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Autore: xJimmy182    13/06/2012    0 recensioni
YO MINNA, eccomi con una nuova fic, e come al solito in collaborazione con TheToonlink97.
E' una fic scritta dal suo punto di vista, con il mio personaggio come protagonista. (sì, il mio vero nome è Angelo)
BUONA LETTURA!
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Caterina Sforza , Ezio Auditore, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo afferrai per il bavero della divisa e, inarcata la mano destra, lo colpì sulla guancia con uno schiaffo.
Poi rimasi a fissarlo, aspettandomi una qualche reazione.
Pensai che mi avrebbe ucciso, conoscendolo. Ma mi fissò ed abbassò lo sguardo.
-Posso sapere- chiesi trattenendomi a stento -che cosa pensavi di fare, in quella chiesa?-
-Ottenere quella cosa che il nostro credo proibisce- rispose, voltandosi.
Lo feci voltare con un gesto brusco, gli tolsi dalla mano il guanto e la Lama Celata e gli mostrai l'anulare dove teneva la bruciatura, simbolo degli Assassini.
-E se lo proibisce, e se hai anche promesso che avresti seguito il nostro Credo, perché cazzo porti questo segno!?-
-...capisci che è difficile per me?-
-Certo che lo capisco! È difficile per tutti, cosa credi!-
Strinsi i pugni. Sapevo fin troppo bene l'inutilità di quel discorso.
-Ma è proprio per questo che abbiamo un Credo da seguire! E potrai avere tutti i rimorsi e tutte le vendette di questo mondo, ma non voglio più vederti fare una cazzata come quella ancora una volta! Sono stato chiaro?-
-Hai visto tua madre morire per quei Templari?-
-Ho detto. Sono. Stato. Chiaro?-
-Si. Ora possiamo andare?-
-...ma non finisce qui. Farò rapporto al Maestro, e te la rivedrai con lui-
-Bene- disse con differenza.
Ci trovavamo, in quel momento, su un tetto. Dopo una fuga rapida, e tinta vagamente di disperazione per non farci notare dalle guardie che arrivavano a frotte, avevamo raggiunto il centro di Pisa, e saliti sul tetto di un palazzo particolarmente alto a riprendere fiato, mentre in città ancora il caos e la gente fuggivano, lontani.
Lì si era svolta la scena sopra descritta.
Quindi, Angelo si lanciò nel vuoto con un Salto della Fede, atterrando in un carro di fieno e lanciandosi subito fuori, mimetizzandosi tra la gente. Rimasi a guardarlo finché non scomparve tra la folla, quindi feci per lanciarmi anch'io, quando un tipo spostò il carro di fieno.
Imprecai.
“Ma tutte a me devono sempre succedere?” pensai, mentre mi lanciavo sul tetto sottostante e vi atterravo con la Lama Uncinata, rialzandomi e cominciando a correre verso il Covo.
 
-QUESTA CONDOTTA È ASSOLUTAMENTE INACCETTABILE!- esplose il Maestro quando gli feci rapporto, con Angelo accanto.
-INSOMMA,  ALTOBIANCO! Ti ho affidato una delle reclute più indisciplinate e più ribelli del Covo affinché tu la istruissi al nostro Credo... E LA LASCI MARTORIARE IL BERSAGLIO!?-
-C'è una spiegazione, signore, vede, io...-
-NO! Non voglio sentire le tue scuse! Sparisci di qui!-
Mi alzai. Ciò che avvenne dopo mi venne raccontato per bocca di Angelo, quindi non sono sicuro dell'ufficialità dei fatti.
-...spero che tu abbia una spiegazione, figliolo. PERCHÉ CREDIMI, CAMBIEREBBE BEN POCO!- gli esclamò battendo il pugno sulla scrivania.
-Allora non ha senso darla...- rispose Angelo, che non diminuiva la sua aria di strafottenza e superiorità neppure di fronte a lui.
-Vedremo che scusa darai a Corvelia, figliolo- gli rispose con un sorriso sadico.
-A Livorno non ci vado- disse cercando di nascondere la propria ira. Nessun Pisano sarebbe stato contento di finire a Livorno, oltretutto sotto la giurisdizione di Girolamo “Acchiappa-ratti” Corvelia, uno dei Maestri più severi della zona italica, e Angelo non faceva differenza.
-Non mi sembri nello stato di porre condizioni, te. Pertanto, tu e quel beota del tuo amico, da adesso, siete ufficialmente sotto tirocinio di Corvelio. Partirete tra 2 settimane.
E, cazzo, se sento una sola altra parola uscire da quella boccaccia, ti SPEDISCO A LUCCA!-
Da come era descritta, sembrava che Pisa fosse il paradiso terrestre degli Assassini e tutto il resto della Toscana una sudicia topaia logorata dai Templari.
Il che non era del tutto vero. Gli scontri erano presenti, più o meno, in tutta la nazione, ma non essendo ancora scemati gli “odi tra città”, ognuno si immaginava le altre come l'inferno in terra.
E, a dirla tutta, non è che i livornesi avessero in amore i pisani, e viceversa, quindi i vari “pregiudizi” non erano tanto infondati.
Angelo si limitò ad uno sbuffo. Non voleva Livorno, figuriamoci Lucca.
-Bene. Volatizzati-
Detto fatto, Angelo si alzò. si sentiva superiore a tutti ma odiava quando gli altri sembravano superiori a lui. uscì dalla stanza, e trovò me ad attenderlo.
Lo fissai con un'espressione indecifrabile, chiuso in un imbronciato silenzio.
-Che guardi?- chiese lui, irritato dal mio sguardo.
Sospirai.
-Niente. Che ti ha detto?-
-Ci aspetta Livorno-
Lo fissai nei suoi occhi, la cui iride era di un anomalo color rossastro.
-Che vuoi ancora?!- mi chiese scocciato.
-Niente- dissi con stanchezza -andiamo a fare i bagagli-
Lui non rispose, alzò i tacchi e si diresse ai dormitori.
 
Quando entrai nella stanza, qualche minuto più tardi, Angelo era sdraiato sul suo letto, la divisa ancora addosso, e fissava il soffitto. Chiunque altro avrebbe detto che stava dormendo, ma io lo conoscevo abbastanza bene da riconoscere quando era sveglio e quando no, pure in quei momenti di silenzio.
Fece finta di non accorgersi di me, o forse era solo immerso nei suoi pensieri.
Mi avvicinai e mi sedetti sul letto accanto al suo, senza dire nulla. Notai ai suoi piedi un fagotto stretto in una cintura di cuoio. Non aveva perso tempo.
Mi sdraiai, assumendo una posizione uguale alla sua. Restammo in silenzio così, per un po'. Fuori, il sole entrava come un proiettile attraverso le finestre sparse per tutta la stanza.
-Ci sono volte in cui penso che te le vai a cercare-
Sospirò.
Decisi di non controbattere. Non ero il tipo che girava i coltelli nelle piaghe. Quindi mi voltai, chiusi gli occhi e in poco tempo mi addormentai.
Lui probabilmente restò sveglio, tutto il tempo. Sapevo che poteva farlo, stare lì fermo a riflettere e non sarebbe stata la prima volta.
  
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