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Autore: Lollyware99    16/06/2012    5 recensioni
Il desiderio nascosto di tre personaggi, sicuri che desiderare non serva a niente?
[GerMano, accenni GerIta]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing, Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Attento a ciò che desideri, potresti ottenerlo.









 
Feliciano russava lievemente sul divano, il caratteristico ciuffo leggermente ondeggiante abbandonato sul cuscino di raso posizionato sotto la sua testa.
Il corpo fremeva leggermente, di tanto in tanto, accompagnando gli allegri e spensierati sogni che il minore architettava inconsciamente, come un maestro intento a dirigere la sua orchestra, secondo il suo piacere e i suoi desideri.
Volava attraverso la fantasia dei pensieri incoerenti e tracciava i primi schizzi di un meraviglioso dipinto che lo avrebbe accompagnato per tutto il suo sonno.
Così sognava, Feliciano, sognava di Ludwig, sognava i suoi occhi e il suo sorriso timido e riservato, pensava a Kiku intento a leggere qualche suo buffo fumetto; improvvisamente si ritrovava sulle colline della sua bella Italia, le manine paffute sulla barba di nonno Roma e la frangetta che si specchiava negli occhi colmi d'amore dell'uomo che lo teneva in braccio.
Poi il suo personale viaggio si dirigeva verso un gelato alla fragola, quello che solo due giorni prima gli aveva offerto il suo scorbutico fratellino. 
Perchè Romano era sempre così arrabbiato e scontento?
L'espressione di Feliciano si corrucciò un po'.
Ogni volta che uscivano insieme, con il suo Lud, era sempre triste.
Quando invitavano il fratellone Spagna, allora, cambiava un po': di solito si arrabbiava. 
Quanto avrebbe desiderato vedere il fratellone sorridere, almeno una volta.
Una volta sarebbe bastata, se la sarebbe fatta bastare, avrebbe dato qualsiasi cosa per vederlo sorridere.
Qualsiasi.
 

Qualsiasi?
 





 
Ludwig aspettava da già venti buoni minuti seduto in un bar in Piazza San Marco, a Venezia.
Conosceva egregiamente la dote di ritardatario del proprio ragazzo, perciò non era molto stupito del suo effettivo ritardo; era piuttosto immerso nel contemplare la ridicolezza della situazione.
Lui era già in ritardo di mezz'ora, come faceva quella testaccia dura ad essere ancora più in ritardo!? 
Quasi gli venne il dubbio sull'esistenza di qualche forza mistica atta unicamente a fare arrivare in ritardo Feliciano. Sempre. Anche involontariamente.
Eppure pensava che Feliciano amasse il carnevale di Venezia, poi era anche l'ultimo giorno per assistervi, ma evidentemente neanche questo bastava per farlo arrivare puntuale, almeno per una volta. 
Ludwig sospirò osservando il suo respiro condensarsi davanti alla faccia e socchiuse un poco gli occhi, stancamente, prendendo mentalmente in considerazione l'idea di ordinare il suo terzo caffè nel giro di venti minuti. Ovviamente lui aveva lavorato tutto il giorno e non si era concesso nemmeno una pausa,  a differenza dell'Italiano che aveva fatto praticamente solo la seconda cosa. 
Improvvisamente si sentì sfiorare una spalla, era un tocco molto lieve e per certi tratti un poco tremolante, sicuramente se non avesse avuto anni e anni di allenamento militare alle spalle non se ne sarebbe nemmeno accorto. 
Ruotò leggermente la testa quanto bastava per intravedere la sagoma mascherata alle sue spalle, la delicata mano guantata ancora vicino al suo corpo. 
La figura fece un lieve inchino aggraziato accompagnato da un ipnotico movimento della mano che andò lentamente a prendere quella intorpidita dal freddo di Ludwig.
Poi, lentamente, la portò alle morbide labbra, assaporandola senza realmente lambirla, posando un lieve bacio silenzioso poco più sotto delle nocche. 
Ludwig, che era rimasto tutto il tempo con una faccia così poco intelligente da fare invidia a quella di un tonno, finalmente, dopo svariati secondi di immobilità celebrale assoluta  riuscì ad avere una qualche reazione umana, anche se decisamente stupida. 
Infatti il tedesco scattò in piedi come una trappola per topi facendo cadere sia la sedia che  la tazzina bianca che riposava silente sul tavolino poco distante.
Non ebbe nemmeno il tempo di accorgersene, a dire la verità, che la figura lo tirò via per il braccio, facendolo sparire in uno dei tanti cunicoletti adiacenti alla piazza.

"Feliciano, aspett- "

"Shhh... "

Ludwig venne sbattuto contro il muro umidiccio del viottolo, la figura gli era addosso e brandiva l'indice come una spada appoggiata sulle labbra in segno di silenzio.
La maschera di porcellana era a pochi centimetri dalla sua faccia, era di un bianco perlato, sicuramente d'epoca, riccamente decorata con ghirigori dorati e fiori viola che percorrevano giocosamente i tratti anonimi del suo possessore.
Molte piume, anch'esse di un viola brillante, spuntavano dal tricorno argentato abbinato all'elegante e antico abito merlettato appartenente ad un passato sconosciuto.
Le palpebre di Ludwig sbatterono un paio di volte prima di incontrare gli occhi che svettavano dalla maschera.
Erano grandi e tenebrosi, vi si leggeva dentro una determinazione che poche volte aveva visto, così inusuali per un sempliciotto come il suo Feliciano che quasi gli fecero venire i brividi.
La maschera gli riprese la mano e lo trascinò verso un canale che non aveva mai visto, l'aria pregna di salsedine gli invase le narici mentre si sedeva disordinatamente su una gondola ormeggiata poco distante.
I minuti passavano lentamente seguendo la calma dell'acqua incanalata sulla quale stavano navigando, la sagoma non aveva smesso un secondo di fissarlo con quello sguardo che solo una parola poteva descrivere alla perfezione: indecente.
Ludwig si sentiva completamente disarmato, denudato e usurpato da quello sguardo macchiato di malizia e inibizione.  Quegli occhi ambrati lo attiravano più di tutto, più dell'aderente abito che metteva in risalto il corpo snello, tutto da toccare, dell'italiano davanti a lui, più di tutti i filmini sconci che stava proiettando nella sua mente,dove le uniche testimoni erano le umide pareti attorno a loro, più degli scompigliati capelli bruni fatti apposta per essere stretti che giacevano insieme alle piume sulla porcellana finissima.
Piano piano si accorse di essersi spostato, si accorse di stare andando verso la sagoma e una dolceamara consapevolezza lo colse, non più verso la luce splendente che era feliciano, ma verso il buio che presto l'avrebbe divorato.
Le labbra cozzarono fra di loro e liberarono un eco devastante nella mente del tedesco che non fece altro che ripercorrere il suo corpo diverse volte prima di liberarsi definitivamente nel basso ventre. 
Le mani di Ludwig si stagliarolo sui capelli tanto agognati, e scoprì che non sapevano più di dolce miele, ma di aspri agrumi; gli torturò il labbro caldo che sapeva di caffè, non più di latte, ed accarezzò la colonna vertebrale in tutta la sua lunghezza facendo fremere il moro sotto di lui.  
Le gambe della maschera si attorcigliarono dietro la sua schiena per averlo più vicino e le dita affusolate si strinsero contro il giaccone del tedesco con fare possessivo.
Era tutto veloce e lento, chiaro e scuro, un eterno contrasto fra l'immagine candida di Feliciano sovrapposta al demone che ora gli stava mordendo ferocemente il collo.
A volte si fermavano, si osservavano, i loro occhi cominciavano a fondersi e non appena Ludwig provava a soffermarsi un po' di più su quelle meravigliose striature verdastre che non aveva notato prima ecco che la musica ripartiva e il ballo ricominciava, vorace e peccaminoso come poco prima. 
La gondola continuava a scorrere su quell'infinito letto d'acqua e il tempo sbiadiva i suoi margini offuscando l'aria intorno alle due figure unite e ansanti.


Ludwig fu svegliato improvvisamente dall'impatto della poppa della gondola con il muretto grigio che arginava il naviglio; l'ultima cosa che ricordava chiaramente era la sua mano intenta ad accarezzare una zavorra marrone spruzzata di viola ed un dolce peso sul petto.
Si tirò su a sedere e si guardò attorno per cercare la misteriosa sagoma che era riuscita a tormentarlo anche quel poco tempo che era rimasto incoscente; ma nulla: essa era sparita come un sogno, o una magia, nel buio dell'ultima notte del carnevale di Venezia.
 
 
 
 



In uno di quegli innumerevoli cuniculi apparentemente tutti uguali, una maschera di porcellana si infranse in mille pezzi cadendo a terra, scoprendo così le guance stirate nel sorriso sofferente rigato di lacrime del proprietario. 
Romano corse via a perdifiato, come se scappare cancellasse il senso di colpa e il dolore che gli provocava il suo malcelato vittimismo, l'essere sempre stato amato per pietà, la consapevolezza di meritarselo, probabilmente, e l'egoismo di chi non ce la fa; e ancora non voleva rendersi conto di aver letto consapevolezza negli occhi di Ludwig, ancora non era pronto ad ammettere di esser stato amato.









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Quando uno si mette a scrivere alle 2 di notte e finisce alle 5 è ovvio che partorisce degli aborti allucinanti, perciò chiedo perdono a prescindere. Mi piace fare soffrire le persone con cose illeggibili. <3
  
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