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Autore: Harmony394    13/06/2012    23 recensioni
«Perché stai piangendo?» Una voce infantile e femminile alle sue spalle lo fece sussultare e lui, istintivamente, si voltò a fronteggiare chiunque fosse stata l’artefice di quella domanda. Quando si voltò, i suoi occhi proiettarono quella che doveva essere la sagoma di una bambina di circa dieci anni. Aveva dei folti e ricci capelli rossi che le incorniciavano il viso piccolo e sottile ricoperto di lentiggini e dei grandi occhi color cielo curiosi e vispi che non smettevano di scrutarlo. Non era molto alta, arrivava all’incirca alle sue spalle e inoltre era anche parecchio magrolina.
Non seppe il perché di quello strano pensiero, ma Loki ebbe come l’impressione di avere dinanzi a sé una… sì, una piccola volpe!

[Loki x Nuovo Personaggio]
STORIA CONCLUSA!
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Volpe e il Lupo.'
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~The little fox.

“Sono al limite e sto urlando il mio nome a squarciagola,
come uno stupido.
A volte, quando chiudo gli occhi,
faccio finta di stare bene.
Ma non è mai abbastanza
perché la mia eco,
è l'unica voce che ritorna.
La mia ombra,
è l'unica amica che ho.

Echo - Jason Walker 
 



Loki non aveva mai creduto nel destino.
 
Molti dicevano che esso fosse già stato scritto, come un bellissimo poema che dava vita a un’opera piena di versi e parole meravigliose, che non andavano semplicemente ascoltate, ma vissute momento per momento come se quel canto non dovesse mai avere una fine; altri invece che fosse relegato alla terra, che nel momento stesso in cui nasciamo esso nasca insieme a noi e che ci conduca ad una strada già tracciata, come le radici degli alberi che, via via che crescono, formano intrecci e nodi sempre più intricati e fitti con altre radici; altri ancora che al destino non si comanda, che non è una cosa su cui poter porre mutamenti poiché sono state le Norne* a filarlo, e ciò che le Norne tessono non si può recidere o mutare: bisogna soltanto viverlo e accettarlo.

Lui invece credeva che si potesse cambiare ogni cosa nella vita, purché lo si desiderasse veramente, e che il fato fosse solo una delle solite ciance che le Völve* gli dicevano per mettergli soggezione e indurlo a non combinare guai. Anche suo padre, il potente Odino, era solito a raccontargli quelle storie prima che lui e Thor andassero a dormire, ma Loki non ci aveva mai veramente creduto.
 
«Uno solo di voi potrà ascendere al trono, ma entrambi siete nati per essere Re.» Diceva.

Ma Loki non era affatto uno stupido. Al contrario, nonostante fosse solo un ragazzino di dodici anni possedeva una spiccata intelligenza.
Era quasi del tutto certo, che il trono di Asgard sarebbe toccato  a suo fratello Thor anziché a lui. Lo supponeva, perché aveva imparato a cogliere gli sguardi colmi d’orgoglio di suo padre destinati a Thor, e purtroppo, aveva anche colto le occhiate di sufficienza che invece lanciava a lui, Loki.
Nonostante ciò, non si era mai arreso e aveva continuato a credere a quella splendida utopia. Infondo, sognare non costava nulla.

Il fatto che però Thor fosse il probabile futuro sovrano,  non solo non gli dava il diritto di fare l'arrogante, ma non lo autorizzava neppure a comportarsi da imbecille.
 
«Ehi Loki, dovresti mangiare un po’ di più! Insomma, se vuoi diventare grande e forte come me non crederai mica di poter continuare a mangiare così poco, vero?» La sua voce fastidiosa e canzonatoria di  si insinuò  velocemente nelle orecchie di Loki che, distrattosi dai suoi pensieri, rivolse al fratello un’occhiataccia risentita.

Non era di certo colpa sua se era nato così maledettamente gracile e smilzo: lui si allenava duramente tutti i giorni per riuscire a diventare forte come tutti i suoi coetanei, ma suo malgrado rimaneva sempre così com’era: gracile.
E ad Asgard, popolo di guerra, non era di certo visto di buon occhio essere così. Infatti, con un fisico come il suo, sapeva bene che non sarebbe mai potuto scendere in battaglia contro gli eserciti nemici, pertanto non c’era alcun bisogno che suo fratello rigirasse il dito nella piaga. Era proprio un insolente e uno sbruffone!

Decise di ignorarlo: prima o poi avrebbe smesso. Inoltre, quello non era proprio il momento migliore per cominciare una disputa.
Eppure, vedendolo mangiare con così tanta foga e ingordigia, Loki non poté trattenersi dal fare una delle sue solite battutine sarcastiche e pungenti che tanto gli venivano bene.

«Perlomeno io non rischio di spaccare la sedia con il mio peso, fratello» Lo schernì, guardandolo con superbia dall’alto del suo calice d’acqua.

Thor lo osservò un po’ intontito per alcuni secondi finché, improvvisamente, la sua bocca smise di masticare. Osservandolo, Loki notò che aveva i capelli decisamente unticci per via dell’olio che gli era finito addosso.


Era disgustoso.

 
«Ehi non c’è mica bisogno di prendersela! Ti ho semplicemente dato un consiglio» Ribatté quello stizzito, scrutandolo di sbieco. Poi, come se non fosse successo nulla, ricominciò a mangiare con avidità.

Arricciò il naso: possibile che un elemento simile, un giorno, avrebbe potuto avere in mano le redini di Asgard? No, certo che no. In verità, solo lui era adatto a quel compito tanto arduo; non di certo un idiota come suo fratello. Nonostante ciò, la passività con cui aveva risposto al suo commento lo aveva urtato non poco, poiché si aspettava che si infuriasse e desse vita a una delle sue solite scenate. Dunque, decise di punzecchiarlo un’altra volta.

«Faccio quello che voglio, Thor» Concluse.

Fece per riprendere a mangiare, finalmente soddisfatto di aver risposto a tono al fratello – il quale però mangiava con così tanta foga che non se ne accorse nemmeno – , finché qualcosa lo fece scattare in piedi inorridito: Thor, per via della troppa foga nell'inghiottire tutto quello che gli capitava a tiro, aveva accidentalmente fatto finire un pezzo di fagiano nel suo piatto.
 
«Ah, che schifezza!» Disse, il viso contratto in una smorfia di puro ribrezzo. «Dannazione, Thor! Potresti gentilmente evitare di sputare i resti del tuo dannato cibo nel mio piatto? ».
 
Thor lo squadrò per bene dalla testa ai piedi, come se lo vedesse per la prima volta, poi fece spallucce.

«Quante storie per un pezzo di carne…» Mormorò piano, ma non troppo da non farsi sentire da lui, che assottigliò le labbra in una linea esangue.
«Puliscilo subito! » Gli ordinò.
«Altrimenti? ».
«Basta così! » Tuonò a un tratto Odino adirato, stanco di quell’insulsa commedia da quattro soldi che si era venuta a creare.

I due si ammutolirono di colpo e Loki digrignò i denti e si morse la lingua per impedirsi di rispondergli a tono, poi, con passo spedito, sgusciò fuori dal palazzo evitando accuratamente di guardare negli occhi suo padre.

«Ehi, dove credi di andare?! » Gli urlò dietro Thor facendo per seguirlo. «Torna qui, stavo scherzando! Dai non arrabbiarti, insomma!»Venne però interrotto da Odino che, con fermezza, lo tenne fermo per un polso e con un’occhiata gli intimò di sedersi.

«Lascialo andare, Thor» Dichiarò lapidario, «Un po’ d’aria fresca gli farà schiarire le idee» Concluse.

Lui alzò un sopracciglio, attonito: strano che suo padre desse a Loki tante libertà. Solitamente, ad ogni suo minimo sgarro, non esitava a richiamarlo sonoramente. Guardò un’ultima volta nella direzione presa da suo fratello pochi attimi prima e dopo un po’ fece spallucce, ritornando a sedersi e a mangiare voracemente come stava facendo prima di essere interrotto.


“Starà benone”, si limitò a pensare prima di addentare un'altra coscia di fagiano.
 
 


 

Ma a dispetto di quanto suo fratello potesse pensare, Loki non stava affatto bene.
Era furente. Le sue dita sottili e affusolate tremavano per la troppa collera mentre i suoi piedi intraprendevano una strada qualunque alla ricerca di uno sfogo. Non aveva idea di dove stesse andando, sapeva solo che doveva assolutamente allontanarsi dal palazzo. Se non lo avesse fatto, sarebbe certamente andato incontro ad una crisi di nervi.

Col fiato corto e gli occhi verdi assottigliati in due fessure, arrivò nei pressi di un boschetto lì vicino dove sapeva nessuno sarebbe mai andato a cercarlo. Sentiva il cuore pompargli con forza dentro la cassa toracica e il fortissimo impulso di spaccare tutto avvolgerlo.

Odiava Thor.

Anzi no, non odiava lui, bensì il fatto che Padre stesse sempre dalla sua parte, nonostante fosse lui ad avere ragione.
Odiava anche il fatto che lui fosse così bello, forte e così amato da tutti. Al contrario suo che veniva sempre guardato male ogni qualvolta entrasse in una stanza, come se fosse stato un mostro.

Non odiava Thor, odiava il fatto che ogni cosa di lui sembrasse urlargli a pieni polmoni che non sarebbe mai potuto essere suo eguale. Che sarebbe stato sempre un gradino al disopra di lui; che avrebbe costantemente vissuto nella sua ombra.

Frustrato come non mai, urlò: un urlo carico di rabbia e frustrazione che squarciò quello strano silenzio che avvolgeva il  boschetto nel quale si era rifugiato, facendo volare via spaventati alcuni uccellini poggiati sui rami degli alberi. Sentì tutto il suo corpo tremare per via dell’agitazione egli occhi cominciarono a bruciargli.

Ma non avrebbe pianto. Non avrebbe pianto neppure quella volta.

Non piangeva mai, lui. Stringeva i denti e ingoiava la cosa con dignità, proprio come avrebbe dovuto fare un vero guerriero.

Eppure… eppure non riusciva a capire. Perché? Perché suo padre non riusciva a comprendere quanto lui si stesse sforzando per essere il figlio perfetto? Perché i suoi amici lo guardavano sempre con occhi cattivi e lo deridevano quando lo vedevano? Perché? Cos’aveva lui di diverso da Thor, che invece era così benvoluto da tutti? Cosa, dannazione? Cosa?

«Perché stai piangendo?» Una voce infantile e femminile alle sue spalle lo fece sussultare e lui, istintivamente, si voltò a fronteggiare chiunque fosse stata l’artefice di quella domanda. Quando si voltò, i suoi occhi proiettarono quella che doveva essere la sagoma di una bambina di circa dieci anni. Aveva dei folti e ricci capelli rossi che le incorniciavano il viso piccolo e sottile ricoperto di lentiggini e dei grandi occhi color cielo curiosi e vispi che non smettevano di scrutarlo. Non era molto alta, arrivava all’incirca alle sue spalle e inoltre era anche parecchio magrolina. Pareva quasi uno scricciolo, tanto era piccola.

Non seppe il perché di quello strano pensiero, ma Loki ebbe come l’impressione di avere dinanzi a sé una… sì, una piccola volpe!

«Io non sto affatto piangendo, ragazzina. Tu, piuttosto, chi sei? E soprattutto, come osi rivolgere a me certe domande tanto impertinenti?! » Il suo tono di voce era duro e senza ammissioni di repliche. Nonostante avesse solo dodici anni e non rappresentasse di certo l’emblema del coraggio e della forza, aveva imparato da Padre come farsi rispettare; inoltre, anni di lotte con Thor erano riusciti a infondergli un po’ di coraggio e sfrontatezza.

Nonostante ciò, la bambina sembrò scrutarlo, se possibile, con ancora più curiosità di prima e il suo viso si corrucciò in un’espressione sinceramente incuriosita.
Per un momento, Loki fu certo che sarebbe scappata via in preda alle lacrime come di solito faceva chiunque avesse avuto la sfortuna di incontrarlo. Tutti andavano via quando c’era lui. Tutti. Nessuno escluso.

Tutti, ma non quella strana bambina dai capelli rossi. Infatti, invece di correre via, la “piccola volpe” fece nascere sul suo viso lentigginoso un gran sorriso amichevole che lo lasciò perplesso per qualche secondo. Sicché non seppe più che dire.

«Io sono Emily» Disse semplicemente lei, porgendogli la mano. « Tu invece come ti chiami? » Domandò poi con quel suo tono di voce infantile e curioso, tipico delle bambine della sua età.

Dopo la sorpresa iniziale, storse il naso, indignato. Come osava quella piccoletta non sapere con chi stesse parlando? Per gli dèi, lui era Loki! Il figlio di Odino, principe e probabilmente futuro Re di Asgard! Gli si doveva mostrare rispetto, diamine!

«Tutti qui sanno il mio nome, piccola sconsiderata. Io sono Loki: figlio di Odino e futuro Re di Asgard. Dovresti avere timore di me!» Esalò con voce pomposa e arrogante, incrociando le braccia al petto.
«E perché dovrei avere paura?».
«Perché io sono il figlio di Odino e quindi, sono forte come lo è lui!» Ribatté prontamente, visibilmente infastidito dall’ignoranza della bambina.

Lei scrollò le spalle, per nulla preoccupata, e lo fissò con quei suoi enormi occhi azzurri e un sopracciglio inarcato, quasi come se stesse studiando qualcosa di parecchio interessante. Era davvero strana quella mocciosa.

«Però prima ti ho sentito piangere»Mormorò, sincera.«Come mai eri triste? Hai litigato con il tuo papà?» Chiese inclinando la testa di lato. « Ti sei fatto male?» Aggiunse, cercando di trovare nell’aspetto di Loki qualche segnetto o graffio che avrebbe dato conferma alle sue tesi.

Lui strinse i pugni così forte da farsi diventare bianche le nocche delle dita. Non stava affatto piangendo, prima. Lui era un uomo! E gli uomini non piangevano mai. Quella bambina stava davvero cominciando a dargli sui nervi. Ma cosa voleva? Perché non si faceva gli affari suoi?!
 In un impeto di rabbia, si avventò sui di lei e la spinse forte, facendola cadere a terra.

«IO NON STAVO AFFATTO PIANGENDO, CHIARO?» Tuonò rosso in viso e con gli occhi assottigliati in due fessure ormai simili a due tizzoni ardenti.

La “piccola volpe” non si scompose. Imbronciò un po’ le labbra e gonfiò le guancie, ma non sembrò essersi arrabbiata. Si tirò su a sedere con velocità, si pulì il vestitino verde scuro dalla polvere, e riprese ad osservarlo con insistenza. Loki roteò gli occhi, ora seriamente infastidito.

«Be'? Che hai da guardare?» Domandò secco.
«Pensavo che, visto che sei così triste e arrabbiato, forse giocare a nascondino potrebbe farti stare meglio. Ti va di giocarci? Èun bel gioco, sai? Me l’ha insegnato mia zia! Dice che non è di qui, ma di Midgard e sai? Io ci gioco spesso con lei e…».

Ma Loki aveva smesso di ascoltarla da un pezzo.
 
Non ne seppe il motivo, ma non appena aveva incrociato il suo sguardo sorridente aveva provato una sensazione stranissima al centro del petto; come se qualcuno gli avesse appena dato un pugno fortissimo. Era un’emozione strana, nuova, e per quanto si sforzasse di capire di cosa si trattasse, nella sua mente c’era solo il vuoto più totale.
 
Eccitazione?
Ansia?
Felicità?
Allegria?
Rabbia?
 
Credette di star provando tutto questo in un solo, singolo, momento. Erano confusionarie tutte quelle emozioni a cui lui, freddo e calcolatore per com’era, non era abituato. Quindi, quando finalmente capì il motivo di tanta agitazione, si sorprese non poco.
 
Quello era stato il sorriso più vero che qualcuno gli avesse mai indirizzato. Non era come quello di Thor, pieno di malizia e idiozia, e non era nemmeno come quei dannati sorrisi di circostanza che alcune volte i suoi “amici” gli rivolgevano quando chiedeva loro di poter giocare.
Quello che Emily gli aveva rivolto era stato un sorriso vero: uno di quei sorrisi senza doppi fini o falsità, uno di quelli che ti tolgono il fiato e che ti fanno sorridere a tua volta quando ne vedi uno. E quel sorriso era per lui, ed era sincero!

Ritornò a guardarla: aveva ancora quel grande sorriso dipinto sul viso e la sua mano era ancora stretta alla sua in un chiaro tentativo di persuasione.

«Quindi? Giochi? Eh? Eh? Dai, dai, dai!! Ti prometto che ci divertiremo! Daiii, ti preeeeeegooo!».


Guardandola, Loki pensò che, forse, giocare con lei non sarebbe dovuto essere poi tanto male.



 
 


 



-Note dell'autrice.

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(1) NORNE: Le norne (norreno: norn, plurale: nornir) nella mitologia norrena sono tre dísir chiamate Urðr, Verðandi e Skuld.
Le norne vivono tra le radici di Yggdrasill, l'albero della Vita al centro del cosmo (benché alcune fonti asseriscano che esse dimorino sotto l'arco formato da Bifröst, il ponte arcobaleno), dove tessono l'arazzo del destino. La vita di ogni persona è una corda nel loro telaio e la lunghezza della corda è la lunghezza della vita dell'individuo.
(2) VöLVA: La völva (o vala) è una maga esperta nella divinazione e negli oracoli: veniva consultata anche dagli dèi, ai quali predisse le vicissitudini future della famiglia divina. È una veggente e una sacerdotessa presso il popolo dei Germani e nei paesi nordici (esempio völve di Olaf).
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Per cominciare, vorrei seriamente ringraziarvi per essere arrivati fin qui: sappiate, che mi rendete molto, molto felice. :)

Comunque, questa storia é nata principalmente per levarmi quel dannato interrogativo dalla testa: "Se Loki avesse avuto una piccola amica, avrebbe comunque intrapreso le stesse scelte?" E fu così, che per vostra sfortuna, nacque questa storia.
Ho creato il personaggio di Emily insieme a una mia carissima amica (Paolina <3) e in teoria, la lei bambina ha lo stesso caratterino di mia sorella più piccola. Ma non voglio dirvi di più, non vorrei annoiarvi! ^^''
Permettetemi però un'ultima cosa: se siete arrivati fin qui, anche solo per fare felice questa povera e disgraziata anima pia, potreste per piacere lasciare una piccola recensione? Vi prego! ç^ç.

Ahaha xD Ok, ok. Vado via! xD

 P.S: Questa storia è dedicata a Giulia: una mia carissima amica. Senza di lei questa fan fiction non sarebbe mai, ripeto, mai esistita. Grazie mille, Giuli <3
P.P.S: la citazione iniziale è ispirata e "modificata" da una presente nel film di The Brave.


 
Ringrazio di cuore mio padre, quarantottenne laureato, che ha avuto la pazienza e la bontà di correggermi tutti gli errori di ortografia presenti nel testo.
   
 
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