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Autore: WestboundSign_    12/06/2012    3 recensioni
Il titolo di questa storia rimanda ai Blink-182, perché l'ispirazione per questa storia mi è arrivata proprio ascoltando quella canzone.
Beh, che dire. E' un misto tra finzione e realtà, il tutto basato su un'esperienza personale.
Parla della storia di tre ragazzi, la loro silenziosa esistenza, circondata da figure passeggere, le loro anime che vorrebbero urlare, ma non possono, rinchiuse in una drammatica gabbia.
Avvertenze: sarò cattiva con loro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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E dopo la tempesta la calma, sempre.
È un processo naturale, qualcosa di già scritto.
Un destino segnato.
Ma il destino non esiste.
 
Era giugno. Un normale, insulso giugno.
Normale mica tanto, però. Pioveva.
Piogge torrenziali, tempeste, uragani avevano rotto il cielo, abbandonando la città ad una coltre scura e grigia di nuvole pesanti.
E se il centro della città era stato ricomposto, la periferia era ancora piena di segni lasciati dalle piogge: foglie, rami, disordine totale.
Acqua per terra, enormi, sporche pozze d’acqua.
Alcune case erano state colpite pesantemente dalla forza devastatrice dell’uragano e giacevano tristi, silenziose, scrostate e rovinate, quasi in attesa di qualcosa o qualcuno disposto a salvarle.
I loro proprietari, all’interno, si intravedevano dalle finestre rotte, come anime in pena.
Niente soldi, niente aiuti.
 
Una ragazza era alla finestra da troppo tempo.
Fissava l’orizzonte, anche se forse non si poteva più considerare come tale.
Era tutto appannato da un alone di vapore bianco, che circondava il viso della giovane donna.
Lentamente la notte calò sulla città, lasciandola al buio.
Era in corso un blackout generale che i tecnici della centrale non erano riusciti a interrompere.
I lampioni andavano a scatti, consumando le loro energie di riserva.
Le strade erano deserte, mentre le ore passavano e il freddo si faceva più pungente.
La ragazza era sempre lì, all’interno di quel davanzale, nell’identica posizione di qualche ora prima.
Questa volta, però, aveva un paio di cuffie in testa e stringeva fra le dita deboli un lettore mp3.
Non avrebbe potuto stare così ancora per molto, il suo corpo non avrebbe resistito.
Lentamente, alzò un dito verso il vapore, verso il bianco che le contornava il viso.
Lo appoggiò al vetro freddo facendolo scivolare.
Un rumore stridulo e spiacevole si levò nell’aria, a interrompere il silenzio che durava da troppo tempo.
Girò attorno alle lettere un’ultima volta, per poi appoggiare le cuffie sul legno dov’era seduta e andarsene.
“Where are you? And I’m so sorryI cannot sleep I cannot dream tonight”
 
Dall’altra parte della città la corrente elettrica era tornata e tutto, in un modo o nell’altro, era tornato a funzionare.
Era sabato sera, era giugno, la giovane popolazione si riversava nell’unica discoteca aperta.
“BLIND”
Una ragazza dai capelli neri, sulla ventina, stava indugiando sulla porta.
-Ehy tu!- il buttafuori richiamò la sua attenzione, facendola voltare –Entri o no?-
La ragazza fissò le luci e la gente all’interno.
Guardò per un attimo l’omaccione e poi mise un piede dentro, tuffandosi fra centinaia di persone danzanti più o meno ubriache.
   
 
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