry girovagò per la stanza cercando di calmarsi, ma le mani sudavano già. Non avrebbe dovuto preoccuparsi, ma quella serata doveva essere perfetta…
“Eccomi, sono pronta.” Hermione era sulla soglia del salotto, stava indossando un cardigan bianco sopra un vestito blu. Era stupenda.
Le si avvicinò e, intimidito dalla luce che sembrava emanare, le baciò la punta del naso invece della bocca. Risero entrambi. “Ciao!”
Hermione inarcò un sopracciglio. “Harry, te l’ho chiesto anche ieri sera: sei sicuro di stare bene? Mi sembri un po’ pallido e anche un po’ sudato, a dire il vero.”
“Certo che sto bene!” replicò cercando di essere il più convincente possibile mentre la seguiva per le scale.
Arrivarono all’auto parcheggiata in strada e da quel momento in poi tutto divenne d’improvviso confuso e veloce: l’uscita dalla città, l’autostrada e le proteste di Hermione intervallate dai suoi sorrisi che gli impedivano di concentrarsi. L’aveva bendata subito dopo essersi messo al volante. Che altro poteva fare? Avrebbe scoperto in un istante cosa aveva progettato semplicemente vedendo la direzione intrapresa. Non che pensasse lei non l’avesse ancora capito. Merlino, Hermione è pur sempre Hermione! Impiegarono almeno due ore immersi nel traffico domenicale per raggiungere Dover. Non pioveva e per l’Inghilterra quella domenica pomeriggio era una conquista! Parcheggiò di fretta e la fece scendere piano. Le loro mani si intrecciarono, mentre Hermione si attaccava al suo braccio assaporando a pieni polmoni la brezza marina. Il sole stava tramontando quando giunsero al molo. Matthews li stava aspettando già con addosso l’uniforme. Si fermarono davanti a lui e, vedendolo sorridere complice, Harry tolse la benda che copriva gli occhi di Hermione. La vide strizzare gli occhi accecati improvvisamente dalla luce sgargiante del sole che calava piano all'orizzonte, davanti al meraviglioso piccolo panfilo che avevano davanti, e non poté far altro che guardarla, cercando di imprimere nella mente ogni minima sfumatura del suo viso: dal rossore delle guance alle labbra arricciate nel tentativo di giungere a qualche conclusione.
“Che cosa…..?” esclamò rimanendo a bocca aperta. Harry assaporò ogni sensazione, ogni emozione che Hermione sembrava emanare solo con il suo corpo. La vide guardarsi in giro curiosa, all’improvviso sul suo viso apparve un sorriso radioso. Aveva ricomposto il puzzle. “Il nostro anniversario…” mormorò stupita. Era bello lasciarla senza parole, vederla così rilassata e pronta a lasciarsi andare all’avventura, pensò Harry.
“Signor Potter, Signorina Granger, siamo pronti a salpare.” Disse con tono deciso il comandante facendo cenno di seguirlo. Hermione salì con agilità e Harry si convinse che immergersi in un’avventura con lei non aveva eguali. Era come essere stati imprigionati per anni e sentirsi d’improvviso liberi d’una libertà che trascende anche il corpo e scorre come vibrazioni nell’aria sentendosi un tutt’uno con la terra.
Il tavolo non era ancora pronto, ma il profumo che si sentiva nell’aria valeva l’attesa. Una piccola scossa e il panfilo si staccò definitivamente dal molo scivolando placidamente nell’acqua del porto. Harry afferrò la mano di Hermione e si sorrisero complici. Le strofinò il dorso della mano col pollice e procedettero nella visita di quella che sarebbe stata la loro casa anche solo per una notte. Matthews si soffermò parecchio a prua, facendo ammirare loro vari punti all’orizzonte: la costa francese era vicina e stava indicando loro le varie cittadine.
Harry era sicuro di non ricordare nessun nome in particolare, nessun fatto, nulla. La sua mente era completamente presa dalle parole del discorso che per giorni aveva cercato di preparare. Non aveva pensato all’esito di tutta la sua grande macchinazione, tanto era il timore di aver accelerato troppo i tempi, di essere giunto a conclusioni affrettate, ma sentiva che il bisogno di parlare stava diventando sempre più impellente.
Dopo aver visto anche la graziosa cabina completa di salottino, si rinfrescarono e tornarono sul ponte di poppa. Il sole era ormai calato e la sua luce era stata sostituita da migliaia di candele bianche sparse un po’ ovunque. Non c’era angolo dove non ce ne fossero, dove il profumo di fiori, calle e rose in primis, non arrivasse. Harry si stupì. Non credeva che potesse andare tutto così bene.
“Devo dedurre che il corso extra non sia mai esistito…” disse Hermione sorpassandolo e ammirando ogni più piccolo bocciolo di rosa che trovava davanti a lei.
Harry istintivamente sorrise. “Non che io sappia.” Replicò.
“Avrei dovuto immaginarlo. Ron sembrava fin troppo contento di fare qualcosa il sabato mattina.” Non era arrabbiata e come poteva esserlo? Probabilmente, invece, stava pensando al reale significato della serata. Di nuovo il panico si insinuò in Harry. Sapeva che lei era quella giusta, l’unica, ma l’amore fa da sempre brutti scherzi e ti fa dubitare di ogni cosa. Non si è mai sicuri che il groviglio di emozioni in cui è imprigionato il proprio cuore sia lo stesso della persona che si ama.
“Ron si è rivelato un grande alleato.” Le spiegò Harry, mentre le spostava la sedia per farla accomodare al tavolo.
Hermione, però, rimase ferma vicino al mobile bar a fissarlo. Aveva forse fatto qualcosa che non andava? “Potrei abituarmi a tutto questo.” Disse scherzosamente, mentre con occhi luminosi si avvicinava a lui per prendere posto. Il tavolo era bianco, candido del genere che sembra sempre rifilarti un pugno in un occhio, ma al centro invece dei fiori bianchi, stava una composizione floreale rosa confetto intrecciata in una coroncina del color dell’alloro. Una tavola semplice ma elegante, gli era stato spiegato. Doveva ammettere che i ragazzi del catering sapevano il fatto loro.
“Harry…” mormorò Hermione, non appena il sommelier stappò il vino.
Cercò di capire cosa le facesse mancare il fiato e per un istante vide una minuscola lacrima insinuarsi tra le sue ciglia, subito scacciata via. “Mangiamo.” La invitò. “Ci sarà tempo dopo per parlarne.” Harry aveva la voce roca per l’emozione. Era un viaggio di sola andata, non c’era possibilità di tornare indietro, così come lo era stato il momento in cui uscendo insieme avevano vinto contro ogni pronostico i loro sentimenti che da sempre li avevano richiusi in gabbie dorate talmente vicini da sfiorarsi ma non da toccarsi. Era accaduto lo stesso la notte in cui si erano baciati sui gradini di Grimmauld Place e ancora quella volta che Hermione si era fermata a dormire.
Non seppe se fu merito del vino o meno, ma la testa dopo un po’ divenne più leggera e meno carica di preoccupazioni. Chiacchierarono tranquillamente per tutto l’antipasto, il primo e pure il secondo. Il tirocinio di Hermione procedeva bene e le tesine erano ormai pronte, gli raccontò orgogliosa dei suoi progressi. Il C.R.E.P.A. stava vivendo un periodo di splendore, disse tutta orgogliosa. “Non avrai costretto i tuoi compagni ad iscriversi?” le chiese con ironia Harry rimembrando i tempi di Hogwarts, le spillette e le quote d’iscrizione.
“Certo che no!” sbuffò Hermione, poco dopo aver finito l’aragosta. “Micheal e Ernie hanno conosciuto Winky e hanno preso a cuore la causa.” Era talmente fiera di sé per tutti gli sforzi e i passi avanti che aveva fatto, che Harry si incantò a guardarla. Gesticolava mentre parlava e un po’ spazientita continuava a spostare una ciocca ribelle dal viso.
Harry rise. “D’accordo, ti credo!” alzò le mani in segno di resa. “Mi stupisco solo di quanto sia collaborativa Winky…” Hermione gli rivolse un’occhiata eloquente. Dobby. Non c’era altro da dire, anche perché faceva ancora fatica a parlarne. Il senso di colpa persisteva. Si riscossero entrambi al dolce, forse perché la torta era squisita o forse perché il tempo impazzito scorreva rapido avvolgendosi intorno a tutto quello che stava per essere detto. Ripresero a parlare dell’Accademia per qualche minuto, ma l’imbarazzo li intrappolò in un leggero silenzio carico di aspettative per tutto il tempo che rimasero seduti.
La serata, però, era stupenda. Si trovavano in mezzo alla Manica: dietro di loro le luci dell’Inghilterra segnavano la via di casa, davanti le luci della Francia li accompagnavano nella loro avventura. Il panfilo fendeva l’acqua scura quasi con leggiadria. Era stranamente tutto calmo, quasi pure il mare presagisse il momento del grande discorso di Harry.
Si alzò dal tavolo e prese delicatamente la mano di Hermione non appena la musica si diffuse nell’aria, invadendola prima con timore con poche note, poi sempre più forte. Sarebbe stato il momento perfetto per ballare, magari stringendola a sé, sentire il suo cuore battere forte contro il petto e il suo respiro delicato sul collo, ma Harry non era un buon ballerino, a dire il vero era piuttosto mediocre. Perciò, decise che il grande momento fosse finalmente giunto e la fece accomodare sul divanetto laterale, afferrò un plaid e, avvolgendolo intorno alle loro spalle, le si sedette accanto. Si strinsero ancora più vicini e Harry toccò con mano la tasca destra per essere sicuro che la piccola scatolina fosse ancora al suo posto.
“Hermione…” iniziò timoroso.
“Parla, Harry, e non smettere per nessun motivo…Potrei cruciarti per tutta l’ansia che mi stai facendo provare!” Gli disse posando la testa sulla sua spalla.
Respirò il profumo del suoi capelli e prese il piccolo cofanetto quadrato in mano. Fece un respiro profondo, pronto a dar fiato allo sciame di pensieri che affollavano la sua mente. “Hermione, ci conosciamo da anni… Da quando ti ho incontrata sull’Espresso per Hogwarts, ho sempre pensato di aver trovato una persona speciale e mi sento molto fortunato che tu abbia deciso di starmi vicino per tutto questo tempo. Abbiamo affrontato insieme momenti brutti, altri belli, altri ancora meravigliosi e nulla avrebbe avuto lo stesso sapore se non ci fossi stata tu accanto a me.” Harry prese fiato, quelle parole erano importanti, dirle costava fatica e molto coraggio. “Ho scoperto di amarti e non credo di aver mai provato nulla di simile, stare con te è come stare qui su questo piccolo panfilo di notte in mezzo alla Manica: è un’avventura. Ed ora vorrei che la portassimo avanti, magari scrivendo un nuovo capitolo.” Le aprì la scatolina tra le mani e la lasciò contemplare il contenuto. “Perciò, vorrei chiederti…”
Hermione si alzò di scatto, impedendogli di finire la frase e lo abbracciò. “Oh, Harry, sì, mille volte sì!” lo baciò con passione, lasciandolo senza fiato. “Certo, che voglio venire a stare da te!”
Si sentì d’improvviso su una nuvola. “Non è prematuro?”
Hermione lo fissò stupita. “No di certo! Speravo me lo chiedessi mesi fa!” lo apostrofò lasciandolo impietrito.
Ad un tratto, però, tutta l’agitazione svanì. “Pensavo di correre troppo, non volevo metterti in difficoltà.” Le sorrise amabilmente rincuorato dal successo della serata.
“Harry, non succederà.” lo rassicurò. Hermione prese la chiave di Grimmauld Place tra le mani e la guardò orgogliosa. Si tuffò nuovamente tra le sue braccia per scaldarsi. A quel punto, le passò un calice di champagne per festeggiare e contemplarono immersi in quel caldo abbraccio lo splendido panorama che li circondava. D’improvviso la sentì sospirare. “Ed io che temevo mi chiedessi di sposarti…”
Harry per poco non si soffocò. “Cosa ti ha fatto pensare ad una cosa simile?! Lo sai che avrei fatto le cose in grande stile…” Hermione rise e, ripensando a tutti gli sforzi fatti, lo fece pure lui. La proposta di matrimonio gliel’avrebbe fatta a Natale, pensò mentre le mani di Hermione iniziavano a sbottonargli la camicia.

In esclusiva per voi mi sono cimentata col fluff e credo pure di aver esagerato!
Come avrete notato, questa storia potrebbe quasi essere considerata un prequel di “Insieme”, infatti credo di averle scritte più o meno contemporaneamente, anche se lo stile è completamente diverso.
Il titolo richiama la canzone di Mat Kearney “Ships in the Night”, dal momento che da lì è partita l'idea.
Che altro? Ah, già, ancora tantissimi auguri ad entrambe!


   
 
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