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Autore: Trick    16/06/2012    7 recensioni
«Kifko, John, stai per degustare del buonissimo kifko».
«Sì, interessante descrizione. E perché, di grazia, stiamo mangiando questo schifo?».
«Perché è buonissimo e perché il nostro cameriere è l'autore dell'impreciso e noiosissimo omicidio di una donna che abitava al quarto piano di quel palazzo».
Affetta da Shipping compulsivo, partecipo all'iniziativa del forum « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: In risposta alla sfida di emme, che mi aveva maledettamente infilato gli obblighi a) un caso in corso; b) non pre-slash; e c) il suddetto caso deve avvicinare sentimentalmente Sherlock e John. Dio, quanto ti detesto e ti amo. Non so se sono riuscita a beccare in pieno il fattore slash, ho fatto del mio meglio ma non ti dirò mai che mi sono divertita.


*

A emme, perché sotto sotto se la merita

Pane di teff

John era sopravvissuto all'Afghanistan e a ciò che aveva comportato ritornare a Londra dopo l'Afghanistan. La vita comune, la routine di ogni maledetto giorno che aveva ripreso imperterrita a far scoccare le ore del suo orologio, alzarsi di scatto con la mortale convinzione di essere ancora là, ancora pronto, in mezzo a una guerriglia che avrebbe deciso se per lui ci sarebbe ancora stata una routine... c'era stato un tempo in cui aveva creduto di non essere pronto ai ritmi di Londra. C'era davvero stato un tempo in cui aveva creduto che Londra lo avrebbe fatto impazzire. Poi Sherlock Holmes era piombato nella sua vita ed era davvero impazzito.

*

«Ti piace la cucina etiope?» gli chiese improvvisamente Sherlock, alzandosi di scatto dalla poltrona e facendo schioccare le dita. «Io adoro il wot».
John sollevò lo sguardo dalla vecchia copia del Daily Mirror e rivolse al compagno un'occhiata a metà fra l'esasperato e l'interessato. Ripiegò con cura il giornale, lo appoggiò sul treppiedi accanto a sé e si massaggiò le palpebre con un profondo sospiro. Sherlock si era perso nei proprio intricati e malati pensieri per almeno trenta minuti, e lui aveva trovato il tempo di farsi un sandwich, dare un'occhiata ai risultati del Liverpool, lucidarsi le scarpe e leggere buona parte della sezione economica del quotidiano che aveva tralasciato il giorno prima, quando quel folle lo aveva trascinato in un supermercato di second'ordine lungo la Evelyn per acquistare un paio di pagnotte. Venticinque minuti di corsa sfrenata per due pezzi di pane che non erano stati buoni nemmeno intinti nel latte caldo, eppure Sherlock gli era parso soddisfatto come un ragazzino davanti ai pacchi di Natale da scartare.
«Due piatti di beg wok e due bicchieri di talla, John. C'è un adorabile ristorantino proprio a Wembley: Mandeville è chiusa per lavori per altre due ore, diremo al taxi di deviare per la Harrow. Evitiamo taxisti indiani, sono i più lenti ad attraversare le zone industriali» continuò imperterrito Sherlock, gettandosi addosso il cappotto. «Dio, ma che strade hanno, a Nuova Dehli?» aggiunse scocciato.
Quando John arrivò in strada, Sherlock era già accomodato nel sedile posteriore di un taxi guidato da un cinese e lo aspettava con evidente impazienza. Entrò nella vettura e si lasciò scivolare stancamente contro il poggiatesta.
«Non essere ridicolo» lo rimproverò Sherlock. «Hai dormito ben sei ore, questa notte, e per un soldato con una media di dieci ore di sonno alla settimana è notevole».
John mugugnò lamentoso.
«E come diavolo l'avresti dedotto?».
«Perché ho puntato la sveglia».
Per convincere il taxista a deviare per la Harrow. Sherlock discusse per dieci abbondanti minuti. Si scoprì poi che non veniva dalla Cina, ma dal Nepal – e questo Sherlock lo sapeva – ma in quel momento John suppose che dovesse avere così tanto appetito da mettere da parte il suo intramontabile bisogno di avere un pubblico. Evitò di sottolineare i svariati motivi per i quali sarebbe stato ovvio capire che il taxista aveva rapporti burrascosi con la moglie di origini occidentali e mise piede davanti al piccolo ristorante molto più agitato e insofferente di quanto non fosse a Baker Street.
Sebbene in Afghanistan John avesse rodato una notevole capacità di adattamento al cibo, non aveva mai provato la cucina etiope. E se anche così fosse stato, Sherlock avrebbe comunque ordinato per due quel cavolo che gli sarebbe saltato per quella bacata mente di genio.
«Avanti» lo incitò John non appena il cameriere gli ebbe portato una scodella ricolma di un poltiglia marrone ben poco invitante. «Perché stiamo mangiando... cos'è che sto per mangiare, scusa?».
«Kifko, John, stai per degustare del buonissimo kifko».
«Sì, interessante descrizione. E perché, di grazia, stiamo mangiando questo schifo?».
«Perché è buonissimo e perché il nostro cameriere è l'autore dell'impreciso e noiosissimo omicidio di una donna che abitava al quarto piano di quel palazzo».
John rimase immobile con la forchetta a mezza via e un'espressione sconcertata sulla faccia. Richiuse la bocca e mentre guardava in direzione del dito di Sherlock sentì scemare quel poco di fame che si era portato dietro da Baker Street. Avrebbe benissimo potuto immaginarlo, avrebbe dovuto essersi abituato, avrebbe dovuto sapere che Sherlock non lo avrebbe invitato a mangiare cucina etiope per il solo gusto di saggiare le delizie della gastronomia esotica. Era talmente ovvio che John non ci aveva nemmeno pensato – e dire che ci era abituato, ci era abituato eccome. E ogni volta finiva sempre per illudersi della normalità di Sherlock, della sua assoluta conformità al resto del pianeta, del fatto che dovesse esserci un essere umano, da qualche parte sotto le sue psicosi iperattive. Pareva proprio che nascosto sotto Sherlock Holmes non ci fosse nient'altro che Sherlock Holmes, e John non era ancora certo di quanto ciò potesse rivelarsi negativo. Di certo sarebbe stato assai negativo per la serenità dei suoi nervi di soldato in congedo, ma grazie al cielo John aveva scoperto di detestare il boato di uno sparo molto meno della radiocronaca di una partita di calcio: aveva bisogno di Sherlock, aveva bisogno dell'adrenalina che sentiva fluire nel corpo quando la sua megalomania lo trascinava nelle imprese più assurde e pericolose. Aveva bisogno di Sherlock Holmes, aveva davvero bisogno che lo mantenesse vivo.
«Ed è la stessa giovane donna che Lestrade ha--».
«Clarisse Baydon, soffocata nel suo appartamento, single, in cerca di una relazione stabile, mancina, ossessionata da riti scaramantici di dubbia funzionalità» elencò distrattamente Sherlock, imboccando famelico un boccone di wot. «Mmh, è delizioso, John, mangia. Il nostro cameriere può averla conosciuta qui o in quel supermarket laggiù, dove lei lavorava part-time, quasi sicuramente , perché non credo che una cassiera dal contratto part-time possa permettersi di mangiare al ristorante etiope più volte in una settimana».
«E perché avrebbe dovuto strangolare la donna di cui era interessato?».
«Come può un uomo che viene regolarmente scaricato da tutte le donne di cui si interessa pormi una domanda tanto sciocca?» lo rimbeccò con un sorriso lesto Sherlock. «Non credo che Clarisse Baydon fosse interessata a lui – era interessata, sì, ma non a lui. Niente segni di scasso sulla porta, ma il gancio di ottone della catenella era stato staccato da un colpo violento – conosceva il proprio assassino, ma non abbastanza per farlo entrare in casa. Donnina fragile, Clarisse Baydon, e il nostro cameriere era molto arrabbiato e si è lasciato ispirare dall'unica arma che poteva trovare su due piedi – la busta di plastica della spesa di Clarisse Baydon, rapida ed efficace, ma non troppo silenziosa, perché pochi minuti dopo i vicini erano già usciti per controllare cosa fosse successo e del nostro cameriere, puf, non c'era più traccia. Non in strada, non nel palazzo, non nel quartiere; nessuna macchina, nessuno spostamento lungo, e non puoi sparire tanto in fretta se non hai un posto tranquillo al quale fare ritorno. Questo è un posto tranquillo, per inciso».
John si massaggiò la tempia sinistra e alzò l'altra mano in segno di resa.
«D'accordo» brontolò spossato. «Ma perché il cameriere?».
Sherlock lo fissò per un lungo silenzio come se non riuscisse a credere alle proprie orecchie e John si trattenne per l'ennesima volta dal desiderio di mandarlo al diavolo. La totale incapacità di Sherlock di accettare il fatto che la gente normale non riuscisse a seguire i suoi ragionamenti era snervante. Grazie al cielo John era dotato di infinita pazienza.
«La farina, John, la farina!» sbottò. «La farina».
John continuava ad esibire un'espressione persa.
«La... farina?».
«La spesa si era rovesciata e la farina si è sparsa sul pavimento. Farina bianca, Clarisse Baydon aveva comprato farina bianca, non scura come quella che aveva sulle spalle, ma bianca. Compra farina bianca ma si sporca di farina scura, quella di teff, e dove in questo quartiere puoi trovare farina di teff?».
«Fammi indovinare: in questo posto tranquillo?».
Sherlock afferrò una pagnotta gialla e gliela lanciò.
«Elementare, John. Hai vinto un pezzo di pane».

*

«Come facevi a sapere che era il cameriere?» gli domandò John a Baker Street, mentre si rigirava la pagnotta di teff che si era portato via dal ristorante qualche ora prima. «Perché proprio il cameriere?».
Sherlock fece le spallucce.
«Ho tirato a indovinare, era un caso così ovvio e noioso».
John pensò non fosse assolutamente il caso di replicare, né di sottolineare quanto poco ci fosse di noioso in un omicidio, ma erano questioni alle quali la mente del compagno non sembrava in grado di arrivare. Non sembrava nemmeno intenzionato a soffermarcisi sopra giusto il tempo di rendersi conto che dietro ad ognuno dei suoi noiosi casi c'era una persona brutalmente assassinata. Staccò con poca convinzione un pezzetto di pane e lo scrutò con aria indagatrice. Sherlock sollevò lo sguardo dal computer e per un istante John ebbe la netta sensazione di aver finalmente attirato tutta la sua effimera attenzione.
«Pane di teff...» disse fra sé e sé. «Non sembra granché. Di', questo colore ti sembra commestibile?».
Il movimento di Sherlock fu così rapido e inaspettato che per un attimo John credette di esserselo solo immaginato. Allungò il collo verso il pezzo di pane che gli stava mostrando, aprì appena la bocca e se lo inghiottì. L'altro raggelò: i polpastrelli bagnati della saliva di Sherlock gli prudevano terribilmente e provava una strana sensazione di freddo laddove cinque secondi prima lui aveva appoggiato le sue labbra. Era una sensazione disarmante che John non aveva mai provato – né avrebbe pensato di provarla in quell'istante, in quel posto e con quel dannato coglione di Sherlock che se ne stava tutto tranquillo a masticare il suo pezzo di pane. Si guardò le dita con aria perplessa.
«È commestibile».
«Come?».
«Puoi mangiarlo» lo rassicurò Sherlock con espressione divertita. «È buono».
Si alzò in piedi, si avvicinò a lui e mentre lo fissava John si sentì nuovamente paralizzato dallo sgomento. Sherlock era una presenza devastante nella sua vita. Era sempre lì attorno, a impedirgli di tenersi alla larga da tutti i casini in cui finivano per cacciarsi e per qualche assurdo motivo era esattamente quello che voleva. Aveva bisogno di Sherlock, aveva davvero bisogno che tenesse la sua vita appigliata a qualcosa di altrettanto vivo. Non aveva la più pallida idea di cosa gli stesse passando per la testa, né in quel momento si prese il disturbo di domandarsi se si rendeva conto delle conseguenze di quanto stava per fare.
Si sollevò appena sulle punte dei piedi e appoggiò il viso a quello di Sherlock, senza muoversi, senza dire niente. Rimase attaccato a lui, a respirare l'aroma del suo dopobarba e cercando di capire cosa stesse succedendo – cosa gli fosse sfuggito.
Sherlock restò accanto a lui con un sorriso sornione stampato sulla faccia: qualunque cosa fosse sfuggita a John a lui non era mai sembrata tanto elementare.


Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome? GOD SAVE THE SHIP!
I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »
   
 
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