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Autore: Emily Alexandre    16/06/2012    8 recensioni
"Era un giugno particolarmente caldo, quello, persino nell’uggiosa Londra; la casa dei Palmerston era situata poco lontano da Hyde Park, in una via signorile ed elegante i cui lati erano un susseguirsi di ville tutte uguali, dai muri bianchi e dai giardini perfettamente curati.
Era una mattina come tante, con sir Palmerston che sorseggiava il tè leggendo le ultime notizie sul Times e sua moglie che dava disposizioni per il pranzo. Quando Emma fece il suo ingresso, spumeggiante come era solita essere persino di prima mattina, i suoi genitori stavano discutendo sulla necessità di iniziare ad inviare alcuni pacchi a Maidenhead.
-La Stagione si concluderà in tre settimane, mia cara, dovremo iniziare a riportare quello di cui non abbiamo bisogno a casa."

Londra, 1814. La Stagione mondana si sta concludendo, ma per i Palmerston e gli Astor tutto ancora deve essere deciso. Chi sposerà alla fine il conte di Cecil? Miss Claire Palmerston o Miss Annabeth Astor? E chi è l'amore segreto di Eve Palmesrton? Cosa nasconde Mr Astor? Intanto, per la felicità della cugina Emma, Arthur Browning,nipote di Sir Palmerston, sta tornando a casa, ma porta con sé una sorpresa.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo regency/Inghilterra
Capitoli:
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Salve a tutti voi che siete approdati qui! Devo ammettere di essere un po' emozionata mentre pubblico questa storia... The Season è nata per caso, in un momento in cui non riuscivo a scrivere altro, ed è stata dettata, come spesso accade, dal desiderio di analizzare un periodo storico, di gettarmici dentro attraverso la macchina del tempo della scrittura. E dunque, eccomi qui. The Season è una mini long di cinque capitoli in cui ho voluto ricreare l'atmosfera del periodo della Reggenza, che si pone tra il 1811 e il 1820. Nella fattispecie, qui ci troviamo nel 1814 a Londra, durante il periodo della Stagione mondana.
Sono fiera di definirla una storia verde, perché è così che dovrebbe essere quel periodo, in cui persino una stretta di mano troppo prolungata creava scandalo. Mi sono voluta ispirare a Jane Austen e Oscar Wilde, pur non avendo ovviamente la pretesa di scrivere come loro. Diciamo che è stata una divertente avventura, che spero possa piacere anche a voi. La storia è già interamente scritta, quindi gli aggiornamenti avverranno ogni sabato, a cadenza settimanale; non dovrebbero esserci ritardi, ma visto che nella vita è bene mai dire mai, se il sabato non dovessi riuscirci il capitolo nuovo arriverà comunque subito dopo; ad ogni modo, vi avviserei tramite il gruppo facebook (Dove sarò felice di accettarvi se vorrete; è un angolo di chiacchiere, più che altro, oltre che di spoiler e gossip sulle mie storie), il blog (Dedicato prettamente agli spoiler) e, per non farci mancare nulla, il forum sulla mia pagina personale qui, su efp.
Il font è volutamente il Courier New che, se è vero che è poco piacevole, mi ricorda moltissimo le stampe dei libri di quel periodo. Credo che come premessa sia fin troppo lunga, non mi resta che ringraziare Butterphil per la splendida copertina e Lyra per il betaggio e le infinite consulenze! 
Detto ciò, buona lettura! Che la Stagione abbia inizio.
[Colonna sorona del capitolo]

 

Ai  rating verdi, ai leprecani verdi, alla famiglia verde e ai cocktail rosa.
A chi resterà anche oltre la fine.

 

 

“È una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere alla ricerca di una moglie.” [Orgoglio e Pregiudizio]



 

La casa degli Astor godeva di una meravigliosa vista sul lago; situata sopra l’unica collina del paese, sovrastava le dimore sottostanti e si specchiava nell’acqua cristallina, il cui riflesso sulle mura candide conferiva allo spettatore la sensazione di trovarsi in un luogo incantato. Gli Astor lo sapevano, ovviamente, e godevano della notorietà che la dimora portava loro da secoli, sin da quando il capostipite, un certo capitan Benjamin Hector, aveva ricevuto in dono quegli acri di terra dalla regina Elisabetta per averla servita con onore nella guerra contro la Invencible Armada spagnola. Inutile sottolineare come, quella sera, i viali illuminati da una profusione di candele profumate e i canti degli uccelli notturni appollaiati sugli alberi facessero sentire gli invitati alla festa quasi ospiti di Oberon e Titania in quel sogno di una notte di mezza estate.
Nei giorni antecedenti la festa, l’atmosfera era divenuta elettrica: i nomi dei possibili partecipanti erano stati sussurrati di labbra in labbra e tutta l’elite del paese era in trepidante attesa di scoprire se le voci che circolavano fossero attendibili e se quelle persone avrebbero davvero presenziato all’evento.
La Stagione si era conclusa a Londra la settimana precedente e tutti i signori erano rientrati a Maidenhead, dove avrebbero trascorso il tempo intrecciando relazioni amorose, o rompendole, e preparandosi per la successiva Stagione, che sarebbe iniziata a dicembre. Quella sera, a modo loro, gli Astor festeggiavano la fine del periodo mondano e, si diceva, avrebbero annunciato il fidanzamento della loro preziosa figlia.
Quando la più giovane delle sorelle Palmerston posò il piede sulla ghiaia del viale, scendendo dalla carrozza, trattenne un sospiro estasiato; sua sorella maggiore, al contrario, era così intenta a cercare qualcuno da notare a malapena l’ambiente circostante. Quanto a Miss Palmerston, notò con una punta d’acidità come quell’anno i padroni di casa avessero decisamente esagerato, rendendo il bello leggermente pacchiano, poi si diresse all’interno della villa. Le altre due la seguirono poco dopo, accettando entrambe il braccio del cavaliere che le aveva appena raggiunte per scortarle; erano state tra le ultime ad arrivare, così si ritrovarono in sale già affollate che erano un vortice di stoffe colorate e profumi violenti, dove lo champagne scorreva a fiumi e i dolci erano articolate piramidi zuccherose.
E fu proprio lì, dietro una di quelle piramidi, che le due giovani lo videro, apparentemente intento ad ascoltare i discorsi di altri due signori che però non riconobbero.
Dunque era vero, il conte di Cecil, uno dei migliori partiti in circolazione, si trovava ospite degli Astor; chi era rimasto indietro con i pettegolezzi dell’alta società di Londra fece scorrere lo sguardo verso Miss Palmerston, ma coloro che erano stati attenti ad ogni minimo movimento sembravano non avere dubbi sulla ragione della sua presenza.
Iniziarono le danze, sotto l’attento sguardo delle matrone, e le chiacchiere sciocche e futili tipiche di quelle feste, e tutto accadde senza particolari emozioni e colpi di scena.
Infine, quando Sir Astor e la sua famiglia salirono un paio di gradini dell’imponente scalinata per il grande annuncio, sull’intera sala calò il silenzio, interrotto solo da qualche gridolino fuori luogo che fece guadagnare alle autrici occhiate stizzite. Prima che il padrone di casa potesse parlare, però, una domestica varcò la porta di corsa, i capelli i disordine e le gote esangui.
-Un morto,  mio signore, un morto!- fu tutto ciò che riuscì a dire prima di svenire.
 

 Tre settimane prima

 
Era un giugno particolarmente caldo, quello, persino nell’uggiosa Londra; la casa dei Palmerston era situata poco lontano da Hyde Park, in una via signorile ed elegante i cui lati erano un susseguirsi di ville tutte uguali, dai muri bianchi e dai giardini perfettamente curati.
Era una mattina come tante, con sir Palmerston che sorseggiava il tè leggendo le ultime notizie sul Times e sua moglie che dava disposizioni per il pranzo. Quando Emma fece il suo ingresso, spumeggiante come era solita essere persino di prima mattina, i suoi genitori stavano discutendo sulla necessità di iniziare ad inviare alcuni pacchi a Maidenhead.
-La Stagione si concluderà in tre settimane, mia cara, dovremo iniziare a riportare quello di cui non abbiamo bisogno a casa.
-Torneremo subito dopo?- si inserì Emma.
-Sì, giusto in tempo per la festa dagli Astor.
A quelle parole seguì uno sbuffo esasperato e poco signorile di Lady Palmerston, che subito dopo uscì dalla stanza lasciando dietro di sé una divertita figlia e uno spaesato marito.
-Cos’ho detto di sbagliato? Credevo che gli Astor le piacessero.
-Le piacevano, infatti, ma questo prima che Miss Astor fosse sul punto di fidanzarsi con il conte di Cecil e Trevon continuasse a perdere tempo e soldi in compagnia di quella Virginia. Sai quali erano i piani di mamma...
Sir Palmerston scosse la testa avvilito –Se solo si decidesse a prendere in considerazione mio nipote! Arthur è giovane, proviene da un’ottima famiglia, perché secondo lei non è abbastanza per Claire? Risparmierebbe energie e io sarei più che felice di sapere che la mia figlia maggiore vive nella casa di famiglia, che lui erediterà alla mia morte.
-L’abbiamo visto così poco, papà. La sua ultima visita risale quando? Cinque anni fa?
-Beh, a questo si porrà presto rimedio: mi ha scritto proprio ieri per farmi sapere che sarà a Londra per la conclusione della Stagione.
Emma sorrise a quella notizia: ricordava bene il cugino Arthur, nonostante non avesse che dodici anni l’ultima volta che l’aveva visto. Aveva un volto simpatico, oltre che bello, benché all’epoca non avesse fatto molto caso a quel dettaglio: quello che le piaceva di lui era la spontaneità con cui assecondava le sue trovate, i suoi giochi e le sue gite all’aria aperta. Una volta aveva addirittura accettato di partecipare ad una recita che lei aveva organizzato in giardino: lei era Porzia, Arthur Bassanio, Eve Nerissa, Claire Bassanio e Lotty il cane Antonio. Shylock era stato ritenuto troppo crudele per comparire.
Era successo molti anni prima e ormai Emma era una signorina quasi in età da marito e il cugino un uomo fatto.
-Sarà bello rivederlo.
-Rivedere chi?
Quando Claire entrò in sala da pranzo porto con sé uno struggente profumo di lavanda, che contribuiva ancor di più a renderla l’eroina romantica che amava impersonare; ironico, considerando che il romanticismo di Claire valutava le tenute e i possedimenti non certo per giudicare la quantità di rose che poteva ottenere da un certo pretendente.
-Arthur. Sarà a Londra in due giorni.
-E la cosa ci interessa?- domandò mentre si posizionava con eleganza il tovagliolo sulle gambe.
-Claire, non essere antipatica.- Eve si chinò a baciare il padre e lasciò una carezza sulla guancia della sorella minore, -Arthur è pur sempre nostro cugino, oltre che l’erede di papà.
Sir Palmerston osservò le tre figlie sedute attorno al tavolo: Emma, la più piccola, intenta a spalmare la marmellata sul pane con le labbra leggermente aperte e i riccioli color del miele che le ricadevano sul volto; Eve, la mezzana, forse la più bella tra le tre, con quei capelli biondo cenere, ma anche la più posata; infine Claire, che somigliava in maniera impressionante alla zia da cui prendeva il nome, pelle candida e boccoli neri come la notte più buia, e il padre non poteva che augurarsi che da sua sorella avesse preso solo il nome e non anche l’infausto destino. Diverse, eppure in qualche modo concatenate tra loro.
-Perché non lo sposi tu, allora?
-Claire, per favore.- intervenne il padre –Nessuno sposa nessuno, Arthur è solo in visita.
-È proprio quello il problema papà!- esclamò allora la figlia, posando violentemente il tovagliolo sulla tavola e alzandosi in piedi, -Non si sposa nessuno.
Sir Palmerston seguì con lo sguardo la primogenita che usciva dalla sala, poi si voltò verso le altre due figlie. –Sono solo le nove e mezza e in questo luogo si sono già consumati due drammi. Direi che é ora di recarmi al club. Cercate di rimanere in vita, voi due, possibilmente sane di mente.
E così, dopo aver preso cappello e bastone, uscì.
 
 
Le lenzuola nere erano completamente disfatte e nastri dorati facevano capolino tra una piega e l’altra; alla luce del sole che filtrava dalle persiane Mr Astor ammirò il corpo addormentato sul letto. Virginia Lieven, la cui violenta ricerca del piacere aveva sedotto persino il principe reggente, possedeva una rara bellezza, oltre che dei boccoli rossi che parevano guizzare come fiamme. Terminò di vestirsi in silenzio, ma quando si voltò nuovamente verso di lei incrociò i suoi occhi verdi, ancora assonnati, ma svegli.
-Buongiorno, bella addormentata.
-Buongiorno.
La sottoveste bianca non riuscì a nascondere le sue forme mentre si stiracchiava lascivamente, né coprì i segni rossi attorno ai polsi. –Vi ho fatto male stanotte.
-È per questo che mi pagate, mio caro.- quasi miagolò mentre si sfiorava il segno con le dita –Anche se stanotte siete stato particolarmente violento. Cosa vi succede?
Astor alzò le spalle –Lo sapete cosa succede. Sembra che debba maritarmi.
-E allora? Fatelo. In che modo una fanciulla di buona famiglia, pronta ad assecondare ogni vostro desiderio, può essere un problema?
Non che avesse torto, l’uomo lo sapeva: si sarebbe sposato con qualche vergine rampolla dell’alta società, avrebbe giaciuto con lei quel poco che sarebbe bastato per generare un erede e poi sarebbe tornato nel letto di Virginia o di qualche altra cortigiana, ma per qualche motivo che non sapeva spiegare neppure lui, non ne aveva voglia.
-Sarete a teatro stasera?
-Sì, con Lord Luttrel.
-Oh, Virginia, suvvia! Quel vecchio!
Lei gli lanciò un bacio da lontano, prima di alzarsi e chiamare la cameriera –A stasera mio caro.
 
La villa di famiglia non era lontana da casa di Virginia, ma Astor preferì uscire dalle cucine e aggirare l’abitazione dell’amante, così da evitare pettegolezzi che avrebbero solo indispettito sua madre. L’idea del matrimonio lo ossessionava da giorni e i momenti con Virginia erano gli unici privi di preoccupazione.
-Signor Trevon Astor.
Una voce femminile lo fece voltare: proveniva da un negozio di stoffe e gli era familiare.
-Miss Palmerston, anche voi mattiniera.
Claire attese che il giovane le si avvicinasse, poi si inchinò elegantemente –Avevo voglia di comprare qualcosa. Ditemi, secondo voi è più bello questo giallo pallido o questo verde acqua?
Nastri. Astor non avrebbe mai compreso la passione delle donne per i nastri, ma era sincero quando le disse che il suo fascino le permetteva di osare qualsiasi colore: era bella davvero, Claire Palmerston, e da che aveva memoria lo era sempre stata, benché non fosse dotata di lineamenti armoniosi come quelli di sua sorella Eve. Era seducente, sopra ogni cosa.
-Sarete a teatro stasera?
-Sì, immagino ci saremo tutti. Suggeritemi un nastro da comprare a mia sorella, giacché sono qui.
Claire e Annabeth non erano mai andate d’accordo e lui lo sapeva, ma adorava la classe con cui si fingevano amiche intime; sin da piccole rivaleggiavano per il titolo di più bella di Maidenhead, e durante i balli era un piacere assistere alla silenziosa gara su chi avrebbe avuto un numero più elevato di cavalieri, ma da quando entrambe aspiravano a diventare la nuova contessa di Cecil la situazione aveva di gran lunga superato la soglia del ridicolo.
Il sorriso di Claire non sfiorì affatto e suggerì all’amico un nastro di seta avorio, mentre per sé prese entrambi. Mr Astor non poté non pensare che se si fosse deciso a chiederla in moglie, sua sorella avrebbe avuto campo libero con il conte. Certo, forse non era una motivazione meritevole per sposarla, ma Claire non si sarebbe formalizzata inseguendo la chimera dell’amore: voleva al suo fianco un uomo che la rispettasse e la facesse avanzare in società, l’amore non era necessario e, forse, sarebbe giunto in seguito.
I due si separarono poco dopo, con la promessa di vedersi quella sera e Astor si ritrovò con l’animo ancor più pesante se possibile. Forse Claire sarebbe stata la scelta giusta, ma sapeva che non era una donna che avrebbe tollerato facilmente la presenza di un’amante e lui non avrebbe mai chiesto a sua moglie di assecondare i suoi biechi desideri: era una strada senza uscita.
 
-Eri da lei?
Nonostante tutte le precauzioni che aveva preso per entrare senza essere visto, Astor aveva dimenticato la stanza delle signore, la cui presenza gli era così indifferente da non averne considerato la posizione strategica davanti la scalinata. E Annabeth, ovviamente, questo lo sapeva.
-Buongiorno, sorella. Hai dormito bene?
La ragazza si alzò in piedi e, se non fosse stato per una questione d’orgoglio, Astor sarebbe indietreggiato per il timore di quale sarebbe stata la sua sorte.
-Eri da lei?
-Lo sai, dunque perché me lo chiedi?
Gli occhi di Annabeth si sgranarono furiosi. –Adesso ascoltami bene, damerino. Non vuoi sposarti? Va bene, posso accettarlo, anche se chiedendo la mano di Claire mi libereresti la strada dall’unica donna che può rivaleggiare con me. Ma non sopporto l’idea che tu possa intralciare i miei piani.  Io sposerò lord Matthew e tu farai in modo di evitare comportamenti disdicevoli almeno fino alla fine della Stagione.
Non era raro vedere Annabeth furiosa: da figlia viziata quale era, il suo umore cambiava repentinamente nel giro di una manciata di minuti, ma per il fratello era rarissimo che la sua rabbia fosse rivolta a lui. Aveva ragione, ovviamente, benché neppure il conte fosse un fulgido esempio di virtù morali, ma l’uomo non sopportava l’idea di non vedere Virginia per oltre tre settimane.
-Annie...
-No, niente Annie. Sei annoiato? Vai al circolo oppure perdi tempo con Claire, non mi interessa. Non lei, Trevon, per amor mio.
Sua sorella era un’abile giocatrice di scacchi, ma lui pareva dimenticarsene costantemente. Alzò le mani in segno di resa, poi si ricordò del nastro e glielo diede, in segno di pace.
-Farò il bravo, lo prometto.
Annabeth gli sorrise, chiedendosi se la sua promessa sarebbe durata più di tre giorni.
 
L’irrespirabile aria di Londra gli era mancata, non poteva negarlo. L’atmosfera grigia, le strade strette e gli abitanti sempre di corsa erano un ricordo sempre vivo a New York, dove aveva trascorso tre anni della sua vita; l’America gli piaceva, ma il richiamo di casa era stato troppo forte perché potesse ignorarlo ancora a lungo. Era contento di essere tornato e non vedeva l’ora di incontrare suo zio e le sue cugine, che non vedeva da troppo tempo; chissà quanto erano cresciute, soprattutto la piccola Emma.
Più di ogni cosa, però, Arthur non vedeva l’ora di dar loro la lieta novella.

   
 
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