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Autore: Koori_chan    15/06/2012    4 recensioni
Sono passati sette giorni da quando Dante Alighieri ha intrapreso il suo viaggio fra i tre Regni dell'Oltretomba.
Sette giorni durante i quali il fiorentino ha avuto modo di conoscere illustri personaggi e di incontrare vecchi amici, di assistere a cose che nessuno prima di lui aveva mai visto e di ritrovare, dopo tanta fatica, la sua amata Beatrice.
Eppure, alle porte del Paradiso, Dante si accorge che qualcosa non quadra, che manca qualcuno.
E capisce quanto sia stato cieco fino ad allora.
//Sì, Beatrice sapeva, e proprio perché sapeva smise di sorridere e fece scivolare lentamente le sue dita fra le mie, lasciando la mia mano.//
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All’Inferno non si vedono le Stelle~

 










Buio.
Nulla, a primo impatto, avrebbe potuto suggerirmi che eravamo usciti dall’Inferno. Nulla se non quella leggera brezza fresca che accarezzava il mio viso sudato e sporco di fuliggine.
Sapeva di mare, sapeva di nuovo, di libertà. L’orrendo corpo di Satana sembrava solo un vago ricordo, i resti di un incubo spazzato via con fermezza da quell’aria pura e amica.
Mi accorsi che stavo ancora stringendo la mano della mia guida quasi avessi temuto di potermi perdere, di poterlo perdere, stordito da quell’oscurità che ci avvolgeva come un manto nero.
Ma persino l’oscurità qui era diversa rispetto agli Inferi. Non era il nido sporco e rovente di folli e assassini, non si udiva il lamento degli sciagurati che avevano gettato la loro anima fra le fauci pulsanti di Cerbero: qui c’era silenzio.
Un silenzio rassicurante, il silenzio dell’abbraccio di una notte che stava finendo.
Pian piano i miei occhi si abituarono al dolce suono delle onde sulla sabbia, al fruscio dei giunchi lungo la riva, alla terra gravida di calore che ormai mi ero lasciato alle spalle.
Sbattei le palpebre un paio di volte, come chi riacquista la vista dopo secoli di cecità e, nonappena riacquistata, si accorge di poter vedere mille meraviglie.
Lasciai che la mia mano scivolasse via dalla presa salda e protettiva del mio duca e mossi alcuni passi sulla sabbia, gli stivali che affondavano un poco ad ogni movimento. Alzai gli occhi al cielo, specchiandomi nella meraviglia di milioni di stelle. Erano là, polvere di diamante nella pece dei miei occhi, si riflettevano sulla piatta superficie marina come avrebbero fatto sulla tela di un quadro.
- Virgilio, guarda! Ci sono le stelle! – mi sorpresi ad esclamare, la voce e lo sguardo di un bambino mentre, il sorriso indirizzato all’antico poeta, indicavo costellazioni sconosciute.
Egli si avvicinò a me, le labbra severe ora piegate in un sorriso intenerito.
- Sì, siamo giunti alla Spiaggia del Purgatorio, finalmente! –
La notizia mi riempì il cuore di gioia ancor più della visione di quelle luci a me tanto care.
- Purgatorio? Significa che siamo quasi da Beatrice? –
Virgilio scoppiò a ridere di fronte alla mia impazienza, ma non era una risata vera, di quelle che sgorgano dal cuore come acqua da una sorgente.
Potevo leggere un sentimento diverso in quella risata, come una sorta di reticente malinconia, come il desiderio di poter tornare indietro ad un momento in cui aveva irrimediabilmente perso qualcosa per cercare di recuperarlo e cambiare il corso del destino.
Ben presto fui raggiunto dalla mia guida sul bagnasciuga che recava le mie impronte; rendermi conto che Virgilio non ne aveva lasciata nemmeno una mi fece trasalire.
- Ma tu…! – esclamai, incapace di allineare i miei pensieri per esporli al mio compagno di avventure.
Egli scosse il capo con dolcezza, un atteggiamento assai diverso da quello assaporato all’Inferno.
- No, io non lascio impronte. Dimentichi forse che tu sei vivo, mentre io non sono altro che anima? – ma anche in questa spiegazione in apparenza spontanea e priva di colore riuscii a cogliere un’amarezza che mi diede le vertigini.
Qualcosa era cambiato in lui nei due giorni di traversata del regno dei morti. Il Virgilio distaccato e rigido che era venuto a salvarmi alla Selva Oscura si era lentamente mutato in un uomo più morbido, in un amico sincero, nel mio unico e solo punto di riferimento.
Eppure, in un certo senso, anche io sentivo di essere cambiato. Qualcosa in me stava lentamente trasformandosi, un sentimento al quale non ero in grado di dare un nome.
Era come se, a volte, perdessi di vista la vera meta del mio viaggio, come se, di tanto in tanto, raggiungere Beatrice non fosse stato più così importante.
- Virgilio? – lo chiamai sottovoce, non volendo interrompere l’incanto di quella notte stellata che si stava mutando in giorno, bozzolo grigio che si schiude al mondo rivelando la più bella delle farfalle, le ali dipinte dall’alba.
Posò lo sguardo su di me, ed io distolsi il mio, preoccupato di scorgere nei suoi occhi sentimenti che avrebbero potuto ferirmi.
- Sono felice che tu sia ancora con me… - e quella che doveva essere una frase decisa e convinta uscì dalle mie labbra con la stessa consistenza di un sogno al momento del risveglio.
Non mi voltai, già pentito di aver osato tanto; il silenzio della mia guida mi angosciava più del pensiero della morte stessa.
Disprezzo, fastidio, ed ecco che tutti i miei sforzi di apparire a lui come una persona migliore svanivano nel fruscio della risacca.
Mi sentii sporco e stupido, estremamente fuori luogo, desiderai che quel mare così cristallino potesse inghiottirmi per non risputarmi più.
Poi, assieme ai primi raggi del sole che accarezzavano la sabbia, la mano del latino si posò sulla mia spalla facedomi voltare.
Questa volta il suo sorriso mi lasciò senza fiato tanta era la potenza della sua sincerità. I suoi occhi ambrati erano così felici da sembrare quasi commossi, e fui colto nuovamente dall’imbarazzo, perché mai avrei pensato che una frase così semplice avrebbe potuto arrecargli una tale gioia.
- Ti ringrazio… Dopotutto mi piacerebbe poterti accompagnare fino alla fine del tuo viaggio… - confessò, riportando l’attenzione sugli astri ancora luminosi nel cielo ormai azzurro.
Pensai a qualcosa di sensato con cui replicare, ma mi interruppe ancora prima che potessi incominciare.
Una frase semplice, ma pronunciata con una voce così tremante d’emozione che il mio cuore accelerò i battiti solidale con il suo.
- Sai, all’Inferno non si vedono le stelle… -
E rimanemmo così, fianco a fianco, insieme, finchè il sole non fu alto nel cielo.
 





*

 





Sin dal primo momento Beatrice aveva capito che qualcosa non andava, probabilmente lo aveva capito ancora prima di me.
Tutte le lacrime che avevo versato, tutto il dolore che avevo gridato e tutta la morte che avevo invocato quando i cieli più alti l’avevano strappata al mio amore sembravano nulla in confronto alla tempesta che straziava il mio cuore in quel Paradiso Terrestre così stupidamente felice.
Ma ancora una volta Beatrice aveva avuto ragione, e avevo finito per essere l’unico da biasimare.
Sciocco ed ingenuo, non avevo voluto nemmeno pensare all’eventualità che Virgilio non avrebbe proseguito oltre al muro di fuoco. Ero stato così imprudente da lasciare che la ragione venisse sommersa dall’impeto dei miei sentimenti, dimenticando quale fosse il mio ruolo in tutta quella storia.
Io dovevo giungere fino al Paradiso, Virgilio era costretto a rimanerne fuori.
Aveva svolto il suo compito fino alla fine, non vi era alcun motivo perché proseguisse al mio fianco.
Avevo Beatrice, adesso. Avrebbe pensato lei a condurmi fra i Santi e i Beati e a mostrarmi ciò che occhio umano mai vide.
Il suo atteggiamento brusco mi aveva sorpreso, ma dopotutto ero io ad avere torto: avevo intrapreso quel viaggio con lo scopo di incontrarla, e adesso che ce l’avevo fatta non aveva alcun senso stare a lamentarmi.
Eppure quegli occhi sempre colmi di riso, birichini e acuti attraverso il giusto velo di grazia ed eleganza, sembravano incupirsi ad ogni passo, appesantiti da una consapevolezza nuova, la stessa consapevolezza che io, nel Regno dei Cieli, stavo cercando di mettere a tacere come si soffoca l’innesco di un incendio.
Cercavo di trovare appiglio nella ragione, unica speranza di salvezza in quell’assurda caduta libera, ma era proprio la ragione, precisa ed infallibile ogni volta come se fosse stata la prima, a spingermi giù rinfacciandomi la verità.
E proprio mentre gli occhi di Beatrice si coloravano della saggezza della donna che era finalmente diventata, io tornavo ad essere un ragazzino; proprio quando il mio amore per lei si sarebbe sentito maggiormente appagato, Beatrice diventava per me amica, sorella, madre.
Più di una volta le sue parole mi avevano dato coraggio e il suo sorriso mi aveva dato conforto, ma nonostante tutto non bastava, e nel mio piccolo speravo che qualcuno lassù potesse esaudire quel desiderio che tanto mi vergognavo ad esprimere.
- Dante, è quasi ora… - la sua voce dolce e appena timorosa interruppe le mie riflessioni, informandomi della fine della mia permanenza in Paradiso. Dopo sette lunghi giorni densi di avventure ed emozioni era giunto il momento per me di tornare a Firenze e di raccontare ciò che avevo potuto scoprire in quel viaggio così singolare.
Non mi voltai subito, nella speranza di guadagnare il tempo necessario per riuscire ad esibire un’espressione il più neutrale possibile.
- Mi mancherai, Bice. – ma la mia frase, seppur vera, suonò fredda e senz’anima.
Mi si avvicinò, afferrandomi la mano per infondermi un po’ di calore.
- Ma no… vedrai, veglierò su di te! Non ti lascerò solo neanche un momento! – e nel suo sorriso sincero non vi era la minima ombra di convinzione.
Sì, Beatrice sapeva, e proprio perché sapeva smise di sorridere e fece scivolare lentamente le sue dita fra le mie, lasciando la mia mano.
- Chi l’avrebbe mai detto? Essere costretti a tutto questo solo per… Eppure alla fine avevo ragione io, alla faccia di Simone! – sussurrò in un dialogo con sé stessa, riuscendo anche a strapparmi una risata.
- Inizio a chiedermi in base a quale criterio ti abbiano presa quassù… - sospirai con finto rimprovero.
- Perché sono bellissima, che domande? – spiegò prontamente facendo una giravolta su se stessa.
E mentre ridevamo il mio cuore strideva disperato.
In quale assurda crudeltà ero precipitato?
Mai avrei pensato che una simile conversazione fra me e Beatrice avrebbe potuto avere luogo, mai avrei sognato di poter essere così confidenziale con lei. Mi ero rassegnato a poterle parlare soltanto nei miei versi, a poterle dedicare la mia sincerità solamente con l’inchiostro ed ora che tutto quello che avevo sempre desiderato era a mia disposizione mi accorgevo che non era sufficiente.
Non era il suo nome quello che avrei gridato nel cuore della notte, svegliandomi di soprassalto da un incubo fra le mie carte ingiallite.
Non erano i suoi occhi quelli che mi sarei illuso di scorgere sui visi dei passanti nelle sudice strade di Firenze.
Non era la sua voce quella che avrei sperato poter udire chiamarmi dolcemente sussurrandomi baci all’orecchio, quando il cielo si faceva buio e casa era lontana.
Mi chiesi se quello di Dio nei miei confronti fosse stato un atto di carità o una punizione.
Era come offrire veleno in una brocca d’argento, come donare la vista ad un cieco, ma sottrargli l’udito, come mostrare all’uomo la felicità più totale e poi, con la stessa fredda precisione della scure di un boia, negargli i mezzi per raggiungerla.
Dio mi offriva il Paradiso, solo dopo aver rinchiuso la mia anima all’Inferno.
Voltai nuovamente le spalle a Beatrice e mossi qualche passo lontano da lei.
- Vorrei che Virgilio potesse vedere tutto questo… -
E anche se non la vedevo potevo immaginare la ragazza per la quale tutto era incominciato inclinare appena la testa da un lato, come soleva fare quando qualcosa la incuriosiva.
Non parlò, ma capii che voleva che spiegassi prima di sparire del tutto da quel luogo beato.
Sorrisi, mentre un’unica singola lacrima scendeva discreta lungo la mia guancia e i miei occhi si specchiavano in quel cielo illuminato da milioni di diamanti.
- Sai, all’Inferno non si vedono le stelle… -                                              














Note


Buonsalve a tutti!
Ebbene sì, anziché andarmene al mare, sto qui su EFP a pubblicare depressate del genere...
Ci tenevo a scrivere qualcosa dal pov di Dante, diciamo che questa shot può essere considerata l'altro lato di "In Aeternum".      
Tant pour dire, il Simone amabilmente insultato da Beatrice sarebbe Simon de' Bardi, suo marito... XD     
E ad ogni fanfiction che scrivo Dio risulta essere un personaggio sempre più crudele, devo darmi una regolata...      O_O
Beh, spero che questo piccolo esperimento sia stato di vostro gradimento!

Kisses, 
Koori-chan                
                                                                       
  
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