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Autore: _Jaya    15/06/2012    8 recensioni
Questa storia parte da un sogno, e da lì ho tirato tutte le fila di questa breve storia. La scoperta dei poteri di Merlin da parte di Arthur è un argomento spinoso che tutti vorremmo vedere rappresentato nel telefilm, questa è un'ipotesi nata nella mia fantasia. Buona lettura.
Dal testo:
Geoffrey di Monmouth cominciò a parlare leggendo quello che era stato deciso in precedenza: « L’alta corte del Regno di Camelot, presieduta dal re Arthur Pendragon, figlio di Uther Pendragon, legittimo erede della stirpe Pendragon, ha stabilito la colpevolezza di Merlin, valletto al servizio dello stesso Re, per aver praticato la magia e di tradimento nei confronti del Regno. »
SPOILER 4 SERIE!
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gwen, Merlino, Morgana, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Note preventive: Ecco finalmente l'epilogo. Scusate il ritardo sulle solite due settimane tra un capitolo e l'altro, ma l'ispirazione era andata a farsi friggere con la tesina. In ogni caso questo è l'epilogo completo, di cui sono orgogliosa (ma non trattenetevi dallo smontarmi o dal lancio di pomodori, ve ne prego!), anche se è lungo quasi quanto un capitolo >.<
Ma da quand'è che sono così logorroica?!
Buona lettura!
Non posseggo nessun diritto sul telefilm Merlin trasmesso dalla BBC né sugli attori. Non è stato scritto a scopro di lucro.



Il momento giusto









Una bimba correva nel bosco cercando di fuggire dalla sua balia. I capelli castani scuri, quasi neri, erano al vento, e le piccole onde naturali rimbalzavano sulla schiena a tempo: i suoi capelli erano lunghissimi, arrivavano quasi alla vita della bambina. La carnagione non era chiara, né olivastra, ma di un magnifico color ambrato. Gli occhi vispi erano di un turchese splendente, sempre pronti ad osservare tutto e tutti in ogni situazione. Ogni tanto scoppiava a ridere da sola pensando alla faccia che avrebbe fatto la sua balia una volta che si fosse accorta della sua assenza.
Dopo qualche minuto si fermò per riprendere fiato, sedendosi su un tronco di albero caduto. Dei movimenti sospetti attrassero l’attenzione della bimba. Qualcuno si stava muovendo dietro ad un cespuglio. Comparve improvvisamente un elmo che nascondeva una chioma corvina, seguito qualche secondo dopo da una mano armata. Gli occhi dell’uomo erano di un blu più scuro di quello della bambina, e la spaventarono: le vennero alla mente le immagini dei personaggi cattivi delle sue fiabe preferite, così simili a quella figura minacciosa.
La bimba squittì spaventata e cercò di correre via e nascondersi. L’uomo coprì con pochi passi la distanza che li separava e alzò minaccioso la spada, puntandola alla gola della bambina. I suoi occhi erano spalancati e sbarrati dalla paura. Molto spesso le venivano raccontate brutte storie sugli incontri nei boschi, sua madre era stata attaccata da alcuni banditi una volta, e tutti quei racconti ora le risuonavano in testa come degli avvertimenti mai ascoltati con la dovuta attenzione.
« Ma che bel pulcino che c’è qui! » disse con voce rauca l’uomo « E che graziosi vestitini che indossi… papà è molto ricco, nevvero? E qui cosa abb… »
Il bandito non riuscì a completare la frase: una forza potente e improvvisa lo sbalzò all’indietro, lontano dalla bambina. Questa si voltò meravigliata e trovò a qualche metro da sé un altro uomo con una mano alzata nella direzione in cui il bandito era volato: l’uomo aveva dei capelli corvini e una leggera barba sul volto, ma quello che la colpì più di tutto furono gli occhi. Per qualche secondo rimasero dorati per poi diventare di nuovo blu, un colore simile da quello del bandito, ma terribilmente più sinceri.
Egli abbassò la mano e si voltò verso la bimba. La guardò per qualche istante e si avvicinò a lei con una leggera corsa.
« Ti ha fatto del male? » domandò accucciandosi al suo fianco.
La bambina scosse la testa e chiese all’uomo « Ma era magia quella? Mi puoi insegnare? Deve essere fantastico poter muovere le cose solo con un movimento del dito! Mamma mi ha parlato tanto della magia! E babbo mi ha raccontato di un suo amico che diverse volte gli ha salvato la vita con la magia! Però è sempre triste quando ne parla… credo abbiano litigato, sai, prima della mia nascita. »
Lo stregone sorrise alla parlantina della bambina. « Sì, era magia, ma non posso insegnartela… è un dono che si ha dalla nascita, spesso la erediti dai tuoi genitori. Sai cosa vuol dire ereditare? » le domandò poi dubbioso.
La bimba annuì e pomposamente cominciò a spiegare « Ovviamente! Ereditare significa che i genitori regalano ad un figlio o ad una figlia qualcosa dopo la loro morte. Il mio papà mi ha insegnato anche questo! »
Il mago sorrise, sinceramente divertito dalla sorprendente loquacità della creatura. Il blu dei suoi occhi si perse per un attimo nel turchese di quelli della bimba, prima di continuare a parlare: « Ma cosa ci fai tutta sola nel bosco? Non c’è la tua mamma con te? »
La bimba gonfiò il petto « Sono grande abbastanza da andare in giro da sola! E poi mamma è la regina, e la regina non può andare in giro da sola per i boschi! »
L’uomo sgranò gli occhi per qualche secondo sentendo queste parole. “Possibile che sia lei… ?!” pensò ritrovando dei lineamenti a lui familiari nel tratti del volto della bambina. Lei continuò a parlare senza accorgersi dello stupore del suo interlocutore. « Il mio nome è Albion Ygraine Pendragon, il tuo? »
« Merlin » rispose semplicemente il mago camuffando bene la sua sorpresa « Vieni da Camelot, vero? Se vuoi possiamo fare la strada insieme, devo andare anche io in quella direzione »
« Ma se torno Mary mi sgrida! » rispose la bimba in tono lamentoso « E se lo dice a papà lui diventa cattivo con me! »
Lo stregone intuì che Mary fosse la balia addetta al controllo e alla cura della principessina e cercò di convincere la bambina « Non lo verrà a sapere nessuno, sarà il nostro piccolo segreto »
La bimba arricciò le labbra e alla fine annuì soddisfatta. Merlin considerò che in fin dei conti non sembrava così diversa dal padre. Il sorriso un po’ storto era lo stesso, il modo in cui le si illuminano gli occhi identico. La nostalgia di Camelot e dei suoi amici si fece un po’ più forte in quel momento.
« Allora va bene, andiamo! » disse Albion prendendo per mano il mago. Merlin si lasciò guidare dalla bambina verso il castello senza perdere nemmeno un angolo di quel bosco così ben conosciuto.
Era da quelle parti che gli abitanti di Camelot si erano rifugiati dopo un attacco della strega Morgana. Un po’ più in là invece Merlin ricordava di essersi quasi fatto scoprire in qualità di mago. Là infondo, invece, lo stregone ricordava ci fosse la spianata vicino alla città, in cui di solito chiamava il drago Kilgharrah.
Tantissimi tristi ricordi vennero alla mente del giovane uomo, ma la vocetta acuta e vivace della bambina riuscì a portarli via tutti. All’improvviso lasciò la sua mano e corse in avanti per qualche metro. Si fermò in un punto in cui le piante diradavano e concedevano ai viandanti di vedere il paesaggio. Albion si voltò verso Merlin e lo guardò impaziente.
« Guarda, questa è Camelot! » il dito indice della bimba era diretto verso la vecchia città e verso il castello, poco sopra a questa. Merlin affiancò Albion e osservò il panorama.
Era identica a come l’aveva vista l’ultima volta, allontanandosi da Camelot, qualche anno prima: sempre la stessa atmosfera calorosa, piena di vita ad ogni ora del giorno e della notte. Riusciva a percepire i rumori della vita quotidiana fin da lì: le voci delle donne e dei venditori al mercato, il chiasso dei giochi infantili, il clangore delle spade dei cavalieri. Anche gli odori sembravano i medesimi: il profumo dei fiori, dei frutti del mercato, delle cucine si mescolavano tutti insieme creando un odore buono, che sapeva di casa.
« Dai andiamo! Ti faccio conoscere la mia mamma! » Albion riprese la mano del mago e cominciò a tirarlo verso la cittadella. La strana coppia superò le mura cittadine passando relativamente inosservata, a parte qualche guardia che accennò un saluto – completamente ignorato – alla principessa.
Mano a mano che Merlin percorreva quelle strade si sentiva sempre più andare indietro nel tempo. Alle finestre delle case erano affacciate persone che gridavano qualcosa a chi passava lungo la strada. Dei bambini giocavano rincorrendosi e brandendo delle spade di legno si colpivano a vicenda. I venditori reclamavano i loro prodotti come i migliori del regno e le donne si avvicinavano curiose per osservare le varie mercanzie.
« Da questa parte » lo guidò Albion scivolando in un vicolo secondario che, Merlin lo ricordava bene, portava dritto dritto ad un entrata del castello.
Ora che stava per arrivare lì, nel cuore di Camelot, il ritornare a casa non gli sembrava più una buona idea. Il terrore di rivedere la delusione negli occhi del vecchio amico lo attanagliava non appena li aveva riconosciuti nella piccola Albion. Si sentiva scoperto, nudo, ora. Aveva sempre avuto un segreto da nascondere percorrendo quelle strade, una maschera dietro cui celare la sua vera natura, un’essenza da temere. Adesso invece no. Poteva essere se stesso, e questo lo spaventava un po’.
« Ecco, questa è la mia casa! » annunciò Albion una volta che il castello fosse ben visibile. Avrebbero dovuto percorrere un breve tratto di mura prima di entrare per il ponte levatoio.
Merlin rimase per qualche istante immobile ad osservare il panorama e la bimba gli tirò impaziente la mano che teneva sempre stretta con le sue piccole dita.
« Andiamo dai! » lo incitò facendogli cenno di raggiungere l’ingresso principale del castello.
Merlin la seguì sempre con un’aria svagata in volto. Voleva ritrovare ogni piccolo particolare nella sua memoria e non si accorse di essere stato lasciato solo dalla bambina.
Osservava la scalinata, dove spesso aveva battibeccato con Arthur, il cortile che aveva visto attacchi spaventosi e momenti felicissimi, le finestre luminose che rispecchiavano la luce del sole.
« Eccolo è lui! » la voce squillante di Albion risvegliò la mente del mago dai suoi pensieri. Era circondata da alcune guardie che lo presero e lo trascinarono via. Alcuni servitori lì intorno che assistettero alla scena domandarono alle guardie cosa fosse accaduto, ma nessuna di esse rispose loro. Nemmeno le richieste di Merlin di sapere il motivo di quel gesto ottennero una reazione: Albion era troppo distante per interrogarla, e il mago valutò se liberarsi con la magia oppure no. Non ebbe il tempo nemmeno di pensare se applicare la sua magia che venne trascinato via, entrando dentro il castello.
Merlin notò che non lo stavano portando nelle segrete, né nella sala del trono, ma le guardie erano dirette verso gli appartamenti reali, o almeno dove un tempo erano questi. I servitori di cui Merlin riusciva a incrociare lo sguardo erano stupiti, ma non fecero domande. Lo strano corteo arrivò fino ad una stanza protetta da una guardia. Albion sussurrò qualcosa all’orecchio di questa, che, riluttante annuì e aprì la porta. La bambina entrò nella stanza e chiuse la porta dietro di sé.
Il mago fece una smorfia; questo comportamento era proprio da degna figlia di Arthur: credere che tutti fossero a tua completa disposizione.
Dopo circa due minuti la bimba riuscì dalla stanza e fece cenno alle guardie di far avanzare Merlin.
« Su, vieni! C’è qualcuno che ti vuole conoscere! » incitò il mago ad avanzare « Dai! »
Merlin sospirò leggermente e prese la mano che Albion gli offriva e fece il suo ingresso nella stanza. Tenne la testa bassa e gli occhi incollati sul pavimento fino a che non sentì la porta dietro di sé chiudersi completamente. Ecco, ora si poteva decisamente definire in trappola.
« Venite avanti, viandante… » disse una voce sconosciuta al mago. Egli alzò di poco lo sguardo e fece due passi in avanti.
Seduta su una seggiola piuttosto pesante c’era una donna dalla pelle caffelatte, che stava dedicando la sua attenzione al prezioso lavoro di ricamo che teneva in grembo. Accanto a lei stava seduta una ragazzina di qualche anno più giovane di lei che le passava i fili dei diversi colori. Ad aver parlato era invece un uomo di mezz’età piantato in mezzo alla stanza che reggeva in mano un rotolo arrotolato: l’espressione con cui lo guardava sembrava parecchio scocciata, forse perché l’ingresso di Albion aveva interrotto una lettura importante.
« Scusatemi per il trattamento che vi ha fatto avere Albion, deve ancora impar… » la voce morì in gola alla regina. Il suo volto sbiancò e delle lacrime raggiunsero l’angolo interno dell’occhio. Inizialmente Guinevere rimase seduta artigliando con le lunghe dita i braccioli della sedia, ma poi si alzò in piedi di slancio. Avanzò rapidamente sotto lo sguardo stupito e oltraggiato del funzionario di corte e si fermò solo a meno di un paio di passi di distanza dal mago.
« Merlin? » domandò la regina allungando una mano verso l’uomo « Sei veramente tu? »
Merlin smise di mordersi il labbro inferiore e alzò lo sguardo sulla donna. La sua amica Gwen era diventata una vera dama di corte: i capelli erano raccolti elegantemente sulla nuca, il vestito impeccabilmente elegante, le mani curate e lisce.
Il luminoso sorriso del ragazzo fu sufficiente alla regina per togliere ogni dubbio: abbracciò l’amico e gli strinse le braccia al collo. Qualche lacrima sfuggì alle lunghe ciglia della regina e bagnò la casacca del mago.
« Merlin mi sei mancato tanto… » gli confessò. Merlin strinse l’amica a sé più forte.
« Scusami se sono fuggito così… Ma era l’unica cosa che potessi fare » si giustificò il mago sciogliendo l’abbraccio.
« Ma mamma! Tradisci così il babbo? » la voce trillante di Albion ruppe il momento di riconciliazione tra i due amici. L’uomo di corte sembrava pensare la stessa cosa. Gwen rise apertamente della frase della figlia e si abbassò alla sua altezza per parlarle meglio.
« Questo è un caro amico della tua mamma e del tuo papà… hai presente quel potente mago di cui ti raccontavo le avventure? È lui, Merlin »
Albion arricciò il naso e osservò a lungo l’uomo che l’aveva salvata nel bosco, poi commentò « Io me lo aspettavo molto più vecchio quello stregone! »
Sul viso di Merlin il sorriso si allargò fino a diventare una risata aperta. Gwen si ritrovò a sospirare e ad andare dietro alla sua ilarità. Le era mancato tantissimo in quegli anni in cui si era assentato da Camelot.


« Quindi è solo questo quello che hai fatto? » domandò Gwen all’amico. Stavano passeggiando per il bosco intorno alla città di Camelot raccontandosi l’un l’altro quello che avevano passato negli anni di lontananza.
« Non avevo più vicino una calamita per i guai come Arthur… » le rispose Merlin ridendo. Rimasero in silenzio ancora per qualche istante ritornando verso la città. La sera stava calando ed era ora di rientrare. La regina si morse un labbro e fece uscire dalle sue labbra una domanda che la attanagliava e che la tormentava da quando si era resa conto di avere accanto a sé veramente Merlin.
« Arthur sa che sei tornato? Cioè… voglio dire… resti, vero? » le parole rimasero nell’aria. Merlin chiuse gli occhi per qualche attimo e si umettò le labbra prima di parlare.
« Non avevo in programma di tornare… ho incontrato semplicemente Albion nel bosco e l’ho riaccompagnata a casa »
Gwen sorrise e prese una mano del mago fra le sue prima di rispondergli: « Ti ha portato a casa… Camelot è anche casa tua Merlin, non scordarlo mai »
Merlin fece un movimento con la testa e sbatté velocemente le ciglia sugli occhi velati di lacrime. Sul viso si aprì una smorfia che svelava l’indecisione e la confusione che albergavano nella testa del mago. Da una parte sapeva bene che i suoi passi lo avevano portato lì perché era già da tempo che intimamente voleva tornare. D’altra parte non aveva alcuna intenzione di forzare Arthur in alcun modo, sia in senso positivo che negativo. Si erano lasciati come sospesi, avevano deciso, pur senza dirlo apertamente, di cercare di salvare la loro amicizia, forte e vera: il ritorno di Merlin avrebbe significato un’accelerazione del meccanismo di risanamento fra di loro, un meccanismo particolarmente difficile da far muovere da parte di entrambi.
« Non lo so Gwen, io… io so di appartenere a questo posto, a questa città. Ma, lo sai, non posso imporre la mia presenza ad Arthur così »
« Non credo ne sarebbe così scontento » rispose Gwen « e sicuramente sia io che Albion saremmo felicissime di avere un amico magico vicino a noi »
La regina abbandonò il suo portamento regale ancora una volta e abbracciò il mago. Merlin strinse a sé l’amica, con le lacrime che gli solleticavano gli occhi.
« Merlin? »
Non era un urlo, né un grido. Nemmeno una richiesta di aiuto o una supplica. No, era una domanda piena di sorpresa e di dubbio, di incertezza e di incredulità. Perché Arthur non poteva davvero credere di trovare il proprio migliore amico lì, abbracciato alla moglie in mezzo al bosco. Non dopo tanti anni dalla sua scomparsa, dalla sua fuga volontaria. Non l’aveva biasimato più di tanto all’epoca, non sapendo come comportarsi. Con la moglie aveva relegato l’argomento “Merlin” in un angolo poco visitato della loro relazione.
I due amici si separarono all’istante e si voltarono verso il re di Camelot, appena giunto nella foresta. La sua figura apparve poco distante da loro, quindi Merlin non riuscì a leggere la sua espressione.
Come di riflesso ai passi sempre più vicini del re, il cuore di Merlin cominciò a battere sempre più frenetico.
« Merlin » ripeté il sovrano riconoscendo veramente il vecchio servitore. Non si fermò, ma avanzò sempre più vicino a lui. Piantò la spada che teneva in mano nel terreno a qualche metro di distanza per avere le mani libere, e, secondo Merlin, per non avere la tentazione di infilzarlo con essa.
Una parte del suo cervello registrò che non si trattava di Excalibur, ma di una spada comune.
Ma non era questo che importava il mago in quell’istante. La velocità di marcia di Arthur non era affatto diminuita e il moro si ritrovò a socchiudere gli occhi, in attesa di uno schiaffo, di una furia proveniente dal suo re.
Quello che ricevette non fu uno schiaffo, anche se la forza che lo travolse fu poco minore. Arthur aveva abbracciato il suo ex-servitore portandogli le mani dietro alla schiena e stringendolo violentemente a sé. Gli occhi del mago si aprirono di scatto, non essendo abituato a un approccio del genere da parte del sovrano di Camelot.
« Merlin » la voce questa volta era quasi rotta dall’emozione e Merlin non poteva davvero credere che provenisse dal suo re. Arthur aveva sperato tante volte di poter rivedere il suo vecchio servitore, il suo amico, il suo angelo protettore che tante volte l’aveva salvato, e una volta ritrovato davvero tutte le parole e i discorsi costruiti per l’occasione erano spariti lasciando il posto solo ad un’emozione enorme. Il re strinse gli occhi e poi li riaprì per guardare il cielo, non voleva piangere.
« Arthur… » sussurrò Merlin, rispondendo alla stretta solo dopo essersi ripreso dall’immediata sorpresa. Il mago non si fece gli scrupoli del re e delle lacrime scesero dai suoi occhi blu. La magia dentro di sé ribolliva e danzava felice, la sentiva dentro ogni sua vena, ogni sua singola porzione di carne: pulsava dentro di lui per essere liberata.
Poi Arthur pronunciò quella frase che mise tutto a posto e che li riunì ancora più profondamente.
« Bentornato a casa » queste parole aleggiarono nell’aria per arrivare alle orecchie acute di un drago.
Dopotutto due facce della stessa medaglia non possono stare lontane troppo a lungo.





~ Fine ~







Note dell'autrice: Finiiiito! Mi sento pienamente soddisfatta, ma sono ugualmente ansiosa... ho deluso qualcuno? La mia anima di slasher si è fatta lievemente sentire in questo epilogo, ma spero non dia noia a nessuno... si può benissimo vedere come amicizia, come [SPOILER 4 STAGIONE] il primo abbraccio tra i due, entrambi consapevoli. Ho in testa le immagini dell'episodio in cui Arthur abbraccia Merlin pieno di fango... credo sia stato quello a farmi venire in mente tutto [FINE SPOILER]
Ringrazio tantissimo miharu87 per la recensione e crownless per la gentile concessione su Albion (anche se sono diverse non posso non escludere che l'idea su di lei mi sia venuta grazie alla sua ff Map of the problematique che tra l'altro vi consiglio di leggere)
Anche se sono alla fine dedico questo capitolo a tutti maturandi e a un'amica particolare. In bocca al lupo Anna!
Grazie dell'attenzione,
Chiara



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