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Autore: Sassi    16/06/2012    5 recensioni
Questa one-shot racconta del primo incontro tra Vegeta e Goku dopo il ritorno di quest'ultimo dall'allenamento con Ub.
Accarezzò con lo sguardo la sua figura, imprimendo nella memoria quei ricordi che ormai erano quasi sbiaditi: i capelli ribelli, gli occhi sorridenti, l’espressione perennemente ebete del viso, quella tuta talmente arancione che quasi gli abbagliava gli occhi.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Goku, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente mi sono decisa a pubblicare questa cosa che stava marcendo nel computer da secoli, anche se (come al solito) non ne sono del tutto convinta. Spero non sia uscito uno schifo totale! Sappiate che le vostre recensione mi renderebbero davvero contenta, sia positive che critiche :3
Racconta il primo incontro tra Vegeta e GOku, dopo il ritorno di quest'ultimo dall'allenamento con Ub.
Bene, detto ciò mi eclisso! Buona lettura :)











Soltanto dieci passi li separavano. Vegeta non credette ai propri occhi quando davanti a lui si materializzò improvvisamente la sagoma di quel reietto di terza classe tanto odiato. Accarezzò con lo sguardo la sua figura, imprimendo nella memoria quei ricordi che ormai erano quasi sbiaditi: i capelli ribelli, gli occhi sorridenti,  l’espressione perennemente ebete del viso, quella tuta talmente arancione che quasi gli abbagliava gli occhi.
 
Nove passi. 
 
Un sussulto al cuore, non appena quella figura gli si avvicinò. Goku incurvò fastidiosamente le sue labbra verso l’alto, e le mani di Vegeta cominciarono a prudere. Si era dimenticato quanto poco bastasse all’idiota per generare in lui la voglia irrefrenabile di scagliarglisi contro; per ucciderlo naturalmente, mica per altro. Che strano però, quell’insieme di sensazioni – la voglia di agire, il sangue che gli scorre più veloce nelle vene, il disprezzo  che fuoriesce dallo sguardo,  l’adrenalina che comincia a viaggiargli in corpo – gli era quasi mancato.
 
Otto passi.
 
In effetti era felice che l’idiota fosse tornato. Era l’unico con cui poteva realmente sfidarsi, l’unico con cui potersi mostrare in tutta la sua vera essenza di saiyan. Non gliel’avrebbe mai detto, logico, però combattere contro Trunks non era lo stesso; mancava quella rivalità che spinge realmente a dare il meglio di sé,  quella spinta a ricercare quel contatto fisico anche quando non è proprio strettamente necessario. Kakaroth era l’unico con cui poteva essere realmente se stesso, in quel pianeta di esseri che ancora non riusciva a comprendere. La verità nuda e cruda gli si era schiaffata davanti nel momento stesso in cui l’idiota aveva deciso di piantarlo in asso per andarsene in qualche parte sperduta dell’universo, e  aveva dovuto duramente prenderne atto: senza Goku non era niente.
 
Sette passi.
 
Non ricordava neanche quando avesse cominciato a sentirsi cosi debole, cosi dipendente da qualcun altro. Quanto aveva imprecato contro quel reietto di terza classe che aveva osato renderlo fragile! Più volte era stato sul punto di andarsene, di mollare tutto, più volte si era fermata soltanto una volta giunto sul ciglio di una delle astronavi della Capsule Corporation, di fronte alla prospettiva totalmente sconosciuta di quella che sarebbe potuta diventare la sua vita. Un flash: la sua vita da vero saiyan, precedente all’arrivo sulla Terra, all’incontro con Kakaroth.  E un dubbio, che non avrebbe mai ammesso: avrebbe più potuto provare quel piacere spietato nel vedere i nemici – ma anche le vittime incolpevoli dei suoi misfatti – cadere tra il sangue sotto i suoi colpi? Pugni al muro, rabbia, furore. E anche abbandono, per colpa di quello stupido che lo aveva lasciato lì, solo, in mezzo a persone che non lo potevano capire. Bruciore alla gola, pizzicore agli occhi. Lacrime.
 
Sei passi.
 
Quel barlume di felicità che si era in lui aperto si richiuse immediatamente. Quello scarto lo aveva abbandonato. Aveva osato abbandonare lui, il suo principe. E per cosa? Per andare ad allenare uno stupido bamboccio in qualche angolo sperduto dell’universo. Che poi lui non aveva mai capito questa smania di allenare gli altri. Per cosa, poi? In modo che l’allievo superi il maestro? Se Kakaroth voleva sprecare il suo tempo in quel modo non lo riguardava. Lui non voleva aiutare gli altri a diventare più forti. A lui interessava soltanto essere il più forte.
 
Cinque passi.
 
Ci stava perdendo le speranze, comunque, di diventarlo realmente, il più forte. Kakaroth era sempre davanti a lui. Nonostante gli allenamenti estenuanti, nonostante l’impegno, nonostante il suo sangue reale, ogni volta che raggiungeva un obbiettivo il suo rivale era già qualche passo avanti. Lui diventava supersaiyan? Kakaroth cercava già di superarne il limite. Lui credeva di aver raggiunto il massimo stadio possibile per un guerriero? Kakaroth si trasformava in supersaiyan di terzo livello. E non glielo diceva nemmeno subito! Aveva aspettato di essere costretto a trasformarsi in combattimento; non aveva neanche avuto il coraggio di mostrargli quello stadio mentre lottavano l’uno contro l’altro. Per non ferirlo, supponeva. E lo odiava per questo, lo odiava per queste premure che gli riservava. Lui era il principe dei saiyan! Non poteva far pena, lui non era debole, lui era capace di sopportare la realtà. Ci aveva già fatto il callo nel venire superato. Anche se ogni volta era un’umiliazione nuova.
 
Quattro passi.
 
Strinse più forte i pugni, si conficcò le unghie nella carne. Il suo orgoglio scalciava, pretendeva che agisse. Pretendeva che annullasse quella distanza tra i due saiyan, che annullasse quell’attesa che gli sembrava inutile, che gli si scagliasse contro, che facesse capire a quello scarto che lui non era stato li ad aspettarlo, che lo colpisse più forte che poteva. Che lo ferisse, che lo uccidesse.
 
Tre passi.
 
E naturalmente Vegeta non fece nessuna di queste cose, come accadeva sempre quando si trattava di Kakaroth. Come sempre non si ribellò, come sempre non seguì quella voce che gli urlava nella testa di lasciarlo perdere, di mollare tutto e tornare ad essere quell’alieno spietato che avrebbe dovuto distruggere la Terra e diventare il guerriero più forte della galassia. Come sempre non reagì, e aspetto che fosse l’altro a fare la prima mossa.  Come sempre si sentì inutile, privo di forze e quasi di volontà.
 
Due passi.
 
Lasciò che Goku gli si avvicinasse senza fare nulla. Una parte del suo cervello si chiedeva perché quello si ostinasse a riempire ancora quella breve distanza che li separava. Quei due passi che li separavano erano più che sufficienti per iniziare una conversazione come due persone civili. Anche se in effetti non capiva nemmeno perché avrebbe dovuto parlare con Kakaroth: era già molto se quello stupido riusciva a mettere insieme due parole in croce che avessero un senso, figuriamo intavolare una conversazione normale.
 
Un passo.
 
La parte più consistente del suo cervello, però, era consapevole che ormai tra di loro ogni distanza era stata colmata, e anche questa avrebbe fatto la stessa fine. E infatti non si stupì quando si ritrovò le braccia del rivale attorno al corpo, a colmare quel vuoto che aveva lasciato per così tanto tempo in lui. E non si stupì neanche quando si ritrovò a prendere a pugni quella schiena che ormai lo sormontava, cercando come al solito di trasformare un gesto d’affetto nell’ennesima lotta, a cercare di scollarsi di dosso quelle braccia che invece lo stringevano sempre più. Non si stupì neanche accorgendosi che non stava usando neanche della metà della sua forza in queste stanche e totalmente false resistenze e neppure quando si ritrovò a mordersi le labbra per cacciare indietro quelle lacrime che il pizzicore alla gola gli annunciava già da un pezzo.  E tantomeno si stupì quando si ritrovò attaccato alle labbra dell’idiota, a ricambiare un bacio che invece aveva la ferma convinzione di rifiutare.
A quel punto, finalmente, smise di pensare.


   
 
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