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Autore: Little Fanny    16/06/2012    3 recensioni
Il Dottore, il Master e… una partita di calcio?
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Doctor - 10, Master - Simm
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Avventure mondiali
Fandom: Doctor Who
Personaggi: Tenth Doctor, Master
Rating: PG15
Genere: comico, romantico
Conteggio parole: 3550
Avvertimenti: AU, slash, one-shot
Riassunto: Il Dottore, il Master e… una partita di calcio?
Note: la storia è stata elaborata in occasione della disfatta azzurra ai Mondiali di calcio di Sud Africa 2010. È il mio modo per fare agli azzurri un grande in bocca al lupo!
Ambientata nello stesso universo di Come with me.
Disclaimer: La storia è basata su fatti e personaggi creati e appartenenti alla BBC e a chiunque ne detenga i diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo per mio puro diletto.




Avventure mondiali




Erano ore ormai che il Master se ne stava comodamente seduto sulla sua poltrona preferita reggendo mollemente un libro tra le mani, del tutto concentrato nella lettura.
Harry Potter, sbuffò, pensando con ironia a quanto in basso era potuto cadere. Da padrone dell’intero universo a questo: un’eternità con Non Fare Del Male Alla Gente Dottore. Niente più morte e distruzione, nessuna conquista di qualche galassia, niente più popolazioni ridotte in schiavitù per il proprio puro divertimento. Niente di niente.
Il massimo di violenza che poteva ottenere era un libro per bambini, l’unica cosa che il Dottore gli permetteva di leggere. Tutta quella pace, quell’amore che vinceva sull’odio l’avrebbe fatto uscire di senno prima o poi; persino i suoi tamburi si era acquietati, sconvolti dal buonismo dilagante.
Non c’erano più i cattivi di una volta: quelli come lui, folli e affascinanti.
Sospirò affranto, girando un’altra pagina del libro, speranzoso che almeno il cattivo di turno morisse con onore.
“E osano chiamare questo scontro finale?” sbottò alzandosi di scatto e lanciando offeso il libro contro il muro. Fu in quel preciso istante che il Dottore fece ingresso nel salotto: una sciarpa tricolore avvolta intorno al collo, un ciotola di pop-corn in mano e uno strano aggeggio nell’altra. Si incamminò per la stanza, zigzagando tra i vari libri per terra, concedendo al suo gradito ospite un perplesso inarcamento del sopracciglio.
“Qualcosa non va?” si premurò di chiedere il Dottore dopo un po’, vedendo il petto dell’altro Signore del Tempo che si alzava ed abbassava frenetico, nonostante il sistema respiratorio di esclusione. Il Master gli scoccò un’occhiata di fuoco, non credendo alle proprie orecchie.
Ovvio che c’era qualcosa che non andava. Avrebbe potuto fare una lista così lunga che pure Jack scherzo della natura Harkness sarebbe morto dalla noia.
Sbuffò buttandosi a peso morto sulla poltrona e abbracciando sconfitto un cuscino. Quello stare relegati in quel misero TARDIS lo stava rammollendo, ragionò mordicchiando un angolo del cuscino, deciso a non degnare l’altro di una risposta.
“Oh… so io come tirarti su!” esclamò a quel punto il Dottore, deciso come non mai a risollevare l’animo del Master. Questi non si premurò nemmeno di folgorarlo con lo sguardo, lasciando che il Signore del Tempo si esibisse nella sua pantomima fino a quando non si sarebbe stancato di dare aria alla bocca per niente.
Era una mossa che funzionava sempre: lasciava che l’altro si sfinisse col suo stesso ciarlare per poter finalmente passare all’azione, che di solito comprendeva lui, l’altro e una qualsiasi superficie libera a disposizione.
Solo che questa volta il Dottore lo stupì, accendendo quella televisione a cui gli umani non sapevano fare a meno. Il Master lo fissò perplesso e incuriosito, facendo fremere il Dottore di gioia per essere finalmente riuscito a strappargli un’emozione.
“Cosa hai intenzione di fare?” domandò, osservandolo puntare il cacciavite sonico contro lo schermo per fare zapping tra i vari canali.
“Aspetta e vedrai,” commentò facendogli l’occhiolino, mentre si metteva più comodo sul divano: piedi sul tavolino, pop-corn in una mano e bandiera nell’altra.
“Tieni questo. Puoi usarlo,” disse lanciandogli lo strano aggeggio con cui aveva fatto il suo trionfale ingresso nella stanza. Il Master lo afferrò al volo, studiandolo attentamente.
“Dottore, non ti sembra un po’… uhm… grande, come giochino sessuale?” domandò casualmente, rigirandosi l’oggetto tra le mani e prendendone mentalmente le misure.
“Cos-” esclamò il Dottore, quasi strozzandosi con una manciata di pop-corn. Il Master si precipitò su di lui, assestandogli delle vigorose pacche sulla schiena, non volendo subire l’ira del Signore del Tempo per essere stato costretto a rigenerarsi – uhm, poteva ancora succedere? – per un banale soffocamento causato da salatini.
“Tranquillo, tranquillo. Non pensavo ti potessi scandalizzare per così poco, Dottore.” Scherzò, prendendo posto sul divano al suo fianco. “Non dopo tutto quello a cui mi hai abituato.” Soffiò direttamente sul suo collo depositandogli un bacio leggero, venendo ripagato con un rossore che dalle guance del Dottore si era diffuso fino alla punta delle orecchie.
Il Dottore alzò bruscamente il volume del televisore, coprendo così la risata saputa del Master.
“E, comunque, quello è un vuvuzela. Non un-” si interruppe, mimando qualcosa con la mano. Il Master inclinò la testa di lato, valutando l’espressione dell’altro Signore del Tempo e l’aggeggio, anzi no, il vuvuzela, che teneva in mano.
“Difatti ti faccio più tipo da cinghie e collari. Dovremmo provare la prossima volta,” sussurrò allusivo prima di rivolgere lo sguardo verso il televisore.
“Cosa?” balbettò il Dottore, sconvolto, il volto paonazzo.
“Shhh…” lo zittì l’altro, posandogli un dito sulle labbra. “Non avevi in mente un piano geniale per tirarmi su il morale?”
“Piano geniale. Piano geniale. Ah sì! Il mio piano geniale!” si batté una mano sulla fronte, recuperando solo in quel momento i fili per tessere l’ultima parte del suo progetto. “Ti piacerà. Vedrai!” gli assicurò sintonizzando il televisore sulla giusta frequenza.
“Dottore?” domandò il Master occhieggiando con sguardo annoiato lo schermo. “Da quando in qua segui il calcio?”
“Uhm… ogni tanto mi capita di seguire qualche partita.” Commentò osservando rapito l’ansia che si poteva respirare sugli spalti dello stadio al momento del fischio d’inizio.
Il Master assottigliò lo sguardo, leggendo sullo schermo le due squadre che si stavano affrontando in campo: “Italia - Slovacchia? Ti facevo più il tipo da seguire l’Inghilterra, o la Scozia, patriottico come sei.”
Si guadagnò un’occhiata scocciata.
“Davvero, Dottore. Prendi, ad esempio, il tuo TARDIS: una cabina telefonica della polizia,” continuò imperterrito, mentre le immagini della partita si susseguivano davanti ai suoi occhi, “così inglese degli anni ’50. O il tuo continuo bisogno del tè. E vogliamo parlare del tuo accento?”
Il Dottore si voltò a guardarlo, staccando per un momento gli occhi dalla partita, che tutto sembrava, fuorché entusiasmante.
“Il tuo accento è così scozzese, anche quando parli in gallifreyano.” Concluse il proprio ragionamento il Master incrociando le braccia al petto.
“Il tuo discorso non fa una piega, ma l’Italia è il campione del Mondo in carica e mi sembra giusto fare il tifo per la sua nazionale in questo particolare momento.”
“Perché?”
Il Dottore sbuffò. Ma quando erano all’Accademia cosa faceva il Master durante le ore di Storia dell’Umanità? I ricordi della loro infanzia si affacciarono alla sua mente, dando una risposta più che soddisfacente alla propria domanda che gli lasciò un velo di rossore sul collo.
“O vince o è fuori. Anche se pareggia potrebbe essere ancora dentro, ma servirebbe che-”
“Ah, Dottore. Risparmiati la lezione di storia, mi annoia.” Lo interruppe l’altro bruscamente, prima che iniziasse a sproloquiare come già facevano i commentatori sportivi.
Ritornarono a guardare la partita in silenzio: il Dottore del tutto preso dal gioco, i pop-corn che scivolavano senza sosta nella sua bocca; il Master che si muoveva inquieto, ancora insicuro di cosa avrebbe dovuto farci con quella vuvuzela.
“Soffiaci dentro,” gli consigliò il Dottore, sbirciando i movimenti inquieti dell’altro con la coda dell’occhio. “È una specie di trombetta tipica del Sud Africa. Vedi i bambini?” gli disse indicando gli spalti colorati, ricolmi di persone che sembravano adorare alla follia il fastidioso rumore del vuvuzela.
Il Master inarcò un sopracciglio. Davvero gli avrebbe concesso di distruggergli i timpani con quel rumore assordante? Doveva sicuramente esserci un tranello nascosto da qualche parte.
Scrollò le spalle con fare indifferente, tentare non poteva nuocere di certo, anche se il suono – per Rassillon! – era davvero insopportabile!
“Gol!” urlò a un certo punto il cronista. Il Master soffiò nella vuvuzela con quanto fiato aveva nei polmoni, ed, essendo un Signore del Tempo, ne risultò un suono particolarmente assordante.
“Beh? Non festeggi? Hanno fatto gol.”
“È così che funziona il calcio, no?” continuò, non cogliendo alcuna emozione di gioia nello sguardo dell’altro. “Oh. Non dirmelo. No, dai. È l’Italia quella che sta perdendo?”
Il Master proruppe in una fragorosa risata che lo lasciò per un attimo senza fiato.
“Non c’è nulla da ridere,” commentò un imbronciato Dottore, incrociando le braccia al petto.
“Ma non sai già come va a finire la partita?”
“Cosa?”
“Oggi proprio non ci siamo con la testa, o mi sbaglio, Dottore?” domandò retorico il Master colpendolo scherzosamente sulla testa con la malefica trombetta.
“La partita.” Spiegò spazientito. Odiava quando toccava a lui fare la parte dello storico saputello, il Dottore sapeva gestire quel ruolo molto meglio di lui. Inoltre gli occhialini che indossava per apparire più saggio, gli conferivano quell’aria sexy che scatenavano in lui pensieri che avrebbero fatto arrossire pure il Capitan Jack Harkness. “In tutti i tuoi viaggi avrai saputo chi vince la coppa del mondo, no?”
“Eh?” Il Dottore si girò a guardarlo stupito.
“Ah! No, no.” Scosse velocemente la testa, mettendosi una manciata di pop-corn in bocca. “Non conosco i risultati sportivi. Non tutti per lo meno.” Si corresse cogliendo l’occhiata scettica del Master.
“Davvero?”
L’altro annuì, tornando a concentrarsi sulla partita, la bandiera sventolante stretta tra le sue mani, mentre metteva in atto il miglior tifo da stadio. C’era stata finalmente un’azione degna di nota da parte della nazionale azzurra: il pallone era quasi entrato nella porta avversaria. Un quasi gol che aveva fatto schizzare il morale alle stelle, scatenando il putiferio dei cronisti e degli addetti alla moviola per stipulare se il pallone avesse varcato o meno la linea di porta.
“Ti va una scommessa, quindi?” intervenne il Master in uno dei momenti in cui il Dottore prendeva fiato prima di ricominciare ad incitare la nazionale.
“Di che tipo?” si premurò di chiedere il Signore del Tempo, mentre nella sua mente si dipingevano i più inquietanti scenari.
“Se l’Italia vince potrai tirare fuori quel guinzaglio rosso che ti piace tanto, mentre se la Slovacchia vince io guido il TARDIS tra gli anelli di Saturno. Pensaci, hai tutto da guadagnarci: la nazionale vincitrice della scorsa edizione dei mondiali contro l’ultima del suo girone.”
Il Dottore lo squadrò per un lungo momento, esaminando velocemente la situazione per scoprire dov’era l’inganno. Una scommessa sportiva: era così poco da Signore del Tempo, ma così tanto da Master quel continuare a sfidarlo, in ogni campo possibile.
“Non mi stai fregando, vero, Master?”
“Adoro quando usi il mio nome,” sussurrò l’interpellato avvicinandosi alle labbra dell’altro Signore del Tempo per sfiorargliele appena, mentre parlava. “E comunque, no. Non c’è nessun trucco questa volta. Solo una scommessa calcistica. Quindi, ci stai?” chiese allontanandosi dal suo viso per fissarlo negli occhi, una mano tesa per stipulare l’accettazione della scommessa.
“Ci sto!” esclamò il Dottore, stringendo la mano che gli veniva offerta in una presa decisa.
Fu in quell’esatto momento che la nazionale italiana andò sotto di un altro gol, facendo scattare l’entusiasmo del Master.
“Due a zero per me, Dottore! Sento già il profumo della vittoria nell’aria.”
“Vedrai, si riprenderanno.” Bofonchiò un indispettito Dottore, affossandosi tra i cuscini del divano, lo sguardo torvo fisso sui giocatori azzurri che sembravano non volerne sapere di buttare quel pallone dentro la porta avversaria.
“Ma sentili, stanno già tessendo il loro epitaffio. E stiamo ascoltando dei cronisti di parte!” esclamò il Master attonito, stupendosi ancora una volta di quanto la razza umana fosse di idee volubili. Un attimo prima elogiava la grandiosità di quella squadra che solo quattro anni addietro aveva conquistato la coppa mondiale, uscendo così dalla crisi in cui era caduto il calcio italiano; mentre l’attimo dopo era pronta a gettarla sulla graticola, farla rosolare per bene per poi lanciarla in centro alla piazza, in balia della ferocia del popolo di tifosi.
Sembrava pane per i suoi denti.
Oh, quanto si sarebbe divertito.
Il Master si accanì in un tifo spropositato per la Slovacchia, vuvuzela alle labbra e incitamenti urlati in tutte le lingue immaginabili. Il Dottore sollevò il volto dal cuscino di sconforto in cui era precipitato, per fissarlo con uno sguardo meravigliato e leggermente compiaciuto. Sapeva che quello sport sarebbe riuscito a risvegliare l’animo combattivo dell’altro Signore del Tempo. C’era troppa tranquillità in quel TARDIS e, a dir la verità, l’istinto omicida del Master iniziava a mancargli. Sentiva la nostalgia di quei lunghi secoli passati a sventare i suoi piani di conquista di mondi e di distruzione di civiltà. Certo, non sarebbe tornato indietro, ma mantenersi in allenamento contro i suoi attacchi di onnipotenza non poteva che essere un bene.
Improvvisamente sul salotto calò il silenzio, seguito dall’urlo entusiasta del Dottore: “Due a uno, vi stiamo riprendendo. Inizi a tremare, eh? La vittoria non è più una certezza?”
“Ehi, aspetta a festeggiare, Theta,” lo riprese il Master, strascicando volutamente il suo nome di quando frequentavano l’Accademia. “Ride bene chi ride ultimo, non te lo scordare!”
“Gol! Gol! GOL!” continuava ad esclamare il Signore del Tempo, lanciando pop-corn in giro per la stanza. Il Master si portò le mani alle tempie, massaggiandole lentamente per attutire un po’ il suono di quelle urla. Poi, quanto volevano scommetterci che se il TARDIS avesse trovato sporco in giro poi se la sarebbe presa sempre e solo con lui? Succedeva anche quando la colpa non era sua. Erano occasioni rare, certo, ma quelle sporadiche volte in cui era completamente innocente finiva sempre col fare una doccia gelata. Ogni tanto riusciva a sopperire alla mancanza di acqua calda intrufolandosi di nascosto nella vasca dell’altro Signore del Tempo, ma non sempre lo sguardo da cucciolo aveva la giusta presa sul Dottore.
“Ah! Annullato!” annunciò il Master compiaciuto, valutando corretta la scelta del guardalinee. Era netto fuori gioco, non c’erano sicuramente dubbi. “Chi ride adesso, Dottore? Siete sempre sotto di un gol.”
“Anzi no. Due.” Si corresse prontamente, gioendo internamente della sconfitta che pendeva sull’Italia e sulla piccola scommessa interna. Non male per essere la squadra ultima del suo girone. Se avesse continuato con questo ritmo poteva addirittura passare il turno.
Il Master si leccò le labbra, lanciando al Dottore un ghigno soddisfatto. Quanto gli piaceva vincere contro di lui: pure i suoi tamburi avevano ripreso a battere, galvanizzati dall’idea di poter finalmente sconfiggere il Dottore su un campo che lui stesso aveva scelto. E, per una volta, il loro tambureggiare non lo infastidiva, ma, anzi, gli dava il ritmo giusto per incitare la nazionale slovacca a colpi di vuvuzela. Strumento infernale, doveva ammetterlo, ma sicuramente efficace.
“Ormai è quasi finita, Dottore.” Commentò il Master compiaciuto sedendosi al suo fianco, mentre il quarto uomo indicava i minuti di recupero. “Quattro minuti di recupero? Vogliono proprio farvi vincere a tutti i costi!” commentò aspramente, infilando una mano nella terrina coi pop-corn e gettandone una manciata in bocca.
Il Dottore voltò appena alla testa, rispondendo con un tono parecchio seccato: “È il minimo, visto il gol sulla linea di porta, che, ad onor del vero, era regolare. Se vuoi torniamo indietro nel tempo, così te lo dimostro.”
“Creare un paradosso, valicando la nostra stessa linea temporale per una partita di calcio? Dottore, mi stupisci. Questo comportamento è più tipico di me che di te,” commentò il Master leccandosi la punta delle dita sporche di sale. “Chissà in quante altre cose hai preso le mie abitudini,” aggiunse sovrappensiero, accavallando le gambe e dedicando tutta la propria attenzione agli ultimi minuti di quella partita. Finalmente quella lenta tortura stava per avere fine e si ritrovò a sorridere compiaciuto al pensiero della succulenta ricompensa che avrebbe ricevuto.
“Ah, ah!” esclamò il Dottore balzando in piedi di scatto, indicando con aria felice il televisore. “Siamo sotto di uno. Ah, te lo dicevo che questi italiani erano forti. Quando li stai dare per sconfitti, eccoli lì che ti stupiscono! Dal momento in cui si accorgono che sono in campo e che sono parte del gioco anche loro, non sanno ancora bene come e ti chiedi chissà se sono lì per voler- uh, no, scusa…”
“Rivisitazione de ‘Il Re Leone’?”
“Non credevo lo conoscessi.”
“Sono un Signore del Tempo pieno di risvolti interessanti. Non lo sapevi, Dottore?” commentò il Master ammiccante.
Il Dottore ricambiò lo sguardo, convenendo sul fatto che non vedeva l’ora di conoscere anche le altre sfaccettature della sua personalità.
“Dai, dai, dai! Forza azzurri!”
Il tifo del Dottore si era innalzato di volume, via via che i minuti scorrevano veloci. Il Master lo occhieggiò lasciando che un sorriso facesse capolino sul suo volto. Era tanto che non lo vedeva così preso da qualcosa e si chiese se per caso questo non avesse a che fare più con la loro scommessa, che col semplice spirito sportivo. Improvvisamente si sentì strattonato per le spalle e qualcosa si avvolse mollemente attorno al suo collo, mentre il Dottore lo trascinava con sé nel tifo da stadio.
“Dot-” riuscì a balbettare, mentre la sciarpa di lana grossa rafforzava la sua presa, attirando il suo volto più vicino a quello dell’altro Signore del Tempo.
“Dai, fai il tifo con me.” Lo incitò il Dottore, prendendogli le mani e guardando con quegli occhi che – argh! – sapeva che l’avrebbero fatto capitolare. Così si rassegnò a fare il tifo per la nazionale italiana, mentre un angolo della sua mente si domandava cosa prevedesse la scommessa in caso di pareggio.
Un minuto, un minuto soltanto e sarebbe stato decretato il vincitore.
Il Dottore era preso dal suo tifo impazzito, il Master era stato costretto ad assecondarlo, gli spettatori sulle gradinate attendevano con ansia il fischio finale.
Fi. Fi. Fi.
La partita era finita.
L’Italia era fuori dai Mondiali e lui… oh sì! E lui aveva vinto la scommessa.
Il Master si sfilò velocemente la sciarpa dal collo, puntando un indice vittorioso contro il Signore del Tempo sconfitto.
“Dottore! Finalmente ti ho battuto!”
La sua risata soddisfatta e giubilante si diffuse per tutto il TARDIS. Doveva festeggiare, per una volta che vinceva senza sotterfugi e senza che il Dottore potesse fare nulla per rovinare i suoi piani.
Adesso non gli rimaneva altro che andare a riscuotere il suo bottino. Preparatevi comandi del TARDIS, sto arrivando!
“Dottore, che dici? Anelli di Saturno?” gli ricordò euforico, voltandosi finalmente a guardare l’altro occupante della stanza che per tutto quel tempo era rimasto zitto, il capo reclinato contro il petto.
“Dottore?” lo chiamò nuovamente il Master, scuotendolo piano per una spalla.
“Hanno perso.” Commentò laconico il Dottore, cercando di nascondere il viso nella sciarpa tricolore che avvolgeva ancora il suo collo.
“E ho perso,” aggiunse col labbro che tremolava.
Il Master lo studiò in silenzio. Amava vincere, lui era destinato alla vittoria, il sangue nelle sue vene ribolliva di gioia alla sconfitta dell’altro. Ma quello sguardo abbattuto, quegli occhi spenti non lo galvanizzavano per nulla. Lui voleva un Dottore pieno di furia, sconfitto ma ancora disposto a combattere, non quell’uomo che osservava con rassegnazione la nazionale italiana uscire mogia dal campo di calcio.
“Ehi! Guarda che mi potrei offendere se ti comporti così!” lo richiamò il Master inginocchiandosi di fronte a lui e alzandogli il volto con una mano. “Non guido così male, sai? E soprattutto tolgo il freno a mano quando parto.” Aggiunse piccato, sentendo il TARDIS rumoreggiare di apprezzamento per quella prospettiva.
Il Dottore non si premurò nemmeno di rispondere, lasciando che lo stupore si dipingesse sul volto dell’altro Signore del Tempo. Questi si era aspettato un minimo di reazione, un qualche accenno al prezioso suono di atterraggio o, almeno, una velata minaccia di non toccare i comandi del TARDIS senza la sua diretta supervisione. E invece nulla. Vuoto abissale.
Non credeva che la perdita di una scommessa potesse sconvolgerlo così tanto.
Un sorriso ferino comparve sul volto del Master, mentre un nuovo piano di andava a delineare nella sua mente.
“Ho io l’idea giusta per farti tornare il buon umore,” propose allettante, offrendo una mano all’altro e tirandolo in piedi con uno strattone.
“E sarebbe?” mugugnò il Dottore, tirando su col naso. Quella sconfitta l’aveva davvero preso in contropiede se stava valutando seriamente l’idea di seguire un consiglio del Master.
“Andiamo a distruggere una Galassia!” esclamò difatti questi battendo felice le mani, facendo inarcare all’altro un sopracciglio scetticamente.
Il Dottore sbuffò, gettandosi di peso sui cuscini del divano e cadendo nuovamente nello sconforto. “Sai che non possiamo. È la regola numero 2 de ‘I bravi Signori del Tempo: 100 consigli per la sopravvivenza.’”
“E la regola numero 1 quale sarebbe?” si premurò di chiedere il Master incrociando le braccia al petto, in attesa.
Il Dottore lo fissò con un sorriso sghembo, prima di rispondere facendo schioccare la lingua sul palato.
“Ti assicuro che non vuoi saperlo.”
Il Master scrollò le spalle con aria non curante: non gli era mai interessato essere un bravo Signore del Tempo e non avrebbe iniziato ad occuparsene proprio adesso che c’era una crisi in corso a cui doveva porre rimedio. Non aveva alcuna intenzione di passare l’eternità con il Dottore in uno stato di profonda apatia, ne andava del suo stesso divertimento, se non poteva essere lui la causa di tutti i suoi problemi.
Sospirò, decidendo di giocare l’ultima carta a sua disposizione.
“Dottore…” sussurrò direttamente all’orecchio dell’altro Signore del Tempo, mordicchiandogli piano il lobo. “Ti lascerò usare lo stesso il guinzaglio.” Propose ammiccante.
Il Dottore si voltò lentamente, sondando le iridi del Master per trovare un barlume di presa in giro nelle sue parole.
“Davvero?” volle infine chiedere conferma, non fidandosi del tutto di ciò che aveva scorto nella profondità di quello sguardo.
Il Master gli fece l’occhiolino, porgendogli l’oggetto in questione.
“Davvero. Ma-” aggiunse alzandosi in piedi di scatto, “prima devi prendermi!” esclamò lanciandogli un bacio al volo e defilandosi lungo i corridoi del TARDIS.
“Oh, adoro correre!” esclamò il Dottore balzando in piedi a sua volta e lanciandosi all’inseguimento.
La loro convivenza poteva non essere delle più pacifiche, ma, sicuramente, non rischiavano la noia.

Fine



Note finali: E dopo due lunghi anni di lunga agonia anche questa storia vede la luce. È davvero pronta da due anni, ma mi sono sempre dimenticata di pubblicarla e, ora che ci sono gli Europei dove l’Italia sta facendo la sua grandiosa figura, voglio fare un in bocca al lupo a modo mio alla Nazionale. Il calcio è divertente, ma in realtà lo guardo solo per i bei maschioni che corrono nel campo! XD

Ci sono i dovuti ringraziamenti per l’origine di questa storia:
- alla nazionale azzurra, senza il cui prezioso aiuto questa storia non avrebbe mai visto la luce;
- a Nonna Minerva, perché mi asseconda nelle mie follie, anche ad orari improponibili della notte;
- al mio operatore telefonico che, con le sue promozioni, non mi fa svenare per delirare allegramente;
- a Ten e il Master, perché si prestano a fare cose più o meno idiote, senza tentare di uccidermi (per il momento!).


   
 
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