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Autore: Aura    15/06/2012    2 recensioni
Proseguì, incontrando il ritratto che tra tutti l'aveva sempre messa a disagio: Fred, con una fossetta accennata sulla guancia, un piccolo particolare che forse sfuggiva a chi non l'aveva conosciuto appieno; era come l'inizio di un sorriso, di una risata. La turbava perché, per quanto così rappresentato fosse felice, in realtà qualunque persona che sta per sfoderare un sorriso non può essere definita in pace: in pace è chi è già arrivato al culmine del sorriso, o chi è tornato esteriormente serio conservandolo negli occhi e nel cuore, non chi sta per esprimerlo.
Questa storia ha partecipato al contest Not My Character, bitch! indetto da Avalonne sul forum di EFP classificandosi terza e vincendo il premio "miglior coerenza narrativa"
Genere: Avventura, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, Hermione Granger | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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The world is full of wonderous things, it's true
But they wouldn't have much meaning without you.
(Wonderful, wonderful -Johnny Matis-)




Raccolse le pergamene sparse alla rinfusa, proprio non era da lei tutto quel disordine, d'altra parte quel piccolo capovolgimento delle sue abitudini era dovuto al fatto che anche lei, come tutti, spesso perdeva minuti di coscienza, annebbiata dai pensieri del passato. Da chi non c'era più.
Era trascorso troppo poco tempo perché il lutto potesse essere elaborato; e l'essere tornata ad Hogwarts, al contrario di Harry e Ron, aveva anche a che vedere con il fatto che per la prima volta si trovava a dover gestire qualcosa senza sapere da che parte cominciare.
Hermione era logica, metodica, e questo l'aveva aiutata nelle più disparate situazioni, facendole cogliere il particolare insignificante ma che si rivelava sempre essere la chiave del problema; ora invece il lutto pesava come un masso sul suo cuore, soffocandolo di tristezza, e non capiva come fare per gestirlo.
Si era allontanata, andando nel posto che sarebbe sempre stato il monumento ultimo di quella guerra che aveva portato via troppe persone, anche per non dover sopportare l'eterno sguardo di smarrimento negli occhi di chi amava; ma ora lo smarrimento era in lei, e gli occhi che rimanevano vacui, ripensando alle vittime strappate via dalla vita, erano i suoi.
Mascherava quel lato in via di corrosione di sé con l'apparenza che il mondo le aveva sempre affibbiato, ma quando si ritrovava sola ecco che il blackout si prendeva gioco di lei, come una valvola di bollitore la corrosione che premeva per uscire si rivelava in gesti stupidi, come delle pergamene sparpagliate senza cura su uno scrittoio.
Ricordò quando rimise piede nella tana per la prima volta dopo la fine della battaglia; l'assenza di Fred era soffocante, la percepiva ovunque: il silenzio che rimbombava nelle stanze, lo strano tic che prendeva possesso della mano della signora Weasley, che continuava a portarsi una mano al petto come a voler proteggere il suo cuore dal dolore peggiore per una madre, la ruga perenne tra le sopracciglia di George, pensieroso, nell'attesa infinita della sua metà.
Ron si muoveva cercando di non dare nell'occhio, ottenendo con maldestro impaccio l'effetto opposto, ed Hermione, guardandolo, guardandoli tutti insieme, sentì ancora più amplificato il dolore della perdita.
Erano passati appena due giorni, e le sembrava che il mondo non avrebbe mai potuto ricominciare a girare.

Poi la vita era ripartita, gradualmente, e poco a poco l'apparenza acquisiva le tinte seppur sbiadite del passato, forse a causa dell'orgoglio, della voglia di riappropriarsi della vita per chi era stato risparmiato, l'istinto naturale di sopravvivenza insomma; eppure c'erano ancora molti segni ridondanti che il lutto non era finito, e che i cuori feriti si sarebbero forse rimarginati un poco, ma la lacerazione sarebbe stata lì, per sempre.
Hermione aveva fissato Teddy, pensando a quando sarebbe arrivato il giorno per tutti loro di trattenere le lacrime e raccontare a quel bambino chi erano i suoi genitori; e guardando Molly, che leggeva il Profeta con la mano posata distrattamente sul cuore, Ron, che parlando continuava a far cadere ogni cosa che toccava, si era sentita una codarda col suo desiderio di tornare a Hogwarts.
Non solo suo padre e sua madre, anche i Weasley erano la sua famiglia e lei, seppur non direttamente, li stava abbandonando.
- Forse potrei studiare a casa, e dare solo i Mago... - disse a Ron, pensierosa, in una sera d'estate.
Lui, incredibilmente, la capì immediatamente, ma in fondo a dirla tutta non era la prima volta che la sorprendeva.
Le strinse la mano, in un gesto d'affetto ancora lievemente imbarazzato nonostante ormai fossero a tutti gli effetti una coppia.
- Hermione, - le disse, zittendola, - per quanto sia difficile dobbiamo andare avanti con la nostra vita. Tu vuoi andare a Hogwarts, nessuno si permetterebbe di aspettarsi che tu non ci vada.
- Abbiamo perso abbastanza persone da fermarci un attimo e tirarci su tra di noi.
Anche il suo ragionamento non faceva una piega, ma Ron era troppo convinto da lasciarle l'ultima parola, per bene che fosse lei la sua interlocutrice, Hermione Jane Granger, umanamente impossibile da zittire.
- Hermione, - l'ammonì. Lo guardò, quasi offesa dal tono di voce che lui aveva usato, che era quasi l'antitesi di Ron stesso. - dobbiamo andare avanti, e farlo per loro.
La mano si chiuse maggiormente sulla sua, mentre in silenzio le lasciava il tempo per comprendere cosa voleva dire. Nel lutto non c'era un giusto e uno sbagliato, nel dolore le scelte che si compiono non sono da giudicare. Hermione partì per Hogwarts, Ron l'accompagnò al binario, rimanendo sulla banchina fino a che il treno partì, lentamente.
Lei aveva abbassato il finestrino e lo guardava, in quel silenzio che non ha bisogno di molte parole: si sarebbe sentita sola senza lui e senza Harry, gli avrebbe scritto e preteso in risposta lettere dettagliate; si raccomandava che lui non oziasse e che sfruttasse quel periodo in modo produttivo.
Ron sollevò un angolo delle labbra,
- Non cambierai mai, Hermione Granger. - Le disse poi, con tenera fierezza.
Hermione distese la fronte crucciata, e rispose al sorriso mentre il treno acquistava velocità.


Odore di bruciato: lo sentiva ovunque, nei corridoi della scuola. Hogwarts non era più quella dei suoi ricordi d'infanzia ma di sicuro era stata ricostruita abilmente, eppure Hermione camminando sentiva sempre odore di bruciato. Si ritrovò a convincersi che fossero le sue narici ad esserlo, o che fosse quasi una parte dentro di sé che aveva continuato ad ardere; eppure complice quell'odore nauseabondo, che le ricordava troppo i momenti della battaglia, camminava stringendo la bacchetta spasmodicamente, come se avesse dovuto parare un attacco da un momento all'altro.
La Sala Grande era diventata un incubo: ogni volta che vi entrava le sembrava di vedere i corpi che giacevano sulle panche, sui tavoli; lividi ed inermi, totalmente reali.
Le mancava il fiato, come quel giorno che vi entrò e scorse il corpo di Fred, esanime.
Si era sentita persa, guardando quelle labbra sicuramente inclinate nell'ultimo sorriso, sperando con tutto il suo cuore che fosse l'ennesimo scherzo del ragazzo: se solo avesse aperto gli occhi quella volta avrebbe potuto perdonarglielo.
Ma intorno a lui la sua famiglia piangeva, stringendo per l'ultima volta la mano di Fred, accarezzandogli la guancia, ripromettendosi forse di vendicarlo. Hermione aveva capito, non era uno scherzo. Aveva stretto la mano di Ron, piangendo in silenzio.
Ora faceva di tutto per non guardare in quella direzione, come se avesse potuto trovare ancora un qualcosa che lo ricordasse, o peggio, vedere che niente faceva capire che cosa era successo in quel punto.
Prima dell'ora dei pasti, quando non studiava, camminava per i corridoi, sentendo l'acre odore di bruciato, aspettando che il battito del suo cuore rallentasse e che l'ansia di tornare nella Sala Grande cessasse.
Tutto era come sarebbe stato se non fosse mai diventata amica di Harry e Ron: sempre eccellente in classe, infaticabile nello studio a qualsiasi ora del giorno e della notte, qualche saluto scambiato tra una lezione e l'altra, qualche chiacchiera nei dormitori e nella sala comune, ma nulla di più. In quel momento Hermione non voleva di più, mentre cercava di capire come liberarsi da quel peso sul cuore e allo stesso tempo aveva paura del momento in cui sarebbe avvenuto: del momento in cui avrebbe dimenticato.

Inoltre, non sapeva se doveva farlo o meno: il suo istinto, che nel suo caso era paradossalmente il lato più razionale, le diceva di evitare semplicemente di pensare, procrastinare la tristezza in attesa del momento in cui il ricordo le avrebbe fatto meno male; eppure la sua coscienza strideva con questo pensiero, suggerendole che non solo la sua anima si sarebbe intorpidita con quello sforzo ma nessuno dei morti meritava il mancato onore della memoria, della sofferenza.
E allora cercava di farsi coraggio, entrava nella Sala Grande e camminava, avvicinandosi a quel punto che sempre evitava; poi la forma delle mattonelle, il numero dei passi, la faceva desistere. Il suo coraggio era un altro, non comprendeva l'essere capace di affrontare il dolore per la sua perdita.

Aveva sorpreso uno strano movimento, intorno al reparto proibito: qualcuno andava e veniva costantemente, si era trovata ad indagare e a concentrarsi sui più piccoli indizi fino a scoprire un gruppo di studenti che stavano facendo una ricerca. Più precisamente su un incantesimo antico, che si diceva avesse il potere di mischiare il presente al passato e dare un nuovo futuro a chi non lo aveva potuto avere.
Irruppe così nell'angolo della libreria dove quei ragazzi si erano riuniti.
- Non sapete, - li riprese, la severa Caposcuola, - che cose terribili succedono ai maghi che si intromettono nel tempo? Non sapete, - continuò, - che non si può riportare in vita chi non è più di questo mondo? Siamo maghi e streghe, non degli dei: se fosse stato possibile a quest'ora ognuno avrebbe ancora qui i propri cari. - Loro la guardavano, ammutoliti, cercando di nascondere il libro che avevano trovato: Hermione, integerrima, notò il movimento e si avvicinò sicura al ragazzo del quinto anno, togliendogli il libro dalle mani. - Ora, non vi farò punire solo perché siete stati terribilmente stupidi, non questa volta: immagino che ognuno di voi abbia un motivo per essere qui; d'altra parte vi vieto anche solo di pensarci un'altra volta. Vado a mettere al sicuro questo libro, al mio ritorno non vi voglio più trovare qui: sta per scattare il coprifuoco.
Si allontanò, con passo spedito, pronta a consegnare alla bibliotecaria il volume.
Voltò la testa, per assicurarsi che gli studenti fossero andati via, e tornando a girarsi inciampò nel piede di una sedia fuori posto.
Aveva sbattuto le ginocchia a terra, sicuramente si erano sbucciate, e controllò un'escoriazione sul lato della sua mano: era una cosa da niente, ci avrebbe pensato lei stessa, senza dover andare in infermeria. Rialzandosi si guardò intorno, in cerca del libro, e lo scoprì sotto a un tavolo. Si mise a carponi, per raggiungerlo, e tirandolo a sé così come era caduto si ritrovò a non riuscire a distogliere la vista dal punto in cui si era aperto.
Una figura occupava un'intera pagina, la figura di un ragazzo sul punto di morire, con gli occhi socchiusi che la guardavano, guardavano lei.
Era Fred.
Chiuse di scatto il libro, sicuramente quell'immagine figurava chi, la persona che leggeva il libro, desiderava riportare in vita, eppure non riuscì a riprendere a camminare. Fissò a lungo la copertina, poi nascose il libro nel mantello della sua divisa e si diresse verso il suo dormitorio.

Era così concentrata su quello che stava facendo che per una volta non notò l'odore di bruciato: i suoi occhi saettavano in continuazione, il suo cervello continuava a fornirle scuse nel caso qualcuno l'avesse sorpresa e al contempo moniti continui di riportare il libro al suo posto; il braccio stretto convulsamente al fianco, dove aveva incastrato il grosso volume, era così premuto che i muscoli le facevano male.
Borbottò alla Signora Grassa la parola d'ordine, lasciandosi andare a uno sbuffo all'ennesimo momento di protagonismo della donna del quadro, e quando finalmente la fece entrare si infilò nel passaggio, percorse a passi lunghi e rapidi la sala comune ed infine salì verso il suo dormitorio.
Le altre ragazze, che dividevano con lei la stanza, si erano riunite su un letto, e ridacchiavano scambiandosi delle foto,
- Ciao Hermione, vieni anche tu? Stiamo componendo la nostra squadra ideale di Quiddich, in base a dei canoni che sono molto importanti, anche se nessuno ci dà peso: bellezza, fisico e fascino!
Hermione si sforzò di sembrare naturale,
- Scusatemi, ma ho degli arretrati da studiare, sarà per un'altra volta!

Si sedette sul suo letto, fece scorrere la tenda intorno al baldacchino e lanciò un incantesimo insonorizzante. Anelava la pace, in momenti come quello rimpiangeva non poter avere una camera tutta per sé. Sfilò il libro dal suo nascondiglio, e lo riaprì: ancora la stessa pagina, ancora quel viso. Lo chiuse di scatto, gattonò sopra alle coperte e lo nascose sotto al materasso: la tentazione di leggerlo, di sapere, era arricchita non solo dalla sua proverbiale sete di conoscenza, ma anche dal pensiero che stava lentamente insidiandosi, come un serpente, nella sua mente. Forse c'era un modo per salvarlo. Fred o qualcun altro.
Ripeté come un mantra le parole che aveva detto al gruppo di studenti in biblioteca, rivolte a sé stessa, per far sì che si imprimessero bene in lei e scacciassero la tentazione.
Non era il suo destino.
La storia del secondo fratello Peverell.
Non apparteneva più al mondo dei vivi.
Eppure continuava a sentirsi in colpa, come se la sua prudenza fosse il motivo per cui non poteva scoprire se poteva dargli un nuovo presente, un futuro che era stato strappato via dal male.

Aprì gli occhi, capendo di essersi addormentata sfinita dai suoi ragionamenti, realizzando allo stesso tempo che per quanto avesse dormito, ore o pochi minuti, la sua razione di sonno per quella notte era già stata esaurita. Scostò le tende, scoprendo che nella stanza era calato il buio e che le altre ragazze dormivano tranquille. Prese la vestaglia, la sua bacchetta e decise di andare a leggere qualcosa nella sala comune. Poco prima di uscire dalla stanza però tornò verso il suo letto, prendendo il libro da sotto il materasso: aveva bisogno di sentirlo accanto a sé.

La sala comune era uno di quei posti tornato rapidamente ad assumere l'aspetto che aveva sempre avuto, si accoccolò sul divano ravvivando il fuoco con un colpo di bacchetta e iniziò a far vagare lo sguardo tra quelle mura.
Solo in un punto, il muro dell'uscita, c'era qualcosa di diverso: i ritratti dei vecchi compagni che avevano perso la vita durante l'ultima guerra magica, sormontati da una targa dorata che recitava:


Con amore nel loro ricordo, Grifondoro fino alla fine.

Passò in rassegna i loro visi, alcuni meno conosciuti, alcuni terribilmente cari come Lupin e Sirius, che era stato affisso nonostante la sua morte fosse avvenuta poco prima della comprensione da parte di tutti del ritorno di Voldemort.
I loro visi erano come se li sarebbe sempre ricordata, con lo sguardo fiero, l'espressione tranquilla. Proseguì, incontrando il ritratto che tra tutti l'aveva sempre messa a disagio: Fred, con una fossetta accennata sulla guancia, un piccolo particolare che forse sfuggiva a chi non l'aveva conosciuto appieno; era come l'inizio di un sorriso, di una risata. La turbava perché per quanto così rappresentato fosse felice, in realtà qualunque persona che sta per sfoderare un sorriso non può essere definita in pace: in pace è chi è già arrivato al culmine del sorriso, o chi è tornato esteriormente serio conservandolo negli occhi e nel cuore, non chi sta per esprimerlo.
Perciò il quadro di Fred non le trasmetteva un fiero ricordo, come per gli altri.
Non avevano voluto fossero animati, pensavano che aiutasse chi li aveva conosciuti ad osservarli senza rimpianti, con serenità.
Ed invece, incrociando lo sguardo dell'amico, i rimpianti di Hermione si accavallavano sempre di più, torturandole la coscienza.






Traduzione della citazione musicale iniziale:
Il mondo è pieno di cose meravigliose, è vero,
ma non avrebbero molto senso senza di te






Nda Con sorpresa mi do ai contest, questo specialmente è stata una bella fonte d'ispirazione, e mi ha fatto buttare su questo pairing che ho scoperto interessarmi molto.
La storia è consegnata, i capitoli non amo pubblicarli tutti insieme, quindi contate su una frequenza settimanale.
Bhe, spero che vi piaccia! 


   
 
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