Al momento di dover
scrivere l’introduzione, mi sono resa conto di non saper cosa dire.
O meglio, di voler dire troppo.
È curioso come la
parola “troppo” compaia sempre con maggior frequenza all’interno di ciò che
scrivo: troppo lontano, troppo forte, troppo troppo, insomma.
Ad esempio, amo troppo Kodamy. Perché? Per un’infinità di
motivi che sono davvero troppi per
poterli elencare tutti.
Perché
è così “in sintonia” con me da farmi quasi impressione. Perché mi fa ridere,
quando scrive la stessa cosa che ho scritto tre
istanti prima io. E viceversa.
Perché
è caotica e contorta. E adorabile. E
dolce.
Perché
mi ha insegnato a tirare le tende rosse.
u.u
Perché sa sempre farmi
riflettere sugli argomenti più disparati che io
conosca. Perché ha un gusto inimitabile per gli anime
e i manga.
Perché è tenera, nel suo
essere cocciuta ed unica.
Perché io, senza di lei, non
resisto più di una settimana.
Ed anche se questa fic
è troppo poco, così come quello che
ho scritto, sono contenta (L)
Perché,
in fondo, ho la possibilità di augurarle il meglio per i suoi sedici anni. [sei
vecchia XD]
Amore, Buon Compleanno *.*
Stelle di gomma
Lo aveva visto osservare le stelle da
quando lo conosceva – e poteva dire di conoscerlo da parecchio tempo,
molto più di quanto in realtà Sasuke sospettasse.
I know there's something in the
wake of your smile.
I get a notion from the look in your eyes, yea.
You've built a love but that love falls apart.
Your little piece of heaven turns too dark.
Il naso perennemente rivolto al cielo,
che spiccava prepotente sul suo viso liscio, così perfetto da apparire fin
troppo perfetto per esserlo davvero. Esisti
o sei solo un miraggio?
A volte, dalla finestra della
sua piccola camera, poteva scorgere un piccolo sorriso
spuntargli sulle labbra.
E non capiva mai se era rivolto
alle stelle o ai pensieri di morte che Sasuke era solito concepire durante quei momenti di meditazione.
Ed era
così triste, pensare che la sua mente fosse rinchiusa anche dinanzi all’immensità
di tali spazi: Naruto, al contrario, non chiedeva altro che rinchiudersi nella
sua piccola stanza, calato il sole, e concedersi di osservarlo, un po’ da
lontano.
Nascosto come un ladro ma
contento come un amante a cui spetta condividere tutto.
Per poi seguirlo fino sulle
colline e osservarlo da dietro un cespuglio
- Bambino, perché mi fissi? –
- … -
- Ah, credo di aver capito: tu sei quello
strano che sta sempre da solo. –
- … -
- Credo sia stupido cercare di stare da
soli. –
- Sta zitto, Uchiha:
che ne sai tu di cosa voglia dire essere soli…? -
Naruto Uzumaki,
a detta degli insopportabili del villaggio, era sempre stato capace di fare una
sola cosa in tutta la sua esistenza: spalancare sorrisi enormi che avevano
l’incredibile capacità di far sentire chi gli stava attorno
contento e rilassato.
Nel suo piccolo, il giovane
Naruto aveva sempre ritenuto che fosse una cosa di cui andare fieri.
E quindi,
il sorriso era diventata l’unica arma per scacciare la solitudine.
Quando poi
aveva incontrato il piccolo Sasuke Uchiha, dopo anni in cui si era abituato a vederlo seduto
sul pontile della sua tenuta, non aveva saputo resistere alla tentazione di
vederlo sorridere.
E così, di nuovo, le sue labbra
si erano piegate verso l’alto in una dimostrazione di infantile
affetto.
Il moretto aveva restituito il
sorriso, con altrettanto entusiasmo.
E qualcosa
all’interno di Naruto si era improvvisamente incrinato.
Quelle di Sasuke
erano labbra arricciate con l’unica intenzione di snudare i denti piccoli e
precisi: una maschera costruita ad arte il cui obbiettivo era quello di tenere
lontano chi tentava di avvicinarsi a lui.
Il bambino dagli occhi azzurri
si era improvvisamente reso conto di una cosa: era lo stesso identico sorriso
di cui si vantava tanto con tutti.
Il sorriso di chi scalda gli altri quando ha freddo dentro.
E l’amore
di quel gesto cadeva subito a terra: o forse, nemmeno c’era.
E il suo vanto era
improvvisamente diventato qualcosa di cui vergognarsi – e nessuno riusciva a
capire come mai quel essere maledetto avesse improvvisamente
deciso di smettere di sorridere.
Sasuke Uchiha si era chiesto perché l’altro non l’avesse mai più
salutato come la prima volta in cui si erano incontrati. Così aveva pensato che
il suo era un sorriso brutto – lui che aveva infantilmente
cercato di imitare il bambino – e aveva smesso di sorridere.
Naruto aveva creduto alla
sciocca idea che gli si era creata in testa, per cui
il rampollo degli Uchiha era rimasto spaventato dal
suo essere “orribilmente” felice e si era convinto di essere insopportabile.
Così i due non si erano più
sorrisi.
E avevano
cominciato ad odiarsi.
Sasuke non
sopportava Naruto perché era convinto di avergli rivelato una sua orribile
parte nascosta, Naruto non sopportava Sasuke perché
quello aveva distrutto tutto il suo mondo con uno stupidissimo
gesto.
Ma continuavano a fissarsi, Sasuke per capire come si potesse
sorridere davvero, Naruto per capire come tornare a parlare con l’altro.
E il
piccolo pezzo di cielo sopra i due continuava a macchiarsi.
Sempre di più.
Listen to your heart
when he's calling for you.
Listen to your heart
there's nothing else you can do.
Sasuke Uchiha amava osservare le stelle.
Potevi fissarle, sorridere loro
con trasporto, parlare col viso capovolto sull’erba, verso il cielo.
Loro non gli avevano mai detto
nulla.
Semplicemente stavano lì,
fissate a quel cielo scuro, come puntate con uno spillo.
E come
lui, professavano la religione del silenzio.
Non fosse stato per quel
fastidioso respirare che sentiva costantemente alle sue spalle, vicino al
collo, e per quegli occhi azzurri che lui sapeva
essere vicini, fissi su di lui.
Era un fatto ormai d’abitudine
sentirsi osservato: fin da bambino quel ombra scura che si sovrapponeva alla
sua, incerta, era stata per Sasuke motivo di grande conforto.
Un appiglio a cui aggrapparsi,
un aiuto concreto per affermare la sua individualità: tutto grazie ad un paio di occhi nascosti e di un’ombra appena visibile.
Per l’Uchiha,
però, era abbastanza.
Non aveva mai capito il motivo
di quel sorriso, da piccolo. E nemmeno aveva mai
compreso il perché di quel tentativo d’essere felice.
Come quando l’aveva visto
prendere quelle piccole stelle di gomma, dal suo amico venditore…
… lui, aveva sorriso.
Per delle piccole stelle di
gomma.
Sasuke era
rimasto a fissarlo da dietro un albero, diviso fra la voglia di seguirlo e
quella di rimanere nascosto.
Anche adesso,
sdraiato sul prato dietro il ruscello, si chiedeva il perché di quel suo
silenzio.
Sarebbe bastato così poco…
…un sussurro per chiamarlo…
Invece lui rimaneva in
silenzio.
Mentre il
cuore disperatamente urlava.
Naruto, da dietro il cespuglio,
lo sentiva trattenere il respiro ad intervalli regolare e
cadenzati. Come se il peso di una decisione lo schiacciasse per un
attimo, e poi di nuovo tornasse a liberargli la mente
ed i polmoni.
Il biondo rimaneva attaccato ai
quei respiri disperatamente: cercava i suoni a lui familiari, profumi che gli
erano conosciuti.
E l’odore
di Sasuke, per lui…
…era casa.
I don't know where you're going
and I don't know why,
but listen to your heart
before you tell him goodbye.
Quei respiri irregolari, che
ricordavano un pianto soffocato tra le lenzuola, la testa particolarmente
rigida.
Quelle occhiate che ogni tanto
il moro lasciava cadere distrattamente dietro di sé, verso di lui.
Qualcosa non andava.
Anche perché,
dopo anni di silenzio, Sasuke aveva pronunciato il
suo nome.
E
l’attesa si sbriciola, dopo anni.
Sometimes you wonder if this fight
is worthwhile.
The precious moments are all lost in the tide, yea.
They're swept away and nothing is what is seems,
the feeling of belonging to your dreams.
Non sapeva esattamente
quando fosse iniziato – e di certo non poteva sapere quando e come
sarebbe finito.
Quel che gli
era apparso improvvisamente certo un pomeriggio di molti anni prima non
aveva mai trovato spiegazione chiara e razionale: un giorno come un altro,
Naruto aveva pensato che se non si fosse recato a spiare Sasuke,
sarebbe stato male e si sarebbe sentito triste.
Triste e solo più di quanto già
non fosse.
Ingenuamente non aveva cercato
i motivi di quel cambiamento – poiché era venuto
indipendentemente dalla sua volontà – e mai in futuro aveva scavato nei
profondi della sua mente per trovarvi adeguata risposta.
Era una sensazione bella,
perché rovinarla?
- Naruto. –
Naruto era solo un nome – il
suo, certo – ma solo un nome.
Un banalissimo nome.
Uno stupido nome, quale ninja che voglia ottenere rispetto avrebbe mai potuto
chiamarsi così?, eppure quella parola, quel breve
tratto di fiato, quella musica uscita dalle labbra di Sasuke
lo aveva scosso.
Appunto, perché era il suo nome.
Avrebbe voluto restituire il
favore, tanto tempo fa, quando si era fermato a guardare quelle stelle di
gomma, che lo avevano affascinato così tanto.
Ne aveva
comprate due, una per lui e una per Sasuke.
Poi, aveva pensato, mi giro e guardo fisso quel albero dietro al
quale si nasconde, lo chiamo per nome, forte, e gli dico – Vieni a prenderne
una, sono così belle! –
Ed era
rimasto lì, a fissare quei giochi chiusi fra le sue mani. Piano piano la stretta si era allentata, rivelando due stelline
un po’ storte, dal colore già sbiadito dal sole, misere stelle se confrontate
con quelle sparse in cielo.
Gli era apparso un desiderio
stupido, il suo, cercare di far contento un principino
come lui con quelle e così aveva
scosso la testa e se ne era andato.
Non aveva chiamato il suo nome.
Sasuke era
rimasto nascosto dietro all’albero, aspettando invano.
Listen to your heart
when he's calling for you.
Listen to your heart
there's nothing else you can do.
I don't know where you're going
and I don't know why,
but listen to your heart
before you tell him goodbye.
Questo è il momento, pensò
Naruto, in cui io sbuco fuori dal cespuglio dentro al
quale mi sono sempre nascosto e gli lancio un’occhiata che gli mostra che posso
regalargli delle stelle vere.
“Perché
ti sei sempre nascosto, Naruto?”
“Avevo paura di non essere
all’altezza delle tue stelle, Sasuke. Loro sono così
belle e limpide.”
“Anche
tu sei bello.”
“Sono abbastanza per offuscare le tue stelle?” rumore di passi sull’erba, il
suo viso che si poneva davanti a quello bianco e rarefatto dell’altro. “Sono
abbastanza?”
Luce di luna e di stelle che illumina il prato.
“Si.”
Il sollievo non è una sensazione come le altre. “Avevo paura di infastidirti.”
“Lo hai già fatto nascondendomi
le stelle con la tua faccia.”
“Non ero abbastanza, io?”
Sospiro “Lo sei.”
“Cosa provi
per me, Sasuke? Perché se
sapevi che stavo lì, nascosto, non hai mai fatto niente?”
“Avevo paura.”
La paura è per gli uomini e lui
ha paura, e quindi Sasuke è come me.
Forse sarebbero bastate, quelle
stelle di gomma.
Non era importante il colore o
la forma, quanto quello che c’era dentro.
“Anche
io avevo paura. Avevo paura, perché non volevo che scoppiassi a ridere su
quello che ti stavo dicendo, e avevo paura perché tu sei sempre stato al di sopra di me, e avevo paura perché il mio sorriso non
ti piaceva e avevo paura che quello che c’è tra di noi fosse troppo grande…”
Infatti era
così.
Era troppo grande.
Le stelle di
gomma erano troppo poco, al confronto.
- Naruto? –
Le lacrime scendevano lungo le
guance perdendosi dentro al collo della sua giacca.
Così, quello sarebbe stato il momento in cui sarebbe dovuto sbucare fuori dal cespuglio dentro al quale si era sempre nascosto e
avrebbe dovuto lanciargli un’occhiata
che gli avrebbe mostrato che poteva
regalargli delle stelle vere.
Ma le
stelle vere erano distanti.
And there are voices that want to
be heard.
So much to mention but you can't find the words.
The scent of magic, the beauty that's been
when love was wilder than the wind.
Sasuke si era
alzato ed aveva abbandonato la radura da più di cinque minuti.
Naruto era rimasto lì,
sconvolto dall’immensità del pensiero che gli aveva occupato la mente.
Se quello che c’era fra loro
era troppo imponente per essere espresso o condiviso…
… come avrebbero potuto essere
felici, loro?
Naruto non sapeva come fosse
iniziato, ma cominciava ad intravedere la fine di quel legame.
Troppo grande, troppo magico.
Semplicemente
troppo per loro.
Listen to
your heart
when he's calling for you.
Listen to your heart
there's nothing else you can do.
I don't know where you're going
and I don't know why,
but listen to your heart
before you tell him goodbye.
[Avrebbe voluto regalargli quelle stelle.
Sarebbero
state di gomma.
Ma, almeno, avrebbero potuto toccarle.]
Owari.
Solo un paio di note, prima di chiudere.
La canzone è “Listen to your heart”,
di Roxette.
In molti mi hanno chiesto come scelga i titoli
delle mie storie. Ok, non vorrei sembrare scema, ma è la prima cosa che decido
di una fanfiction: ed in base ad esso,
poi creo la trama adatta.
Quindi, non è che questo
confermi propriamente la mia sanità mentale. Amen, suppongo succeda a tutti,
si.
Ancora un
Buon Anno Nuovo!!
Saluti,
L.A.D.L.