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Autore: LaliX    17/06/2012    2 recensioni
"Sette chiavi per sette portali,
Sette portali per sette valori
Sette guardiani, o più?, ma speciali:
Saranno pronti, nei loro cuori?
Avran conoscenza, avranno il sapere
Per affrontare ogni ostacolo, tutto?
Avranno il coraggio che li stia a sostenere
Quando ogni frammento sarà stato distrutto?
Saranno sensibili, sapranno capire
I sentimenti degli altri, come fossero propri?
Saranno perseveranti nell'inseguire
Ogni loro sogno, e per buoni scopi?
Avranno la fede che li porti avanti
Anche in mezzo alla disperazione?
Risolveranno problemi importanti,
Arriveranno alla redenzione?
Ma, soprattutto, sarà a guidarli
La forza buona che domina il mondo?
O forse l'odio potrà abbindolarli,
Corrompendoli fin nel profondo?"
Storia scritta a due mani, da _Milla3 e LaliX, principalmente per divertirsi xD Speriamo davvero che vi piaccia!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Se dovessi scegliere una parola per questi primi mesi di scuola, sceglierei  'faticosi', anche se probabilmente sarebbe sbagliata, visti i miei voti disastrosi in Lingua, così come in tutte le altre materie.
Non ho mai richiesto un trattamento di favore, ma a volte mi pare che i miei professori non ricordino bene che ho vissuto sulla strada, e che fino a pochi mesi fa non ero neanche capace di leggere. Già, grazie a Rama. Peccato solo che da quando è arrivata quella nuova, Valeria, sembra che Rama abbia sempre meno tempo per farmi da tutor negli studi.
Per questo sono qui, seduta sulla scrivania dello studio di Nicolas, che lui mi ha gentilmente offerto per non avere distrazioni esterne, con un libro di narrativa in mano, ed una poesia di Pablo Neruda che sono sicura mi piacerebbe anche, se solo non mi confondesse tanto.
'Andiamo Mar, non è difficile' mi dico, cercando di farmi coraggio 'In fondo, anche noi della band siamo un po' poeti.'
Finisco a fatica gli esercizi sotto la poesia, rendendomi conto solo all'ultimo minuto di averne sbagliati la metà. Sospiro: domani copierò dalla mia compagna di banco.
Apro il diario, pronta ad iniziare i compiti di matematica, quando noto sotto l'assegno di narrativa un altro brano che non avevo notato.
Scorro lentamente con il dito verso la pagina segnata, rendendomi conto con un sospiro di sollievo che non è un'altra poesia, bensì una leggenda.
Il sorriso che mi era spuntato nel momento in cui avevo superato la sezione poesie mi si affievolisce, mentre mi rendo conto che è illeggibile. Strizzo gli occhi, cercando di capire le parti che non sono in arabo (Greco? Ostrogoto? Cinese?), ma visto il mio scarso talento nella lettura, e lo scrittore che evidentemente s'è impegnato per rendere tutto incomprensibile, il mio proposito si ritrova presto vano.
Proprio a fagiolo la porta si apre, lasciando entrare Luca. Contenta e sperando d'ottenere aiuto, prendo il libro in mano e mi dirigo verso lui.
- Franchini! -
Esclamo, vedendolo sobbalzare. Mi rendo conto che avanti alla porta c'era il cartello 'Non disturbare', e che lui non ha seguito l'ordine.
-Tranquillo, non dirò a Nicolas che hai disturbato-
Dicendo questo, gli do un colpo di gomito
-Ovvio, sempre se mi aiuterai a decifrare questo brano. La Isola di Eudamon, dice. Ne hai mai sentito parlare? -
E chissà perché, vedo gli occhi di Luca ridursi a due fessure, mentre scuote un po' troppo velocemente la testa.


-Stanno iniziando a capire.-
Le parole di Luca Franchini risuonarono come colpi di pistola nel silenzio del laboratorio della CC Corporation, interrotto fino ad allora soltanto dall’incessante ticchettio provocato dal digitare frenetico sulle tastiere dei computer di ultima generazione che riempivano la stanza.
La notizia parve non turbare molto l’autocontrollo della donna bruna che rispondeva al nome di Franka Mayerhold; senza nemmeno distogliere lo sguardo dallo schermo del suo PC, domandò, con voce impostata:
-Cosa te lo fa pensare?-
Il giovane non replicò immediatamente; preferendo i fatti alle parole, estrasse da una delle tasche dei pantaloni un foglietto ripiegato con cura, che stese con altrettanta attenzione usando la propria coscia come piano di appoggio, per poi porgerlo a Franka, che lo ricevette con delicatezza, prendendolo tra pollice, indice e medio della mano destra.
-Era sul libro di narrativa di Mar-, spiegò il ragazzo, mentre osservava con apprensione ben celata gli occhi della donna correre veloci da una riga all’altra del testo.
-‘L’Isola di Eudamon’…-, mormorò Franka, sovrappensiero, ripetendone il titolo.
Anche Charlie, nel frattempo, si era avvicinato, sempre più interessato alla questione; Franka poteva anche essere la ‘seconda’ del Grande Capo, chiunque egli fosse, ma se c’era tra gli uomini della CC un esperto di leggende Pruniche (oltre che, all’occorrenza, di cinematografia), quello era lui.
Posizionatosi dunque alle spalle della donna in modo da riuscire a vedere bene il foglio, dopo la lettura, in virtù delle sue supposte conoscenze superiori in materia, sentenziò:
-Un libro di scuola che parli di Eudamon è qualcosa di più unico che raro, faccio i miei complimenti all’autore… Ma una buona metà di quanto c’è scritto è robaccia, semplici superstizioni.-
Franka roteò quasi impercettibilmente gli occhi, infastidita: già le era difficile sopportare Charlie quando questi si manteneva in silenzio, ma iniziava anche a darsi arie da professore, adesso, quel buffone!
Ferrea nella sua logica e determinata a non dare ragione all’uomo per nessun motivo al mondo, trovò il modo di contestare:
-Ciò vuol dire che rimane un 50% di verità. E, considerando che si tratta di una storia sconosciuta ai più, non è male come percentuale.-
Quest’osservazione non ricevette replica, dunque la discussione filologica non ebbe grandi sviluppi.
Dopo qualche secondo di pensoso silenzio, Franka parlò di nuovo:
-Quindi, tu credi che Mar abbia…-
-Forse no-
, rispose Luca, anticipando i pensieri della donna, così come lei stessa gli aveva insegnato anni prima.
-E’ venuta a chiedermi aiuto, non capiva il significato. Ma temo che abbia intuito qualcosa.-
Franka, forse per la seconda volta durante l’intera conversazione, sollevò lo sguardo, andando ad incrociare quello di Luca.
-Del resto, doveva succedere, prima o poi. Lo sapevamo- commentò infine, a voce così bassa che Charlie, il cui orecchio era meno allenato di quello di Luca, quasi non la udì.
-La cosa importante- aggiunse, alzando il tono in modo che il messaggio fosse ben chiaro a tutti, anche a quelli occupati con i computer
-E’ che, quando scopriranno davvero qualcosa, noi dovremo esserci. Per controllarli. Sviarli, sì, ma anche guidarli… lungo il cammino che a noi conviene.-


Sono ancora con quel libro di scuola in mano. Luca non è riuscito a decifrare quelle scritte, e sì che si è impegnato, e sono leggermente scombussolata.
Non riesco a spiegarmene il motivo. In fondo, a scuola, tra poco meno di un'ora, potrò dire semplicemente alla professoressa di non aver capito, e nessuno si stupirà.'Rinaldi non ha capito? Beh, di certo non è una novità'. Già me la vedo, a sbuffare e a rendermi ridicola avanti a tutti, come suo solito.
Ci sono abituata, vero. Infatti non è questo che mi preoccupa.
Quello che mi preoccupa è quel brano, quello che mi preoccupa è il fatto che non riesco a spiegarmi perché mi mette fino a questo punto in agitazione.
Mi sembra importante, tanto. Mi sembra che ci sia qualcosa da scoprire. 'Oh andiamo, Mar, non farti problemi.' mi dico, posando il libro nello zaino, ed uscendo di casa senza nemmeno fare colazione. Non ci riuscirei, con il buco nello stomaco che ho.
Arrivo in classe in anticipo, trattenendo la voglia che ho di cacciare ancora una volta il libro. Per fortuna letteratura è alla prima ora.
- Buongiorno ragazzi -
La professoressa entra, e tutti ci alziamo in piedi. Appena dopo l'appello, come se non avesse nulla da perdere, apre il libro di narrativa.
- Forza, parliamo della leggenda sul minotauro -
Dice, e tutti annuiscono. Spiazzata, alzo la mano per chiedere la parola. Il minotauro?
- Cosa c'è, Rinaldi? -
- Professoressa, per oggi non c'era la leggenda dell'isola di Eu..Eudamon? -
All'ultimo momento mi confondo con la pronuncia, facendo ridere tutta la classe. O forse ridono perché, a quanto sembra, ho sbagliato il brano per casa.
Eppure è impossibile, ho controllato parecchie volte, sperando di sbagliarmi, e che in realtà ci fosse un assegno più semplice.
- Non so di cosa parli, Rinaldi. E di certo non ho la più pallida idea di cosa sia questa.. Eudamon. -
- Ne è sicura? -,
le chiedo, stranamente nervosa. Per me ormai è vitale scoprire cosa si nasconde dietro quel brano, e ho sperato tanto di avere spiegazioni, in classe.
- Ne sono sicura, non mi dice nulla. Se non .. Beh, mi ricorda la parola greca, Eudaimonìa, felicità. Ma niente di più. -
Quasi con le lacrime agli occhi per la frustrazione, mi dirigo verso la cattedra, con il libro in mano.
- Guardi, qui c'è scritto 'L'Isola Di Eudamon'. Perché il mio libro è così?-
- Oh, non lo so -
sembra stupita -chiederò all'editore e ti farò sapere, magari la tua è una versione più vecchia -
Sospiro: so che non chiederà un bel niente. La giornata trascorre lenta, ed una volta tornata a casa, corro dai miei amici… Loro mi daranno ascolto.
- Ragazzi leggete qui -
Porgo il libro a Rama, che inizia ad osservarlo, strizzando gli occhi. Lo guardo mentre si concentra, e probabilmente ha la stessa espressione che avevo io, il giorno in cui lui mi insegnò a leggere.
- Alcune cose si capiscono - conclude alla fine -o almeno quelle in castellano. Però le altre lingue non le conosco.-
Tutti lo guardiamo, e gli occhi a forma di punto interrogativo che hanno Jazmìn, Tacho e Thiago devono essere gli stessi che ho io. Rama se ne accorge, ed inizia a spiegare.
- Eudamon, secondo la leggenda, è un'isola fluttuante, abitata da bambini felici. Per arrivare ad Eudamon...Qui si blocca..Cioè, c'è un'inscrizione in una lingua straniera..Ma che cosa vi insegnano, a scuola?-
Sospiro.
-Sugli altri libri non c'è scritto, c'è solo sul mio. E quando l'ho mostrato a Luca sembrava nervoso, e quel ragazzo non me la conta giusta. Ragazzi, qui c'è qualcosa che non va!-
Loro mi guardano, sembrano seri. Dio, spero di averli convinti. Poi, ad uno ad uno, partendo da Jazmìn, e colpendo pian piano Tacho, Thiago, e infine Rama, iniziano a ridere.
Trattenendo le lacrime d'umiliazione, socchiudo gli occhi.
-Sì, avete ragione-, mormoro, cercando di sembrare convinta -ho appena detto una stupidaggine.-
-Tranquilla Mar- mi sorride Jazmìn, rivolgendosi poi agli altri -vi va di mangiare fuori, oggi?–


Certo che non è giusto, però.
Lancio la millesima, disperata occhiata all’orologio che è appeso al muro, appena mezzo metro sopra la lavagna: le otto e cinquanta, ancora.
Mi sorreggo la testa con una mano, tentando di resistere al sonno… Sarà una lunga giornata.
Io non ho un’ostilità particolare nei confronti della scuola: è certamente meglio che fabbricare bambole o rubare. Ciò non toglie che non sia esattamente la cosa che mi rallegra le giornate. Se almeno fossi in classe con qualcuno degli altri! Non tutti, eh, soltanto un paio.
Thiago, Tefi e i loro amici… Beh, lo sapevo dall’inizio che non saremmo stati insieme: quelli vanno a scuola da quando avevano cinque anni! In ogni caso, fatta eccezione per Thiago, non mi dispiaceva più di tanto non doverci avere a che fare, almeno durante le prime ore della giornata.
Mi aspettavo anche di essere in una classe diversa rispetto a Rama, che è l’unico che anche quando c’era Bartolomeo s’ingegnava per studiare; passi anche per Jazmìn, che magari a scuola non c’è andata per molto tempo, ma ha comunque avuto dei genitori che, prima di morire, un po’ di cose gliele hanno insegnate, e per Tacho, che invece è stato più o meno istruito da quelli del teatro.
Esclusi praticamente tutti i miei amici, speravo che almeno qualcuno dei nuovi fosse nella mia situazione. Ma no: Caridad era abituata a studiare, Luca sembrava sapere quello che bastava (anche se nessuno sapeva spiegarsi come) e comunque è più grande di me ed è saltato fuori che persino Valeria, che in fondo è uscita da un riformatorio pure lei, un minimo di scuola l’aveva frequentata, anche se in maniera molto irregolare.
Insomma, per farla breve, la più ignorante della Casa Magica sono risultata io, con mio grande imbarazzo.
Ho provato a far notare a Nico che se io avevo il freno a mano bloccato non era mica colpa mia, ma del meccanico: agli altri l’aveva riparato, il motore, mentre io non avevo mai fatto un controllo in quindici anni e mezzo!
Lui, però, dopo averci impiegato circa mezz’ora per capire cosa intendevo (guarda tu, sono tanto istruiti ma poi le metafore così chiare non le afferrano), ha detto che era d’accordo con me, che sicuramente la responsabilità non era mia, ma purtroppo non poteva farci niente, se il direttore del Rockland era sicuro, in base ai risultati degli esami, che l’anno giusto per me fosse il primo.
Ed è per questo, che sono bloccata in quest’aula con la signora Simpatia, altrimenti detta prof di Lingua, in banco con un ragazzino la cui attività preferita è fissarmi con la bocca spalancata e circondata da persone ancora più basse di me.
Mentre la prof si lancia in un appassionato monologo sugli avverbi, mi appello di nuovo all’orologio: niente da fare, sono solo le otto e cinquantadue.
Devo fare qualcosa per svegliarmi, e riuscire a resistere almeno all’ora di Grammatica, la mia bestia nera. Un’ora soltanto, e il peggio sarà passato.
Nel disperato tentativo di distrarmi, mi ritrovo a sfogliare il libro di narrativa, che abbiamo all’ora seguente. Dopo qualche secondo, mi accorgo di averlo aperto, senza volerlo, alla pagina della leggenda di Eudamon.
Accarezzo quei caratteri misteriosi con la punta delle dita, mentre un dubbio torna a tormentarmi la mente.
Di certo la prof ha ragione, e questa storia c’è solo sul mio libro perché si tratta di una vecchia edizione.
Di certo i ragazzi hanno ragione, e Luca non ha affatto reagito in maniera insolita.
Di certo tutto ciò non vuol dire proprio nulla, e mi sto immaginando le cose.
E allora, perché non riesco a liberarmi della strana sensazione che non sia affatto così?
  
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