Anime & Manga > BeyBlade
Ricorda la storia  |       
Autore: Lenn chan    30/12/2006    6 recensioni
Quando un equivoco può portare a far vacillare un solido equilibrio…perché forse, molti problemi dipendono solo dall’insicurezza…
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Takao Kinomiya
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao

Ciao!!!!^^ E’ un’eternità che non mi faccio sentire…e quindi eccomi qui con una nuova storia! (il nuovo cap di quell’altra è ancora in lavorazione!) E’ un po’ che avevo l’idea in mente ed ora l’ ho messa per iscritto!!

Allora, c’è da dire che sarà un fic breve, di solo un paio di cap! All’inizio volevo fare una one-shot ma poi mi sono accorta che veniva troppo lunga e ho preferito dividerla in due! Come dice il titolo questa è…una storia come tante! Insomma, non è niente di originale, ma mi piaceva l’idea di vedere la mia coppietta preferita in una situazione più o meno normale! Spero vi piaccia! Buona lettura!!^^

 

 

Il sole si sollevava lentamente all’orizzonte, mentre i suoi primi raggi andavano a rischiarare il buio della notte appena trascorsa. Le stelle cominciavano a spegnersi una dopo l’altra annunciando la nascita imminente di una nuova giornata, e con essa il ridestarsi dell’intera città.

Il suono monotono di una sveglia ruppe il silenzio di un appartamento al quarto piano che si affacciava su una delle vie del centro di Tokyo.

Kai, senza nemmeno aprire gli occhi, allungò un braccio verso il comodino accanto al suo letto, cercando la radiosveglia a tentoni con gesto meccanico, come faceva ormai ogni mattina, e zittendola non appena trovò il pulsante giusto. Sospirò, finalmente quel fastidioso trillo era cessato. Si costrinse ad aprire gli occhi e spostò lo sguardo sul display digitale dell’orologio: segnava le sette precise.

Si sollevò su un gomito facendo vagare le sue iridi ametista attraverso tutta la stanza, finché non si soffermò sulla finestra. Il cielo non sembrava promettere nulla di buono, il sole infatti, nonostante cercasse di mettercela tutta per brillare indisturbato, stava per essere minacciato da nuvole grigie di pioggia. D’altra parte era dicembre inoltrato.

Si voltò verso la persona che riposava al suo fianco e che pareva essere stata del tutto indifferente al suono spacca timpani della sveglia. La guardò mentre dormiva beatamente, a pancia in sotto, con il viso rivolto nella direzione opposta alla sua, e nel silenzio ascoltò il ritmo regolare dei suoi respiri. Vide che con un braccio stringeva forte a sé il cuscino, così come un bambino di cinque anni poteva stringere il suo orsacchiotto di peluche; la sua testa invece era poggiata direttamente sul materasso.

Kai si avvicinò a lei, spostandole i capelli castani dalla nuca e poggiando dolcemente le labbra sul suo collo. Sorrise appena quando la sentì muoversi e mugugnare qualcosa di incomprensibile.

-Buongiorno…- biascicò Hilary, con la voce ancora impastata di sonno, mentre apriva lentamente gli occhi e incrociava quelli del russo.

-Buongiorno- le rispose lui, a sua volta. –Possibile che la sveglia su di te non sortisca alcun effetto? Eppure un tempo eri tu quella che veniva a buttarci fuori dal letto, precipitandosi all’alba a casa di Takao- continuò.

-Un tempo non avevo un marito che sentiva la sveglia al mio posto- ribatté levandosi a sedere e sbadigliando sonoramente. Si passò una mano tra i capelli, lasciandoli poi ricadere arruffati e ribelli sulla fronte. Teneva gli occhi ancora semichiusi, come facesse fatica ad aprirli del tutto; a quanto pareva gli ultimi strascichi di sonno non l’avevano ancora abbandonata.

Kai si incantò a fissarla, non riuscendo a non pensare quanto fosse bella appena svegliata. Aveva le gote leggermente arrossate, e indossava un pigiama di pile azzurrino, con un papero con la sciarpa disegnato sul davanti, che faceva un buffo contrasto con il suo viso. Sorrise: sembrava una bambina.

Le afferrò un braccio, tirandola a sé dolcemente, lasciandosi ricadere sul letto, con lei sopra. Le accarezzò una guancia e senza attendere oltre la baciò. Sentì lei ricambiarlo e, rendendo il bacio più profondo e passionale, ribaltò in un attimo le posizioni. Poi si separò da Hilary, guardandola in silenzio, vedendola rivolgergli un sorriso. Amava i suoi sorrisi, lo facevano sentire incredibilmente vivo.

La baciò sul collo, facendola rabbrividire di piacere al contatto delle sue labbra e dei suoi caldi respiri sulla pelle di lei. Lo squillo del telefono però li interruppe, rimbombando ed echeggiando nel silenzio assorto della camera.

-Il telefono- disse la ragazza, separandosi da Kai.

-Lascialo suonare- mormorò sulla sua bocca, riavvicinandosi di nuovo a sua moglie. La baciò dolcemente mentre sentiva le braccia della brunetta cingergli il collo. Giocò con le sua labbra, perdendosi nuovamente nella passione di quel bacio, inebriandosi del profumo che emanava la pelle della mora.

-Potrebbe essere importante- ribadì Hilary, staccandosi a fatica dal marito. Il telefono infatti, continuava a squillare incessante.

Il russo si allontanò di malavoglia, lasciandosi stancamente andare sul materasso e sbuffando contrariato. Chi diavolo era che chiamava a quell’ora? Sospirò e scese dal letto, dirigendosi in bagno.

Hilary intanto rispose al telefono, scoprendo che dall’altra parte del filo c’era la voce di Takao. Si stupì di saperlo sveglio a quell’ora, lui che fin da ragazzino se poteva se ne stava a letto fino a mezzogiorno.

-Buongiorno, Hilary! Come va la giornata?- domandò.

-Ehm…bene, calcolando che per me non è ancora iniziata, visto che sono ancora a letto- gli rispose, poggiandosi con la schiena allo schienale del letto.

-Dormivate ancora tu e Kai? So che solitamente vi alzate presto la mattina- le disse, in tono quasi di scusa.

-Infatti…ci eravamo appena svegliati- lo rassicurò.

-Bene! Allora, venite a cena da me venerdì sera?-

La ragazza sorrise, comprendendo il motivo per cui l’amico si fosse svegliato così presto e soprattutto il perché le sembrava così entusiasta. Il venerdì successivo sarebbe stata la vigilia di Natale. Takao diventava ancora più allegro del solito quando si avvicinava il Natale, come un bambino impaziente di trovare i regali sotto l’albero.

-Ci saranno anche tutti gli altri, non potete mancare!- sembrò quasi implorarla.

-Non preoccuparti, Takao. Certo che veniamo!- gli rispose la brunetta, a cui si era trasmesso un po’ dell’entusiasmo del giapponese.

-Perfetto! Allora vi aspetto per le sette e mezza. Puntuali!-

“Lui che viene a dire a me di essere puntuale. Questa si che è bella!” pensò Hilary mentre abbassava il ricevitore.

La sua attenzione fu poi richiamata da qualcosa di bianco, simile ad una piccola palla di pelo, che si strusciava allo stipite della porta della stanza.

-Shine! Sei sveglia anche tu? Vieni qui, bella!- la chiamò la ragazza. La gattina osservò per qualche istante la sua padrona, immobile, poi miagolò e in un attimo si ritrovò sopra al letto con un salto. Si lasciò accarezzare senza troppi complimenti, stendendosi sul materasso a pancia in sopra. La brunetta prese a grattarle il ventre e Shine iniziò a fare le fusa. Era una gatta molto bella, aveva appena un anno, Hilary e Kai infatti l’avevano presa qualche mese dopo essersi sposati. Era agile e scattante, aveva un pelo liscio e morbido del colore del latte, e due grandi occhi azzurri. Solo la punta dell’orecchio destro aveva una piccola macchia nera. Per il resto era neve candida.

-Chi era al telefono?-

La giovane sollevò lo sguardo su suo marito, appena uscito dal bagno. –Era Takao- gli rispose continuando a giocare con la gattina, sorridendo all’espressione scettica che era comparsa sul volto del ragazzo.

-Voleva sapere se venerdì sera andiamo a cena da lui. Io gli ho detto che ci saremo…vero?-

Kai si passò l’asciugamano, che teneva poggiato intorno al collo, sulla testa, asciugandosi i capelli e mugugnando qualcosa che assomigliava molto ad un:-Se proprio ci tieni…-

-Dai, tanto lo so che fa piacere anche a te!- ribatté lei, mettendosi seduta sul letto a gambe incrociate.

Il russo finì di vestirsi, stando attento a non acciaccare Shine che nel frattempo era scesa dal letto andandosi a strusciare contro le gambe del suo padrone.

La camicia portata fuori dai pantaloni con sopra una giaccia lasciata sbottonata, e la cravatta, gli davano un'aria formale ma non troppo inquadrata. Hilary pensò che stesse incredibilmente bene vestito così. Le piaceva da morire anche quando, ancora adolescente, portava quegli strani vestiti e quell'inseparabile sciarpa, ma doveva ammettere che quel rigorismo nel vestire cui lo costringeva il suo lavoro, risaltava al massimo il suo fascino, ormai adulto.

-Non vai in facoltà?-

La domanda di Kai fece tornare la ragazza con i piedi per terra. Sulle sua guance comparve un lieve rossore; era rimasta incantata a fissarlo come le capitava quando ancora non stavano insieme! Scosse la testa, dandosi mentalmente della stupida. Non era più una ragazzina ormai. Però non riuscì a non pensare a quanto lui fosse maledettamente bello.

-Ho solo una lezione più tardi- gli rispose, lanciando una rapida occhiata all’orologio. Erano appena le sette e mezza e il suo corso iniziava alle undici. Con la macchina impiegava circa mezz’ora a raggiungere l’università, aveva ancora tutto il tempo che voleva a disposizione.

Si alzò dal letto e corse verso suo marito, gettandosi tra le sue braccia e poggiando la testa sul suo petto.

-Cosa c’è?- le chiese lui, sorpreso da quella improvvisa reazione.

-Non andare al lavoro. Resta un po’ qui con me- gli disse. Il ragazzo sospirò prima di risponderle:-Sai che non posso. Devo andare-

-Ma io ti amo!- protestò la brunetta.

-Anche io- Kai le poggiò le mani sulle spalle, avvicinandosi al suo viso. –Ma questo non toglie che io debba andare comunque al lavoro-

La ragazza incrociò le braccia al petto e mise il broncio. –E va bene- si rassegnò infine.

Il russo la guardò per qualche istante. Quell’espressione crucciata sul suo viso lo faceva impazzire. Avrebbe voluto attirarla a sé e baciarla fino allo sfinimento, ma sapeva che se lo avesse fatto avrebbe rischiato di non uscire più di casa. Perciò cercò di darsi un contegno. Salutò la moglie con un semplice bacio sulla fronte e poi si avviò verso la porta d’ingresso dell’appartamento.

 

Poco più di un’ora dopo Kai, nel suo ufficio, si chiese perché non avesse accettato la richiesta di sua moglie di restarsene a casa. Con la schiena poggiata alla poltrona e le braccia incrociate al petto osservava la coppia, che aveva preso posto davanti alla sua scrivania, litigare furiosamente. Era una tra le tante coppie che erano venute da lui per chiedere il divorzio. O per meglio dire, il marito voleva il divorzio, ma la moglie non sembrava essere della stessa opinione. Lui l’accusava di aver avuto una relazione con un altro nel periodo in cui si era dovuto recare all’estero per tre mesi per cause di lavoro. Lei continuava a negare, nonostante l’evidenza dei fatti desse ragione al marito.

-Sei incinta di tre mesi, per la miseria! E visto che io sono rientrato a Tokyo solo da due, è chiaro che questo bambino non può essere mio!-

-Ti ho già detto che io non sono stata con nessun altro! Quante volte devo ripetertelo?- protestò la moglie.

-Certo! Allora sei rimasta incinta per opera dello Spirito Santo! Ma fammi il favore!- l’uomo si alzò dalla sedia, cominciando a passeggiare nervosamente per la stanza.

-Il medico si sarà sbagliato a dire che sono incinta di tre mesi!- ribatté la moglie, seguendo l’altro con lo sguardo.

-Il medico si sarà sbagliato?!- ripeté lui, voltandosi di scatto. –Il medico si sarà sbagliato?! No, ma dico, l’ha sentita?- fece, rivolgendosi questa volta a Kai, mal celando una risata di scherno nei confronti della compagna.

Il russo si limitò ad alzare un sopracciglio, mantenendo un’espressione apatica che forse avrebbe potuto far intendere che avrebbe preferito trovarsi da un’altra parte in quel momento.

-Siamo stati da due medici! Due!- continuò l’uomo, lasciando perdere l’opinione del suo avvocato, tornando a sedersi.

-E tutte e due hanno detto la stessa cosa. Ora voglio vedere se hai davvero il coraggio di dire che erano entrambi degli incompetenti!- disse in chiaro tono provocatorio, lanciando alla moglie uno sguardo che di certo non si sarebbe potuto definire amorevole.

Kai poggiò la testa su una mano domandansi, per l’ennesima volta, perché avesse scelto di fare giurisprudenza. Certo, aveva avuto subito successo come avvocato, aveva aperto uno studio pochi mesi dopo aver conseguito la laurea, ottenuta in tempi relativamente brevi, ma spesso faticava a trattare con le persone, nonostante cercasse di essere il più professionale possibile. Non che fosse mai stato bravo nelle relazioni sociali.

Guardò la coppia che continuava a litigare, incurante della sua presenza. Non gli era mai piaciuto occuparsi di divorzi, anche perché l’ottanta per cento delle volte uno dei due coniugi non era d’accordo. E a quel punto poteva succedere di tutto: litigate furiose, pianti disperati, silenzi esasperanti. C’era tutto quello che serviva per mettere in scena uno di quegli sceneggiati strappalacrime costruiti su tradimenti e incomprensioni.

Tirò un sospiro di sollievo quando il suo cliente e la moglie uscirono dal suo ufficio. L’uomo gli aveva detto di fargli recapitare direttamente a casa i documenti per il divorzio e che per allora avrebbe sicuramente convinto anche la compagna a firmare, e a quel punto avrebbe concluso l’atto alla presenza di un notaio. Kai sperò che fosse davvero così, l’idea di trovarseli nuovamente davanti a litigare non lo attirava per niente.

Gettò una rapida occhiata all’orologio, aveva ancora mezz’ora prima del prossimo appuntamento. Si alzò da dietro la scrivania e prese la sua giacca dall’attaccapanni. La infilò aprendo la porta per richiudersela alle spalle una volta uscito dal suo studio. Aveva bisogno di un caffè.

 

-Accidenti! Se lo avessi saputo non avrei perso tempo per venire fin qui!- imprecò Hilary mentre ingranava la retromarcia. Si voltò per controllare la strada dietro di lei e quando vide che era tutto tranquillo uscì dal posteggio. Mezz’ora di macchina da casa sua all’università per scoprire che il professore del corso di psicologia infantile, che avrebbe dovuto seguire quel giorno, era dovuto assentarsi per motivi di salute e nessuno aveva potuto sostituirlo. Così la lezione era stata rimandata. E ora cosa avrebbe fatto? Non le andava di tornare a casa, anche perché sarebbe stata da sola, visto che Kai lavorava fino al pomeriggio…

“Beh, però potrei pranzare con lui!” pensò sorridendo. Capitava raramente che pranzassero insieme durante la settimana, tra lavoro e università erano entrambi quasi sempre impegnati.

Si fermò al semaforo rosso. L’ufficio del ragazzo non era molto distante e lo avrebbe raggiunto in pochi minuti, quindi dato che non erano nemmeno le undici e mezza decise di approfittare del tempo che la separava dall’ora di pranzo per comprare gli ultimi regali di Natale. Appena scattò il verde imboccò la strada per il centro commerciale.

Ne uscì fuori circa un’ora più tardi piena di pacchi e pacchettini, cha caricò nel portabagagli dell’auto. Come al solito si era lasciata trasportare dall’entusiasmo dello shopping. Fortuna che poteva permetterselo. Certo, lei andava ancora all’università, ma proveniva da una famiglia piuttosto benestante, senza contare che Kai, oltre a lavorare come avvocato, aveva una grande eredità sulle spalle. A volte lo prendeva in giro dicendogli che lo aveva sposato solo per soldi. Ma lui non se la prendeva mai, o almeno così sembrava. Comunque non lasciava trasparire il fatto che “provocazioni” del genere lo toccassero.

Hilary arrivò davanti all’ufficio del russo pochi minuti più tardi. Parcheggiò la macchina ed entrò nel portone del palazzo, sperando che Kai non fosse già uscito per il pranzo. Non lo aveva avvertito, voleva fargli una sorpresa. Salì al primo piano dell’edificio e suonò alla porta accanto alla quale era infissa una targa con su scritto: “Avvocato Kai Hiwatari”, di fianco ad altre due con il nome di un procuratore e di un magistrato, che occupavano le altre stanze dell’appartamento.

L’ultima volta che era stata lì era stata ricevuta dalla segretaria, una signora prossima alla pensione, ma che si era dimostrata molto gentile con lei. Hilary si aspettava di trovare di nuovo l’anziana donna dietro alla scrivania della sala d’aspetto, ma si sbagliò di grosso. Quella che si trovò di fronte fu un’affascinante donna bionda sulla trentina. Evidentemente l’anziana signora era molto più prossima alla pensione di quanto sembrasse.

La brunetta la studiò per qualche istante. Aveva un fisico che pareva essere stato modellato col centimetro, e non mancava di mostrarlo, a giudicare dal modo in cui era vestita; un seno dalla curve mozzafiato infatti, sembrava lottare per non esplodere fuori dalla maglietta aderente, lasciata intravedere dalla generosa scollatura della giacca.

La segretaria accavallò le gambe, ed Hilary poté notare che indossava una mini gonna che se fosse stata di qualche centimetro più corta si sarebbe potuta scambiare per una cinta.

"Se va in giro nuda attira di meno l'attenzione..." pensò la brunetta.

-Ha un appuntamento?- le domandò la donna cercando di assumere un’aria professionale.

-Sono venuta per Kai, ma non sono una sua cliente-

-Ah, ho capito! Sei una delle tante fan di Kai! Mi dispiace deluderti ragazzina, ma questo non è il luogo adatto per chiedergli un autografo!- si passò una mano tra i capelli con gesto da star di Hollywood, ridendo in un modo che Hilary paragonò al verso di un’oca a cui le stavano torcendo il collo.

-Non sono una ragazzina…ho ventitre anni! E di certo non ho bisogno di un appuntamento per poter parlare con mio marito!- ribatté la giovane, irritata.

-Oh, ma allora tu devi essere Hilary! Ho sentito molto parlare di te…io sono Tamara Johnson. Ero curiosa di conoscerti, sai?-

Tamara si alzò dalla scrivania, avvicinandosi alla brunetta. La guardò aggrottando la fronte e inclinando appena la testa da un lato, studiandola come fosse uno strano quadro futurista. Vide che indossava una gonna lunga fino a metà polpaccio, un paio di stivaletti marroni senza tacco, che le arrivavano fino a poco sopra la caviglia, e un maglione colorato, non troppo stretto. Portava i capelli sciolti, lunghi fino alle spalle, scalati in modo che le incorniciavano perfettamente il viso.

La donna pensò che quella fosse il tipo di ragazza che probabilmente gli uomini avrebbero giudicato “carina”. Anzi, sicuramente. Ma dubitava che avrebbero potuto trovarla sexy o attraente, almeno non quanto trovavano sexy e attraente lei.

Uno strano sorriso si delineò sulle sue labbra, un sorriso che sembrava essere carico di ambigua soddisfazione, come di qualcuno che aveva appena raggiunto lo scopo che si era prefissato.

-Aspettami qui, vado a vedere se Kai ha tempo per te, tesoro- disse, mentre spariva sculettando verso l’ufficio del russo.

-Vado a vedere se Kai ha tempo per te, tesoro- ripeté Hilary, facendole il verso. Ma chi si credeva di essere quella? Si sedette sbuffando su una delle poltrone della stanza. Quanto non sopportava le donne come lei. Si lasciò andare sullo schienale della sedia prendendo a fissare un punto indefinito della moquette del pavimento. Restò imbambolata fino a quando un suono di campane non la riscosse da quel suo stato di trance. I rintocchi dovevano provenire dalla Chiesa della zona, situata nelle vicinanze.

Guardò l’orologio, era l’una, ciò significava che erano più di cinque minuti che “quella” era entrata nell’ufficio di Kai, quanto ci metteva a dirgli che fuori c’era sua moglie che lo aspettava?

Si alzò, avviandosi verso la stanza del russo. Spinse la porta leggermente socchiusa e decise di entrare, non le andava di aspettare oltre. E poi se Kai fosse stato impegnato con un dei suoi clienti avrebbe mandato via anche la segretaria che invece non era ancora uscita…anzi, forse fu proprio questo a spingere Hilary a varcare la soglia di quella porta.

Ciò che vide però la lasciò un po’ sconcertata e impalata sull’uscio. Tamara era piegata sulla scrivania di Kai, gli avambracci poggiati sul tavolo e per un motivo che la brunetta giudicò ignoto si era tolta la giacca. Neanche a dire che facesse caldo. Era dicembre e la temperatura fuori andava sotto lo zero. Senza contare che la maglietta che indossava era talmente fina ed aderente che poteva essere considerata come una seconda pelle. E sicuramente chiunque fosse stato dall’altra parte della scrivania, attraverso quella scollatura, avrebbe avuto una panoramica complessiva del “paesaggio”.

Il ragazzo comunque non sembrava averci fatto molto caso, era impegnato a scrivere su dei documenti e non degnava di uno sguardo la sua segretaria.

-Oh, tesoro!- fece Tamara con la sua voce stridula appena si accorse della presenza della giovane. –Stavo per venire a chiamarti. Ho detto a Kai che lo stavi aspettando!-

“E c’era bisogno di togliersi la giacca per farlo?” pensò la giapponese mentre la donna le passò accanto, uscendo dall’ufficio.

-Come mai non sei in facoltà?- le chiese il marito, senza staccare gli occhi dalle carte di cui si stava occupando.

-Il professore che doveva tenere il corso è dovuto assentarsi e non c’era nessuno che potesse sostituirlo- gli spiegò in breve.

-Speravo di poter pranzare con te…sempre se non sei troppo impegnato. Possiamo prendere la mia macchina- continuò. Il russo ripose i fogli nel cassetto della sua scrivania, poi sollevò lo sguardo sulla brunetta. 

-Andiamo- le disse alzandosi. -Ma a piedi, qui vicino c’è un ristorante. La settimana scorsa ci sono stato per un pranzo di lavoro-

-Ah, quindi porti a pranzo tua moglie dove sei già stato con i tuoi colleghi? Tu si che sai essere romantico, Kai!- scherzò lei.

-Si mangia bene- ribatté.

-Ah beh, allora…va bene!- gli sorrise.

-E poi lo sai che non sono un tipo romantico-

-Si…lo so- sospirò appoggiandosi al suo braccio. Uscendo il ragazzo lasciò detto alla segretaria di lasciargli i messaggi direttamente sulla scrivania del suo ufficio, se mai qualcuno avesse chiamato per lui.

-Come vuoi, Kai- disse, allontanandosi un poco con la sedia dal tavolo, per poi accavallare le gambe con la chiara intenzione di metterle in bella mostra.

-Ci penso io, tu vai pure tranquillo…mi ha fatto davvero piacere conoscerti, Hilary- fece poi, rivolgendosi a quest’ultima. La brunetta si sforzò di sorridere pensando intanto quanto fosse ipocrita e sfacciata la donna che aveva di fronte.

 

-Allora, si può sapere cos’ hai?- Kai si fermò, voltandosi verso Hilary.

-Niente…- gli rispose la ragazza.

Il russo continuò a fissarla in silenzio, non credendo alla sua risposta. Sapeva che c’era qualcosa che le dava pensiero, glielo leggeva in faccia. Inoltre era rimasta zitta per quasi tutto il pranzo, e questo non era da lei.

La brunetta abbassò gli occhi, non sopportando oltre il peso dello sguardo indagatore del marito. La verità era che non riusciva a levarsi dalla testa la segretaria di Kai, quella Tamara. Non sopportava il modo in cui si comportava. Non le piaceva per niente.

-Perché non mi hai detto che in ufficio hai una nuova segretaria?- gli chiese.

-Non credevo ti potesse interessare- rispose lui, semplicemente.

“Non mi interesserebbe se fosse una cozza” pensò. Bionda, occhi scuri da gatta seducente, fisico statuario, femminilità e fascino. Lei al confronto non era niente.

Tornò ad affiancare il russo, lanciandogli delle rapide occhiate di tanto in tanto. Avrebbe tanto voluto chiedergli se trovava quella donna attraente, magari più di lei. Ma non aveva il coraggio di domandarglielo. Era ovvio che trovasse bella quella donna, qualsiasi uomo sano di mente l’avrebbe giudicata tale.

In fondo era normale. Lei stessa trovava belli anche altri uomini, infatti quando uscivano nuovi film con protagonisti i suoi attori preferiti, costringeva Kai a portarla al cinema a vederli. Ma un conto era rimanere affascinati dalla bellezza di qualcuno che sapevi di non poter mai incontrare, e un conto era avere quel qualcuno davanti agli occhi, dal vivo; e magari pronto a saltarti addosso mezzo svestito.

Improvvisamente le tornò in mente la scena di poco più di un’ora prima, quando Tamara si era piegata sulla scrivania di Kai con chiara aria provocatoria.

-Ma certo che mi interessa!- sbottò ad un tratto. –Penso che sia pieno diritto di una donna sapere se un’altra ci provi spudoratamente con suo marito!-

Il ragazzo si fermò, voltandosi nuovamente verso Hilary. –Si può sapere che stai dicendo?- le domandò, non capendo dove l’altra volesse arrivare.

-Sto dicendo che la tua segretaria ci sta provando con te, Kai!-

-La Johnson? Ma per favore!- ribatté, sopprimendo a stento una risata di scherno. 

-Oh, andiamo Kai! Ma se oggi quando è entrata nel tuo ufficio, ti ha praticamente sbattuto in faccia tutto quel davanzale che si ritrova sul davanti!- protestò Hilary.

-Non ti pare di esagerare?-

-No, affatto! Quella vuole che le salti addosso! E’ così evidente!-

-L’hai vista solo per cinque minuti…come fai ad esserne sicura?-

-Sono una donna, certe cose le so- gli rispose, incrociando le braccia al petto. Sapeva di potersi fidare di Kai, ma non si fidava per niente di quella Tamara. E sapeva anche che le donne come lei, quelle che credevano di poter avere tutto, spesso alla fine, quel tutto lo ottenevano; senza preoccuparsi del “come”.

Il russo guardò la ragazza, ripensando a quanto gli aveva appena detto. A dire la verità non aveva mai prestato troppa attenzione a quello che faceva la sua segretaria. Certo, doveva ammettere che era una bella donna, ma nient’altro. Ed era anche sicuro che la brunetta stesse esagerando, anche se dalla sua espressione sembrava seriamente convinta del contrario.

Le si avvicinò, posandole le mani sui fianchi.

-Anche se fosse vero…- esordì abbozzando un sorriso -C’è solo una persona a cui io voglio saltare addosso…aspetta solo che torni a casa e…- fece in tono malizioso, prendendo a baciarle il collo.

Hilary chiuse gli occhi rabbrividendo a quel contatto. Sorrise mentre si stava per lasciare andare tra le braccia di suo marito, dimenticandosi per un attimo quello che stava dicendo.

-No!- esclamò dopo qualche secondo, allontanando il ragazzo da lei. –Guarda che dico sul serio!-

Kai alzò gli occhi al cielo. -Cosa vuoi che ti dica? Che tu sei l’unica al mondo che voglio, che nemmeno nei miei sogni ho pensato di andare con un’altra, e che morirei piuttosto che passare un solo secondo con una donna che non sia tu?-

-Beh…sarebbe carino…ma so che non lo faresti mai- sarebbe stato troppo romantico per il grande Kai.

Il russo le prese la mano sinistra, passando le dita sopra la fede che portava all’anulare.

-Sull’altare ho promesso che ti avrei amato per tutta la vita. Non lo avrei mai fatto se non ne fossi stato certo…e non intendo rompere quella promessa-

Hilary gli sorrise dolcemente, incrociando i suoi occhi. Occhi in cui amava perdersi, occhi che ricercava come prima cosa la mattina appena si svegliava, e come ultima la sera prima di addormentarsi. Come poteva resistergli?

Intrecciò la mano con quella del ragazzo e camminarono in silenzio fino sotto l’ufficio.

 

TO BE CONTINUED…

 

 

E qui termina il primo cap!! Del secondo ne ho scritto già la metà quindi non tarderò a pubblicare!! Conto di postarlo in una, due settimane al massimo!!^^ Intanto fatemi sapere se questo vi è piaciuto! Ovviamente è solo l’inizio, il vivo della storia arriva con il prossimo e ultimo capitolo!!

A presto e buone feste!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

  
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > BeyBlade / Vai alla pagina dell'autore: Lenn chan