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Autore: damnhudson    13/06/2012    3 recensioni
A Cherish mancò l'aria. Odiava i posti affollati, si sentiva chiusa, morire. Ma non era claustrofobica, era solo quella paura. Prendeva tranquillamente l'ascensore e stava comodamente nello studio del medico che era un buco. Era solo quella sensazione di sguardi che la innervosiva rendendola schiava dell'aria.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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And i'll show u what i feel.
I feel you close, I feel you breathe
 And now it’s like you’re here
 You’re haunting me
 You’re out of line
 You’re out of sight
 You’re the reason that we started this fight.
The Wanted - Warzone.


Cherish Mills non era quel genere di persona che aveva bisogno di parlare per farsi capire, molto spesso le bastavano delle occhiate situate alle persone giuste per far intendere come si sentisse al momento. Non aveva particolari sorrisi per nessuno, non ne aveva al mattino, ne alla sera, ne prima di andare a dormire. Non le piaceva il formarsi di una curva sul suo viso, soprattutto non le piaceva come le stava. Odiava il suo sorriso, odiava praticamente ogni centrimetro di pelle sopra il suo stesso corpo. Cherish si odiava e nessuno aveva mai provato a capirlo. Non aveva mai avuto particolari problemi nella sua vita, un'infanzia di quelle felici senza problemi. Bambini allegri le riempivano le giornate, facendola ridere a crepapelle fino a sfinirla. C'era un unico problema nell'infanzia di Cherish. I suoi cugini, sempre troppo perfetti per lei. Sempre un passo avanti rispetto a lei. Quelle domeniche riempite da pranzi nella villa estiva della zia avrebbero segnato la sua esistenza. E quando suo padre diceva a sua madre che andavano in quel posto solo per lei e suo fratello le si fermava il cuore, perché onestamente non ci voleva andare in un posto dove per la maggior parte odiava tutti. Non si sentiva a sua agio a non essere calcolata o creduta all'altezza.

Col passare del tempo, Cherish imparò chi nella sua vita contava e chi no. Aveva imparato che la simpatia veniva da se e lei non ce l'aveva. Aveva imparato a fare sempre da sola, e aveva indurito il carattere. Aveva limitato gli abbracci e i sorrisi già da piccola e aveva sempre risposto con uno sguardo duro e per quanto ne sapesse si stava molto meglio così. Si stava meglio senza nessuno che ti dicesse che non eri abbastanza se non dimostravi niente. Aveva smesso di dimostrare, Cherish col tempo era diventata apatica. Aveva solo tredici anni. Tredici anni sprecati, continuava a dirsi. E sapete quelle persone che dicevano che la depressione non era possibile se si era così piccoli? Non è vero. Forse non è depressione, forse è quel singolo momento di crescita, ma Cherish non stava crescendo bene o a pieno.
Aveva iniziato a vivere facendo piacere ai genitori, soprattutto alle scuole medie, aveva iniziato a chiudersi in se stessa, studiando ogni giorno di più, riempendo i genitori di soddisfazioni e orgoglio che la lasciavano vuota all'interno. Il primo pallone che toccò - e non fu l'ultimo! - fu perché aveva bisogno di rendere orgoglioso suo padre per qualcosa che anche l'uomo amasse. Effettivamente la scuola non bastava, le stava stretta. Forse per quello iniziò a giocare a calcio, suo padre lo adorava. Ma chissà perché mai nessun "brava!" o "sono orgoglioso di te" arrivò mai all'orecchio della bionda, mai nessuna volta suo padre si congratulò con lei facendola stare bene.
Alla fine delle scuole medie capì l'importanza di badare a se stessi e al proprio ego, capendo che poi era brava in quello sport che aveva iniziato per una persona che non era lei. Pian pianino le soddisfazioni iniziarono ad arrivare. Persone a lei sconosciute si congratulavano con lei: "ottimo gioco, solo fossi in te chiuderei di più a destra! Non hai visto che il difensore destro non ha le percezioni visive che hai tu? Aiutalo!" Il suo cuore cominciava a riempirsi d'amore, cominciava a provare la soddisfazione per il duro lavoro che ogni volta faceva. Quando suo padre tornò a casa con un paio di scarpette con tredici tacchetti, per un momento credette di avere le visioni. Suo padre in quel momento stava riconoscendo il talento di sua figlia. "Prendi a calci in culo tutti, con queste!" Nessuna parola di più, nessun contatto fisico. Solo uno visivo che, dannazione, riempì Cherish di grinta per la partita che il giorno dopo l'aspettava. Il fatto che Cherish giocasse con dei ragazzi e non con le ragazze riempiva il suo ego ancora di più. Aveva iniziato a conoscere i ragazzi, a pensare come loro. Poco tempo dopo era diventata parte integrante di quella che era la squadra della sua città.
- Mills, ci abbiamo pensato molto. - il mister inziò guardando i ragazzi intorno a lui, seduti in maniera disordinata sulle panche bianche e nere nello spogliatoio troppo piccolo per contenere anche una ragazza. Si avvicinava a passi lenti con in mano il sogno più grande di Cherish. Una fascia blu con una C disegnata in bianco nella parte visibile. Cherish arricciò il naso e alzandosi la prese, infilandola al braccio senza dire parola in più. Sbattè il piede destro, facendo toccare i tacchetti a terra: - Prendiamo a calci in culo tutti! -

***

- Andiamo, Cher! È tardissimo! Non puoi mancare il primo giorno di scuola! -
Ma la verità era una sola: Cherish non si sentiva pronta a quella nuova scuola che lei stessa aveva scelto senza l'aiuto di nessuno; perché oltre a badare a se stessa Cherish aveva imparato un'altra cosa durante i suoi quattordici anni: scegli per te e non permettere a nessuno di farlo al tuo posto.
- Sono pronta, solo non ci voglio andare alle scuole superiori! Non... mi sentirò a mio agio, lo sai come sono. Non parlo con nessuno, non piaccio mai a nessuno, per questo alle medie non ho legato, per favore... Non andiamo! - In quel frangente quasi pregava sua madre che però con un cenno negativo del capo e un sorriso la costrinse ad uscire di casa, prendendo quel pullman numero 20, per arrivare alla scuola nuova. Per un po' di tempo tutto andò come disegnato da Cherish, per un po' di tempo si sentì dannatamente sola in una classe di ventiquattro persone. Era sola, lei le sue cuffiette e il suo carattere. Mai come allora si era odiava. Odiava il suo modo d'essere troppo chiuso, ma soprattutto odiava le persone intorno a se, quelle che in tre mesi avevano stretto amicizie infinite, straccolme di sorrisi. Odiava loro perché voleva assomigliare ad ogni persona in quella classe. Eppure non si poteva. E in quel momento, Cherish si rese conto di quanto rancora provava e decise che se lo sarebbe tenuto per sempre. Rancore per la sua famiglia, per se stessa e per la nuova classe che non l'aveva accolta... Ma in fondo lei se lo aspettava. Cherish Mills non aveva mai avuto molti amici. Ed era solo colpa sua. Troppo chiusa, troppo per i fatti suoi. Ci aveva fatto l'abitudine... Ma ora, non si sa come, le bruciava moltissimo sapersi sola mentre tutti erano impegnati a stringere rapporti.
Il banco diviso con una ripetente non la fece sentire meglio soprattutto perché quest'ultima passava il suo tempo a parlare delle precenti relazioni con i più disparati ragazzi, ma se oggi Cherish dovesse dire grazie a qualcuno, questo grazie andrebbe soprattutto alla sua ex compagna di banco.
Conobbe Lilo e Lily esattamente sei mesi dopo l'inizio della scuola, quando la solitudine aveva iniziato a regnare sovrana nel suo animo.
- Perché tu stai sempre da sola? - Chiese Lilo con lo sguardo acceso che ancora oggi conserva. Cherish alzò lo sguardo e con lui un sopracciglio, cercando di capire esattamente cosa volesse da lei. Conosceva il suo nome, sapeva benissimo che Lilo Crox era una ripetente. Solo... non capiva cosa volesse da lei.
- Che razza di domanda è? -
- Io e te non abbiamo mai parlato! - disse Lilo ancora, sorridendo. Sua madre, la madre di Cherish si era sempre raccomandata di stare sempre alla larga dai ripetenti: " Portano solo fastidii. " Ma Cherish in quel momento capì che Lilo non era uno di quel classici ripetenti rompi palle.
- Cherish non ha mai parlato con nessuno, se non con i due che venivano dalle sue stesse scuole medie! Anita e Cory. - La ragazza col nasino all'insù - un po' fastidioso, a dirla tutta - si intromise nella conversazione che stava avvenendo tra Cherish e Lilo, sedendosi nel posto vuoto al banco della bionda.
- Non ho niente da dire! - si difese Cherish, abbassando nuovamente la testa e poggiandola sulle braccia, magari pronta a riprendere il sonno che poco prima era stato interrotto da Lilo.
- Vedremo, Cherish! -

***
- Come stai? - Chiese Lilo guardando Cherish che si mordeva le dita per l'ansia che provava in quel momento. Ultima dannatissima interrogazione di biologia e Cherish, avendo studiato per tutto il pomeriggio il giorno prima si sentiva mancare, non ricordava esattemente niente.
- Non ricordo un cazzo, Lilo! -
- Shh. - La intimò Lily, sedendosi al fianco di Lilo mentre Cherish restava in piedi a guardare la situazione che si era creata. Alla fine dell'anno era riuscita a stringere un'amicizia con le due ragazze che tempo prima si erano appostate davanti a lei per chiederle perché lei effettivamente non parlasse mai. Le tre ragazze al momento erano legate da qualcosa in più che la scuola, erano legate da quel filo sottilissimo chiamato amicizia. E non c'era cosa più bella per Cherish nell'aver trovato delle persone con cui parlare di tutto.

L'interrogazione andò bene e tutte le paure di Cherish svanirono non appena la professoressa le rivolse la prima domanda: acidi nucleici. Lo sapeva, il giorno prima aveva fatto una testa pallone alla madre, ripetendo e spiegando cosa tutto erano quelle formule super complesse che doveva imparare a memoria.
E piano piano i giorni passarono, tra risate, scherzi e prese in giro e finalmente il tanto agoniato ultimo giorno arrivò per tutti e questo era un dannato sollievo per tutti, compresa Cherish. Sarebbe riuscita a riposarsi finalmente e si sarebbe dedicata a tutte quelle attività che aveva dovuto interrompere con l'arrivo della scuola.
- Ascoltate ragazzi. Oggi ci sarebbe la partita di fine anno di pallavolo, - la maggior parte della classe esultò, creando una baraonda mentre la professoressa cercava di recuperare il suo potere - dobbiamo stare nella parte sinistra della palestra, nessuno può uscire a fumare o bere in palestra, chiaro? - Continuava la professoressa mentre chi come Lily cadeva in depressione perché sì, effettivamente l'assenza di nicotina per dieci minuti d'orologio avrebbe causato gravi danni a non so cosa. Gente come Cherish si guardava intorno cercando di capire cosa fare, perché a lei la pallavolo non piaceva affatto. Comunque scesero e trovarono una palestra affolatissima. A Cherish mancò l'aria. Odiava i posti affollati, si sentiva chiusa, morire. Ma non era claustrofobica, era solo quella paura. Prendeva tranquillamente l'ascensore e stava comodamente nello studio del medico che era un buco. Era solo quella sensazione di sguardi che la innervosiva rendendola schiava dell'aria. Quando la classe si sedette ordinata sul muro sinistro della palestra, finalmente la partità iniziò e senza ulteriori indugi, Cherish infilò le cuffie così tranquillamente, poggiando la testolina lungo la spalla di Lilo che osservava attentamente la scena che si proiettava davanti ai suoi occhi. La bionda vedeva solo azioni disparate dalle persone che stavano in palestra: un ragazzo stava sbattendo il proprio cellulare a terra, perché la sua classe/squadra stava perdendo. La sanità mentale era andata a farsi un giretto e mentre Cherish sollevò lo sguardo per vedere anche lei la parita che teneva tutti col fiato sospeso si imbattè nel sorriso più bello di tutti, si trovò davanti quella sorta di viso perfetto che da quattordici anni cercava e credeva non esistere. Per una volta, Cherish, si sentì viva. Il ragazzo che aveva davanti sorrideva gentile mentre porgeva la palla alla squadra avversaria. Sorrideva senza essere forzato, sorrideva perché in quel momento doveva andare così, divertito dalla situazione che si era creata e perché si stava divertendo insieme ai suoi compagni.
Era il sorriso di una vita, il sorriso che Cherish mai più avrebbe dimenticato. Impossibile dimenticare l'irruenza con cui quel sorriso le si stampò sui ricordi di tutta una vita.
- Che... guardi? - Chiese Lily, sporgendosi per vedere meglio Cherish.
- Niente di che, solo la partita! -
- Lo sappiamo tutti che non ti piace la pallavolo, la tua vita è fatta solo di calcio, calcio, calcio. - Disse ridendo Lilo.
- Ehi, Matt... Come si chiama quel ragazzo li? - Chiese allora la bionda al rappresentate dell'istituto che frequentava. Erano amici da circa quattro mesi, ma era una di quelle persone simpatiche che si facevano volere bene in pochissimo tempo.
- Alex. - Rispose il ragazzo interpellato da Cherish.


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damnhdson:
Prima di tutto volevo dire che non ho intenzione di abbandonare Letters To Finn, ma ho bisogno di fare un po' di chiarezza nella mia vita e spero che scrivendoci su, possa io arrivare ad una conclusione. Tengo a Letters To Finn, è qualcosa di mio, quindi non la abbandonerei mai e poi mai. Tanto la mia ispirazione è sempre al lavoro, infatti sto lavorando ad una nuova FF. ♥ ( stupida, tanto non mi legge nessuno. XD )
Dunque questa storia è la storia di Cherish, il mio alter ego. Non so quanti capitoli avrà o se mai deciderò di concluderla, perché certe cose fanno ancora male anche a distanza di anni, ma tanto sapete cosa è il dolore, nessuno può spiegarlo. (:
so, niente.
Ciao *saluta, agitando la manina.*

Ah, ps: Grazie a tutte quelle persone che hanno creduto in questa storia sin dall'inizio, siete il meglio che io potessi desiderare. ♥
   
 
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