Fanfic su artisti musicali > Avenged Sevenfold
Segui la storia  |       
Autore: Miss V Blackmore    16/06/2012    2 recensioni
Un piccolo scorcio di vita, un intreccio di esperienze e di emozioni, l’inizio di un percorso che nessuno sa dove condurrà. E l’unico modo per scoprirlo è scalare le nuvole e avere il coraggio di affrontare ciò che il viaggio proporrà giorno per giorno.
Scritta a quattro mani con KeikoHiragi.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Matthew Shadows, Nuovo personaggio, Synyster Gates, Zacky Vengeance
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Se c’era una cosa in cui Lily riusciva divinamente era: esagerare. Per lei non c’erano mezze misure, nemmeno limiti, soprattutto quando in ballo c’era di mezzo il Natale. Quando le lancette dell’orologio scandivano la mezzanotte del primo dicembre la ragazza veniva posseduta dallo spirito natalizio.

Se c’era una cosa in cui Zacky riusciva divinamente era: fare follie. Per lui ogni occasione era buona per organizzare dei party, comprare alcolici, addobbi e festeggiare fino al week-end seguente. Le feste di casa Baker erano epiche, venivano ricordate come enormi buchi neri da parte degli ospiti. La leggenda narrava che il film ‘The Hungover’ fosse ispirata a una normale serata tra amici a Baker’house. Il mese di dicembre per il chitarrista aveva sempre rappresentato il traguardo per cui viveva ogni anno, tre delle feste più importanti al mondo si celebravano quel mese: il suo compleanno, Natale, e il nuovo anno. Tre ottimi motivi per cui folleggiare circa trenta giorni consecutivi.

*

Brian Edwin Haner Jr, stava cercando di attirare l’attenzione della propria ragazza che da oltre un’ora stava urlando al telefono contro quello e quell’altro imprevisto. Il bungalow doveva essere finito già da tre giorni, ma alcuni imprevisti avevano ostacolato la tabella di marcia della ragazza – in verità aveva ostacolato muratori ed elettricisti, ma Lily tendeva a prendere tutto a livello personale -. Lui, ingenuamente, non riusciva a comprendere lo stato d’ansia di lei.
“Se non finiscono entro questa settimana, Lily li fa secchi tutti” sconsolata Alex stava osservando pure lei la scena. “Lily ha un attaccamento quasi morboso con il Natale, fa paura Brian…”
“Bene, Zacky è ancora peggio, c’è di mezzo anche il suo compleanno…” borbottò contrariato; lui, che un tempo non molto lontano era il Re incontrastato delle feste, aveva abdicato al trono perché cominciava a rendersi conto di non avere più l’età, ne la pazienza, ne la voglia.
“Zacky è in ritardo, doveva essere qui da mezz’ora, deve lasciare Stella e venire con me…” sospirò guardando l’orologio: la puntualità non era uno dei principi che spiegavano ai californiani, dato che sembrava un terno al lotto riuscire ad avere un appuntamento puntuale da quando aveva conosciuto i ragazzi.
“Cosa?” esclamò sbigottito Brian. “No no! Noi non faremo i babysitter a quella palletta rosa!” rispose risoluto. Noi faremo del gran bel sesso, nella camera da letto della mia ragazza. Pensò intensamente.
“Sono solo due ore, e si è offerta Lily, io e Zacky abbiamo delle faccende da sbrigare” sorrise divertita l’inglese. “Suppongo che non ne abbia parlato prima con te…”
“Tu dici?” rispose seccato portando le braccia conserte al petto.
“Vedrai che con il termine dei lavori tornerà la calma” cercò di rassicurarlo, ma entrambi sapevano che stava mentendo, e non per il fatto che Alex era una pessima bugiarda, ma da quando Gena e l’amica avevano tentato di mettere all’angolo Lily… Avevano semplicemente risvegliato la belva; avevano come rotto tutti i sessantasei sigilli che tenevano a bada l’italo-americana, e le davano una parvenza di persona sana e normale. Se mai lo fosse realmente stata.
Alex aveva timore di questa sua reazione troppo marcata, sapeva benissimo che l’amica non era calma, anzi, poteva sentire la sua irrequietezza a chilometri di distanza mentre Brian provava una sorta di eccitamento nel vederla agitata, che faceva follie come se non ci fosse un domani. Gli Avenged Sevenfold erano gli imperatori incontrastati dell’eccesso, la biografia dei Mötley Crüe era la loro bibbia, ma nessuno della band aveva comprato casa dall’oggi al domani, ne tanto meno la stava ristrutturando come se dovesse partecipare a qualche gara di Architettura Moderna.
“Allora: domani vengono a finire il secondo bagno, e poi finiranno il patio, tutto entro venerdì!” esclamò Lily che silenziosamente era comparsa alle spalle dei ragazzi che sobbalzarono sentendo la voce così vicina.
Brian si girò per poter prenderla e tirarla giù verso di se e dargli un lungo bacio, per poi sospirare sentendo il campanello di casa suonare cinque volte. Quello spastico del suo amico, amava sempre esagerare…
“Ecco la meraviglia delle meraviglie!” disse Lily andando ad aprire la porta, nemmeno notò Zacky che sfoggiava un paio di occhiali da sole degni di un telefilm degli Anni Ottanta, ma si concentrò solamente su quell’esserino che indossava una tutina tigrata, con tanto di cuffietta con le orecchiette a forma di gatto.
“Questa è la tutina che abbiamo comprato insieme?” chiese divertita e il ragazzo annuì fiero. “Le sta benissimo” aggiunse Lily allungando le braccia per prendere la ‘nipotina’ ormai acquisita.
“I tacchi, o tu non ti avvicini nemmeno per sbaglio a Stella” puntualizzò lui serio: per essere un neo-papà con solo qualche ora di preparazione mentale Zackary era diventato una sorta di maniaco della sicurezza della sua piccolina. D’altronde quando ci si ritrova ad essere genitori all’improvviso, il cambiamento della propria vita è netto, radicale. Se prima si dormiva poco perché sempre in giro a bere e fare casino con gli amici di sempre; le notti insonni dopo, si trasformano in un sonno molto più simile a dormiveglia che altro; intervallato regolarmente con visite alla culla della bimba, per vedere se semplicemente respirasse ancora.
La vita di Zacky era totalmente cambiata, come se fosse stata gettata in un contenitore e shakerata alla massima potenza, e l’unica certezza rimasta era che niente sarebbe tornato come prima.
“Tolti, contento?” borbottò contrariata, proprio come aveva preso a fare Brian da circa cinque minuti buoni.
Alex si ritrovò a pensare che realmente Dio li faceva e poi li accoppiava. Si stiracchiò e congedandosi andò in camera propria, si sarebbe dovuta cambiare per uscire con l’amico.
“Ti cambi?” domandò curiosa Lily che cullava la piccola Stella intenta a giocherellare con una lunga ciocca di capelli della ragazza.
“Si, non lo so, ho questi abiti dal turno di stamattina…” sospirò guardandosi allo specchio.
“Ti vuoi fare bella per uscire con Zacky?”
Se solo avesse avuto una telecamera a disposizione avrebbe fatto un filmato della scena, e lo avrebbe distribuito a Natale come messaggio d’auguri. Davanti a lei si erigeva in tutta la sua altezza Alex con gli occhi sgranati e la bocca aperta, in preda a una sorta di spasmo – scientificamente chiamato: spasmo da pesce rosso – che la fissava intensamente.
“Tu sei scema, ho solo voglia di sentirmi un essere umano” rispose non appena il cervello aveva ripreso a processare correttamente input e output.  “E poi andiamo in centro a LA, ultimi acquisti per la pargola e per lui; ha bisogno di svago.”
“Non ti devi mica giustificare con me!” disse divertita, accarezzando con la punta del dito il nasino – perfetto – della bimba. “E poi Zacky ha bisogno di te, senza crollerebbe subito” aggiunse senza malizia nel tono della voce, dato che il sottointeso era più che malizioso.
“Ha bisogno di tutti noi, non è semplice digerire una cosa del genere, e poi Gena l’ha mollato…” prese a dire lei spostando una a una tutte le stampelle nel proprio armadio.
“Aspettami qui, ho la cosa adatta a te!”
Alex sospirò e si mise a sedere sulla rientranza della finestra più grande di camera sua, osservando il paesaggio fuori, guardando un punto non ben definito. Sentiva addosso la stanchezza degli ultimi giorni, dove, per cause di forza maggiore non aveva avuto nemmeno un secondo solo per se. La cosa non le destava grandi problemi, anche se avrebbe voluto solo farsi un lungo bagno, e leggersi un bel libro.
Ma doveva concentrarsi su Zacky, le aveva chiesto aiuto mostrandole un lato molto più maturo – anche se spaventato – e fragile di quanto lei si sarebbe mai immaginata.
“Eccomi” sorrise Lily entrando nella stanza, tra le braccia aveva una custodia bianca, e non più la piccola che era insieme al padre a ridere e gorgogliare tutta allegra. “Questo è l’abito adatto a oggi pomeriggio, e porta Zacky a fare un aperitivo a LA, io ho la situazione sotto controllo…”
“Guarda che Brian voleva rimanere solo con te, lo stai trascurando…” la rimbeccò affettuosamente l’amica, che rimase piacevolmente stupita quando aprì la sacca lo vide subito il vestito: bellissimo indubbiamente, e con più stoffa di quanto si aspettasse.
“Lo so, ci voglio parlare” disse tranquilla, senza dar vedere la tensione che provava: non si erano ancora confrontati seriamente su nessuna questione, tanto meno l’acquisto impulsivo di una casa. “Guarda questo abito è perfetto per te!” aggiunse aiutandola a infilarlo. Era un abito nero, di stoffa morbida e i pantaloni erano larghi e ricadevano dando alle curve della ragazza il giusto risalto, la parte superiore era un top che si allacciava dietro al collo lasciando la schiena scoperta.
“Se non c’è qualcosa di scoperto tu non lo compri vero?” chiese guardandosi allo specchio con un sorriso, quell’abito la faceva sentire semplicemente: bella.
“Indosserai questa giacca sopra” aggiunse passandogliela. “Poi all’aperitivo la togli, ed ecco fatto!” spiegò tutta entusiasta e soddisfatta. “Di certo devi scioglierti i capelli e ridargli un po’ di volume, e ci metti i tuoi stivaletti con il tacco!”
“Altro?” domandò divertita.
“Si, cerca di rilassarti anche tu, so che dovete fare dei giri, ma dovertitevi: ne avete entrambi bisogno!”
“E tu sei sicura di stare con Stella?” domandò guardandola dritta negli occhi.
“Non proprio, ma c’è Brian, e ci sapremo adattare per una serata no?” rispose tranquilla. “Sai benissimo come la penso sui bambini, ma non credo che stasera finirà il mondo…” aggiunse distogliendo prontamente lo sguardo.

Arrivarono a Los Angeles in meno di quaranta minuti, un tempo ragionevolmente buono a parere di Zacky e fin troppo perfetto secondo la ragazza, che però aveva notato come guidasse cercando di trattenersi, era certa che con Stella in auto il chitarrista non avrebbe mai superato le cinquanta miglia orarie in città.
“Oh mi mancava l’umidità di LA” commentò sarcastico stiracchiandosi le braccia. “Non te l’ho detto prima ma stai bene vestita così” disse poi avviandosi verso il lungo mare; “Sembri una ragazza qualsiasi e non uno zombie… Lavori troppo, e prima che tu possa dire qualcosa, si, è anche colpa mia, scusami” aggiunse cercando di mostrare indifferenza. Ma non era così; l’arrivo di Stella gli aveva aperto gli occhi, e volente o nolente stava facendo i conti con una vita fatta di cazzate e problemi. Ma Alex, in quelle prime settimane era stata la sua ancora di salvezza, era riuscita dove gente con cui era cresciuto e aveva condiviso di tutto, aveva fallito. Non rimproverava nessuno dei suoi amici, nemmeno Gena, ma nessuno di loro aveva provato a mettersi nei suoi panni, solo Alex era riuscita a comprendere realmente il suo stato d’animo e la situazione da un punto di vista senza pregiudizi.
“Sono i ringraziamenti peggiori che abbia mai ricevuto” commentò sincera e divertita la ragazza che si girò a fissarlo sorridente. “Ma non devi ringraziarmi, affezionarsi a Stella non è poi cosi difficile.”
“Sopportare me lo è, riesco a complicare tutto” ammise con un sospiro.
“Che ne dici se compriamo solo il latte per Stella e poi ce ne andiamo a fare un giro? Un bell’aperitivo lungo il molo?” propose rendendosi conto solo in quel momento delle profonde occhiaie del ragazzo e dello sguardo leggermente perso. Doveva essere stravolto anche lui, logorato anche dal fatto di sentirsi comunque solo e più isolato rispetto a come era il mese precedente. Un bimbo cambia la vita: non solo per le poche ore di sonno e gli impegni improrogabili, ma perché sai che un piccolo essere umano dipende interamente da te.
“Se trovo qualche addobbo natalizio, lo prendiamo” annuì con un sorriso, dopo aver sospirato di sollievo.
“Anche tu patito di Natale?”
“Dicembre è il mese che preferisco in assoluto…”
“Mi sembra di averla già sentita questa…” bisbigliò più a se stessa, che al proprio amico.
“Cosa?” chiese divertito, iniziando a rilassarsi; provava una strana sensazione che gli aveva fatto sciogliere i muscoli delle spalle e aveva voglia di sorridere. Ammise per la prima volta in quelle settimane, che non avere Stella intorno era una boccata di aria fresca.  “Mi sento uno stronzo” aggiunse subito dopo.
“Come mai?”
“Perché ho pensato che è la prima volta che senza urla e strepitii sto decisamente meglio.”
“Sei un essere umano, e per fortuna lo dici, mi stavo cominciando a preoccupare” lo rassicurò con un sorriso. “Ero convinta che saresti esploso prima o poi, hai preso fin troppo bene la situazione…”
“Che altro dovrei fare? Buttarmi a terra e piangere disperato? Stella non può di certo prendersi cura di se stessa…” sospirò pesantemente. “Sono fottutamente terrorizzato, ogni notte mi alzo almeno nove volte quando lei dorme per controllare se respira, senza considerare che vivo nel terrore che si becchi qualcosa…”
“Sei apprensivo ed è una bella cosa, ma devi ricordarti che comunque non puoi nemmeno farla vivere sotto una campana di vetro” cercò di rassicurarlo. Aveva assistito personalmente alle piccolo follie in casa Baker, in sole 72 ore aveva chiuso ogni presa della casa con l’apposito tappo e applicato della gomma piuma a ogni spigolo ad altezza bambino; senza rendersi conto che Stella nemmeno riusciva a gattonare ancora.
“Ho letto così tante cose che mi sembra di vivere in un mondo dove ogni cosa è mortale” aggiunse cercando di smorzare la tensione. Si era ripromesso di far divertire anche Alex, non gettarle addosso ancora più problemi e preoccupazioni.
“Ti dirò un segreto…” proferì ridendo stringendo le braccia attorno a quella del ragazzo accostandosi a lui. “Da piccola vivevo in una casa con un grande cortile sul retro, mi lasciavano libera di correre e giocare, era tutto recintato, e quando avevo due anni, per mesi mangiai il terriccio delle piante…” raccontò cercando di trattenere le risate. “Mia madre – patita di giardinaggio – pensava che avessimo delle piccole talpe o dei procioni” concluse scuotendo la testa, per poi ridere insieme a Zacky. “Insomma, ho mangiato terriccio per mesi, e non sono venuta così male no?” chiese con fare ironico.
“Direi che sei venuta su più che bene…” si lasciò sfuggire il ragazzo senza nemmeno rifletterci.
“Hai visto? Non tutti i mali vengono per nuocere…” gli fece l’occhiolino divertita.
“Allora, direi proprio che è il caso di fermarci a prendere un bell’aperitivo” disse lui per evitare un’imbarazzante silenzio, stava cominciando a rilassarsi, e non voleva rovinare la situazione.

“Silenzio?” chiese all’improvviso Brian guardandosi intorno: no muratori, no tv, no pianti; la pace e la tranquillità più assoluta.
“Si” annui Lily sporgendosi da dietro il divano. “Ho messo a letto Stella, e per circa tre o quattro ore dormirà, era stanchissima, dopo tutti i giochi…” spiegò scivolando delicatamente sopra a Brian, per poi baciarlo a lungo. “Ce la siamo cavata bene, sei davvero bravo a farla ridere…”
“Mi riesce bene essere pirla” ammise divertito, passando una mano tra i capelli della ragazza, poi sulla schiena, e infine lasciarla inerme su un fianco, a contatto con la pelle nuda di lei, proprio sotto la maglietta.
“Scusa, so che ultimamente abbiamo poco tempo da passare insieme, sto dietro ai lavori e ogni tanto si sta con Zacky e la pargola, ma…”
“So che lo hai fatto per dare un pomeriggio libero ai due, l’ho capito” scosse la testa interrompendo la ragazza, per poi alzare il volto e baciarla ancora. Ci aveva messo un po’ ad arrivarci, soprattutto perché non capiva appieno il comportamento di Lily, a volte sembrava che i bambini non facessero proprio per lei, poi passava un pomeriggio intero – come quello appena trascorso – con Stella e sembrava che la cosa fosse del tutto naturale. Non avevano parlato della situazioni figli, anche perché ancora non si erano nemmeno chiariti del tutto sulla questione ‘Michelle’, Brian aveva la sensazione che stessero entrambi girando intorno al discorso senza mai avere il coraggio di parlarne.
“Hai visto che faccia ha fatto Zacky quando ha visto Alex?” commentò gongolando la mora, mentre Brian scuoteva la testa rassegnato. “E dai, ha fatto uno di quei sorrisi, e poi Alex si è perfino messa i tacchi.”
“Giusto, se una donna si mette i tacchi…” la prese in giro ironicamente.
“Io li metto perché so che ti piacciono” disse sinceramente alzando la testa e guardandolo dritto negli occhi. “Quando mi vesto con cose attillate, scollate o corte… E metto i tacchi, tu mi guardi come se fossi l’unica” aggiunse arrossendo leggermente. “È una bella sensazione…”
“Ma tu mi piaci anche con la tuta quando vai a correre…” la strinse a se cingendole la schiena con entrambe le braccia.
“Lo so, cerchi sempre di farmi tornare a letto, per questo non corro più da mesi…” annuì ridendo la ragazza, cominciando a rilassarsi del tutto, tra i lavori, e il resto cominciava ad accusare la stanchezza delle settimane precedenti.
“Sei pigra da morire, tu dici di andare a correre solo per placare la coscienza…”
“E beh? Come si dice… L’importante è il pensiero no?” rispose convinta per poi scoppiare a ridere.
Chiuse gli occhi e calmò tra le braccia di Brian, posò la testa sulla sua spalla, e nascose il volto nell’incavo del collo, come se il tempo si fosse fermato, lei prese a perdersi nei propri pensieri, fin troppo rumorosi per quel dolce silenzio. In quel preciso momento era sicura che  tutto fosse al suo posto, o quasi, ma una piccola vocina interiore continuava a tormentarla, e sicuramente non l’avrebbe lasciata in pace tanto facilmente.
“Sarei curioso di sapere cosa si fa ora con la band…” proferì Brian dopo qualche minuto di silenzio.
“Fai passare le feste, dicembre non è un mese facile per voi, e con l’arrivo di Stella è come se vi avessero buttato dentro una lavatrice per la seconda volta…” rispose lei tirandosi leggermente su, quel poco che bastava per poterlo guardare dritto negli occhi.
“Un anno, ci credi? Jimmy è morto da un anno…”
“Non posso immaginare cosa voi stiate passando, ma ce l’avete fatta a sopravvivere; no?”
Ce l’avevano realmente fatta? Ognuno aveva arrancato come meglio poteva, e come l’istinto suggeriva. A Brian non sembravano nemmeno passati quasi dodici mesi, ma solo un tempo indeterminato che variava da schifo assoluto a una merda accettabile. Si era affezionato a Lily, era stata l’unica a strappargli di dosso un po’ di quel dolore che provava incessantemente da mesi, ma per il resto, avrebbe salvato ben poche cose.
Le loro vite erano state frantumate come vetro, e c’era chi arrancava come meglio poteva: Matt era tornato con Val, Johnny si sarebbe sposato in meno di sei mesi e Zacky aveva deciso di tenere una palletta rosa, che rideva e sbavava come poche cose aveva visto in vita sua. Lui aveva divorziato e stava riprovando a mettersi in gioco con una ragazza che era decisamente più problematica di quanto pensasse.
Era questa la cosa giusta da fare? Raccogliere i cocci e vivere un altro giorno?
Strinse Lily forte, fino quasi a farle mancare il fiato, sentiva il calore del suo corpo contro il proprio e la cosa lo faceva stare bene, il profumo della ragazza lo inebriava come la brezza mattutina al molo, e tutto in quell’istante era al proprio posto, ma quanto tempo avrebbe impiegato prima che i tasselli tornassero a staccarsi?
“Dovremmo organizzare qualcosa di carino per Zacky” la voce dell’italo-americana destò il chitarrista dai propri pensieri, facendolo tornare sul pianeta terra. “Per il suo compleanno, qualcosa che lo faccia divertire, e rilassare.”
“E come fa?”
Con Stella a carico?
“Si lascia la piccola dai suoi genitori e si va via un paio di giorni, niente festini.”
Col cavolo che vi lascio in mano alle spogliarelliste di Las Vegas.
“Hai già in mente dove andare?” chiese curioso. Gli piaceva quel lato di Lily: non si sarebbe mai arresa, avrebbe continuato a provare a fare parte di quel gruppo, nonostante nei mesi le motivazioni a supporto della cosa fossero sempre meno. Ma forse aveva ragione Zacky, tra gente incasinata ci si comprende comunque. Lui non sapeva cosa aveva passato Lily, se non qualche ritaglio rubato da conversazioni e pensieri, ed era certo però che lei sapesse esattamente cosa stava passando lui.
Zacky prima, e in seguito lei stessa, gli avevano detto cosa aveva studiato, cosa avrebbe potuto fare per lavorare, e aveva trovato quella specialità una figata unica, ed era questo il motivo che non gli permetteva di comprendere il perché Lily avesse scelto di lavorare come barista da Bob. Era uno spreco di talento. Ma anche qui, che diritto aveva lui di giudicare?
“Si! Ho fatto le mie ricerche, e per quando torniamo do una cena qui al bungalow, sarà tutto perfetto” rispose con un sorriso compiaciuto. “Vedrai che sorpresa sarà per Zacky.”
“Non so se vorrà allontanarsi dalla palletta, ci ha scritto e chiamato mille volte…”
“Se è per questo gli ho mandato una foto ogni ora… Cosi si rassicurava che stesse bene” rise divertita.

“Sta dormendo.”
Alex aveva appena finito di bere il suo drink e si era fermata ad osservare il ragazzo che con un sorriso ebete scorreva le foto di Stella, senza nemmeno rendersene conto. Zacky ce la stava mettendo tutta per fare la cosa giusta, certo portava tutto all’eccesso, ma non avrebbe mai fatto del male a quel piccolo esserino; si era dimostrato più maturo di quanto CHIUNQUE avesse mai creduto.
Era uno Zacky maturo, divertente, fin troppo ossessionato con i pericoli che Stella avesse potuto correre, uno Zacky diverso, semplicemente cresciuto.
“Se continui a fissarmi Alex, dovrò cominciare a pensare che ti piaccio…”
Ma in fondo era semplicemente Zacky.
“Non ti stavo fissando, stavo semplicemente mangiando le tue patatine…” rispose lei borbottando.
“Anche con Gena è iniziata così…” commentò scrollando le spalle; rendendosi immediatamente conto della stronzata che aveva appena pronunciato, infatti dovette praticamente lanciare una banconota da cinquanta dollari sul tavolo e inseguire Alex che stava camminando spedita verso la macchina.
“Aspetta…” disse cercando di non urlare, erano comunque circondati da altre persone e non voleva finire su qualche giornale immortalato a fare la figura del pazzo. “ALEX!” alzò leggermente la voce, per poi accelerare il passo e bloccarla tirandola per un polso, e per poco la ragazza non cadde, fermata semplicemente dal petto del chitarrista che sembrò un muro contro il suo viso.
“Ouch” commentò portandosi una mano sul naso. “Lasciami stare idiota” aggiunse non appena il suo cervello aveva ripreso a elaborare i pensieri in maniera corretta.
“Sei fuggita via, non hai nemmeno dato il tempo materiale per chiederti scusa… Ho detto proprio…”
“Una cazzata? Una stronzata? Una cosa senza capo ne coda? Hai dato fiato alle trombe senza nemmeno riflettere?”
In un piccolo angolo buio, e realmente riservato della mente, Zacky trovò Alex imprecare in quella maniera, mandando al diavolo la propria compostezza inglese, alquanto eccitante; quello che trovò meno interessante fu il sonoro schiaffo che gli arrivò qualche istante – millisecondo – dopo, quando la ragazza aveva capito che lui si era perso nei propri pensieri l’ennesima volta.
“Ma sei scema?”
“Facciamo che sei tu uno stronzo?” lo rimbeccò con aria sarcastica. “Non osare mai più, e dico M A I P I ù paragonare a me, Gena.”
Alex non seppe bene se fosse la stanchezza a parlare o semplicemente tutta la mole di rospi che nelle ultime settimane aveva dovuto ingollare senza respirare; ma stava provando una sorta di liberazione catartica sfogandosi in quella maniera. “Perché io sono stata al tuo fianco nonostante il tuo umore intrattabile, mi sono sorbita i pianti e le urla di Stella come se fosse realmente compito mio occuparmi di lei, ho fatto turni improponibili al lavoro solo per poterti aiutare…” non riusciva a stopparsi, era come se le parole la stessero forzando per uscire. “Io a differenza di Gena ho aspettative più alte che tagliare i capelli alle persone, non ho studiato una vita intera e lavorato più di quanto mi piacerebbe ammettere solo per venire qui e fare da balia a gente troppo incasinata per pensare a se stessa…”
Alex basta. Alex, ora è troppo… “Io ho delle aspettative molto più alte, io voglio solo fare la cosa giusta, non mi interessano i sacrifici o i compromessi, ma tu devi imparare a crescere…”
Il fiato corto, le mani gelide, e una morsa allo stomaco che erano sintomi di quanto le avesse fatto male sfogarsi così pesantemente con lui, generalmente avrebbe aspettato di tornare a casa e farsi torchiare da Lily per svuotare tutta la frustrazione e la rabbia; era decisamente più facile per la sua coscienza sapere che tutte le cose peggiori le erano state tirare fuori con la ‘forza’ piuttosto che sputarle addosso a chiunque.
Ma il chitarrista non era la prima persona a caso che stava passando per strada, no, era un ragazzo che aveva vissuto il sogno americano, ritrovandosi davanti al peggiore incubo di qualsiasi persona, accettare il tiro mancino del destino e crescere nel giro di pochi giorni. Alex lo sapeva, ne era perfettamente cosciente, ma sentirsi paragonare a un’oca senza cervello che era andata via ancora prima di sapere se era figlio di Zacky o meno… No. Non lo tollerava.
“Quanto è facile per te sputare giudizi?”
Quella di certo non era la risposta che si aspettava dal ragazzo.
“Per te con la tua laurea in medicina e con lo spirito da salvatrice, con gli amichetti che salvano vite e sciorinano le loro esperienze durante i cocktail party solo per poter apparire…” avrebbe voluto fermarsi, chiederle scusa, e far tornare tutto come prima; ma non tollerava che qualcuno lo giudicasse, soprattutto su questioni ben più importanti del suo stile di vita. “Non credevo che ti costasse così tanto aiutare un amico… Perché è questo che sono, e se ricordi bene sono stato l’unico stronzo a non trattarvi come due psicopatiche.”
Caricare. Puntare. Fuoco. Ferire senza uccidere.
“Quindi solo perché ti sei comportato in maniera corretta io devo per forza farmi carico di tutto il tuo bagaglio?”
Non poteva credere che quella serata così rilassante si stesse trasformando in una piccola carneficina, ma chi sarebbe stato il vinto e chi il vincitore? Il premio non era ne allettante ne prestigioso, sapeva di fiele e disappunto. Lei non avrebbe mai voluto tutto quello; e solo per un secondo – una frazione durata un millesimo di istante – si ritrovò a pensare che Lily aveva ragione: reprimere tutto non era stata la mossa vincente.
“Non ti ho mai chiesto aiuto se non i primi due giorni” sospirò stanco e amareggiato. “Ho sempre creduto che ti facesse piacere, che stessimo finalmente sulla stessa frequenza d’onda…”
Speravo che ti rendessi conto che non sono un coglione.
“Che vuol dire? Io… Zacky ascoltami, mi hai paragonato alla tua ex e, ammettiamolo, perfino la pazza del molo 17 che crede che l’invasione aliena stia per abbattersi sulle nostre vite, ne uscirebbe meglio…” sospirò.
Speravo che avessi una reputazione di me migliore, io non sono Gena, e mai potrei esserlo.
Ci furono una manciata di secondi nei quali si guardarono intensamente negli occhi, per poi scoppiare a ridere come due scemi in mezzo al passaggio, con la gente che continuava a transitare guardandoli in maniera torva. Risero per almeno cinque minuti, la Dottoressa McLiar avrebbe detto che era una normale risposta fisiologica alla tensione e all’adrenalina accumulata durante la discussione, che era sfociata nel rilasciare endorfine per allentare la tensione. Alex, l’amica, pensava semplicemente che a volte una risata poteva realmente sistemare le cose, mettere un nuovo tassello al proprio posto senza più complicazioni.

“Fai piano…” il bisbiglio divertito di Alex era dovuto al fatto che entrando in casa aveva scorto la testa di  Lily e i piedi di Brian sbucare fuori dal divano, con televisione spenta e luce soffusa: stavano dormendo. Lo spettacolo che però vide la lasciò per qualche secondo senza fiato.
Lily si era addormentata con una mano tra i capelli di Brian, e il ragazzo era steso appoggiato sulle gambe di lei, con sopra il petto Stella addormentata in una posizione buffissima e tenera allo stesso tempo: accovacciata con la testina piegata da un lato, e un braccio di Brian che la cingeva teneramente.
“Owuff” sbuffò Zacky inarcando il sopracciglio.
“Che era quel suono?” chiese Alex inclinando la testa verso il ragazzo dopo aver scattato una foto, per poi trascinarlo fino alla cucina per evitare di svegliare tutti.
“Ma ti pare il modo di tenere una bimba di pochi mesi?” domandò stizzito.
“Erano bellissimi non trovi?” commentò con un sorriso; avrebbe di certo dovuto parlare con Lily il prima possibile, vederla addormentata lì con Brian e una piccola bimba a completare il quadretto l’aveva fatta riflettere.
“No per un cazzo” rispose secco aprendo il frigo e prendendo una birra gelida. “Anzi, è rischioso, è folle… Dormono, ti rendi conto?” aggiunse continuando a sembrare più uno schizzato che il ragazzo che l’aveva fatta ridere fino a pochi secondi prima.
“Oh mio Dio…” proferì scandendo a una a una tutte le parole lentamente. “Sei geloso… Sei geloso di Stella, di averla vista tra le braccia di Brian!” squittì cercando di moderare il tono della voce, per poi andare subito a chiudere la porta della cucina e scoppiare a ridere.
“Assolutamente no! Che cazzo dici? Sei scema? Si sei scema!” rispose arrossendo visibilmente.
Troppo alcool, e troppa complicità con la ragazza, per poter mentire e fare la sua classica espressione da Poker; quella imperscrutabile. E poi… Anche se fosse stato geloso? Stella era sua figlia, e…
“Dai, si vede lontano un miglio che sei geloso, guarda che Stella non ha occhi che per te…” tentò di rassicurarlo, trovandolo quasi adorabile.
“Stella dovrà imparare che l’unico uomo della sua vita sarò io, e che deve stare alla larga dai ragazzi come noi” aggiunse serio. “Sono sicuro che quando avrà venticinque o ventisei anni, potrà iniziare a uscire con qualcuno…”
“Certo, e nel frattempo la recludi in una torre e le fai crescere i capelli stile Raperonzolo?” domandò divertita Alex.
“Non è una cattiva idea, ma non le permetterei mai di avere una treccia così lunga da poter usare come scaletta per gli estranei” borbottò scuotendo la testa.
“Sei assolutamente fuori di testa, ma sarai un ottimo padre…” convenne la ragazza, trovando quella gelosia del tutto inappropriata ma dolcissima.
“Lo spero, lo spero proprio…”

*

Fece un lungo sospiro, e sorrise; intorno a se c’era il caos primordiale: urla, risate, borbottii e rumori di martello che a seconda dell’intensità sembravano colpire direttamente al proprio sistema nervoso. Lily aveva appena finito di convivere con i muratori a casa propria, che si era ritrovata alla Baita in montagna delle DiBenedetto a sistemare tutto per il compleanno di Zacky. Purtroppo le avevano proibito di affittarne una e noleggiare perfino un elicottero per arrivarci; ed erano tutti scesi a compromessi…
Lei aveva accettato di organizzare la festicciola a sorpresa a casa della Ex-Moglie del proprio ragazzo; Val aveva accettato di non invitare la sorella onde evitare bagni di sangue del tutto gratuiti  e gli invitati avevano accettato il fatto che Stella non sarebbe rimasta dai genitori di Zacky ma sarebbe comunque stata parte dei festeggiamenti. Alex era stata chiara in merito, non era il momento adatto per separare i due, soprattutto con i Servizi Sociali che tampinavano Zacky nemmeno fosse uno dei figli di Satana.
La fortuna aveva voluto che l’11 Dicembre del 2010 cadesse di Sabato, il che aveva permesso a Lily e Leacy di organizzare il perfetto pretesto e la perfetta festa per il chitarrista; avevano preso in mano loro la situazione con lo stesso entusiasmo che due bambini avrebbero potuto avere davanti a una fabbrica di fuochi d’artificio incustodita.
Tutti speravano che non ci fosse nessuna esplosione, di nessun genere.
“Minchia se fa freddo quassù” il commento di Brian fece sorridere Johnny che aveva deciso di prendersi una pausa dall’incessante lavoro di mettere in sicurezza la Baita DiBenedetto; Stella non rotolava nemmeno su se stessa, le ragazze stavano decisamente esagerando…
“Dicono che questo fine settimana ci sarà neve a non finire…” proferì l’amico stiracchiandosi e guardandosi intorno, e una valanga di ricordi lo travolse, quella Baita quando erano ragazzini era il loro rifugio invernale preferito, ogni week-end con i pick-up attrezzati per affrontare i 50 cm di neve e la voglia di starsene in santa pace tutti insieme a fare un casino assurdo. Avevano sempre il terrore che con tutto il chiasso che generavano ben presto la montagna si sarebbe rivoltata, e li avrebbe travolti con una valanga di proporzioni bibliche.
“Dicono che ci toccherà portare più legna possibile adesso nel garage o ci mandano fuori anche se ci sono gli orsi polari…” borbottò scuotendo la testa.
“Non ti fa strano venire qua?” domandò il bassista curioso.
Tutti – esclusa Lily, per fortuna – sapevano che la Baita era il posto preferito di Brian e Michelle, dove passavano anche settimane intere separati dal resto del mondo, mentre l’appartamento a San Francisco era il preferito di Matt e Val.
“Da morire, ma non potevo porre il problema a Lily…”
“…Avrebbe significato dirle la verità” finì la frase l’amico.
“Esattamente, ma credo che sospetti qualcosa, spero non faccia qualche trucco mentale Jedi, vorrei realmente che Zacky passasse una bella festa” sospirò accendendosi una sigaretta, tirando un lungo respiro di nicotina pura che gli pizzicò i polmoni facendolo stare meglio.
“Spero anche io, non sarà un mese facile, per niente” annuì seriamente. “Un anno e…”
“No. Non tiriamo fuori ora questo discorso, non è ne il momento ne il luogo” lo fermò subito girandosi a guardarlo, con un’espressione troppo seria per poter essere contraddetto.
“Pardon” alzò le mani in segno di resa Johnny.
“Johnny!” la voce di Leacy lo fece sobbalzare. “Ti avevo detto di andare a prendere più legna!” gridò ridendo. “Alza il sedere e vai!”
“Ti conviene andare, o dice che la stanza singola non se la prende Zacky ma tu…” disse Lily uscendo in veranda, avvolta in un piumino di due taglie più grandi della sua. “Sto morendo di freddo, spero che Matt sappia quello che sta facendo o esplodiamo” disse ridendo, abbracciando Brian per poi baciarlo a lungo.
“Hai il naso gelido” rise lui sfregando il proprio contro quello della ragazza. “Il caminetto non basta più?” domandò divertito.
“Ero di sopra a sistemare le camere, sono infinite…” spiegò lei. “Credo di aver sistemato anche quella di Michelle” sospirò. “L’ho capito perché era piena di vostre cose, anche i tuoi vestiti” aggiunse leggermente imbarazzata. “Lacey si è offerta di dormire lei li… Spero non ti dispiaccia.”
“No” disse subito. “Va benissimo così…” aggiunse accarezzandole il viso. “Speravo avesse tolto tutto lei o Val, è un po’…”
“Strano e  imbarazzante” disse lei sincera. “Ma credo non ci si possa fare nulla, domani deve essere tutto perfetto…” rispose facendo le spallucce, senza ammettere che avrebbe preferito dormire in auto piuttosto che in quella casa. Non c’era voluto molto a capire che lì Brian ci andava spesso con Michelle: decine di foto di viaggi, roba di Michelle ovunque insieme a quella di Brian… Ma in fondo non poteva prendersela con nessuno, almeno Matt aveva provato a far sparire tutto in malo modo, per correttezza. Valary – presumeva Lily – invece, avrebbe voluto lasciare tutto com’era, giusto per stabilire che quello non era terreno neutrale anzi, che era proprio il luogo dove sua sorella e suo cognato avevano passato dei momenti indimenticabili.
“Siamo qua insieme no?” disse alzandole il volto con la punta del dito per poi baciarla.
Già, ma questo non cambia il fatto che mi uccide dentro stare in quella casa.

SMS: Zacky To Alex H 05:17 PM
Ciao, come va il seminario? Poi passi qui?
SMS: Zacky To Alex H 05:18 PM
Perché tutti mi ignorano?
SMS: Zacky To Alex H 05:19 PM
Anche tu ti ci metti ora?
SMS: Zacky To Alex H 05:19 PM
Quel pirla al lavoro ti sta importunando?
SMS: Zacky To Alex H 05:20 PM
Alex? Alex… E dai… Che ho combinato ora di sbagliato?
SMS: Zacky To Alex H 05:21 PM
Mi state tutti sul cazzo, magari sei con gli altri e mi ignorate tutti.
SMS: Zacky To Alex H 05:22 PM
Mi annoio…
SMS: Zacky To Alex H 05:23 PM
La noia non sta passando… Nemmeno lo scazzo.
SMS: Zacky To Alex H 05:29 PM
AIUTO!!! ALEX!!! AIUTO!!!
SMS: Zacky To Alex H 05:35 PM
Se fossi in pericolo di vita a quest’ora sarei morto…
SMS: Zacky To Alex H 05:36 PM
E il mio spirito ti starebbe perseguitando, guardati le spalle!
SMS: Zacky To Alex H 05:52 PM
Wow… Sei proprio senza anima…
SMS: Zacky To Alex H 06:01 PM
E io che ti volevo lasciare la mia collezione di DVD… Cambierò il testamento.
SMS: Zacky To Alex H 06:01 PM
Mi avrai sulla tua coscienza.
SMS: Alex To Zacky H 8:00 PM
Ero a un seminario, con il cellulare silenzioso in un armadietto. Non so neanche io come mai mi stia giustificando con te, psicopatico che non sei altro. Non passo, vado a casa, domani fatti trovare pronto per le 11. E NON DIMENTICARTI STELLA. ;)

Aveva letto tutti i quindici messaggi appena salita in macchina; aveva riso tra un imprecazione e un’altra, perché sapeva benissimo che Zacky era a casa a logorarsi con tutte le paranoie possibili; era convinto che i suoi amici si fossero dimenticati del suo compleanno solo perché ora aveva una figlia a cui pensare. Non poteva immaginare che i ragazzi avevano sistemato la Baita in montagna  e che avevano fatto spesa per un esercito, ed erano pronti di festeggiarlo per ben quattro giorni consecutivi: dal giovedì alla domenica sera. Erano riusciti benissimo a depistarlo, con la scusa della finale di NBA gli avevano perfino fatto credere che avrebbero festeggiato il suo compleanno il dodici dicembre. Con un giorno di ritardo, cosa inaccettabile per Zacky. Ma quello che Alex realmente agognava era semplicemente tornarsene a casa e averla tutta per se fino all’indomani mattina: no Zacky, no Stella, no Brian e nemmeno Lily. Davanti a lei si prospettava un bel bicchiere di vino rosso, e un bagno nella meravigliosa vasca idromassaggio che Lily aveva fatto mettere al Bungalow. Lo riconobbe perfino all’amica: aveva fatto un lavoro favoloso Lily con la ristrutturazione, anche se forse qualche fronzolo Alex lo avrebbe evitato.
Quando si immerse nell’acqua calda della vasca ogni tensione e ogni problema parvero sparire non appena il calore si diffuse lungo tutto il corpo; chiuse gli occhi per qualche secondo e si godette quell’attimo di assoluto silenzio che era prezioso come l’oro. La sua vita in California aveva subito un cambiamento drastico, e non solo per aver scoperto che le lunghe giornate soleggiate le preferiva a quelle uggiose di Londra; ma perché si era sentita come una pallina del flipper sballottolata qua e là senza mai fermarsi. Lavoro, Lily, Zacky, cene tutti insieme, gite fuori porta, lavoro, seminari, Zacky, Stella, Lily… Era felicissima di poter vivere al meglio l’esperienza, e non più essere assorbita dal lavoro, ma cominciava a sentire l’esigenza di avere del tempo per se. Senza l’intrusione di nessuno.
Non appena sentì il cellulare squillare, non fece altro che scivolare fin sotto la superfice dell’acqua, riemerse solo quando l’ossigeno cominciò a mancare, ma purtroppo la suoneria del telefono era ancora li a ricordarle che, forse, non aveva la possibilità di avere un po’ da dedicare a se stessa. Non ancora.
“Pronto!” la risposta fu brusca, e non guardò nemmeno chi fosse a chiamarla; voleva solo farla finita il più presto possibile e tornare a non fare nulla.
“Hey tigre, calma, volevo sentire se eri viva!” la voce stupita di Zacky le fece perdere ogni speranza: non si sarebbe liberata di lui altrettanto facilmente che con qualsiasi altra persona. Nel codice genetico dei Baker, tra quei ventimila geni che lo componevano, ce ne dovevano essere almeno un centinaio riservati solamente alla testardaggine e alla cocciutaggine; ne era quasi certa.
“Sto bene, ma ho come l’impressione che non sarà facile riagganciare…”
“Hai perfettamente ragione, non faccio altro che parlare bambinese da tutto oggi, devo comunicare con un adulto…”
“E perché proprio io?”
“Sei l’unica che ha risposto…”
Logico.
“Ti stanno ancora ignorando?”
“Porca miseria, li ho mandati tutti a cagare! Nemmeno a quello hanno risposto…”
“Ti stai esaurendo lo sai?”
“Dimmi qualcosa che non so…”
“Che vorrei essere lasciata in pace?”
“Per fortuna non hai mai fatto dei turni al telefono amico, la linea speciale anti-suicidio… Sai dare supporto morale quanto un plotone di esecuzione… Ti chiamo disperato in cerca di conforto e una voce amica, e mi fai notare che ho interrotto la tua serata libera… Ma ti sembra giusto? Mica ti sono piombato in casa, anche perché sarebbe difficile ora, avete messo un cancello automatico che non si apre più con un calcio, ma vi pare? Anche questa, è una cosa che devo discutere con Lily… è molto inospitale come situazione!”
La travolse letteralmente con quel fiume in piena di parole, quasi la fece sorridere, sentiva proprio la voglia di Zacky di non starsene da solo, all’inizio aveva pensato che fosse per il fatto che tutti erano impegnati in altre cose e lui doveva vedersela con Stella; ma poi si ricordò che il giorno della morte di Jimmy si stava avvinando, e forse la paura di rimanere soli aumentava. Alex poteva solo provare a immaginare cosa stessero passando tutti in quel periodo; ma per fortuna lei non aveva mai dovuto vivere in prima persona tragedie di quel calibro. Di riflesso, però, aveva visto le sfumature di dolore e disorientamento di Lily, e la tenacia dei ragazzi; e cominciava a pensare che il suo essere così coinvolta nella vita degli altri era per compensare la buona dose di ‘fortuna’ che aveva avuto nella propria.
“In questo momento Zacky sono immersa in una meravigliosa vasca idromassaggio, sto sorseggiando del vino rosso, e se non fosse che sto al telefono con te, tutto sarebbe perfetto… Anzi, nemmeno la tua presenza invadente è fastidiosa in questo momento” rispose divertita.
“Stai facendo un bagno?” chiese all’improvviso con una tonalità di voce decisamente più alta di qualche decibel.
“Si” rispose lei annuendo anche se sapeva che il ragazzo non era lì.
“Nuda?”
“No, vestita, è un’antica usanza inglese…” borbottò contrariata.
“Sto parlando con te, al telefono, mentre sei nuda in una vasca?”
Tu tu tu tu tu tu tu il rumore di un telefono riattaccato fu l’unica cosa che sentì il ragazzo dopo la sua ultima frase. Mentre a miglia di distanza Alex aveva il volto dello stesso colore di un peperone rosso maturo. Zacky aveva il magico potere di rendere qualsiasi tipo di affermazione decisamente maliziosa, quasi indecente, anche senza volerlo.

*

Zackary James Baker si sarebbe ricordato per sempre la festa del proprio ventinovesimo compleanno, quattro giorni ininterrotti di pranzi, cene e risate, quattro giorni isolati rispetto a un mondo che aveva continuato a girare senza la loro presenza. Tutti i suoi amici erano lì alla Baita a prendersi cura perfino di una bambina che solo da qualche settimana era entrata a far parte della comitiva. Era una piccola parentesi in mezzo a un caos che aveva preso a risucchiarli in un vortice negativo.
“Hai visto quanto è felice?” disse Valary a Matt, che era uscito a prendere una boccata di aria gelida e pungente.
“Non lo credevo possibile, insomma, tutti stiamo pensando che manca sempre meno…”
“No, l’avevi promesso, niente menate deprimenti Matt, lo dobbiamo a Zacky, lo dobbiamo a tutti” lo interruppe subito la ragazza.
“Hai ragione scusa, è che…”
“Ti senti in colpa a lasciarti andare, sapendo che il tuo migliore amico è tre metri sotto terra” concluse la frase la ragazza girandosi totalmente verso il cantante, passando le esili braccia intorno alla vita di lui, per poi alzarsi in punta di piedi e baciarlo a lungo. “Proprio per questo dovremmo vivere tutti al massimo, per onorare lui che non può farlo. Non c’è giorno che non mi manchi, e non c’è volta che mi squilli il cellulare che non speri di vedere un suo messaggio o una sua chiamata…” ammise con gli occhi lucidi. “Ma non c’è più, e non dobbiamo smettere di vivere, sarebbe insultare lui e tutto quello che rappresentava.”
Valary stava lentamente tirando fuori quelle parole con tutto il dolore che poteva provare, come se le bruciassero l’esofago e la lingua, sentiva il retrogusto amaro di quelle verità scomode e ingombrante. La morte di James era diventato una sorta di argomento tabù, tutti soffrivano in silenzio senza mai nominarlo o parlare di quello che provavano… Ma quel genere di atteggiamento non aveva portato a niente di buono, erano tutti fermi a piangerlo senza poter realmente sfogarsi, e quando le emozioni prendevano il sopravvento erano in grado di uscire solo sotto forma di rabbia, rancore e cattiveria. Ma non le sembrava più giusto, assolutamente, anzi era come mancare di rispetto a una persona che la vita l’amava e l’aveva vissuta fino all’ultimo secondo; commettendo degli errori, ma senza permettere a questi di gestire la sua esistenza.
“Facile a dirsi, sapessi quante volte mi ripeto anche io questa cosa…”
“James non tornerà, e dovremmo organizzare qualcosa, una veglia, una di quelle irlandesi…”
“Cosa cazzo stai dicendo Val?” sbottò lui allucinato. “Non credo che sia il caso di farlo, bere con musica e ricordi?”
“Non abbiamo fatto nulla l’anno scorso, a mala pena eravamo in grado di stare in piedi senza cadere a terra inermi” disse con convinzione. “Jimmy avrebbe amato una veglia in stile irlandese, dove avremmo tirato fuori tutto quello che avevamo da dirgli…”
Matt sospirò stringendo più forte a se la ragazza, come se quel contatto alleviasse il dolore e schiarisse la confusione che provava in quel frangente.
“Vediamo ok? Facciamo passare questo assurdo fine settimana poi ne parliamo con gli altri” annuì lui sorridendo dolcemente, appoggiando la testa su quella della ragazza.
“Certo” annui lei rilassandosi. “Torniamo dentro o diventiamo due ghiaccioli…”

“Mamma che stanchezza” sospirò Alex sedendosi sul divano vicino all’amica, che era rimasta a fissare il fuoco in silenzio negli ultimi dieci minuti. Erano tutti andati a letto dopo aver finito la torta di compleanno di Zacky, una fetta alla volta fino a lasciare solo briciole. “Hey ci sei?” chiese dando una gomitata alla ragazza che si girò a fissarla.
“Si scusa, ero presa da dei pensieri” ammise con un sorriso. “È stato un gran bel compleanno.”
“Si, Zacky era tutto turbato, aveva paura che gli altri si fossero dimenticati” rise scuotendo la testa.
“Figurati, non lo avrebbero fatto mai e poi mai” scosse la testa divertita “Anzi, questo è il loro lato migliore, sono realmente una famiglia, disfunzionale e bislacca, ma non dimenticherebbero niente di importante…”
“Volevo che fosse così anche il tuo di compleanno” sospirò flebile appoggiando la testa sulla spalla di Lily.
“Lo so, e per me lo è stato, l’incidente con Michelle non ha rovinato la meravigliosa sorpresa” la rassicurò dolcemente. “Ma credo che ci vorrà ben altro a farci ambientare del tutto, a farci accettare pienamente…”
“Come mai dici così?”
“Perché è così, non sai la soddisfazione di Val nel farmi comprendere che questa Baita era il rifugio di Brian e Michelle, ed è normale, si tratta di sua sorella e dei suoi migliori amici, chiunque provasse a intromettersi tra me e te finirebbe morto ammazzato, pagherei qualcuno per farlo fuori” esalò tutto di un fiato per poi fare un lungo e profondo sospiro. “E sinceramente questo periodo dell’anno non deve essere il migliore per stare intorno ai ragazzi” ammise, quasi in segno di sconfitta; la parte razionale stava per trionfare su quella romantica.
“Ed è normale dai, li conosciamo comunque da meno di un anno, anzi, Lily da realmente pochi mesi…” Alex, sapeva che nonostante l’amica le avesse promesso di andarci con i piedi di piombo, e di non lasciarsi trasportare troppo, era finita in quella realtà con entrambe le scarpe e vi era rimasta invischiata fino al collo. All’inizio Alex pensava fosse solo un bene che Lily focalizzasse la sua attenzione lontano dalla madre e da tutto quel dolore che si portava dietro da anni; ma ora aveva il timore che avesse raggiunto il limite della sopportazione e che sarebbe bastato realmente poco per romperla in mille pezzi.
“Hai ragione” annuì cercando di sembrare convinta, senza riuscirci. “Vado a letto, son proprio stanca, grazie per aver aiutato a sistemare.”
“Assecondo il tuo disturbo ossessivo compulsivo per l’ordine, o impazzisci e ci fai fuori tutti!”

*

Era passato un anno dalla morte del loro migliore amico, e di cose ne erano cambiate fin troppe, era come se la scomparsa di Jimmy avesse fatto cadere la prima tessera del domino, e che una dopo l’altra anche tutte le altre stessero cedendo. Ma ci sarebbe mai stato un punto  dove tutto si sarebbe fermato, e loro avrebbero potuto proseguire da lì? O era una caduta libera senza paracadute e la fine inevitabile era la terra ferma? Nessuno di loro lo sapeva, e nessuno di loro aveva risposte alle proprie domande, erano tutti a casa di Brian e avevano portato alcool e cibo a volontà. Erano stati informati che i fans di tutto il mondo quella sera avrebbero acceso una candela mettendola alla finestra, e sapevano che alla spiaggia si sarebbe tenuta una sorta di veglia tutta la notte; ma nessuno di loro se la sentiva di uscire e mischiarsi nella folla. I fans quell’anno erano stati meravigliosi, li avevano supportati qualsiasi cosa facessero – anche nel non fare proprio nulla – ma non erano pronti ad affrontare una realtà che li avrebbe travolti e risputati senza pietà.
Erano in nove in quella stanza, il gruppo originario: Zacky, Matt, Johnny, Syn, i due Berry, Lacey Val e Michelle. Tutti tesi e con le facce scure, tutti persi in ricordi e pensieri che facevano più male che bene.
“Credo che dovremmo iniziare a festeggiare” sospirò Valary guardandosi intorno.
“Che festeggiamenti del cazzo” sbottò Brian contrariato da quella situazione.
“Sapete tutti come funzionano le veglie irlandesi no?” lo ignorò la ragazza cominciando a dare a tutte le persone presenti un bicchierino. “Un primo brindisi a Jimmy e poi… Si comincia a parlare, e a ogni persona che parla ci si serve un altro po’ di Whiskey.”
Dovevano reagire, dovevano provare a muovere un primo doloroso passo in avanti, erano passati dodici mesi e ancora tutto era confuso, e Valary era sicura che questo non sarebbe stato di certo il volere del loro amico, se la situazione fosse stata diversa e a morire fosse stato un altro dei ragazzi, Jimmy per primo avrebbe onorato quello che era stato in vita e non pianto la morte così a lungo. Andare avanti faceva paura e anche discretamente male, ma era l’unica cosa che potessero fare in quel momento.

«Dato che nessuno inizia dovrò proprio farlo io. È passato un anno, trecentosessantacinque giorni in cui non ho fatto altro che aprire gli occhi la mattina e pensare quanto mi mancasse. Tutto è andato a rotoli, era come se fossi in caduta libera verso il vuoto più assoluto. In un anno ne sono cambiate di cose: in peggio. E questa cosa mi sta sul cazzo. Il mio matrimonio per poco non è andato a farsi benedire, voi non toccate uno strumento da mesi e mesi, e niente sarà più come prima. Come il giorno del mio matrimonio, quando lui si è tuffato in piscina e ci ha regalato il più bello dei discorsi, quando tutto filava come doveva, e niente poteva intralciare le nostre strade. Siamo partiti tutti dal nulla, e pensate dove siamo arrivati… Se avessi una chance di poter parlare a Jim un’ultima volta gli vorrei solo dire grazie, per avermi insegnato ad apprezzare tutto quello che capitava…»

«Mi ricordo quando comprò la sua prima tavola da surf, ci impiegò una settimana a rimetterla a nuovo, e ci disegnò sopra un botto di roba. Ci scrisse anche frasi che poi sarebbero state trasformate in canzoni, era un fottuto genio; era una di quelle persone che vedeva tutto in anticipo, ed era anni luce avanti a tutti gli altri. Così preso dal vivere in pieno il proprio sogno, che rendeva tutto una magica avventura, qualsiasi cosa fosse…»

Valary, Johnny, tutti uno a uno parlarono tra ricordi, risate, frasi mai dette… Tutti parlarono tranne Brian, che trovava tutta quella fiera assurda, senza considerare il fatto che era stato quasi obbligato a mollare Lily a casa per partecipare a quella cosa.
Lei non fa parte del gruppo.
Lei non lo ha nemmeno conosciuto.
Lei non può partecipare.
Era tutto vero, ma fin dal primo attimo che l’aveva incontrata, lui era riuscito a sfogarsi solo con lei, che non era pronta a giudicare qualsiasi cosa dicesse, a guardarlo con compassione se diceva semplicemente che gli mancava, non commentava ogni suo discorso. Era mille volte più liberatorio sfogarsi con chi non era cresciuto con te, piuttosto che con i tuoi amici. Brian non esternava quello che provava; e tutti sapevano che era come una pentola a pressione pronta a esplodere; e tutti provavano a farlo sfogare, irritandolo ancora di più. James era morto, e loro non potevano fare niente.

“Com’era?” chiese Alex non appena sentì la porta di casa chiudersi.
“Bellissimo, ci saranno state un migliaio di persone in spiaggia” rispose l’amica togliendosi le scarpe e gettando la felpa sulla poltrona. “Tutti con delle candele, erano ovunque, è stato commovente, nessuna scena madre, erano lì per stare insieme e basta…”
“Ti è passata un po’ l’irrequietezza?” domandò poi con un sorriso dolce, richiudendo il libro che stava leggendo, posandolo sul tavolino vicino al divano.
“No, avrei preferito di gran lunga stare con Brian” ammise senza problemi. “Ma alla fine saremmo state di troppo” sospirò pesantemente.
“Lo sai che in fondo è vero…” obiettò l’inglese. “Comunque la morte di Jimmy per loro è una sorta di tabù che non… Sanno nemmeno come gestire.”
“Non sto dicendo che hanno torto, sto semplicemente dicendo che non mi va a genio, anche perché è l’ennesimo gradino di distanza che si frappone tra me e Brian; lo so, lo capisco in pieno, è stato marchiato dalla scomparsa del suo migliore amico e dal tradimento di Michelle, ma… “ sospirò senza concludere la frase, restando in silenzio per un bel po’. Aveva troppe sensazioni contrastanti, ed era il ventotto dicembre anche per lei. E se inizialmente poteva essere solamente una fan che piangeva la perdita di un grande artista, ora sentiva caderle addosso anche tutta la sofferenza degli altri, leggeva senza difficoltà il loro dolore e l’incapacità di poter aprire gli occhi e guardare il futuro come un regalo prezioso. Lily non voleva un pezzo della loro fama, nemmeno una spolverata di magia che impregnava l’aura di quel gruppo altamente disfunzionale ma assurdamente perfetto quale erano. Lei amava Brian, soprattutto da quando aveva capito che dietro la maschera di Synyster Gates c’era un ragazzo con un cuore d’oro, che aveva solo paura di perdere qualcun altro, e non avere più le forze di reagire.
“Io credo che tu debba chiamarlo, almeno per sentire come sta” disse l’inglese stupendo l’amica.
“Pensavo mi dicessi di lasciar perdere e aspettare domani mattina…” la corresse la mora inclinando leggermente a destra la testa, scrutando attentamente ogni sua micro-espressione.
“Potrei dirtelo ma non mi ascolteresti, inizieresti a partire per la tangente e faresti qualche danno.” Annuì pacatamente, ormai rassegnata a non finire più quel libro, che aveva sul comodino da ben quattro mesi. Rimpiangendo vagamente un tempo quando di libri ne macinava almeno due a settimana. “Ti manca, diglielo, magari poi viene qua, devi imparare a convivere con loro, fare parte del loro gruppo vuol dire anche comprendere che non ne sarai mai pienamente dentro. Sarai sempre il ‘dopo Jimmy’...” sospirò. Alex non aveva studiato come Lily, ma di  certo aveva compreso le dinamiche di tutti loro, soprattutto quando Zacky in quei giorni le aveva offerto uno spaccato nudo e crudo della propria realtà.
E dovette ammettere che la cosa le era piaciuta. Perché Zacky aveva cercato lei, e aveva deciso di abbandonare un po’ quella spensieratezza lasciando l’Isola Che Non C’è, allontanandosi dai Bambini Sperduti e crescendo. Lei e Lily avevano riso un pomeriggio intero, qualche mese prima, quando si ritrovarono nuovamente a Santa Monica e, chiacchierando, venne fuori il paragone tra Huntington Beach e L’Isola che Non C’è. Perché tutti loro erano un po’ Peter Pan e un po’ Bimbi Sperduti alla ricerca di una strada da seguire.
“Quante volte hai pensato di tornare in Inghilterra?”
“Meno di quanto immagini, sono state più le volte che ho pensato ad andare a Seattle” rispose sincera. “Hanno un programma di Medicina avanzato, ancora meglio di quello californiano, e sinceramente temevo per te.”
“Per me?”
“Vuoi che non sappia quanto tu stia in pensiero per tua madre? E quanto sia stata male per come si sono comportati tutti?” chiese con fare accondiscendente.
“Mia madre per ora sta dove sta, non posso fare altro, aspetto ancora notizie dal Neurologo di Seattle.”
“Appunto” sospirò chiudendo leggermente gli occhi. “Ne hai parlato con Brian?”
“No.”
Assolutamente, indiscutibilmente: no.
“Lilian…” la redarguì con un tono molto più simile a quello bonario di un genitore che aveva colto in flagrante il figlio rubare un biscotto.
“Sicuramente Zacky gli avrà detto qualcosa no? E poi non abbiamo parlato mai chiaramente di niente, questo è il suo stile…” borbottò scuotendo la testa. “Fa peggio degli struzzi, non nasconde solo la testa sotto la sabbia, ci si scava proprio una buca.”
“Ti rendi conto che stai mandando in fumo anni di rigidi paletti personali e modi di fare?” le fece notare l’amica. “Tu paladina della coerenza, pur di stare con Brian stai annullando una parte di te, senza considerare quella che nascondi…”
“Proprio stasera vuoi farmi una paternale?” domandò con un leggero sbuffo.
“Beh, considerando che ogni sera non è quella giusta, tanto vale beccarti quando so che non puoi inventarti qualche stramba scusa e fuggire…”
Alex si era ripromessa di lasciare più libera Lily, di farle vivere in pieno la sua filosofia di vita del: Carpe Diem e di buttarsi a pieno nelle cose, ma non le stava piacendo il cambiamento repentino dell’amica. Aveva paura che se avesse continuato così si sarebbe sottomessa a Brian. Perché Lily, per quanti pregi potesse avere – anche qualche bel difetto – non era mai stata innamorata come lo era di quel californiano.
“Secondo me esageri” statuì dopo una manciata di secondi di puro silenzio.
“No, e lo sai meglio di me, sei testarda ma non sei mai arrivata  a mentire così spudoratamente a te stessa, ne a me…” in quel momento la ragazza si sentiva a disagio, intervenire così direttamente con una persona come Lily era sempre giocare con il fuoco; aveva un temperamento instabile, e riusciva a portare rancore anche a distanza di… Anni. Alex aveva sempre pensato che quando l’amica avesse capito la differenza tra Synyster Gates e Brian Edwin Haner Jr, il suo sentimento sarebbe cambiato con quella consapevolezza; e così fu: solamente, mutò in peggio. Quando si è innamorati, quando si sente battere il cuore solo in presenza della persona amata, si diventa ciechi e stupidi; lei stessa aveva sperimentato la cosa. A distanza di quasi un anno e mezzo ancora sentiva l’amaro dell’ultimo boccone che aveva digerito: il tradimento del suo quasi-marito. Lily, in quel frangente non solo era cieca, sorda, e totalmente in balia di Brian, ma era anche fragile, perché stava cominciando a comprendere cosa volesse dire avere vicino qualcuno che si prende cura di te, che c’è quando gli altri ti voltano le spalle e fanno finta di non guardare… Ma non riusciva a fingere di non vedere che Brian non le stava dando il cento per cento.
“Sto bene” prese a dire guardando un punto vago davanti a lei “Mi fa stare bene… Ed è come se non potesse accadermi nulla quando sto con lui, anche alla rapina… Ricordi?” chiese con fare retorico ridendo. “Non sono rimasta traumatizzata, ho solo il ricordo del suo abbraccio…”
“Che ne hai fatto della mia amica?” chiese di botto sgranando gli occhi; si sporse in avanti fino a gattonare sul divano raggiungendola, allungò le braccia afferrandole le spalle e la scrollò per un paio di volte. “Esci da questo corpo! Ridammi Lily!”

“Hai un umore del cazzo” statuì Zacky uscendo in giardino, accendendosi immediatamente una sigaretta, la centesima della serata. “Stiamo solo cercando di dare il meglio” aggiunse poi osservando l’amico, che se ne stava seduto sugli scalini del patio, con la schiena appoggiata alla ringhiera e lo sguardo perso in qualche galassia perduta.
“Non avresti voluto avere Gena al tuo fianco?”
“Assolutamente no, andando via in quella maniera? Sinceramente, se ne può stare dov’è” rispose onestamente, sedendosi dal lato opposto del gradino. “Ma se tu volevi Lily perché non l’hai portata?” chiese curioso.
“C’era il divieto ricordi?” rispose stizzito.
“Questa cosa non ti ha mai fermato, ne ha fermato lei…” gli fece notare. “Sai perché ci sono delle resistenze?”
“Perché sono una massa di paraculi?” domandò lui scetticamente; non riuscendo a capire dove volesse andare a parare l’amico.
“No, perché non ti vedono convinto, e vedono ancora con occhio sospettoso Lily. Ti ricordi quante me ne avete fatte passare prima di accettare Gena? Solo perché era nostra Groupie? Tu non stai lottando, per niente, sembra quasi che se c’è o non c’è è uguale, poi ti isoli e tieni il muso come un ragazzino di dieci anni…”
“Da quando applichiamo tra di noi la legge del taglione? E scusa se te lo dico: ma si è comportata come una stronza micidiale” aggiunse schiettamente.
“Hey, Brian… Sai benissimo cosa c’era dietro, hanno bussato alla porta consegnando la prova schiacciante di uno dei miei tradimenti, ogni battito di cuore di Stella avrebbe ricordato a Gena che non è mai stata l’unica, non nell’ultimo periodo” ammise senza batter ciglio: a che sarebbe servito non dire la verità? “Poi tu più di tutti dovresti sapere cosa si prova…”
“Oh, non so, vuoi fare altro? Prendermi a calci sui denti?” chiese sarcastico, sfoggiando il peggior sorriso da Synyster Gates.
“No farti capire che stai facendo una stronzata dietro l’altra, e se continui cosi…” sospirò scuotendo la testa. “Brian ma a te interessa Lily? Perché non bisogna essere degli Analisti Comportamentali per capire che lei è cotta di te.”
La domanda da un milione di dollari, la cui risposta tardava ad arrivare. Se fosse per timore o precauzione, Brian non ne era certo.
“Io, certo che ci tengo, è meravigliosa, con lei sto bene…”
“Allora fregatene di quel che dicono, come ben sai te l’ho appoggiata subito come cosa, e anche tuo padre…” lo esortò sapendo benissimo che una reazione attiva e repentina non sarebbe mai arrivata dall’amico, che quando trattava con i propri sentimenti e le proprie sensazioni aveva la velocità di elaborazione di un bradipo. “Guarda che non è Michelle, è una ragazza sveglia, benestante economicamente, perfetta fisicamente… Appena si rende conto che non stai lottando per la vostra relazione, o comunque non sei pienamente coinvolto, prende e se ne va…”
“Vedi? Non ha bisogno di me, non quanto io ne avrei di lei…”
Zacky in quel momento non seppe cosa lo trattene dal tirargli la bottiglia di birra che stringeva tra le mani insieme alla sigaretta, e anche le sue scarpe, in faccia.
“Le hai detto cosa ti ha fatto Michelle?”
“Assolutamente No. Lo sapete solo voi, se dovessi dirlo a Lily sarebbe la fine.”
Brian non stava gradendo la piega che la discussione aveva preso, non gli piaceva sentirsi con le spalle messe al muro, nemmeno confrontarsi così apertamente su questioni prettamente personali, e di certo non il giorno del primo anniversario della scomparsa di Jimmy. Ma lo sguardo e il tono dell’amico erano chiari segnali che non gli avrebbe dato tregua; e conoscendolo, era certo che lo avrebbe perseguitato fino a che non avessero concluso quella scomoda conversazione.
“Hai mantenuto il segreto per settimane con Val, anche quando ti ha rotto la tua chitarra preferita non hai battuto ciglio, e hai aspettato che Michelle trovasse il coraggio di parlarle…” prese a dire Zacky. “Tutti pensano che la colpa sia tua, e continui a fregartene, ma cosa ti blocca con Lily? Cazzo Brian, era la svolta che aspettavi, che volevi, è stata la ventata d’aria fresca…”
“Basta cazzo!” sbottò nervosamente. “Non lo so ok? Non so un cazzo. Vorrei solo evitare di parlare proprio oggi!”
“Ti prenderei a sberle, ti stai nascondendo dietro la morte di Jimmy, dietro alle tue miserie, e paure. Sei un fottuto vigliacco” statuì alzandosi di scatto, e per un secondo Brian ebbe quasi la certezza che l’amico gli tirasse un destro che gli avrebbe distrutto il volto: ma non lo fece; si limitò a guardarlo con compassione e tornare dentro dagli altri.
Lasciandolo solo.
Finalmente.
Di nuovo.
Di Synyster Gates il re incontrastato, non era rimasto altro che un pallido riflesso, il ragazzo con un ego troppo grande per chinare il capo e fare ammenda, non era altro che una maschera ben studiata, per nascondere un uomo con un disperato bisogno di essere amato nonostante i suoi difetti.

“Non dovevi passare la serata con gli altri?” chiese Lily non appena scese dall’auto, dato che aveva sentito il cancello aprirsi.  Gli aveva dato il telecomando appunto per occasioni come quella: quando era troppo tardi per suonare il citofono esterno. Poi lo aveva aspettato fuori, avvolta in una vecchia felpa, con un sorriso raggiante.
“È l’una e mezzo, è ufficialmente il ventinove dicembre” rispose lui allungando le braccia per attirare la ragazza a se e baciarla con passione.  Come se non ci fosse stato un domani. Semplicemente perché, nonostante tutto, gli era mancata.
“Entriamo dai, non ti lascio tornare a casa, sei ubriaco fradicio” aggiunse con un sorriso dolce, sentendo l’odore di alcool e tabacco che impregnava il ragazzo. “Ti va di farci un bel bagno?”
“È un nuovo modo, decisamente allettante lo ammetto, per dirmi che puzzo?” borbottò sotto voce facendo sorridere la ragazza. La seguì fino alla camera, per poi arrestarsi di colpo e prenderla in braccio baciandola ancora una volta. Non riusciva a separarsi da quelle labbra lisce, e dal profumo della sua pelle; lei era come una droga. Una volta assaggiata non ne potevi più fare a meno.
“No ho solo voglia di fare un bagno con te” rispose lei con un sorriso dolce, perdendosi nello sguardo del proprio ragazzo, due occhi più espressivi non li aveva mai visti in vita sua Lily. Sapevano trasmetterti molto più di quello che Brian riusciva a esprimere con gesti o parole.
“Ti va di stenderci a letto? Son davvero stanco morto…” ammise.
“Quello che vuoi, mi fa piacere che sei passato, stavo morendo dalla voglia di chiamarti” rispose lei sciogliendo la presa, stiracchiandosi. Entrambi si spogliarono in silenzio, sorridendo solo quando i loro sguardi si incrociavano. Si misero a letto velocemente, e Brian come di consueto si girò attirando a se la ragazza, che sistemò il proprio volto sul petto lui per poi chiudere gli occhi e godersi quelle lievi carezze che Brian le faceva lungo la schiena per farla addormentare.
Lily viveva per quei piccoli gesti.
Per quella routine che era solo loro.

*

“Stella no!” Alex rise prima di posare i decori che stava applicando alle pareti e andò verso la bambina, che aveva imparato a gattonare così velocemente da dover essere sorvegliata a vista. “Stella…” la ragazza si chinò in avanti, per poi piegare le gambe e allungare le braccia in direzione della piccola, che si era prontamente messa nella cuccia di Majesty, il cane di Zacky. “Dai, non è quello il tuo posto, so che è comodo…” rise scuotendo la testa. Ogni giorno Alex aveva la riprova che Stella era proprio la figlia di suo padre: ribelle e anticonformista a ogni costo; la bimba la fissava con un sorrisone sdentato, e gorgogliava tutta felice, non aveva nessuna intenzione di spostarsi di lì. Aveva conquistato il suo trono.
“Dove siete?” chiese Zacky entrando in salone non vedendo nessuna delle due. “Oddio” scoppiò a ridere – facendo ridere a sua volta la piccola marmocchia – avvicinandosi ad Alex e sedendosi a terra tenendo ancora al guinzaglio Majesty, che altrimenti avrebbe cacciato Stella dalla propria cuccia.
“È tremenda, è velocissima” commentò l’inglese sedendosi a sua volta.
“Gli piace la cuccia del cane, non so perché, ma ci va sempre, ieri l’ho beccata accucciata vicino a Maj, che si stava per addormentare. Sarà ora di montare il box e metterla lì dentro.”
“Allora, la roba da bere è stata tutta sistemata, e Lily sta sistemando le provviste di cibo” annunciò fiaccamente Brian, che era stato buttato giù dal letto all’alba delle undici di mattina, per andare a fare la spesa.
“Perfetto, devo sentire Valary e chiederle quanti siamo” rispose il padrone di casa stiracchiandosi. “Avanti Stella, lasciamo la cuccia a Majesty, che noi ce ne andiamo dove è più comodo ok?” parlò alla bimba, che sembrò ascoltare ogni singola parola. Era incredibile vederli alle prese uno con l’altro. Stella quando il ragazzo le parlava, era sempre rapita, come se il suono della voce di Zacky potesse calmarla.
“Brian hai una faccia…” commentò Alex osservando il ragazzo.
“Dillo alla tua amica, che mi tiene sveglio fino a tardi per guardare qualche stronzata alla tv, e poi mi sveglia all’alba!” borbottò contrariato scuotendo la testa.
“Erano le undici del mattino” sentenziò Lily entrando in sala. “Con tutte le ore che dormi potrei benissimo avere una seconda vita, e nemmeno te ne renderesti conto” aggiunse facendo ridere tuti i presenti.
“Brian ha bisogno di dodici ore minimo di sonno, altrimenti è intrattabile” convenne Zacky mentre teneva in braccio Stella, che si era accoccolata tutta su una spalla, e con la mano libera aveva preso a tirare fuori dallo scatolone il resto dei decori.
“È un ghiro, ha il sonno talmente pesante che quando dorme mi fa una tenerezza infinta” celiò Lily divertita.
“Non è vero che son intrattabile se dormo poco” provò a dire, ma venne prontamente interrotto da un ‘Taci che è vero’ all’unisono di tutti e tre i presenti. “Ok” alzò le mani in segno di resa sbuffando pesantemente.
“Andiamo ghiro, tu sarai l’addetto alla cucina con me, gli altri sistemano il salone.”
Brian non rispose, era ben felice di aiutare Lily in cucina, era talmente maniaca del controllo che a lui bastava sbagliare una cosa per essere messo in panchina e osservare tutto senza fare nulla. Non era certo che Lily non sapesse che questa fosse la sua tecnica, ma sembrava funzionare abbastanza bene.
“Vieni un attimo su Alex?” chiese Zacky con un sorriso. “Mettiamo a letto Stella e voglio farti vedere una cosa” aggiunse girandosi, senza nemmeno aspettare la risposta della ragazza, che posò per l’ennesima volta le decorazioni e seguì i due. Una volta messa nella culla la piccola, si diressero nella stanza che Zacky aveva fatto preparare per la ragazza, sia lei che l’altra coppia sarebbero rimasti a dormire lì un paio di giorni, compresa la notte di Capodanno, dato che avevano optato di fare qualcosa il più tranquillo possibile.
“Tieni” Zacky estrasse da sotto il letto un’enorme scatola di cartone bianco, con un fiocco dorato che la chiudeva. “Questo è per ringraziarti per tutto quello che hai fatto e stai facendo” disse leggermente imbarazzato. “Lo apprezzo tantissimo Alex,  mi hai praticamente salvato, quindi… Per favore accettalo senza fare storie…” aggiunse poi con un sorriso sincero.
La ragazza annuì leggermente in imbarazzo, allungò le mani per prendere la scatola, e solo allora notò una scritta in corsivo: Chanel, che brillava di riflessi dorati proprio come il fiocco; trattenne il fiato qualche secondo, e poi aprì la scatola tirandone fuori un abito viola: lo stesso che aveva desiderato per mesi.
“Tu sei pazzo!” esclamò nell’esatto istante in cui la sua mente le ricordò il motivo per cui non aveva già nell’armadio un vestito del genere: il prezzo.
“No, fidati, è molto meno di quanto ti aspetterebbe” aggiunse con un sorriso.
Alex si girò verso lo specchio portando a sé quel vestito di raso, seta e piume. Era a dir poco meraviglioso: lasciava le spalle scoperte, era un tubino di raso viola plissettato, per poi aprirsi in una gonna a sbuffo corta sul davanti e con un lungo strascico di piume e balze dietro. Lo aveva visto il secondo giorno che arrivarono a Los Angeles, lo avevano appena messo in vetrina  e lei se ne era innamorata.
“Te lo ha suggerito Lily?”
“Sorprendentemente no, ero andato in centro a comprare il vestitino per Stella, l’ho visto in vetrina e ti ho pensata” ammise sinceramente. “Solo dopo l’ho fatto vedere a Lily, e dalla sua reazione ho capito che ti sarebbe piaciuto”.
“Piaciuto? Lo amo già” annuì con un sorriso raggiante per poi girarsi e andare ad abbracciare l’amico, dandogli un bacio sulla guancia “Grazie Zacky, non dovevi, davvero...”
“So che indossarlo qui a casa non è come indossarlo su un Red Carpet, come avremmo dovuto fare, ma non ce la sentivamo d’affrontare una festa in grande stile a Los Angeles.”
“Oh, non ti preoccupare per quello” commentò la ragazza posando delicatamente l’abito sul letto. “Fidati che mi va molto meglio starcene qua a casa tua.”
“Ci sarà da ridere domani sera, sai? Viene anche il papà di Brian, ma ha detto di non dirlo al figlio” la informò ridendo.
“Oddio, sai quanto brontolerà lui? Lily gli darà tutte le sue attenzioni!” rise realmente divertita.
“Era una vita che non facevamo un capodanno tranquillo, soprattutto anche con i genitori, ma credo ce ne sia bisogno: amici, famiglia, e divertimento senza occhi indiscreti.”

Furono le quarantotto ore più caotiche e faticose di sempre. Tutte le ragazze si erano ritrovate a casa di Zacky a cucinare, sistemare, arredare, a fare di tutto affinché ogni cosa fosse al proprio posto per le otto del 31 dicembre. Avevano collaborato senza problemi, divertendosi anche, soprattutto nel coalizzarsi contro i ragazzi, che tra un attimo di lavoro e una pausa lunga due ore, avevano preso a fare un tornei all’X-box.  Le varie famiglie avevano cominciato ad arrivare, e le quattro ragazze erano salite a prepararsi. Lily le aveva obbligate tutte quante a mettersi in tiro, estorcendo a ognuna di loro la promessa di farsi truccare e pettinare da lei, ma anche sistemare ogni dettaglio della mise.
La prima a scendere fu Valary, avvolta in un tubino che la fasciava come una seconda pelle, la fantasia era una sequenza di stampe di giornali, aveva i capelli sciolti e lisci, le gambe erano state messe in risalto da delle scarpe decisamente troppo alte per lei, ma che Lily aveva insistito affinché le mettesse. Il trucco era sulle sfumature del nero e del bianco, proprio come l’abito, ma sulle labbra spiccava un lipgloss rosso accesso. Non appena il suo sguardo incrociò quello di Matt, vi lesse molto di più di quello che si potesse aspettare; la stava guardando come era abituato un tempo, quando routine e certezze non erano parte della loro vita, quando lui la desiderava sempre, ed ogni scusa era buona per chiudersi da qualche parte e fare l’amore con passione.
La seconda a scendere fu Lacey, avvolta in un meraviglioso vestito dorato, stile Marylin Monroe: un’ampia scollatura che partiva dalla vita, legando le due estremità dietro il collo, nel mezzo tre laccetti dorati per tenere unito il tutto. La schiena scoperta, e una gonna che arrivava sopra il ginocchio, ampia e sbarazzina. Anche lei ai piedi aveva un tacco alto, dei sandali legati fino al polpaccio, il trucco meno marcato di quello dell’amica, ma era comunque bella, si sentiva quasi una principessa.
“Cazzo se è meravigliosa la mia futura moglie!” esclamò Johnny a gran voce, facendo arrossire Lacey e ridere il resto della sala, che convenne con il ragazzo.
La terza a scendere fu Alex, con l’abito che le aveva regalato Zacky, delle plateau nere con un tacco meno alto rispetto alle altre: sapeva come tenere  testa a Lily ed evitare di assecondare ogni sua follia. Era pure consapevole che con i 15 centimetri che l’amica le avrebbe voluto far mettere, sarebbe sicuramente: scivolata a ruzzoloni dalle scale, inciampata, o perfino morta. Però aveva acconsentito alla piccola follia di abbinare al vestito un cilindro nero e un bastone con il pomello di strass viola. Non si chiese nemmeno dove avesse trovato quegli accessori, si trattava di Lily in fondo. I capelli ricadevano sulle spalle mossi e ribelli, e il trucco era uno smokey eye sulle tonalità del nero e del viola.
Quando l’inglese si accorse che tutti gli sguardi erano puntati su di lei arrossì visibilmente, avrebbe preferito fare un ingresso meno vistoso, ma sapeva benissimo che Lily ci sarebbe rimasta male se non avesse seguito le sue direttive, e si era impegnata tanto, non aveva motivo di disertare. Soprattutto quando la festa si era trasferita in un ambiente molto più controllato che una festa con paparazzi e Red Carpet.
L’ultima fu Lily, e tutti gli invitati stavano con il naso all’insù rivolti verso le scale, per vedere come si fosse vestita la ragazza, la maggioranza degli invitati era a conoscenza del temperamento di Lily, ed erano curiosi di vedere cosa avesse escogitato. Ma quando apparì in cima al primo gradino e prese a scendere, tutti rimasero stupiti. L’abito di un rosso accesso in cui era avvolta era meraviglioso, un bustino aderente con una sola spallina intarsiata di brillantini argentati; una gonna che partiva aderente fino ad arrivare a metà coscia e aprirsi in una coda di sirena ampia e voluminosa. Non si vedevano le scarpe, ma erano dei plateau rialzati con un tacco che sfiorava i diciassette centimetri; ritrovandosi così alta come Brian. I capelli raccolti in uno chignon che lasciava ricadere dei piccoli ciuffi di capelli ai lati della testa. Il trucco era leggero e metteva in risalto il colore chiaro degli occhi. Sapeva che per una festa in casa era un vestito esagerato, ma lo aveva comprato qualche settimana prima, proprio per la grande festa a Los Angeles. Era anche certa che molti invitati a quella cena non avrebbero compreso il gesto, considerandola una vanitosa o qualcosa di sicuramente peggiore, né avrebbero compreso il disappunto che provò quando Brian le disse che non sarebbero più andati a Los Angeles. Non le interessavano i paparazzi, o gli ospiti famosi, ma sarebbe stata loro prima uscita ‘ufficiale’, sarebbe stato come dire: ‘Hey, guardate, ammirate che uomo meraviglioso ho al mio fianco’. E lei aveva scelto con cura l’abito, il trucco perfino la biancheria intima, ci teneva da morire, e non avrebbe voluto far sfigurare Brian in nessun modo. Lei voleva essere bella per lui.
“Sei meravigliosa Lily” le disse Brian che si era avvicinato alle scale, prendendo a braccetto la ragazza quando fece l’ultimo gradino.
“Grazie, ti avevo detto che era qualcosa di speciale no?” sorrise lei.
“Lo è, siete tutte meravigliose stasera” disse lui guardandosi intorno.

“Non dire a Lily che ho tolto i sandali ti prego!” disse Alex vedendolo comparire fuori sul patio.
“Il tuo segreto sarà al sicuro con me” annuì lui avvicinandosi a lei. “Dovresti andare a lavorare così, sei uno schianto” ammise sincero.
“Certo e rovinare questa meraviglia? No grazie. Non ci dormirò abbracciata stanotte solo perché si rovinerebbe” rispose lei divertita. Era tornata ad assecondare il suo lato femminile, soprattutto negli ultimi tempi; quando si era resa conto che il lavoro l’aveva assorbita fin troppo. Non avrebbe mai voluto ripetere gli errori del passato e lasciare che la sua vita la vivesse qualcun altro al suo posto. Così i doppi turni erano tornati ad essere singoli; le ore di ricerca erano state diminuite e si erano trasformate in lunghe passeggiate al parco con Zacky e Stella; e le nottate passate sui libri erano uscite con Lily o semplicemente qualche film carino da vedere in televisione.
“Ti va di offrirmi un ballo?” chiese lui. “Sei fuggita via poco prima che potessi chiedertelo” la musica che proveniva dalla sala si sentiva ovattata in sottofondo, e lui dopo aver controllato Stella era sceso con l’intento di ballare con Alex, ma era sparita.
“Va bene” annuì lei con un sorriso. “Mi rimetto le scarpe?” chiese poi non sapendo bene cosa fare, ma Zacky scosse la testa e l’attirò a se, le passò le braccia intorno alla vita, e chinò il capo fino a sfiorare la fronte della ragazza.
“Ero pronto a fare un’arringa di almeno mezz’ora per convincerti a ballare…” ammise con un sorriso.
“Perché mai? Siamo a una festa no?” chiese lei leggermente stupita.
“Non sei una che sembra lasciarsi andare…” disse lui dolcemente.
“Solo perché non lo faccio come Lily… Non vuol dire che non sappia come divertirmi. Ho solo bisogno di più tempo: per adattarmi e conoscere chi mi sta intorno” ammise lei arrossendo leggermente. “Lily è quella dirompente, io sono solo più cauta”.
“Si lo abbiamo notato tutti” annuì divertito lui. “È perfetta per quell’idiota di Brian, si son trovati, e poi ammetiamolo: lui una bella in quella maniera nemmeno se la poteva sognare” disse con tono ironico e divertito.
“La farà soffrire?” gli chiese a bruciapelo, fissandolo negli occhi. Ultimamente le cose tra i due avevano preso a funzionare, mossi da una strana sinergia che li aveva portati ad essere più sinceri con loro stessi, ma soprattutto a fidarsi l’uno dell’altra.
“Potrebbe” disse sincero “Non è una persona cattiva, è solo confuso, ma ci tiene a Lily.”
“Tenerci non è abbastanza” ammise Alex con tono dispiaciuto. Zacky poteva leggere la preoccupazione negli occhi della ragazza e gli fece quasi tenerezza. Entrambe erano pronte a difendere l’altra in qualunque momento. “Lily non ha mai dipeso da nessuno, ma sta cominciando a farlo con Brian, la potrebbe spezzare in un istante.”
“Perché per una sera non provi a lasciarli perdere? Lasciare perdere il lavoro, e perfino me e Stella?” propose lui facendole fare un giro su se stessa, attirandola ancora più a se una volta finito. “Prova a rilassarti e goderti la serata” aggiunse serio, ma dolce.
Alex annuì, mordendosi la lingua almeno cinque volte prima di rinunciare a parlare; chiuse gli occhi e si rilassò, sentendosi stranamente al sicuro stretta in quell’abbraccio. Stavano danzando almeno da dieci minuti, ed era certa che entrambi stessero seguendo ben altra melodia da quella che proveniva dalla casa. Stavano ballando stretti l’uno all’altra un lento, quando dentro si ballavano le classiche canzoni sceme di capodanno. Ma le andava bene così, e una piccola parte del suo cuore tornò a battere più forte che mai, quando realizzò che avrebbe voluto fermare il tempo e rimanere così: al sicuro tre le braccia dell’unica persona a cui non avrebbe mai creduto di potersi affezionare. Ebbe un brivido che le percorse tutta la schiena, quando sentì – appoggiando la testa sul petto di Zacky – il battito accelerato del ragazzo. Che fosse emozionato anche lui?
“Hai freddo?” chiese quasi in un bisbiglio, come se fosse attento a non rovinare quell’equilibrio precario.
Alex alzò il volto scostandosi dal ragazzo e scosse la testa. “Sto benissimo così grazie” disse regalandogli uno dei sorrisi più sinceri e raggianti che Zacky ricordasse di aver mai ricevuto.
Non seppe dire bene cosa lo spinse, anzi, lo sapeva benissimo ma non lo ammise subito, o la paura lo avrebbe bloccato e inghiottito in un vortice nero senza via d’uscita. Ma chiuse gli occhi e si chinò in avanti, e dopo aver poggiato le labbra su quelle della ragazza, si aspettò di ricevere uno schiaffo o di sentirla divincolarsi per andare via da lui; ma quando sentì la mano di Alex accarezzargli il collo, per poi perdersi in mezzo ai capelli decise di approfondire il bacio, sentì le gambe quasi cedergli e il cuore fu certo che mancasse almeno un paio di battiti prima di cominciare a correre all’impazzata.
Erano anni che non si sentiva così vivo, che non stava in pace con il mondo; era certo che quello sarebbe stato il primo giro di ruota dal verso giusto. Era certo che Alex sarebbe potuta essere quella perfetta per lui, quella che sapeva tenergli testa tirando fuori solo la parte migliore di se stesso.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Avenged Sevenfold / Vai alla pagina dell'autore: Miss V Blackmore