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Autore: Nisi    01/01/2007    8 recensioni
[Tutto su mia madre]
Sono passati quasi tre anni da quando Manuela ha preso in affido il piccolo Esteban, tre anni durante i quali si è rifatta una vita, ha tenuto i contatti con gli amici e si è occupata del suo bambino adottivo. E' la sera del suo compleanno ed è giusto che ci sia un regalo anche per lei.
Fanfiction ispirata al film Tutto su mia madre, di Pedro Aldomovar e presentata alla seconda sfida del sito Out Of Time.
ATTENZIONE! VELATI ACCENNI ALLA TRANSESSUALITA'.
Genere: Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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21 marzo 20..

Jamòn serrano, chorizo e patatas bravas.

Manuela, forte del suo passato di infermiera, si rendeva conto che quelle vivande non erano le cose più salutari che potesse scegliere per il suo pasto, ma di certo erano quelle che le piacevano di più. Ma, altrettanto forte del suo passato di cuoca, pensava che mangiare fosse uno dei piaceri della vita: jamòn serrano, chorizo e patatas bravas, appunto.

Sicuro.

Dopo quella giornata pesante se lo meritava.

Dispose il cibo con garbo nel piatto e poi si succhiò le dita che sapevano delle spezie con le quali erano state condite le patate: quel sapore un po’ piccante ed un po’ aromatico le piaceva molto, anche perché non mancava mai di scaldarla e di metterla di buon umore.

Sorrise alla prospettiva della serata che l’attendeva: una buona cena, un buon film, il piccolo Esteban che dormiva tranquillo nella sua cameretta e questo dopo un bagno caldo, pieno di schiuma profumata che l’aveva rilassata e distesa.

Ed il suo quarantatreesimo compleanno.

Una ruga accanto agli occhi, lo shampoo colorante per coprire i primi capelli bianchi ed era arrivata a quell’età senza nemmeno rendersene conto.

Il filo della sua esistenza si era dipanato, stagione dopo stagione, tessuto da delle Parche un poco singolari, tre persone che portavano lo stesso, identico nome: per quattro anni c’era stato il primo Esteban, per diciassette il secondo e da tre anni a quella parte, il terzo, il più piccolo. Figlio del primo e fratellastro del secondo.

Entrò nella cameretta del bambino per controllare che stesse dormendo: era tranquillo nel suo lettino e ronfava beatamente e, prima di uscire dalla stanza, Manuela gli fece una carezza sulla guancia pienotta.

Tornata in cucina, rovistò tra le varie cianfrusaglie che teneva nel quarto cassetto e ne estrasse una candelina rosa che aveva visto tempi migliori, ormai ridotta a poco più di un mozzicone.

Faceva però benissimo al caso suo: prese il piatto e lo appoggiò sul tavolino davanti al televisore, poi piantò la candelina in equilibrio precario su un pezzo di patata ed accese lo stoppino mentre canticchiava tra sé: Tanti auguri a te! Tanti auguri a te! Tanti auguri Manuela, tanti auguri a te!

“Un desiderio, devo esprimere un desiderio… Un uomo senza le tette, vedere più spesso i miei amici e Esteban che cresce sano e forte.” prese un sospiro profondo e soffiò sulla fiammella che si spense all’istante.

“Bene, cominciamo…”

Accese la TV, si tolse le espadrillas e le mise da parte, si sedette a gambe incrociate e prese il piatto in grembo.

Decise che si sarebbe concessa il lusso di mangiare con le mani: quando c’era Esteban non poteva farlo, visto che il bambino aveva cominciato ad imitarla in qualsiasi cosa facesse.

Masticò con gusto in attesa che il film cominciasse, ma afferrò il telecomando e cambiò bruscamente canale quando vide comparire sullo schermo i titoli di testa di “Un Tram Chiamato Desiderio”.

Adorava quel film e ne conosceva tutte le battute a memoria, ma non voleva essere triste, non quella sera: era troppo legato alla morte di suo figlio; inoltre, non aveva voglia di pensare che quando aveva iniziato a recitare era giovane ed aveva interpretato Stella. Ora il suo ruolo avrebbe anche potuto essere quello di Blanche. Una Blanche ancora nel fiore degli anni, ma comunque...

Sintonizzò la TV su un film d’amore che aveva visto parecchi anni prima e si accomodò meglio sul divano.

Non erano passati che pochi fotogrammi sul video, quando il cicalino del citofono ronzò ad interrompere la visione.

“Chi sarà a quest’ora…”

Posò il piatto, si succhiò ancora una volta le dita per togliere l’unto e le spezie e recuperò le espadrillas rischiando di inciampare nei suoi stessi piedi per la fretta.

Afferrò il ricevitore e pronunciò un brusco:”Sì?”, una mano poggiata al fianco e l’occhio ancora puntato allo schermo.

“Manuelitaaaaa!” una voce roca che ben conosceva le rimbombò nell’orecchio, rischiando di provocarle seri danni al timpano.

“AGRADO? Oh mio Dio, Agrado! Vieni, vieni su, ora ti apro!”

Quanto tempo! Erano mesi che non si vedevano!

La porta si spalancò di scatto e la sagoma di Agrado comparve sulla soglia. “Ahhhh, Manuela!” strillò felice.

Con un gesto teatrale, aprì le braccia poi la strinse in un abbraccio che quasi le procurò il torcicollo.

“Buon compleanno!” Agrado frugò nella borsetta nera che teneva sotto braccio e ne estrasse un pacchetto ben confezionato che porse a Manuela. Sbalordita, la donna lo prese: “Agrado, non ti ho mai detto quando fosse il mio compleanno. Come hai fatto a saperlo?”

“Io mi chiamo Agrado perché rendo la vita più piacevole, non ti ricordi?” le rispose facendole l’occhiolino. “Posso mettermi comoda?”

“Ah, sì, scusa… sono rimasta talmente sorpresa che…” Manuela agitò la mano e scosse la testa. “Scusami, prego, accomodati…”

Agrado fece il suo ingresso nel soggiorno ancheggiando vistosamente e Manuela sorrise nel riconoscere questa caratteristica così tipica di lei. O di lui.

”Posso aprirlo?” domandò.

“Oh, sì! E’ il tuo regalo! Ohhhh, che meraviglia!” Agrado giunse le mani alla vista del piatto appoggiato sul tavolino. “Le tue patatas bravas! Posso? Ho una fame!” e si lasciò cadere pesantemente sul divano. Con la mano testò la morbidezza dei cuscini ed annuì con un’espressione ammirata.

“Fai pure.” acconsentì Manuela mentre si dava da fare con il pacchettino. “Cos’è?”

“Apri, forza! Scusami, è solo un pensiero. Sono a corto di soldi, sai.” confessò mentre prendeva una patata e se la metteva in bocca.

Manuela si interruppe bruscamente, le sedette accanto e la guardò perplessa: “Huma non ti paga abbastanza?”

Agrado infilò il braccio sotto al suo ed appoggiò la testa alla sua spalla: “Non è questo. E’ che quei delinquenti dei chirurghi plastici si fanno pagare a peso d’oro. Guarda qui, per esempio: non noti niente?” si tirò la pelle attorno gli occhi.

“Sono sparite le zampe di gallina! Sei bellissima Agrado!” esclamò Manuela ammirata.

“Ottomila euro, in contanti ed in nero, figlia mia! Essere aggiornati è talmente faticoso. Anche se non faccio più la vita da un pezzo, non riesco a togliermi questa fissa!” Sospirò drammaticamente mentre si prendeva in grembo il piatto e lo svuotava metodicamente del suo contenuto. “Ottomila per le rughe, diecimila per sollevare le tette… Non è mai finita ed i soldi.” Fece un gesto pieno di pathos con la mano sinistra. “PUF! Spariscono e non li vedi più!.” si lamentò a bocca piena ed agitando un pezzo di patata nell’aria.“Anche questo Chanel che vedi, non è un vero Chanel.” borbottò, accennando al vestito che indossava. “Però mi fa quasi sembrare una persona per bene!” ridacchiò.

“Agrado, ma tu sei una persona per bene!” rise l’altra.

Scosse le spalle: “Ma ho parlato sempre io, Manuela! Raccontami di te, come stai?”

“Io sto bene” rispose con un sorriso tipico di lei: pieno di calore, ma con una punta di timidezza.

Agrado le prese il viso tra le mani e le lanciò un’occhiata carica di disapprovazione: “Tu lavori troppo, figlia mia! Come sei sciupata! Se vuoi ti do l’indirizzo di un chirur...”

Manuela scoppiò a ridere: “No, no, per quello c’è ancora tempo!”

“E cosa mi dici degli uomini? C’è qualcuno?”

Un lieve rossore tinse le guance pallide di Manuela: “No, per il momento no…”, confessò con lo sguardo puntato al pavimento.

“Attenta a non diventare troppo pignola: le donne che vogliono troppo poi restano sole!” la ammonì.

“Voglio solo un uomo che non abbia le tette più grosse delle mie.” confessò con un sorriso ripensando a Lola.

“Ah, certo! Molto saggio, Manuelita.” approvò puntandole contro l’indice. “Dai, finisci di aprire quel pacchetto!”

Manuela ubbidì e strappò quello che rimaneva della carta da pacco. Il regalo consisteva in una sciarpa di seta bianca.

“Te l’ho detto che è solo un pensierino…” disse a mo’ di scusa Agrado.

“Ma scherzi? E’ bellissima, grazie!” e fu il turno di Manuela di stringere l’amica in un forte abbraccio.

“Senti… me lo fai vedere?” domandò mentre si divincolava dolcemente.

“C…cosa?”

“Esteban! E che avevi capito?”

“Ah, il bambino! Sì…” Manuela ridacchiò. “Vieni, ma fa’ piano perché sta dormendo.”

“Sarò una tomba!” promise, facendo il gesto di cucirsi la bocca.

Le due donne entrarono nella cameretta ed Agrado si guardò attorno, meravigliata: “Che bella cameretta! Ah! L’hai sistemata proprio bene.” Toccò una giostrina a carillon appesa sopra al lettino: “Quanto mi sarebbe piaciuto avere una cosa così!” sospirò, rassegnata. “Oh, ma che amore di bambino! E come è cresciuto! E’ tutto a posto?”

Manuela sorrise orgogliosa: “Sì. Lo porto spesso dal pediatra e sta benissimo.”

“Che gioia, come sono felice!”

“Agrado, ma che fai?” domandò vedendo che l’amica si era chinata profondamente sul lettino mentre la gonna del completo saliva scoprendo una buona porzione delle cosce muscolose e decisamente poco femminili.

”Lo voglio vedere da vicino perché sto cercando di capire a chi assomigli…”

Manuela trattenne una risata, più che altro per non svegliare il piccolo: “A Lola. Cioè ad Esteban, a suo padre.” spiegò senza che fosse necessario.

Riprendendo la posizione eretta, Agrado ribatté: “Facile, per te: quando ho conosciuto Esteban portava tutti i giorni tre chili di trucco in faccia ed era diventato Lola già da un pezzo!” Gettò un’occhiata all’orologio e sobbalzò: “Accidenti, come è tardi, devo andare!”

“Ma sei appena arrivata! E poi è tardi, fermati a dormire.”

“Manuelita, avrei dovuto essere a Toledo tre ore fa...”

Manuela impallidì: “Hai lasciato Huma da sola?”

Agrado fece spallucce: “Se la cava benissimo anche senza di me, almeno per un po’! Ma non preoccuparti, sono coperta: mi sono trovata un alibi. L’ho chiamata e le ho detto che c’è il treno è arrivato in ritardo ad Atocha ed ho perso la coincidenza. La scusa che le Renfe sono un disastro funziona sempre. Però non devo perdere la prossima, altrimenti… Lo sai com’è Huma quando si arrabbia: ti guarda con quegli occhi… ed io non ce la faccio!”

“Va bene, allora aspettami di là: prima sistemo la copertina ad Esteban.”

Agrado annuì, mosse le dita in un buffo cenno di saluto e Manuela riassettò il lenzuolino di cotone che aveva ricamato sua nonna, la mamma di Rosa. Poi tornò in cucina.

Agrado era già pronta ad andarsene ed era in piedi accanto alla porta.

“Allora… grazie. Sono stata così felice che tu sia venuta.”

“Ah figurati! Per così poco.” sbottò distogliendo lo sguardo e tirando su con il naso.

“Ci vediamo presto, Agradita.”

“Sì, sì. Ti mando i biglietti per l’ultimo spettacolo di Huma, allora.”

Le due donne si fusero in uno stretto abbraccio: “Ora vado…”

Si lasciarono sul pianerottolo e Manuela guardò le porte dell’ascensore che, chiudendosi, le portarono via la sua migliore amica.

Rientrò in casa con uno strano senso di serenità e si lasciò cadere sul divano, stringendo le braccia attorno al corpo.

Guardò davanti a sé e vide che Agrado aveva fatto piazza pulita del cibo che avrebbe dovuto essere la sua cena. Accanto al piatto, un foglietto ripiegato accuratamente in quattro.

Manuela lo prese, lo aprì e lesse:

IO COMPIO GLI ANNI IL VENTUNO DI GIUGNO.

Proprio alla fine di quella stagione.

Fine

* * *

Note: Lo jàmon serrano è una specie di prosciutto crudo, il chorizo è una salsiccia piuttosto agliata e le patatas bravas sono patate al forno speziate.

Le Renfe sono le linee ferroviarie spagnole ed Atocha è la stazione di Madrid, diventata tristemente famosa a causa di un attentato terroristico.

Grazie ad Elfie cara e a ReaderNotViewer per aver corretto il testo. Grazie, ragazze!

   
 
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