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Autore: hapworth    14/06/2012    1 recensioni
[J. D. Salinger, Varie]
Preferiva far credere che il fratello non fosse altro che un folle, che aveva gettato un sasso contro la prima bambina di cui si era innamorato, e poi aveva chiamato puttana la donna che amava per via di una malattia che non si poteva spiegare solo con le parole.
Tributo a Seymour Glass di J. D. Salinger ~ Seconda classificata (pari merito) nella categoria Libri al Di fandom oscuri e misteriosi indetto da MadameT e giudicato da M.Namie
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Rubami l'anima'
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Non avrei mai pensato di riuscire a scrivere qualcosa su questa famiglia, nemmeno una mezza riga (che non fosse semplice recensione o revisione) scritta di mio pugno; mi sembrava di fare un grande torto a J. D. S., davvero, infangare quella sua intimità che così a lungo ha voluto preservare e che, ancora adesso, preserva nonostante tutto per la sua creazione.
I Glass, per me, non sono solo una famiglia immaginaria, sono qualcosa di molto più profondo: potrei osare affermare di amare ognuno di loro, ma probabilmente mentirei. E non mi pare giusto, in memoria del loro inventore.
Dunque dedico queste righe, ognuna di esse, alla memoria di J. D. Salinger. Perchè per me è stato un po’ come vivere un’altra vita insieme a Seymour, Buddy, Boo Boo, Walter, Waker, Franny e Zooey. E per quanto vorrei averli inventati io, non mi appartengono e questo scritto è fatto solo per apprezzamento a quel grande Genio che nel 2010 ci ha lasciato in silenzio, tacendo perchè in fondo è l’unica cosa che si può fare quando si vede quanto poco rispetto, a volte, ci sia per qualcosa che consideriamo nostro. Forse gli farò torto (probabilmente è così) ma tengo così tanto a loro che non ho potuto resistere; spero solo che non me ne vorrà troppo.
Non c’è altro che potrei aggiungere se non un semplice e sentito: Grazie Jerry.

By
athenachan


Un Unicorno Troppo Felice per Essere Vero

Era sempre stato un gran burlone, Buddy glielo riconosceva. Aveva quel non sapeva cosa, nello sguardo, che catturava l’attenzione, che obbligava gli altri a starlo a sentire, senza poterne fare a meno. Per ore, ore, ore... Senza annoiarsi mai.
Ancora adesso, a volte, si chiedeva che cosa avesse spinto il fratello, quel giorno a spararsi; che cosa ci fosse, davvero, dietro quel gesto. Sapeva quanto, immensamente, Seymour amasse Muriel, sapeva anche quanto era stato doloroso, per lui, sposarla: una felicità davvero esagerata, per essere vera. Pensava di non meritarselo, suo fratello, perchè Muriel Fedder era qualcosa di davvero bello. Era bellissima malgrado tutto e lui era certo che, con il tempo, Seymour l’avrebbe amata ancora di più.
A volte si interrogava davvero, si chiedeva, spesso, quanti momenti ci fossero dietro di sè; momenti che avrebbe potuto passare con Seymour ma che, invece, aveva preferito trascorrere altrove, perché lui era diverso. Avrebbe voluto battere quel suo record da chiacchierone a getto continuo, sapeva che lo desiderava anche suo fratello. Ma non l’aveva mai fatto, principalmente perché era sempre stato troppo incantato da quel famoso discorso sui pericoli della pesca, vecchio ormai di decenni.
Ci pensava, intensamente, talvolta così tanto da farsi male. Perchè Seymour non c’era più, quell’uomo dalle dita leggermente sporche di nicotina non esisteva più, se ne era andato quel giorno, quel 19 Marzo 1948. Aveva anche provato ad immaginare come fosse successo, ci aveva provato l’anno stesso della sua morte; ma faceva così tanto male che, alla fine, aveva ripiegato sui dialoghi, preferendoli all’introspezione: quell’introspezione che, Seymour, aveva da sempre fatto sua.
Glielo diceva sempre, in fondo: “Dammi qualcosa che sia soltanto tuo, in grado di farmi piangere”. Cercare la sua approvazione, negli anni, lo aveva reso uno scrittore migliore, un uomo migliore. E anche se si era venduto al mondo delle riviste, dentro di sè aveva sempre preservato la convinzione che ciò che aveva di più importante mai lo avrebbe dato alle stampe. Mai avrebbe stampato quel racconto del dinosauro che scodinzolava gentilmente e, delicato, mordeva la cima di un abete. Troppo di Seymour, in quello. Preferiva far credere che il fratello non fosse altro che un folle, che aveva gettato un sasso contro la prima bambina di cui si era innamorato, e poi aveva chiamato puttana la donna che amava per via di una malattia che non si poteva spiegare solo con le parole.
Nessuno, probabilmente, avrebbe potuto capire che cosa ci fosse davvero di quell’uomo nei suoi racconti. Non avrebbero nemmeno saputo vedere, probabilmente, Seymour nel suo unico romanzo: perché si, aveva messo un po’ di quell’uomo straordinario anche lì. D’altro canto raramente scriveva cose che non riguardassero suo fratello.
Non era mai riuscito a separarsi da lui veramente, la sua immagine era rimasta nella sua memoria, indelebile: quel suo naso un po’ ricurvo, quegli occhi a ragnatela e quel tono di voce che, davvero, lasciava senza parole. Seymour, per lui, era vivo ogni giorno, lo era ancora da quel lontano giorno di Marzo ed era ancora là, di fronte a quell’hotel in Florida, a cercare con la piccola Sybil dei pescebanana tra le onde.


Fine
   
 
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