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Autore: ObliviateYourMind    14/06/2012    0 recensioni
[da "Melancholia", di Lars Von Trier].
Justine dovrebbe essere felice, ha appena sposato Michael. Eppure una strana depressione sembra prendere il sopravvento. E mentre gli invitati festeggiano, il pianeta Melancholia si avvicina pericolosamente alla Terra, minacciando una catastrofe. La fine del mondo sta per cominciare.
Ho deciso di riscrivere un po' la storia di questo magnifico film provando ad immedesimarmi nelle due protagoniste. Spero vi piaccia.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CLAIRE'S POV

 

 

Guardai il cielo, seduta sul divano di pelle a lato della vetrata.

Mia sorella Justine sarebbe arrivata da un momento all'altro, ed io non facevo altro che pensare a lei.

Mi chiedevo se la sua condizione fosse migliorata o meno. Presto l'avrei scoperto.

 

Come se non fosse bastata la malattia di mia sorella a rendere brutta la situazione, si diceva in giro che un pianeta, Melancholia, si stesse avvicinando alla Terra, sempre di più. John sosteneva che ci sarebbe soltanto passata vicino, e che avremmo avuto modo di ammirare quello “spettacolo della natura” per la prima ed unica volta in vita nostra, dato che si trattava di un fenomeno straordinario. Io però non mi fidavo di mio marito. Su internet continuavo a leggere pareri che andavano contro ciò che la scienza “seria” affermava: secondo loro Melancholia, quello stupido pianeta, avrebbe certamente incontrato la Terra sul suo cammino. Saremmo morti tutti quanti nel giro di pochi giorni. Non sapevo a chi credere.

 

Justine arrivò, in taxi. Il suo aspetto era veramente orribile. Non avrei mai immaginato che una ragazza solare come lei potesse piombare in una depressione simile.

Non voleva mangiare, non voleva lavarsi: la sola vista dell'acqua la rendeva irritabile. Spesso scoppiava a piangere durante la cena, blaterando cose apparentemente senza senso. Leo mi chiedeva cosa succedesse, ma come potevo io spiegargli qualcosa che nessuno capiva? E lei dormiva, dormiva tutto il giorno.

 

Intanto io cominciavo ad essere veramente ossessionata da quel pianeta. Ogni tanto controllavo i siti che ritenevo più affidabili, e nessuno smentiva ciò che in precedenza aveva affermato.

Un giorno, accadde una cosa molto strana. Io e Justine ci trovavamo nell'orticello, dopo pranzo, e stavamo raccogliendo delle bacche dentro grandi ciotole di porcellana bianca. All'improvviso, minuscoli fiocchi bianchi cominciarono a scendere e si depositarono velocemente sui nostri vestiti. Era neve. Che strano. Doveva essere l'influenza di Melancholia, comunque. Si stava avvicinando, e quel pensiero non mi mise per niente di buon'umore.

 

Mia sorella si rifiutava di portare fuori Abraham. Dovetti insistere parecchio per convincerla.

Quando arrivammo al ponticello, vicino alla diciottesima buca, il suo cavallo però non volle andare oltre, proprio come era successo qualche mese prima, dopo il matrimonio di Justine. Non seppi spiegarmi il perché si comportasse così. Forse anche lui, come tutti noi, sentiva che c'era qualcosa che non andava.

«Eccolo, è lì... il passaggio ravvicinato» disse Justine.

Seguii il suo sguardo, e constatai che aveva ragione: il pianeta maledetto, Melancholia, era proprio lì, davanti a noi, luminoso ed evidente come mai prima d'allora.

 

Una notte, i nitriti dei cavalli nella scuderia mi svegliarono. Quando uscii a prendere una boccata d'aria fresca, vidi mia sorella. Si stava dirigendo verso il campo da golf. Lei sparì dietro gli alberi, ed io la seguii. La trovai stesa a terra, sulla riva del fiume, completamente nuda; la sua pelle era avvolta solamente dalla luce bluastra di Melancholia. In quel momento, arrivai a pensare persino che forse era Justine che stava attirando verso di sé il pianeta, che era lei l'artefice di tutto. Avevo ancora più paura; anzi, ero terrorizzata, ma volevo credere con tutta me stessa a John.

 

"TERRA E MELANCHOLIA, DANZA DI MORTE". Quelle lettere spiccavano sullo schermo del computer come fossero di fuoco.

«Domani sera Melancholia ci passerà vicino; dopodiché non la vedremo mai più.» disse John.

«Tu dici...tu dici che non ci colpirà?» gli chiesi io, la voce tremante.

«No, è sicuro» mi ripose lui.

Gli chiesi se fosse possibile che tutti gli scienziati avessero sbagliato i calcoli, ma lui tentò di rassicurarmi in ogni modo, senza riuscirci.

 

Comprai delle pillole, per precauzione. Sempre meglio essere previdenti.

 

I discorsi che faceva Justine mi spavaentavano a morte. Diceva che non dovevamo addolorarci per la Terra, perché lei era cattiva. Diceva anche che la vita esiste solo qui, e che noi tutti siamo soli. Cosa significava tutto ciò? Lei sapeva qualcosa di cui nessun altro era a conoscenza? Mi fissava con occhi persi, sembrava quasi in preda ad una sorta di estasi. Parlava a me, ma non con me.


La notte del passaggio ravvicinato arrivò, e fortunatamente andò tutto per il meglio. Il pianeta ci passò accanto, meraviglioso nella sua luce, e poi si allontanò.

Quando però mio marito propose di brindare “alla vita”, capii che c'era qualcosa di strano. Lo immaginavo: le nostre vite erano in pericolo ma lui era stato così vigliacco da non volerlo ammettere. Il mio cuore cominciò a martellare rumorosamente contro le costole. Pensavo a Leo, a mia sorella. Alla nostra bella casa. Tutto perduto, tutto.

«In realtà mentre noi parliamo si allontana, solo che non riesci a vederlo a occhio nudo. Tieni, appoggialo al torace» mi disse John, porgendomi il geniale strumento creato da mio figlio.

Aveva ragione, Melancholia si stava effettivamente allontanando. Scoppiai a piangere dal sollievo: forse eravamo salvi.

 

Il mattino seguente, quando uscii di casa, trovai John chino sul telescopio. Io mi sedetti al sole e mi addormentai quasi subito. Quando aprii gli occhi, lui non c'era più. Provai a misurare la circonferenza di Melancholia con il fil di ferro, poi aspettai un minuto e controllai. Era più grande, si stava avvicinando.

Ma come?! Non doveva essersi allontanato per sempre? I calcoli di John erano sbagliati? Precipitai nel panico più assoluto. Chiamai mio marito a gran voce, ma poiché non rispondeva decisi di cercarlo.

John si trovava nella scuderia. Era a terra, steso sul fieno. Morto. Aveva ingoiato le mie pillole.

 

Presi in braccio Leo, decisa a fuggire. Non ero convinta che sarebbe servito a qualcosa. Salii in auto, provai a mettere in moto, ma invano. La macchina non funzionava. Nel frattempo, una pioggia scrosciante aveva iniziato a cadere. Provai anche con l'altra macchina, ma non ci fu niente da fare.

«Claire! Si può sapere che... Claire!»

Non c'era tempo per le spiegazioni. Dovevamo scappare e basta.

Presi il golf cart, sistemai velocemente Leo sul sedile e tentai di convincere Justine a seguirci, ma lei non volle. Era tranquilla lei, fin troppo. Partii comunque, ma una volta giunta al ponticello, anche l'ultimo mezzo di trasporto a mia disposizione mi abbandonò.

Eravamo perduti.

Presi in braccio mio figlio, che tremava come una foglia. Camminai velocemente sull'erba, lo sguardo rivolto al pianeta. La pioggia si tramutò in grandine. Mi guardai attorno spaesata, non sapevo cosa fare. Ormai rassegnata, mi sedetti per terra e mi misi le mani tra i capelli. Dovevo prepararmi all'inevitabile.

 

Io volevo andarmene serenamente. Volevo morire assieme ai miei cari, magari bevendo un bicchiere di vino, seduta in veranda. Ma lei no. Oh no, Justine trovava stupide le mie idee. Lei era così insensibile, a volte.

«Io volevo solo che fosse piacevole...» dissi.

A volte la odiavo con tutta me stessa.

 

Mi sedetti sull'erba, sotto la capanna fatta di rami, quella che Justine e Leo chiamavano “la grotta magica”.

Quasi non riuscivo a rendermi conto che quelli erano gli ultimi minuti della mia vita. L'ultima volta che gli occhi miei e di mio figlio vedevano la luce. Guardai Leo, e le lacrime cominciarono a scendere copiose lungo le mie guance calde. Non avrebbe avuto un futuro. Non avrebbe potuto avere una famiglia, mai. E mia sorella, allora? Delusa dal suo sogno d'amore, ormai infranto, non avrebbe più trovato nessuna consolazione.

Provai a chiudere gli occhi, ma non ci riuscii. Desideravo guardare mia sorella per l'ultima volta. Justine afferrò dolcemente la mia mano e la strinse forte.

Un boato quasi assordante e la luce che si faceva sempre più forte mi dissero che era arrivato il momento.

Con gli occhi colmi di lacrime, volsi lo sguardo in alto, verso Melancholia.

E prima ancora di rendermene conto, era tutto finito.

 

 

 

 

Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Lars Von Trier; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Angolo dell'autrice: quella di Claire è forse la parte più toccante di tutto il film, e non è stato facile per me immedesimarmici. Spero comunque di essere riuscita a rendere bene i diversi momenti della storia. Mi farebbe piacere leggere qualche commento/recensione... ad ogni modo, ringrazio in anticipo chi leggerà questa mia fanfiction. 

A presto, Giulia.

   
 
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