Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-gi-oh
Ricorda la storia  |      
Autore: AliceWonderland    16/06/2012    1 recensioni
[Prequel de "Lo Strano Caso del Dr.Yami & Mr.Atemu]
(...) Lui non era il tipo da giudizi superficiali, tutt'altro. Avrebbe dovuto capirlo da quegli sguardi, dal volto che si faceva disteso e attento quando lo ascoltava. Proprio quel volto che, sin dal primo momento, gli era parso così minaccioso, impenetrabile e freddo, in quei momenti sembrava, invece, essere il più umano che gli fosse stato rivolto in tutta la vita...
Genere: Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alister/Amelda, Altri personaggi, Raphael
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note: i personaggi presenti in questa fanfic appartengono al loro rispettivo creatore. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. Buona lettura!



Opening Theme: Vestige (Moi Dix Mois_Nocturnal Opera)



-La PAST ed il suo Strano Caso-
(Prequel de “Lo Strano Caso del Dr.Yami e Mr.Atemu”)



“(...) In conclusione, è solo a voi che la nostra Missione sa di potersi affidare, per esser certi che l'incarico venga svolto nella maniera più discreta e soddisfacente possibile. Pertanto, se farete sì che un'altra ombra venga presto meno fra i già numerosi pensieri di Vostra Santità, la nostra illustre Guida farà altrettanto per voi. Inoltre, la recente scomparsa del vescovo Barberi, per quanto tragica, sta rendendovi un'ottima opportunità..."

La lettera proseguiva, intrisa di altri ridicoli convenevoli e puzzo d'incenso.
Il giovane Alister scosse la testa e arricciò il naso, posandola sul sedile accanto a sé, ma con l'impellente tentazione di strapparla e gettarla dal finestrino della carrozza in corsa.
Trovava tutta quella situazione ai limiti del paradossale, e la cosa che più lo innervosiva era il fatto che il padre, con cui si era imbarcato dall'Inghilterra alcuni giorni prima, non smettesse un attimo di elogiare i mittenti di quel fogliaccio, come se fossero stati da sempre i suoi più grandi e generosi benefattori.
-Non mi piace per niente- disse interrompendo il silenzio che da ore riempiva il mezzo.
-Che ti piaccia o no, ho scelto di accettare l'incarico. Da anni le mie relazioni con la Missione si erano bruscamente interrotte; la scomparsa del Barberi mi rallegra. E' l'occasione che attendevo per riottenere la protezione che mi venne negata, per i servigi che prestai in passato-;
-Ma non lo trovate sospetto, padre?- insistette il figlio, voltandosi verso di lui -Non si tratta solo di Barberi! Anni fa, tutti vi voltarono le spalle e, dopo anni di silenzio, improvvisamente, tentano di riallacciare i rapporti e vi affidano una nuova missione riempiendo un fogliaccio di ruffianate! Siete così ingenuo da pensare che vi concederanno...!-;
-TACI!- lo zittì bruscamente l'uomo -Un inetto come te, che non ha fatto altro che gettare ombra e fango sulla dignitosa esistenza della propria famiglia, cosa ne può sapere? Sentiti onorato dell'incarico che tuo padre ha ricevuto!-;
-Io non voglio avere nulla a che fare con quelle persone!-;
-Non capisci che sto facendo questo anche per te? Per assicurarti un posto dignitoso in questa dannata società?!- ruggì il genitore, battendo violentemente la punta d'ottone del suo bastone sul pavimento -Avere un posto nella Missione è un onore!- sibilò -Tu ancora non capisci ma, presto, ogni cosa ti sarà chiara. Forse, in questo modo, avrai l'opportunità di espiare le tue colpe; che Dio abbia misericordia e ti assolva dall'ombra che ti perseguita-.
Alister ridusse gli occhi chiari a fessure, corrugando la fronte, irritato. Detestava quei ridicoli discorsi deliranti in cui il padre, sempre più spesso, si crogiolava; segno evidente che la sua malattia peggiorava di giorno in giorno...
-Voi non state bene, e questo viaggio potevate risparmiarvelo!- ma l'uomo, oramai, non lo stava più ascoltando -Siete voi l'unica ombra che mi perseguita-.

Venezia, in quel periodo, era un tripudio di maschere e stoffe dorate, buon cibo e divertimenti raffinati, risate e canti che si allargavano per le calli, sfiorando lo specchio d'acqua su cui, da sempre, poggiava la Serenissima; vi era un gran viavai per i pontili e le locande, strisce di cartapesta impreziosita ghignavano sui volti degli abitanti civettuoli e dei turisti, allegri o semplicemente ebbri, e ad Alister già mancavano il grigiore e la placida calma delle vecchie strade londinesi.
-Ci sono degli uomini che ci seguono da quando siamo arrivati, ve ne siete reso conto?-;
-La Missione assegna delle scorte speciali a chi rientra in patria- disse il padre -Fanno il loro lavoro, pertanto cerca di non infastidirli. E' per la nostra sicurezza-;
-O per la loro- pensò il figlio, sporgendosi dal davanzale, verso l'affollato pontile sottostante -Parli del diavolo...- sussurrò scorgendo un'inquietante e possente figura ammantata, immobile e silente sotto la finestra della loro stanza, alzare in quel momento lo sguardo; immediatamente, Alister poté scorgere i suoi occhi magnetici emergere dalle orbite scure della mezza maschera piumata, che lo costrinsero a ritirarsi dalla finestra, scosso da un forte ed inspiegabile brivido.
-Sono talmente sicuri di sé da mostrarsi senza riserbo...- sibilò fra i denti, richiudendo nervosamente l'imposta -Questi bastardi della Missione-.
La notte calò poche ore dopo, sulla Serenissima.
Le calli andavano velocemente svuotandosi, lasciando posto solo ad una tetra e palpabile oscurità che rendeva l'acqua dei canali scuri e densi come inchiostro.
Appostato su uno dei tetti, il fucile imbracciato, Alister seguiva coi grandi occhi plumbei ogni minimo spostamento, ogni passante frettoloso, qualunque cosa attraversasse quegli scricchiolanti ed umidi pontili, che fossero ratti o uomini in cerca di compagnia per la notte.
-Dovrebbero attraversare il canale fra breve- lo fece trasalire il padre, a poca distanza.
-Siete a conoscenza di quale crimine si siano macchiate quelle persone?-;
-Questi sono affari strettamente riservati tra le nostre illustri Eminenze e Sua Santità in persona. A noi subordinati non è concesso sapere-;
-E' per questo che vi rifugiaste in Inghilterra, anni fa? Non si trattava solo di Barberi. Eravate venuto a conoscenza di qualcosa di compromettente?-;
-Non essere sfrontato e concentrati!- lo riprese l'uomo -Se la Missione ritiene di dover porre fine alla vita di queste persone, allora, è nostro compito agire senza fare domande. E' così che si dimostra rispetto all'Onorata Causa-;
-Questo è procedere alla cieca, senza sapere per cosa si combatte! Voi siete pazzo!- ringhiò il ragazzo.
-Fa silenzio- lo zittì il genitore, indicando due persone ammantate che si apprestavano ad attraversare il vicolo proprio in quel momento -Cosa?! Non è possibile! Quelli sono...-.
Due colpi sordi risuonarono improvvisamente nell'oscurità, sollevando piccole scintille ed un penetrante odore di polvere da sparo.
Alister abbassò il fucile fumante senza distaccare gli occhi dai due corpi esanimi, ora riversi a terra nei loro mantelli cremisi; le maschere di teschio, recate sul volto, continuavano a scrutare inanimate i dintorni, come estranee a quanto accaduto ai loro proprietari.
-Perché hai sparato?! Quelli erano emissari della Santa Sede!-;
-E la cosa non vi insospettisce? Perché emissari della Missione dovrebbero trovarsi nel punto in cui si sarebbero dovuti recare i nostri bersagli?!-;
-Dà ascolto a tuo figlio. E' più assennato di te, Alexander Règnol- cigolarono delle voci metalliche facendoli trasalire -O dovremmo tornare a chiamarti... Alessandro Rossetti?-.
Un gruppetto di sagome ammantate fece la sua comparsa sui tetti delle palazzine vicine, accerchiandoli.
-Era una trappola- soffiò Alister, scrutando una ad una le tetre maschere, che falsavano le voci dei loro proprietari -Siamo noi le loro vittime-;
-Che cosa significa? Parlate!- esclamò il padre del ragazzo, fuori di sé.
Non ottenne risposta; solo delle risatine inquietanti e rumore di lame sfoderate.
Alister indietreggiò cautamente di qualche passo, abbassando lo sguardo sul canale e scorgendo, con orrore, i due corpi che poco prima aveva colpito, rialzarsi a scatti e balzare da un balcone all'altro, con disinvoltura, diretti verso di loro; i volti spogli delle maschere mostravano orbite ancor più scavate e buie, messe in risalto dall'incarnato in cancrena e dai denti consunti ma aguzzi.
-Revenant- sibilò il genitore, disgustato, rivolgendosi agli uomini -Tanti anni di silenzi, ma alla fine li avete ammaestrati a dovere. Sarei stato anche disposto a non farne parola con nessuno, se solo...-.
Alister sgranò gli occhi, incredulo: -Che cosa? Allora è questo che...!-.
Le sue parole vennero coperte dalle grida strazianti del genitore, e quando si voltò, scorse il corpo dell'uomo scivolare fra le tegole, già imbrattate di sangue, e precipitare verso l'oscurità delle acque del canale col petto flagellato di colpi.
-Maledizione!- imprecò gettandosi dal tetto ed evitando a fatica la pioggia di falciate che si erano scagliate contro di lui.
-Uccidetelo- ordinò, gelidamente, uno dei sicari.
Atterrato sopra la piccola tettoia sottostante, il ragazzo estrasse la pistola dalla fondina e, tremante, la puntò contro due dei killer sul tetto opposto, colpendoli.
-Svelti. E' laggiù!-;
-DannazAAAH!- gridò percependo un dolore lancinante alla spalla.
Perse la presa sulle tegole scivolose di brina, rotolando giù dalla balconata e reggendosi a stento ad alcune ringhiere arrugginite, cercando la forza per slanciarsi verso il tetto dell'abitazione vicina.
Non aveva mai visto armi simili in vita sua. Erano lame tremendamente affilate, colpivano silenziosamente il nemico come serpenti, con la potenza di un proiettile, e avrebbero potuto dividere in due una casa; come se non bastasse, erano maneggiate da persone capaci e senza scrupoli.
Una pioggia di sottili falciate lo raggiunsero, sfiorandogli braccia e gambe e, dopo aver risposto con alcuni spari, vide le figure allontanarsi e svanire nella nebbia che, pian piano, si alzava attorno a lui.
Ansante, zoppicò avvolto dal silenzio della notte, premendosi la spalla sanguinante. Non aveva mai avuto tanta paura in tutta la sua vita. Non si era mai trovato in una situazione simile. L'ottima mira, la buona agilità ed il sangue freddo l'avevano sempre contraddistinto, ma quel gruppo di sicari era riuscito a togliergli il fiato, facendolo sentire debole e impotente.
Alister era riuscito a fermarne alcuni, ma erano pur sempre un folto gruppo, e lui era ferito...
-I Revenant!- ricordò, guardandosi intorno nella nebbia che incalzava.
Di lì a poco, dei brontolii disumani ed un nauseabondo puzzo di cancrena lo fecero trasalire; quando si voltò, scorse una delle due belve balzargli addosso, afferrarlo per la camicia lacerata e sbatterlo sulle tegole con una forza disumana che lo lasciò stordito per qualche secondo. Dopo averlo atterrato, la bestia balzò accanto al secondo compagno, che sopraggiungeva in quel momento, e quando anche questo si preparò ad attaccarlo, il rosso alzò le gambe, intercettando la sua traiettoria e spingendolo giù dalla palazzina, facendolo piombare nell'acqua scura e melmosa del canale sottostante.
Coi muscoli intorpiditi dalla fatica e dal terrore, si rigirò, sollevandosi ansante, osservando il Revenant rimasto strisciare verso di lui a scatti, la bocca deformata ed una ingiallita fila di denti pronti a lacerare la sua carne; ma ancor prima di trovare una soluzione per reagire a quella creatura, udì qualcuno atterrare pesantemente alle sue spalle.
Il Revenant rimasto venne inspiegabilmente scagliato contro la parete della casa vicina, sotto gli occhi increduli del rosso, dopodiché, percepì lo sconosciuto immobilizzarlo e gettarsi con lui giù dal tetto, diritto verso il canale, sotto una nuova scarica di falciate e voci metalliche.
-Dannazione!- gemette cercando di opporre resistenza alla forza disumana di quelle braccia che lo tenevano bloccato; a fatica, volse il capo verso lo sconosciuto e riuscì a scorgere la maschera piumata distaccarsi dal suo volto, e le fredde iridi ghiaccio incontrare le sue.
-Chi...!-.
Il violento impatto con l'acqua gelida, mani che lo trattenevano per impedirgli di riemergere, il dolore lancinante che gli intorpidiva il corpo e gli offuscava la vista; chiuse gli occhi e non vide, né udì più nulla.

-Fratellino! Fratellino, svegliati! Alister, c'è la neve! Hai promesso di portarmi a pattinare al lago con Seto e Mokuba! Alzati!-;
-Che? Sei malato, non puoi uscire al freddo. Mi sgrideranno se...-;
-Sto bene! Nostro padre è uscito, non se ne accorgeranno! E' il mio compleanno! Me lo avevi promesso! Al, me lo avevi promesso!-.

-CHI TI HA DATO IL PERMESSO DI PORTARLO FUORI?-;
-Padre, voleva solo...-;
-Lo sapevi che è cagionevole di salute! E, nonostante questo, lo hai messo in pericolo ugualmente! Alyster, se lui dovesse morire sarà tutta colpa tua!-...
… se lui dovesse morire sarà tutta colpa tua!
Sarà tutta colpa tua!
E' colpa tua!


-Miruko...-.
Furono lo scoppiettio di una fiamma e le lacrime salate che gli solleticavano il viso a distoglierlo dai suoi incubi; invano, tentò di muovere gambe e braccia, ma queste erano ancora troppo tese e intorpidite per poter rispondere al suo volere.
-Sonia, secondo te è morto?-;
-Non essere sciocco, Julian! Senti? Respira ancora-.
Ed Alister percepì qualcosa, come una mano molto piccola, posarsi all'altezza del cuore, trasmettendogli un fastidioso brivido di freddo che lo raggelò, destandolo definitivamente; quando finalmente aprì gli occhi, scoprì due volti paffuti, a poca distanza dal suo, rivolgergli boccacce e smorfie.
-... EEEEEKK!-;
-AAAAAAHH!-;
-MA-MA CHI DIAVOLOcough! Coff! Cough!- tossì tirandosi a sedere e percependo una lancinante fitta alla spalla, togliergli il fiato -Dove sono?- ansimò spaesato, scorgendo una rigida fasciatura avvolgergli il petto e le spalle -CHI SIETE?!-;
-WAAAH! CE L'HA CON NOI?!-;
-SCAPPA! SCAPPA, JULIAN!-.
Nella gran confusione venuta a crearsi, la porta della camera da letto si spalancò lentamente, ed un'imponente figura comparì sulla soglia, volgendo lo sguardo impassibile verso il letto su cui Alister si trovava.
-Ho sentito delle grida. Va tutto bene?- gli chiese calmo.
-Fratellone, c'è qualcosa di veramente strano!- squittì la piccola Sonia, correndogli incontro assieme al fratellino.
Alister tacque, stringendosi nelle spalle nude e squadrando con diffidenza lo sconosciuto, arretrando non appena questo si fece avanti, ignorando i chiassosi pigolii dei due bambini; i corti capelli biondi, un volto dai tratti marcati e severi, occhi color del ghiaccio, profondi e intellegibili... Quegli stessi occhi...
-Voi siete il sicario che ci spiava alla locanda! Cough! Non avvicinatevi!-;
-Non opero presso la Santa Sede, se è questo che vi preme sapere- replicò pacatamente l'interessato -Come vi sentite? Per aver lottato contro gente come quella, ne siete uscito piuttosto bene-;
-Chi siete?- sibilò Alister, seguendo ogni suo movimento, torvo e guardingo.
Gli occhi acquamarina del biondo furono nuovamente su di lui, facendolo rabbrividire, nonostante il tono tranquillo e rassicurante con cui lo sconosciuto gli si rivolgeva.
-Sono Raphael Lautrèc- si presentò quest'ultimo, mentre il rosso scrutava i due bambini fare lentamente capolino ai piedi del letto.
-Ma fratellone! Prima ci ha gridato contro!- insistette Sonia, indispettita -Ci... ci sta guardando, hai visto anche tu!-;
-Ragazzina, è maleducazione additare le persone, sai?- brontolò il ferito, mentre gli occhi dei tre fratelli si dilatavano increduli.
-... Sonia, Julian, smettete di disturbare il nostro ospite. Su, andate a giocare in corridoio- li riprese Raphael, aprendo la porta e facendosi da parte -E cercate di non spaventare le domestiche- aggiunse sotto le occhiate stranite di Alister -Vi chiedo scusa. Non volevano essere scortesi- sospirò dopo essersi richiuso la porta alle spalle -Mi sono permesso di procurarvi un cambio d'abiti. Per qualunque cosa, non fatevi problemi a...-;
-Chi mi dà la certezza di essere al sicuro? Potrebbe essere una trappola. Voi ci spiavate! Siete sospetto quanto i tizi della scorsa notte!-;
-Siete libero di pensare ciò che volete- disse laconico il ragazzo, lasciandolo malevolmente interdetto -Ma se davvero fossi della Missione, nelle condizioni in cui riversate, che bisogno avrei di tendervi una trappola? Avrei potuto uccidervi la scorsa notte, non credete?-;
-Voi cosa sapete di...- lo interpellò il rosso, diffidente, gettandosi la camicia sulle spalle e cercando le parole giuste - Quei 'cosi'?-;
-I Revenant? Resuscitati. Hanno cominciato a diffondersi durante le ultime epidemie di peste, ma si sa poco o niente di loro.
Nessuno ha ancora pensato di studiarli da vicino-;
-Nessuno tranne il Vaticano, a quanto pare-;
-La gente preferisce non porsi troppe domande al riguardo. In questo periodo di guerre e conflitti con gli stati confinanti, meno si conosce degli affari della Santa Sede e più si è al sicuro, credetemi-;
-Vi fa comodo propinarmi queste scuse, ma io voglio sapere che ruolo avete in tutto questo! Credo sia un mio diritto, o no?- lo rimbeccò Alyster, poggiandosi al guanciale -Mio padre si è fatto ammazzare come un cane, lasciandomi in eredità una banda di morti viventi che, d'ora in poi, mi perseguiterà per farmi fuori!-.
Raphael alzò il viso enigmatico, volgendolo verso l'esterno della casa: -No, di questo non dovrete preoccuparvi per un po'.
La scorsa notte si sono già esposti troppo, specie coi Revenant. Passerà un po' di tempo prima che si rimettano sulle nostre tracce. In quanto al mio ruolo, vi basti sapere che non sono dalla loro parte e che sono nella vostra medesima situazione-.
Alister si zittì, volgendo le iridi chiare verso la finestra più vicina, scorgendo un'immensa distesa solitaria ed innevata che si fondeva col grigiore del cielo mattutino.
-Dove ci troviamo?-;
-Abbastanza lontani da Venezia, non temete. Piuttosto, non ho ancora avuto occasione di porvi le mie più sentite condoglianze per la perdita di vostro padre. Mi dispiace di non aver potuto fare qualcosa anche per lui...-;
-Non ha importanza- mormorò il ragazzino, alzando le spalle -Era vecchio e spostato, e quei sicari hanno solo anticipato di qualche mese la sua fine. Mi hanno fatto un favore-;
-Parlate sul serio?-;
-Se fosse?! Questi non sono affari che vi riguardano!-.
Affermando ciò, si voltò verso il suo interlocutore, pronto a sfidarne le occhiate fredde e impenetrabili, ma quando incontrò il suo volto, scorse con sorpresa i suoi tratti farsi distesi e attenti.
Quegli occhi di ghiaccio non sembravano compatirlo, né tanto meno rimproverarlo per quelle ciniche parole, e questo lo mise ancor più a disagio, perché a quel silenzio non sapeva proprio come reagire...
-Andatevene!- gridò furioso, percependo le lacrime farsi strada nei suoi occhi -LASCIATEMI STARE! NON VOGLIO VEDERE NESSUNO! ANDATEVENE!-.
Era arrabbiato, ma la confusione nella sua testa era tanta da non permettergli di comprendere chi avesse contribuito a generarla. Forse quel folle di suo padre, perché non si era mai fatto scrupoli ad esporlo ai pericoli, e perché non l'aveva mai considerato un figlio, o forse era infuriato con sé stesso, perché non aveva mai potuto far nulla per cambiarsi, per meritare un sorriso o una carezza, o perché quei sicari e tutta quella strana situazione erano riusciti a farlo sentire debole e impotente...
-Se il pensiero di non essere più legato a vostro padre vi fa sentire meglio, allora, non c'è nient'altro da aggiungere- lo fece trasalire il ragazzo, avanzando verso la soglia e congedandosi con un lieve cenno del capo -Riguardatevi. Vi farò preparare qualcosa da mangiare-.

Le giornate trascorrevano lente e, dalla finestra della sua stanza, Alister osservava in silenzio il cielo lattiginoso sporcarsi di nubi dalle venature grigiastre, mentre la neve continuava ad incipriare pigramente i campi e gli alberi scheletrici, che si piegavano stancamente al passaggio di quel rigido inverno.
Di tanto in tanto si spingeva ad esplorare i corridoi e le stanze della casa, spesso assillato da Sonia e Julian e dalle loro strambe domande, oppure vagava, solitario, seguendo ogni mossa del proprietario di casa, coi grandi e penetranti occhi cenere.
Quello sconosciuto era sempre così maledettamente tranquillo e imperturbabile, non recepiva o, semplicemente, non sembrava interessato a raccogliere provocazioni o insinuazioni mosse da quel capriccioso ospite dai capelli rossi, e sembrava che nulla di ciò che accadeva quotidianamente potesse spezzare quella maschera di gelo che sembrava portarsi appresso da tempo immemore; eppure Raphael doveva avere soltanto qualche anno in più di lui, ma dal suo volto, dai suoi occhi, emergevano una maturità ed una sorta di melanconia che era raro ritrovare in un ragazzo della sua età.
-In questa casa sono tutti strani- pensava innervosito, camminando, come al solito, senza una meta ben precisa.
-Strani a chi?- lo fece trasalire una vocetta alle sue spalle.
-Hm, sei solo tu...- mormorò voltandosi e scorgendo la bambina, ritta in piedi, fissarlo coi suoi grandi occhi smeraldo - Sofia?-;
-Mi chiamo Sonia!- sbottò lei, indispettita, gonfiando le gote -Uno sconosciuto non dovrebbe girovagare da solo per le case altrui-;
-E' stato vostro fratello a portarmi qui. Non gliel'ho certo chiesto io-;
-Nostro fratello vi ha salvato la vita e voi, nonostante questo, insistete nel trattarlo come un nemico!-;
-Se quell'apatico si decidesse a rivelarmi ciò che sa di questa storia assurda, potrei anche prendere in considerazione l'idea di ringraziarlo per ciò che ha fatto!-;
-A-apati-cosa?! I-in ogni caso, il fratellone non è cattivo! Anche voi siete un grande scorbutico, però lui non vi ha mai giudicato!- lo rimbeccò la bambina -E non vuole che anche a voi accada ciò che è accaduto a lui e alla nostra famiglia!-.
Alister sgranò gli occhi, sorpreso: -Accaduto a lui e alla vostra famiglia?-.
Sonia serrò le labbra, capendo di aver parlato troppo: -Questa non è casa nostra- spiegò -La nostra famiglia viene dalla Francia...-;
-E allora perché vivete qui?-;
-Perché i Papaveri ci perseguitano- rispose una seconda vocetta, alle spalle della bambina.
-Julian, non dire così!- pigolò lei, voltandosi e posando le mani candide e opalescenti sulle spalle del fratellino.
-Ma è così! I Papaveri ci hanno tolto tutto!- esclamò il bimbo.
Alister li osservò, inarcando le sopracciglia: -I Papaveri?-;
-Per fortuna che il fratellone...!- singhiozzarono -I-il fratellone...-; -Chi sono i...?- insistette il ragazzino, interrotto da dei passi lungo le scale.
Si voltò subito, incontrando lo sguardo atterrito di una delle cameriere, bloccarsi tremante davanti a loro, dopo aver abbandonato la scopa sul parquet polveroso.
-Ehi, che succede?- le domandò, stranito.
Senza rispondere, la donnina indietreggiò poggiandosi al corrimano e, disegnando un veloce segno della croce, corse giù per le scale, svanendo alla vista dei tre, facendo udire le sue grida e il rumore sordo del portone d'ingresso che sbatteva.
I tre si sporsero dalla finestra e la scorsero correre ed annaspare terrorizzata sulla neve, fino a scomparire oltre il magro viale alberato.
-Ma cosa è preso a quella donna?!-;
-Chi lo sa. Avrà visto un fantasma!- disse il bambino, trattenendo una risatina.
-Oh, Julian, sei così sgradevole!- rabbrividì Sonia, mentre il ragazzo li superava, scendendo verso il piano terra -Dove state andando?-;
-Ho bisogno di prendere una boccata d'aria-;
-Sentite! Come vi chiamate?- gli domandò il bimbo, guardandolo scendere.
Il rosso si fermò ed alzò la testa verso di loro: -Alister-.
-E il cognome? L'avete perduto?-;
-Julian!-;
-Sì... Una cosa del genere- rispose svanendo dalla tromba delle scale ed abbozzando un sorrisetto; quei due ragazzini gli ricordavano terribilmente suo fratello.
-Sonia, come si può perdere un cognome? Non è mica una matita!-;
-Sciocco. Un orfano non ha un cognome, per esempio-;
-Ma gli orfani nascono senza cognome. Lui dice di averlo perduto!-.
-Quanto sei insistente! Se l'ha perduto, l'ha perduto, no? Non essere pedante-.
Julian serrò le labbra, insoddisfatto: -Certo che c'è né di gente distratta in questo mondo!-.

Alister vagava per l'enorme distesa innevata, con mille pensieri a tenergli compagnia.
Tutta quella storia era strana, quello sconosciuto era strano, le domestiche erano strane, persino i bambini erano bizzarri!
Chi erano i Papaveri? Cos'avevano a che fare con la famiglia Lautrèc e, sopratutto, c'era un filo conduttore con i fatti accaduti a lui qualche sera prima?
I Papaveri gli avevano tolto tutto, perseguitavano la loro famiglia. I Papaveri... i papaveri sono rossi, fu l'unico pensiero che affiorò nella mente del ragazzo. Ridusse gli occhi a fessure, reggendo la lama del coltello affilato tra le dita e, con forza, la scagliò contro le estremità della sottile palizzata.
-Rosso!- esclamò colto da un'improvvisa illuminazione, ricordando i sicari e le loro uniformi scarlatte che, notti prima, gli avevano teso l'agguato -Maledizione- tossì improvvisamente, avvertendo una fitta lancinante alla spalla ferita.
Abbassò il volto e, sollevando un lembo del mantello, scoprì alcune piccole macchie rossastre macchiare la camicia e le bende che gli avvolgevano il torace.
-I Papaveri sono i sicari del Pontefice!-;
-Come dite?- domandò il proprietario di casa, comparendogli alle spalle.
-EEEEKK! Ma allora è un vizio di famiglia!- strillò il più piccolo, allarmato, portandosi una mano al cuore.
-Quelle... sono le argenterie della sala da pranzo?- osservò Raphael, sbigottito, fissando forchette e coltelli piantati nelle palizzate vicine -Hm, non dovreste muovervi troppo. Così la ferita non si rimarginerà più- disse sollevandogli la mano macchiata di sangue -Rischiate un'infezione-;
-Lasciatemi! Sto benissimo, non ho bisogno della balia! Piuttosto, voi, ditemi subitoPFU!-.
Il biondo scosse il capo, esasperato da quelle proteste e, prendendogli il viso fra le dita, gli bloccò la mascella, costringendolo a zittirsi.
-Posso anche capire che sia noioso dover trascorrere la convalescenza in una landa desolata come questa, ma non ho certo rischiato la vita per salvarvi da una banda di sicari, per poi permettervi di morire per il disinteresse che avete della vostra persona- disse perentorio, sollevandolo di peso e gettandoselo sulle spalle, diretto verso la villetta.
Alister spalancò la bocca, sconvolto: -Cosa?! CHE ACCIDENTI VI SALTA IN MENTE?! SIETE PAZZO! METTETEMI GIU' IMMEDIATAMENcoff! Coug! Cough! MALEDIZIONE A VOI!- imprecò dimenandosi.
-Ben tornato, fratellone!- lo accolsero allegri Julian e Sonia, una volta che ebbero varcato la soglia.
-METTETEMI GIU'!- insistette Alister, paonazzo -O GIURO CHE VI AMMAZZO!-;
Raphael sospirò esasperato e, chinandosi, lo gettò sull'ampio sofà: -Non dovete fare movimenti bruschi. Certo che avete proprio una gran testa dura, voi- constatò prima di ricevere un ceffone in pieno volto, che echeggiò per l'intero piano terra, lasciandolo di stucco.
-LASCIATEMI!- ripetè Alister, scostandosi i capelli rossi dal viso, pronto a colpirlo ancora.
-Fratellone, ti ha fatto male?- piagnucolò Sonia, assistendo impotente alla scena.
-Tranquilli- rispose il ragazzo, alzandosi con la mano premuta sulla guancia; ma non appena si fu voltato, il ragazzino balzò giù dal divanetto, furioso, scagliandosi nuovamente contro di lui.
-NON PERMETTETEVI MAI PIU' DI TRATTARMI IN QUESTO MODO!- urlò stringendo la mano in un pugno e colpendolo allo stomaco: - AAAH!-.
Raphael lo osservò, stupito, scivolare lungo il pavimento, il viso paonazzo e piegato in una smorfia di dolore.
-Fratellone, è morto davvero, questa volta!- strillò Julian.
-No, non è morto. E' solo molto cocciuto. Uscite, ci penso io- li tranquillizzò portandosi davanti al ragazzino, rimasto accucciato a terra, ansante.

-AHI!-;
-Devo stringere, o non servirà a nulla-.
Alister ritrasse la mano dolorante, tentando di muoverla, ma una dolorosa scarica gli attraversò l'intero avambraccio, facendolo gemere.
-Maledizione! Ma di che siete fatto? Di ferro!?- sibilò a denti stretti, alzando le iridi sul biondo, che terminava di bendargli l'arto -Mai vista una cosa simile. Almeno... Uh?-
Si interruppe, sorpreso nello scorgere il viso del ragazzo, fino a pochi attimi prima così teso, minaccioso e intellegibile, distendersi ed abbozzare un sorriso.
-Ma cosa ci trovate di divertente, si può sapere?- sbraitò liberando la mano dalla sua presa.
-Nemmeno voi scherzate. Non ho mai sentito tanto dolore in vita mia, ve lo assicuro- ammise Raphael, con una sorta di timidezza inaspettata, premendosi lo stomaco e lasciando il rosso ancor più stupefatto -Siete forzuto, per avere solo sedici anni-;
-Che cosa? Mi sono quasi fratturato una mano per colpa dei vostri pettorali! Ci vorranno settimane perché riprenda sensibilità!- esclamò questo, fuori di sé, percependo le gote farsi roventi davanti al suo sguardo limpido d'acquamarina.
-Per lo meno sarete costretto a stare fermo e, nel frattempo, guariranno anche le altre ferite- disse il padrone di casa, facendo spallucce e scompigliandogli i capelli rossi e sbarazzini.
-Mi trovate ridicolo, non è vero?- domandò il più piccolo, ritraendosi infastidito e distogliendo lo sguardo -Non voglio la vostra pietà-.
-Vi sbagliate. Tutt'altro. Trovo che siate stato molto coraggioso nell'affrontare tutti questi ultimi avvenimenti, compresa la vostra recente perdita...-;
-Già, mio padre. Un tipo che persino da morto continua a far danni- soffiò Alister, sarcastico -Mi ha lasciato davvero una gran bella eredità, vero?-;
-Era davvero malato?-.
-Normale non lo era mai stato, questo è certo. L'ho sempre chiamato 'padre', ma non credo si sia mai presentata un'occasione in cui dimostrò di esserlo davvero. Non era il genitore perfetto e... beh, forse neanch'io ero il figlio che lui avrebbe tanto desiderato. E... Credo che la morte di mio fratello abbia contribuito ad aggravare la sua salute mentale- gli rivelò, sprezzante.
-Vostro fratello? Perdonatemi, non ero al corrente...-;
Alyster annuì: -Miruko era sempre stato il suo orgoglio- disse alzando lo sguardo e piegando le labbra in un sorriso melanconico -Quando nacque fu come un nuovo inizio per mio padre. Nonostante fosse così cagionevole di salute e si contassero sulle dita di una mano le volte in cui gli fu permesso uscire di casa, il mio fratellino riuscì a fare qualcosa di cui io non fui mai capace... lo rese un vero padre. E poco mi importava di essere considerato il primogenito mal riuscito e di venire escluso da sorrisi e carezze. Non le ricevetti mai, perciò non ne sentii mai la mancanza, ma ero sollevato che a Miruko non toccasse il mio stesso trattamento. Lui era così sensibile, mentre io ero già un caso perso, un ragazzino selvatico, cocciuto e insensibile su cui era impossibile fare tabula rasa-.
Raphael lo ascoltò con attenzione, chiuso in un rispettoso silenzio, e quando alzò le iridi ghiaccio su di lui, poté scorgere i suoi occhi farsi lucidi e melanconici.
-Alister...-;
-Rovinai tutto... Fu soltanto colpa mia- bisbigliò Alister, con un filo di voce, asciugandosi il viso umido e paonazzo e voltandosi verso le fiamme sanguigne del caminetto, che scoppiettavano vivacemente davanti ai loro occhi -Gli promisi che l'avrei portato fuori da quella casa, al lago, come tanto desiderava, ma ci fu un incidente e, cagionevole com'era, non riuscì a superare la notte- raccontò -Mio padre non si riprese mai più... Non mi permise neanche di prendere parte al suo funerale! Mi accusò di averlo ucciso per gelosia, e disse che non avrei avuto motivo di prendervi parte e di piangerlo. E questo non fece che ricordarmelo, ripetendomelo ogni giorno... C-che una persona cinica e crudele come me, sarebbe dovuta morire al posto suo... E aveva ragione. Ero sempre io a rovinare tutto, non lui... Non il mio fratellino!-.
Quando aprì nuovamente gli occhi, scorse la mano di Raphael farsi strada verso di lui e posarsi sul suo viso, asciugandogli le lacrime che sembravano non volersi più fermare.
-Immagino che, sentendovelo ripetere per tutti questi anni, anche voi, alla fine, ve ne siate convinto-.
Alister scosse il capo, ritraendosi e corrugando la fronte, confuso: -Ma cosa vorreste dire?!-;
-Se davvero foste crudele e insensibile come dite, non sprechereste certamente lacrime per vostro fratello, né tanto meno vi rattristerebbero le opinioni e le accuse di vostro padre. Ditemi, sto forse sbagliando?- continuò il ragazzo -L'insensibilità è solo per gli oggetti-.
Azzittito e sorpreso, Alister lo guardò ad occhi sgranati. Il suo viso paonazzo e sbigottito si specchiava nelle iridi, così vicine, del suo interlocutore e, anche se solo per pochi secondi, non riuscì a reagire, sentendosi completamente sprofondare in quel mare color ghiaccio.
Raphael gli aveva salvato la vita, e forse aveva ragione Sonia: lui non era il tipo da giudizi superficiali, tutt'altro.
Avrebbe dovuto capirlo da quegli sguardi, dal volto che si faceva disteso e attento quando lo ascoltava. Proprio quel volto che, sin dal primo momento, gli era parso così minaccioso, impenetrabile e freddo, in quei momenti sembrava, invece, essere il più umano che gli fosse stato rivolto in tutta la vita.
Quella persona, con la sua flemma impeccabile, era così attraente quanto insopportabile: Alister non sapeva proprio in che maniera interpretare quei suoi approcci. A volte aveva semplicemente il forte impulso di mollagli un pugno sul naso, ma quel desiderio non durava mai abbastanza da permettergli di farlo, dato che, per qualche oscura ragione, si convinceva ogni giorno di più che Raphael, in realtà, lo conoscesse meglio di chiunque altro...
-Voi siete davvero strano-.

La campagna non era stata ancora incorniciata dai raggi dell'alba, quando, il mattino seguente, Alister uscì dalla sua stanza.
Delle voci nell'atrio l'avevano destato e, incuriosito, si avvicinò con circospezione alla balconata di legno, sbirciando attraverso i complessi intarsi cosa stesse accadendo al piano sottostante.
-Fratellone, torna presto!- si raccomandò la piccola Sonia, guardando il fratello indossare l'ampio cappotto e i guanti -E porta tante cose dolci!-;
-Sì, per il fratellino Alister! E' sempre così scorbutico! Forse ha qualche carenza- aggiunse innocentemente Julian, prima che il proprietario di casa potesse replicare a quelle richieste, che fecero sobbalzare l'interessato, da dietro il corrimano.
-Mocciosi petulanti- pensò, cercando di trattenersi dal replicare aspramente.
-Non siamo sicuri che i dolci gli piacciano- fu la risposta pacata dal maggiore che, poco dopo, alzò il capo nella sua direzione, con un sorrisetto disegnato sulle labbra -Bisognerebbe chiederglielo... Dico bene?-.
Alister trasalì, percependo le gote farsi paonazze e roventi dalla vergogna. Ma come aveva fatto a vederlo?!
-C-che cosa?- domandò facendo timidamente capolino da dietro la balconata, le labbra serrate come conchiglie.
Raphael si voltò, dirigendosi verso la soglia: -Sto andando in città a fare provviste. Gradireste accompagnarmi? Nel caso vi occorra qualcosa-.

-Non mi piace la glassa-;
-Piace molto a me-.
Alister volse lo sguardo indispettito verso l'esterno della carrozza, sulla via del ritorno, scrutando il panorama imbiancato e piegando le labbra in una smorfia beffarda: -Non sembrate proprio una persona da dolciumi...-;
-Né io vi avrei mai immaginato così bellicoso, fino a tre settimane fa- gli fece pacatamente notare Raphael, spostando lo sguardo da lui ai numerosi e lucenti fucili, che troneggiavano minacciosi al suo fianco -Pedinandovi, ad una prima occhiata, mi eravate sembrato così gracile e innocuo...-;
-Tzè. Detto da uno che per stazza e flemma fa scappare tutti a gambe levate- mormorò il rossino, addentando una pagnotta e squadrandolo di sottecchi.
Forse non avrebbe dovuto affermare una cosa simile a bruciapelo; Alister sapeva fin troppo bene, l'aveva imparato in quelle ultime settimane trascorse al suo fianco, che l'imperturbabile Raphael non era affatto ciò che il suo aspetto esteriore comunicava a prima vista, tutt'altro...
-Tuttavia...- sospirò facendolo trasalire e spezzando il silenzio che era calato tra loro -Tuttavia, ecco... Voi mi avete salvato la vita. Ho sbagliato a giudicarvi, quindi... Insomma...-;
-Buffo, non trovate?- lo interruppe il biondo, rivolgendogli un sorriso complice che lo lasciò interdetto -A quanto pare c'è stato un fraintendimento reciproco, voi che ne dite?-.
Alister smise di masticare, imbarazzato, annuendo.
-Già, immagino che sia così...- ne convenne tornando a posare lo sguardo al di fuori del mezzo -Uh?-;
-Qualcosa non va?-;
-C'è odore di bruciato, nell'aria. Non lo...?-.
Senza dargli il tempo di terminare la frase, vide il biondo sporgersi dalla portiera della carrozza che si era fermata bruscamente ai margini del viale d'ingresso, ora attraversato dai rumorosi e inquieti nitriti dei cavalli e da grida terrorizzate di uomini e donne.
-Cosa c'è?! Che succede?- gli chiese Alister, sporgendosi anch'esso e sgranando gli occhi verso la scena che gli si presentava dinanzi.
-Fermatevi! Non andate!- esclamò Raphael, bloccandogli il passaggio col proprio corpo, prima che avesse il tempo di abbandonare il mezzo -E' troppo pericoloso!-;
-Lasciatemi passare! I bambini potrebbero essere ancora là dentro!-.
Divincolandosi, si liberò dalla presa del compagno e superò il viale immerso nella vegetazione, fermandosi in punta alla collinetta; quando ebbe raggiunto la cima, con orrore, scorse in lontananza un alto muro di fumo e fiamme levarsi dove, solo fino a poche ore prima, sorgeva la villa dei Lautrèc.
-La casa!- gridò, atterrito, seguendo in lontananza il personale della villa fuggire attraverso i campi circostanti -Sonia! Julian!-;
-Alister, tornate qui! Potrebbe essere doloso, per quanto ne sappiamo!- gridò il proprietario di casa, inseguendolo - ALISTER!-.
Ma Alister non lo stava più ascoltando, e già scendeva a perdifiato lungo la collinetta innevata, cercando di radunare tutto il coraggio di cui disponeva ed attraversando il portico oramai carbonizzato, abbattendo la porta d'ingresso che si infranse nell'atrio, sollevando ceneri, polvere e vetri ovunque.
-SONIA, JULIAN!- li chiamò, coprendosi il volto e attraversando la soglia, guardingo.
Non potevano essere morti. Si rifiutava categoricamente di abbandonarli in quell'inferno. Aveva già perduto suo fratello...! -DOVE SIETE?-.
Nel frattempo, grappoli di fiamme rosso sangue inghiottivano qualunque cosa incontrassero sul loro cammino, ed Alister, attraversando le stanze adiacenti, quasi inciampò in qualcosa che riconobbe come dei corpi semi carbonizzati della servitù, riversi a terra con ampi tagli che attraversavano i loro toraci, un tempo insanguinati.
-Quei tagli! I Papaveri sono stati qua!-.
Barcollando, indietreggiò nauseato, percependo nuovamente attorno a sé il medesimo fetore dei Revenant prevalere su quello di fumo, e non appena si fu voltato, due orbite vuote a pochi centimetri dal suo viso lo fecero sobbalzare, raggelandogli il sangue nelle vene.
-AAAH!-.
Prima che la creatura potesse attaccarlo, un braccio si fece strada alle sue spalle e colpì la creatura sul naso, gettandola tra le fiamme del salone.
-Raphael, dove sono i bambini?-;
-Non c'è più tempo! Dobbiamo andarcene!- lo interruppe il ragazzo, tirandolo dietro di sé, diretto all'uscita.
-Ma cosa state dicendo?! E i vostri fratelli?! ATTENZIONE!- lo avvertì Alister, indicandogli altri due non morti gettarsi dalla balconata del piano superiore, e bloccargli la via di fuga -Ma quanti ce ne sono?!-;
-FRATELLONE!-.
Le voci dei bambini echeggiarono per la casa, facendoli trasalire.
-Julian? Sonia? Dove siete?- scattò il ragazzino, guardandosi attorno, spaesato.
-Proprio qui, davanti a voi- precisò la bambina, mentre due sagome semitrasparenti si materializzavano tra loro e le due bestie, le quali indietreggiarono atterrite ed incerte sul da farsi.
-Ma da dove sbucate?! C-che gli prende a quelle carcasse, adesso?- domandò Alister, pallido e confuso, fissando la scena ad occhi sgranati.
Julian si voltò verso di loro, serio: -Fratellone, dovete uscire da qui!-;
-Penseremo noi a trattenere i Revenant- aggiunse la sorella, muovendo un passo verso le creature che arretrarono ulteriormente, schiacciandosi contro la parete annerita.
-Ma cosa dite? Non vi lasceremo di certo qui con quei mostri!- protestò categoricamente il rosso, bloccato dal ragazzo al suo fianco -Raphael?-;
-Va tutto bene, fratellone. Non preoccuparti per noi. Pensa solo a proteggere il fratellino-.
-Sonia, Julian... Grazie- disse Raphael, annuendo e rivolgendogli un ultimo sorriso, per poi voltarsi e calciare via le travi che bloccavano la soglia -Andiamocene prima che ci crolli tutto addosso!-.
Alister non capiva più niente: -EH? Cosa volete fare, Raphael? Lasciatemi!-.
Fu costretto ad interrompersi, quando la mano di Raphael l'afferrò per il polso e lo strattonò con forza verso l'uscita. -Lasciatemi! Dobbiamo salvare i bambini! Lasciatemi andare!- esclamò quest'ultimo, con le lacrime agli occhi, cercando di opporre resistenza.
-Non c'è altro da fare! Loro sono gli unici in grado di bloccare i Revenant!- replicò Raphael, conducendolo a forza attraverso il cortile e lungo il campo vicino.
Pochi attimi dopo, un forte fascio di luce avvolse la casa, e le grida strazianti dei Revenant si levarono per il circondario, trasportate via dal vento, dopodiché, l'intero edificio crollò, sopraffatto dalle fiamme.

Dall'alto della collina, tre figure ammantate riposero le lunghe falci, scostandosi le maschere di teschio dai volti e osservando i due ragazzi allontanarsi al galoppo.
-Li lasciamo andare così, Michael?-;
-Già, Raphael potrebbe rivelare ogni cosa! E abbiamo appurato che i Revenant non sono ancora creature efficaci e affidabili! Se gli altri stati dovessero venire a conoscenza...-;
-Non essere precipitoso, Samael- lo riprese il primo -Lasciamo le cose come stanno, per il momento- disse voltandosi e piegando le labbra in un sogghigno -La vendetta è un piatto che va servito ben freddo, ricordalo-.

-State bene?- domandò Raphael, smontando da cavallo e aiutandolo a scendere a terra -Non siete ferito?-;
-STATEMI LONTANO!- gridò Alister, fuori di sé, allontanandolo bruscamente -Non toccatemi! Siete un mostro!-;
-Ascoltatemi, per favore-;
-Voi...! Come avete potuto abbandonare i vostri fratelli in quell'inferno?! COME AVETE POTUTO PERMETTERE CHE SI SACRIFICASSERO PER NOI?! MA CHE RAZZA DI PERSONA SIETE!? SONO MORTI, ED E' TUTTA COLPA VOSTRA!- strillò tra i singhiozzi, inginocchiandosi a terra e portandosi le mani sul viso sporco e bagnato di lacrime e polvere -ERANO LA VOSTRA FAMIGLIA!-.
Il ragazzo lo fissò per qualche istante in silenzio, poi, avvicinandoglisi, si chinò su di lui, scostandogli le mani dal viso.
-Calmatevi, adesso-;
-Come potete rimanere così impassibile? Sonia e Julian sono... Sono...-;
-Morti- sussurrò Raphael -Molti anni fa-.
Sotto gli occhi lucidi e arrossati di Alister, estrasse un pendente d'argento, al cui interno il ragazzino scoprì una vecchia fotografia.
-Anni fa? Ma cosa state dicendo?-;
-E' così. Guardatela bene-.
Alister serrò le labbra, ubbidendo.
Nella foto era ritratta una famiglia. Un uomo dal sorriso pacato e gentile, una donna elegante e raffinata e, davanti a loro, sorridenti, tre bambini: una femminuccia dai lunghi e mossi capelli chiari e due maschietti al suo fianco, di pochi anni di differenza l'uno dall'altro, impettiti e vispi, uno biondo, l'altro castano.
-Sono stati i sicari del Pontefice, i Papaveri, a distruggere la mia famiglia, anni fa- gli raccontò -Mio padre, mia madre e i miei fratelli. Sonia, la maggiore e Julian, il più piccolo- raccontò facendolo trasalire.
-Questo è impossibile! E' assurdo!- disse il rosso a bocca aperta -Cosa significa? Se davvero quel bambino siete voi, in questa foto avrete appena dieci anni! Sonia e Julian sono gli stessi...!-;
-Dal giorno della loro morte, i loro spiriti non mi hanno mai abbandonato. Quelle che voi riuscivate a scorgere non erano altro che le loro anime. Quei bambini non possedevano un proprio corpo da molto tempo-;
-Non... non potete dire sul serio!- balbettò il ragazzino, inghiottendo lo stupore: -I fantasmi non... Ah!-...

“Ma fratellone! Prima ci ha gridato contro! Ci... ci sta guardando, hai visto anche tu!”
“Su, andate a giocare in corridoio. E cercate di non spaventare le domestiche”
“Ma cosa è preso a quella donna?!;
Chi lo sa. Avrà visto un fantasma!";
“Penseremo noi a trattenere qui i Revenant! Non preoccuparti...”


-Perchè i Revenant li temevano?-;
-Credo che anime dannate come i Revenant mal tollerino gli spiriti puri... Questa è solo una mia teoria, chiaramente- spiegò Raphael, guardando il visetto corrucciato e perplesso del più piccolo -Non ce l'avrete ancora con me, spero?-;
-Ah, dovrei gioire del fatto che mi abbiate tenuto nascosta una cosa simile?! Ma come avete potuto? Ho vissuto per quasi un mese intero con due fantasmi che mi trotterellavano allegramente intorno e...! Adesso si spiega perché saltavano i pasti con la scusa di aver pranzato molto prima di noi! E tutte quelle cameriere terrorizzate che mi vedevano parlare da solo, e i loro corpi sempre gelidi...! Non ci voglio neanche pensare! E poi, voi! Voi che intenzioni avete, ora, si può sapere?!-.
Senza perderlo di vista, Alister lo seguì con lo sguardo plumbeo salire a cavallo e tendergli una mano.
-Non saprei- ammise quest'ultimo, facendo spallucce -L'unica cosa che so per certo è che il vostro temperamento inquieto accende inspiegabilmente il mio istinto protettivo-.
Il rossino sgranò gli occhi e, poco dopo, corrugò le sopracciglia, dubbioso.
-Non è di una balia che ho bisogno- lo rimbeccò -So cavarmela benissimo da solo, mettetevelo bene in testa se davvero ci tenete a seguirmi- disse strappando al biondo un sorrisetto soddisfatto.
-Avete intenzione di fare ritorno a Londra?-;
-Neanche per idea. Portatemi il più lontano possibile da questo vecchio e stupido continente. Ne ho piene le tasche di congiure, Papi, sicari e morti viventi!-;
-E sia- asserì pazientemente Raphael -Sapete, ho sentito dire che l'Oriente merita una visita almeno una volta nella vita. Interessante, non credete?-;
-Fate un po' come vi pare...-.

Tre anni più tardi
-Raphael? Raphael! Ma dov'è finito, accidenti?! Scommetto che ha visto quelle orripilanti paste alla glassa al buffet e...!-.
Alister si fermò ai margini della sala da ballo, guardandosi intorno stizzito e schivando crinoline e assurde gonne guarnite, alla ricerca del compagno che sembrava svanito nel nulla.
Era stufo, voleva andarsene da quello stupido ballo; con o senza il compagno, avrebbe immediatamente tolto il disturbo.
Neanche ricordava com'era riuscito a farsi abbindolare da Von Schroeder a prendere parte ai ricevimenti di fine anno!
-Basta, me ne vadAUCH!!-;
-Oh! Buon Dio!- squittì una voce femminile, dopo aver assistito al suo plateale capitombolo -Non volevo, vi prego di scusarmi! Non stavo proprio guardando dove...! Io, ecco...-;
-Già, (ahi!)- sibilò a denti stretti Alister alzando le iridi magnetiche sulla giovane che gli stava davanti, pallida e preoccupata -Che non stavate guardando, ora, l'avrà compreso l'intera sala!-;
-Miss Emeline, ci sono forse problemi?-;
-Signorino Yami! Ecco, credo di aver involontariamente...!-.

(Ciò che avvenne in seguito già lo conoscete)
FINE.

Ending Theme: Broken Wings (Tomoko Tame)



Disse l'autrice (+ speciale: “Le debite spiegazioni!” LEGGETELE, mi raccomando!):
ALOHAAAA! <3 <3 <3
The +AutriceWonderland+ è return in the section! Quanto tempo! QUASI 5 MESI, INCREDIBILE! E' cambiata la carta da parati, il mobilio, i soprammobili, ci sono nuovi inquilini (!?)... Che meraviglia essere di nuovo qui a scassarvi le campane, membri della sezione “iu-ghi-o”! Ding-dong-dang!
Queste sono proprio le campane della mia Tension che, in questo momento, è HIGH!
HIGH! HIGH! *____* Perciò, finché ce n'è, sfruttiamola, anche se il credito della mia chiavetta sarà drasticamente super-out fino al giorno 20! Mamerina, non pensare a me, fuggi! Io, in qualche modo, me la caverò!(?!) Bene, ora che tutti hanno constatato il livello elevato della mia Tension, passiamo a...
“Le debite spiegazioni!” (No, cioè... ci sono davvero?!): Il prequel che avete appena letto, per chi non ne fosse a conoscenza, è legato alla vicenda de “Lo strano caso del Dr Yami & Mr Atemu”, una ff che pubblicai long time ago! (Si dirà così?!) (OAO Quanto tempo, comunque!).
Ciò che ha scatenato l'idea per queste one-shot prequeliche è: “Come sono nate le 'principali coppie' della vicenda?”. Ecco, Ora sapete in che circostanza si sono conosciuti Raphael e Amelda (qui, Alister)! E' stata davvero super dura scrivere questo capitolo, ve lo assicuro!! L'incontro fra questi due è stato così incredibilmente movimentato da descrivere, che temo di aver perso parecchi chili nell'immaginarmi soltanto le scene dei combattimenti e degli agguati! Non c'è molto romanticismo, me ne rendo conto; questo perché la loro love-mode busserà (busserà?) principalmente a metà della vicenda principale. Spero che, nonostante questo, il capitolo vi sia piaciuto comunque!
Ad ogni modo, credo che permetta una facile lettura anche a chi, nel caso, non avesse seguito la ff vera e propria! La trama di questo prequel, tra l'altro, resta un pochino... OPEN! Proprio come quella dell'EXTRA! La parte finale, quella affettuosamente denominata “Tre anni più tardi”, invece, è un allaccio alla comparsa dei due nel racconto... ufficioso! XD (A linee grandi!)
Seguirà un altro prequel, incentrato sulla coppia Pride, che narrerà, pensate un po',di come si è formata la coppia principale dello StranoCaso! Ancora non so quando sarà disponibile questo fantomatico secondo capitolo, anche perché l'Autrice deve ancora sviluppare completamente la trama, a-ehm, perciò armatevi di pazienza!
Riuscirà l'imperterrito rating a passare dal giallo canarino al rosso sanguigno della passion? Mah! Chi lo sa! Ahahah! (Questi cos'erano, Alice? Tentativi di anticipazioni?)
Benissimo! Ed ora vi lascioOoOoO! Grazie per la cortese attenzione e... a presto (si spera) col prossimo prequel: La PRIDE ed il suo Strano Caso!
Aloha Alelè! (Ma da quanto non lo dicevo?! Sono commossa!)

+AliceWonderland+
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-gi-oh / Vai alla pagina dell'autore: AliceWonderland