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Autore: Elos    18/06/2012    18 recensioni
[…] Se guardo indietro, adesso, posso vedere tutti i nostri errori. Ci sono gli errori grossi e i piccoli errori, gli errori che ho commesso io e quelli che abbiamo commesso tutti, Harry Hermione, Silente, la mia famiglia... il Ministero... tutti.
Io, Harry ed Hermione. Avevamo attraversato tante cose malgrado tutto, malgrado Voldemort e malgrado la guerra e i Mangiamorte e... e malgrado le possibilità fossero contro di noi, sempre, e non tutte le volte tornavamo indietro indenni, ma tutte le volte tornavamo indietro
vivi. Credevamo che saremmo vissuti per sempre.
Curioso pensare, adesso, che almeno uno di noi avesse ragione.
Genere: Angst, Dark, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Da VII libro alternativo
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Se guardo indietro, adesso, posso vedere il lungo elenco degli errori che abbiamo commesso stendersi dietro di me come una pergamena srotolata, e ci sono gli errori grossi e i piccoli errori e gli errori che adesso sono evidentemente errori, anche se quando sono stati compiuti non sembravano esserlo affatto.
E' un elenco che mi ripeto tutte le sere, quando le candele accese appestano l'aria con il loro fetore di cera bruciata e l'aria si fa densa e fumosa, qua sotto le radici degli alberi, soffocante.
Li sento passare sopra la mia testa, certe volte. Non mi hanno ancora trovato, certo – ma so che prima o poi lo faranno. Non so più se è di questo che ho paura o dell'altra possibilità. Dell'altra opzione. Che non mi trovino. Che mi lascino qui a trascinare la mia lunghissima vita, infinitamente, qui dov'è sempre buio, qui dov'è sempre notte nella luce fumosa delle candele, nell'odore di chiuso, fino al giorno della mia morte naturale, che mi lascino qui a traghettarmi in qualche modo senza poter far niente per cambiare le cose che accadono fuori, all'aperto, nel mondo.
Se guardo indietro, adesso, posso vedere tutti i nostri errori. Ci sono gli errori grossi e i piccoli errori, gli errori che ho commesso io e quelli che abbiamo commesso tutti, Harry Hermione, Silente, la mia famiglia... il Ministero... tutti.
Io, Harry ed Hermione. Avevamo attraversato tante cose malgrado tutto, malgrado Voldemort e malgrado la guerra e i Mangiamorte e... e malgrado le possibilità fossero contro di noi, sempre, e non tutte le volte tornavamo indietro indenni, ma tutte le volte tornavamo indietro vivi. Credevamo che saremmo vissuti per sempre.
Curioso pensare, adesso, che almeno uno di noi avesse ragione.


Il lungo elenco




Il primo errore non è stato mio. Cioè, forse lo è stato. Forse. E' ingiusto dare la colpa ad Hermione, perché è stata lei a causare l'inizio di tutto il resto; se non l'avesse fatto probabilmente Voldemort ci avrebbe trovati, prima o poi, ed uccisi, e comunque è stata lei a causare l'inizio di tutto il resto perché era lei, sempre, quella che aveva le idee migliori, le più brillanti, improbabili e geniali. Se non fosse stato per lei io ed Harry ci saremmo fatti ammazzare il secondo giorno dopo la nostra fuga dalla Tana: i Mangiamorte ci avevano colti alla sprovvista al matrimonio di Bill e Fleur, ma lei aveva già preparato una borsa, fatto le valigie, approntato la fuga.
Harry era occupato a spartirsi la testa con Voldemort, cercando sempre di evitare che il suo inquilino senza naso diventasse troppo ingombrante, ed io ero buono solo a tenere il muso e a lamentarmi... ma Hermione era Hermione. Magnifica Hermione. Sempre tre passi avanti a tutti gli altri.
Comunque.
Nessuno di noi avrebbe potuto pensare che quello sarebbe stato il nostro primo errore. All'epoca ci era sembrata una buona idea. Un'idea grandiosa. Uno stramaledettissimo colpo di genio.
A due anni dall'inizio della guerra, avevamo cominciato a perdere la speranza. Trovare il medaglione di Serpeverde mi era quasi costato il braccio; ho passato tre mesi e mezzo a lamentarmi e mugugnare per tutto, per la fame e per il freddo e per la noia, mentre la sensazione di impotenza frustrata continuava a farsi sempre più intollerabile, ed Harry faceva degli incubi terribili, la notte, e si svegliava urlando, Hermione era diventata magra e stanca e si vedeva la forma delle sue scapole tendersi sotto ai maglioni. Eravamo esausti, continuamente. E' stato un periodo terribile.
Ma poi la spada di Grifondoro ci è capitata tra le mani e... e l'abbiamo preso come un segno. E poi è arrivato Xenophilius Lovegood con le sue stramaledettissime storie, e noi abbiamo guardato il mantello di Harry e ci siamo detti oh, però, che coincidenza, e dopo, dopo, dopo abbiamo saputo che si pensava che Grindelwald avesse avuto la Bacchetta di Sambuco, e Silente aveva sconfitto Grindelwald e Piton aveva ucciso Silente e la bacchetta...
La bacchetta.
Era stato niente più che un pensiero sfuggente, al principio, ma poco alla volta era sembrato mangiarsi tutti gli altri pensieri, tutte le altre idee, facendosi sempre più grosso e più gonfio e più invadente, finché non eravamo diventati incapaci di pensare ad altro.
Era una soluzione. Avrebbe potuto essere una soluzione. Merlino, la possibilità... solo la minima possibilità che fosse una soluzione...
Una scappata ad Hogwarts e riuscimmo ad entrare nell'ufficio del Preside; sei mesi prima Piton si era esposto per aiutarci durante una retata di Ghermidori che ci aveva mancati di tanto così, e, anche se Voldemort non l'aveva beccato con le mani nella marmellata, be', ecco, adesso noi lo sapevamo. Sapevamo tutto. Ci fece entrare nel suo ufficio e parlammo con il ritratto di Silente... e Silente non sembrò per niente compiaciuto di sentire la nostra idea, ma noi pensammo che era solo un dipinto, solo uno stramaledettissimo dipinto, che il Silente in carne ed ossa avrebbe capito ed avrebbe apprezzato ed avrebbe voluto, ed Harry ed Hermione chiesero e spiegarono e pregarono e furono gentili e ragionevoli e disperati per tutto il tempo. Alla fine della giornata avevamo un luogo e un bersaglio.
Ora che ci penso, all'epoca ci sembrò strano sentire Silente opporsi così a quella che sembrava obiettivamente una buona idea: in prospettiva, invece, tutto assume un senso diverso. Viste da qui, tutte le cose sono più chiare. Cristalline.
Disseppellire la bacchetta dalla tomba di Silente fu la parte più difficile; Hermione si mise a piangere, ed Harry aveva le lacrime agli occhi. Piton alzò il coperchio della bara, impaziente, e ci guardò tutti e tre come si guardano gli scarafaggi. Al confronto di quella macabra nottata, intrappolare Draco Malfoy in un piccolo scontro in un angolo di Nocturn Alley e Disarmarlo fu un gioco da ragazzi.

Era stata Hermione a pensare alla Bacchetta e a cercare un modo per averla, ma siamo stati tutti e tre a non dare ascolto al ritratto di Silente. Forse il lungo elenco degli errori che ci hanno portati qui è cominciato quel giorno – ma forse è cominciato anche prima, perché non era giusto che tre diciottenni dovessero occuparsi di dissacrare una tomba per il bene del Mondo Magico, non era giusto che tre diciassettenni dovessero, pur di restare vivi, decidere di giocare con cose che sarebbe invece stato meglio lasciare in pace, non era giusto che a tre quindicenni, tredicenni, undicenni, fosse stato affidato il peso della salvezza di altri.
Non era giusto.
Forse il primo errore, quello più grosso di tutti, era stato un errore collettivo.

Comunque. Forse Hermione avrebbe dovuto tenere per sé la storia dei Doni della Morte, e forse, forse, forse avremmo dovuto farci tutti delle domande il giorno in cui, a due anni, cinque mesi, diciassette giorni e milleduecentotredici morti dall'inizio della guerra, Mangiamorte non compresi nel conto, Harry Potter, Il Ragazzo Che Era Sopravvissuto e ora armato della Bacchetta di Sambuco, si era presentato di fronte a Lord Voldemort, Colui-che-non-deve-essere-nominato, Tu-Sai-Chi, Signore Oscuro e spina nel sedere dell'intero Mondo Magico e l'aveva fatto esplodere come un pallone forato. Puff. Così, da un momento all'altro. Voldemort era esploso e i suoi pezzi erano piovuti tutti attorno, ed io quasi avevo vomitato, Bellatrix aveva strillato ed aveva urlato, ed Harry le aveva puntato contro la bacchetta e l'aveva avada kedavrizzata senza neanche scomporsi.
Io la odiavo e l'avrei data da mangiare agli Schiopodi di Hagrid. Aveva torturato mia sorella ed aveva causato la morte di Sirius, e anche oggi non mi vergogno di dire che l'ho guardata cadere senza provare assolutamente niente.
Il resto dei Mangiamorte si era Smaterializzato altrove piuttosto in fretta, quando i pezzi di Voldemort avevano finito di cadere tutt'attorno, e l'Ordine, l'Esercito di Silente e la gente di Diagon Alley, che era rimasta ad osservare lo svolgersi degli eventi fino a quel momento, si erano precipitati ad inseguirli.
Harry, invece, aveva camminato fino al punto in cui la testa di Voldemort era rotolata fino ad incastrarsi in una grata e, lì, ci era montato sopra.
Semplicemente.
Montato sopra.
Il cranio era già stato rotto dalla caduta, e la testa sotto al peso di quel piede era esplosa come un melone troppo maturo, spargendosi sul terreno in schegge e pezzi e viscide lumache di grumi rossi e grigi e liquefatti; e c'era stata della roba a colare in mezzo al sangue, roba che non dovrebbe mai essere esposta alla luce del sole.
Harry non aveva nemmeno cambiato espressione.

Avremmo dovuto farci delle domande, allora. Ma erano stati due anni molto lunghi e l'elenco di quei milleduecentotredici morti e qualche cosa sarebbe stato ripetuto ancora e ancora per giorni interi, e poi c'erano i dispersi, gli scomparsi, i torturati, quelli che non si sarebbero mai ripresi, e noi eravamo tutti così stanchi, così... così pieni di sollievo, che fosse finita, che fosse tutto finito e che si potesse tornare alla vita vera, che...
… che ce lo siamo perso. Era lì, il momento in cui le cose hanno preso una nuova angolazione, e noi ce lo siamo perso.

Per un po', poi, tutto è andato liscio. Veramente liscio, intendo, liscio in una maniera bellissima che ci fece sentire nuovamente noi stessi. Contammo gli ultimi morti e li piangemmo tutti, ma adesso potevamo piangerli, ne avevamo il tempo, la libertà, potevamo seppellirli e potevamo vestire il lutto, potevamo alzare memoriali e ricordare i loro nomi ad alta voce. Questo metteva anche le morti in una luce diversa. Più pulita.
La guerra era finita e tutti erano felici anche mentre raccoglievano i pezzi delle loro vite rotte e cercavano di rimetterli insieme, in qualche modo, anche se a volte non combaciavano più. Harry era raggiante e beato e andava in giro levitando a tre piedi da terra per il puro sollievo d'essere stato liberato; fece buttare giù il mausoleo di Godric's Hollow e ricostruì una casa vera al suo posto, tirò fuori tutto quel che restava nella sua camera blindata alla Gringott e riempì la nuova casa di bei mobili, di bei fiori nel giardino, di belle finestre, belle tende, belle tappezzerie... Ne fece proprio un posticino simpatico. Tenne da parte, però, i soldi necessari a fare a me e ad Hermione un magnifico regalo di nozze.
Perché Hermione mi ha sposato, alla fine. Non sono mai riuscito a capire cosa ci vedesse, lei, in me, perché lei era bellissima e forte e intelligente e dolce e comprensiva e coraggiosa. Sapeva tutto. Era discreta e sensibile e sapeva ascoltarti. Io non sono mai stato capace di fare neanche un decimo delle cose che a lei venivano naturali. Aveva i capelli del colore che hanno certe volte le foglie d'autunno, quando sono croccanti e secche e cominciano a cadere dagli alberi, più oro che marrone, oro scurissimo e rigato di rosso e di biondo, oro luminoso, splendente anche quando non c'era la luce. Aveva il collo bianco e lungo, le orecchie piccole, le labbra morbide. Aveva il sorriso più bello del mondo, e i suoi denti rimasti sempre un po' troppo grandi diventavano, in quel sorriso, bianchi e splendenti come la neve sui prati di Hogwarts. L'amavo ed era bellissima e forte e... e intelligente e... e brillante. Era brillante, Hermione. Era tutte le cose belle che ci sono a questo mondo. Quando la ricordo, oggi, è il ricordo della luce del giorno. Magnifica, magnifica Hermione.
E aveva sposato me. Me.
Non avevo mai fatto niente per meritarmela.
Ci sposammo, e ci fu una bellissima festa, e mancava Percy, che era morto per aiutare tredici Nati Babbani a fuggire dai sotterranei del Ministero in uno dei periodi più orribili della guerra, mancava mio padre, che era morto cercando di salvarlo, ma noialtri eravamo lì, ancora lì, e respiravamo e vivevamo ed eravamo interi e potevamo avere un futuro, anni su anni su anni da vivere, anni interi per ricostruire le cose. Io ed Hermione avremmo avuto dodici dozzine di figli e li avremmo chiamati tutti Percy ed Arthur, Percy Primo, Percy Secondo, Percy Terzo, Arthur Primo, Arthur Secondo, Arthur Sesto: così, sarebbe stato come riaverli lì con noi. Come riaverli vivi.
Comprammo una casa vicino a quella di Harry; le nostre porte distavano esattamente quindici passi e, se ne avevamo voglia, potevamo uscire di casa la mattina, ancora in pigiama, ed andare a fare colazione gli uni a casa degli altri. Lo facevamo spesso, in effetti. Subito dopo la guerra Ginny era andata a vivere con Harry, e una volta alla settimana ci trovavamo con tutti gli altri ad Hogsmeade per festeggiare: c'erano Neville e Luna, in genere, e qualche volta anche Lavanda, Seamus, Hannah... Calì, Michael... tutti. Tutti quelli che erano rimasti. Tutti quelli che respiravano ancora. Certe volte venivano anche i gemelli; il loro negozio era ricostruito, andava bene, facevano affari d'oro anche nel periodo duro dell'immediato dopoguerra, dove tutte le cose sembravano ancora cercare di riassestarsi in qualche modo. Io ed Hermione, invece, avevamo trovato lavoro al Ministero – in due dipartimenti diversi, sicuro, perché a me era stato chiesto di prendere il posto di mio padre in quello che allora si era trasformato nel Dipartimento per i Rapporti con il Mondo Babbano, mentre Hermione aveva appena mosso i primi passi in quella che sarebbe diventata la sua luminosa, brillante e breve carriera nell'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche.
Il mondo degli elfi domestici, dopo la sua assunzione, non sarebbe mai più stato lo stesso.

Harry aveva lavorato per un po' con gli Auror: era un bravo Auror, lui, uno con la testa sulle spalle, perché la guerra sembrava aver smussato i lati peggiori del suo carattere e averlo reso un po' più prudente, un po' meno avventato, meno testardo, meno insicuro. La Bacchetta di Sambuco lo rendeva praticamente imbattibile, ed eravamo stati tutti molto attenti a non spargere troppo la voce in giro: lo sapevo io e lo sapeva Hermione – e lo sapeva Harry, sicuro – e poi lo sapeva Piton. E l'elenco finisce qui.
Pensammo che sarebbe stato meglio tenere le cose per noi. Che avrebbe aiutato a mantenere Harry al sicuro.
Amavamo Harry. Amo Harry. E' il migliore amico. Avremmo fatto tutti qualunque cosa per contribuire a conservarlo in vita.
Ma poi Hogwarts riaprì: e dopo un anno di lavori, lavori per rialzare le mura distrutte della scuola e per rimettere al loro posto le barriere, lavori per setacciare i terreni e per essere certi che i Mangiamorte non si fossero lasciati dietro nulla di troppo orribile e di potenzialmente letale, lavori per scacciare le Acromantule dal prato dietro al campo da Quidditch e lavori per ricostruire le tubature a pezzi, la McGranitt chiese ad Harry se era interessato ad occupare la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure. Piton non ne sarebbe stato per niente contento ma, be', serviva anche un professore di Pozioni, e Harry aveva sconfitto Voldemort e, certo, sapere che lui era lì avrebbe sicuramente fatto sentire molto più sicuri tutti i genitori che a settembre avrebbero dovuto mandare i figli ad Hogwarts...
Harry aveva accettato. Era Hogwarts, dopotutto.
Tutti quanti scherzavamo sul fatto che nessuno si sarebbe mai aspettato che fosse lui, proprio lui, a finire per fare il professore: Hermione forse sì, Neville anche, perché no? Ma Harry? Harry, che diventava così il più giovane professore di Hogwarts dell'ultimo secolo? Piton si era certo mangiato il fegato quando aveva saputo che il suo record era appena stato battuto, e da chi.
Organizzammo una grande festa a sorpresa a casa di Harry e di Ginny e passammo la più bella serata che si possa immaginare, bevendo e mangiando e scherzando e senza mai nominare, neanche una volta e neanche di sfuggita, i giorni della guerra. Mia madre gli regalò una mezza dozzina di maglioni marca Weasley, tutti con la H di rigore ricamata in filo giallo nel mezzo del petto, e lui promise che li avrebbe indossati ogni giorno.
Ginny sposò Harry ad agosto – e fu l'occasione per un'altra grande festa, quella – ed Harry raggiunse Hogwarts a settembre. Io cominciai a pensare che forse, forse, forse, questo era davvero il migliore dei mondi possibili. Questa era davvero la maniera in cui le cose dovevano andare. Avevamo avuto delle perdite ed avevamo avuto paura ed Hermione ancora teneva d'occhio Harry: per via della Bacchetta, mi aveva detto, solo per essere certa. Dopotutto sembrava che la Bacchetta, malgrado la storia sanguinosa di morti che si trascinava dietro, non avesse mai influenzato la vita, il carattere, di Albus Silente, ma...
… solo per essere certi.
Nonostante ciò, forse questo era il migliore dei mondi possibili. Il migliore dei futuri possibili. Dopotutto, qui ed ora eravamo felici. Qui ed ora eravamo vivi.

Sette mesi più tardi andai a trovare Harry ad Hogwarts. I segni erano tutti lì, anche allora, se ci ripenso adesso: ma all'epoca ero stupido – più stupido di quanto non lo sia ora – ed ero arrogante e così pieno di fiducia, così sicuro che tutte le cose fossero come dovevano andare, come volevo che andassero...
Che grosso errore.
I segni erano tutti lì. Una persona più matura di me, un Neville, per esempio, una... una Luna, anche, forse, sicuramente una Hermione, avrebbero capito che c'era qualcosa che non andava; anche se, in effetti, la McGranitt sembrava pensare che non ci fosse niente di sbagliato e, insomma, la McGranitt era matura, no? Era vecchia. Avrebbe dovuto sapere. Avrebbe dovuto capire.
Alla fin fine, si riduceva tutto alle abitudini. Molte cose possono diventare abitudini: piccoli gusti, piccoli vizi. Piccole ricorrenze. L'amicizia può diventare un'abitudine. L'amore può diventare un'abitudine, sicuro, anche se per me non è mai stato così, no, tutto l'amore che ho provato per Hermione, magnifica Hermione, è sempre rimasto pungente e acceso e come una cosa viva dentro di me. Sempre.
Ma, dicevo: le abitudini. L'odio diventa un'abitudine facilmente: avrei dovuto pensarci, io, a questo, ma in quel pomeriggio ad Hogwarts mi è sfuggito.
Severus Piton aveva odiato Harry con una ferocia spietata e venefica per quasi un decennio. L'aveva odiato per tutto e in tutto, l'aveva odiato per i suoi capelli, per la sua faccia, per i suoi occhiali, l'aveva odiato perché assomigliava troppo ad un uomo morto, l'aveva odiato per i suoi occhi, perché non assomigliava abbastanza ad una donna morta, l'aveva odiato perché aveva amato sua madre ed odiato perché aveva odiato suo padre, l'aveva odiato perché l'aveva guardato come si guarda una cosa dalla quale ci si aspetta solo il peggio, con schifo e disprezzo, pieno di pregiudizi, di stizza, d'amarezza. Gli aveva anche salvato le chiappe in più di un'occasione, sicuro, ma il suo odio era quel genere d'odio che non basta una guerra combattuta fianco a fianco, non bastano neanche sette mesi trascorsi a lavorare insieme per cancellare. Era un odio abitudinario, il suo, una sana, vecchia abitudine della quale era difficile liberarsi.
Ma quella sera ad Hogwarts Severus Piton, ex-Mangiamorte e spia, Severus Piton che aveva preso in giro Voldemort per anni, scavandogli poco alla volta la terra sotto ai piedi nella speranza di farlo precipitare, Severus Piton, ecco, era seduto al tavolo dei professori al fianco di Harry, e si rivolgeva a lui con una certa aria... come dire? … deferente. Con molta, molta prudenza.
Io l'avevo già visto comportarsi così con qualcuno. L'avevamo tutti visto comportarsi così con qualcuno.
Be'.
Avremmo dovuto farci delle domande.

Il nostro quarto grosso errore, dopo la Bacchetta e dopo la testa scoppiata di Voldemort e dopo quell'abitudine che era stata infranta senza una buona ragione – e nessuno se n'era accorto – era stato non capire cosa ci fosse di sbagliato il giorno in cui Piton aveva cominciato ad andarsene in giro con un'espressione di vago, perpetuo panico negli occhi sfuggenti.

Piton era stato il primo sasso; una volta fatto rotolare quello dalla cima della montagna, c'era voluto poco a trasformare il resto in una valanga. In giugno c'era stato il problema di tutte quelle persone scomparse: non ci avevo fatto molto caso, all'inizio, perché tutti quelli che erano spariti erano persone delle quali non mi sarebbe importato niente in ogni caso; ma poi il conto di quelli che si erano dissolti nel nulla – il conto di quelli che venivano trovati morti – si era fatto proprio un simpatico elenchetto a due cifre, e continuava ad aumentare, e allora anche io, malgrado le mie fette di prosciutto sugli occhi, avevo cominciato a guardarmi intorno.
La Skeeter. Era stata la prima, lei, e la Gazzetta del Profeta aveva pubblicato articoli su articoli sulla sua sparizione, promettendo ricompense a chiunque avesse fornito notizie utili a rintracciarla, spargendo foto e descrizioni per tutta la Gran Bretagna. Il Dipartimento Auror aveva ricevuto migliaia di segnalazioni, ma nessuna di esse era servita a niente. Dopotutto, era risaputo che la Skeeter aveva scritto diversi editoriali, durante la guerra, che non avevano affatto giovato a Mezzosangue e Nati Babbani: e nessuno era mai stato in grado di dimostrare che quegli editoriali fossero suoi, proprio suoi, ma... ma era notizia pubblica. C'erano un sacco di persone che non si sarebbero fatte scappare l'occasione di fargliela pagare un po'. Un sacco di possibili colpevoli per quella scomparsa.
A sparire subito dopo erano stati i Malfoy, Draco e Narcissa: mentre a Malfoy il Vecchio era stato somministrato il Bacio il giorno stesso della sua cattura, loro due erano riusciti a sfuggire ai processi, destreggiandosi a suon di menzogne e corruzione, dimostrando la loro estraneità al grosso dei crimini di Voldemort e finanziando al Ministero la ricostruzione delle barriere e delle sale crollate durante la guerra in cambio che si chiudesse un occhio, soltanto un occhio, sul loro caso.
Be'. Tutto quell'aggraziato destreggiarsi non era servito loro a molto, alla fin fine, perché tre settimane dopo la loro scomparsa, in una calda, afosa mattina di luglio, li avevano trovati impiccati nell'atrio del Ministero, appesi alla fontana da poco ricostruita.
Era ironico pensare che fosse stata pagata con i loro soldi.

Trasferirono sia me che Hermione al dipartimento Auror, per un po', per dare una mano a smaltire tutto il sovraccarico di lavoro che seguì a quella scoperta: il Mondo Magico era diviso tra l'orrore di quel che era accaduto – l'orrore e la paura, perché anche il dominio di Voldemort era iniziato così, con le sparizioni, con gli omicidi – e la soddisfazione: piccola, vaga, malefica soddisfazione, perché erano Mangiamorte, quelli. Nessuno avrebbe pianto la loro morte.
Qualche giorno gli elfi domestici arrivati all'alba per pulire l'edificio trovarono uno scarabeo alto otto piedi spiaccicato nell'atrio del Profeta: non ci fu mai modo di dimostrare, nei giorni seguenti, che si fosse trattato di qualcosa di più di quel che sembrava, un insetto, solo un insetto, gonfiato con un Incantesimo di Ingozzamento, magari, con un Engorgio, per fare uno scherzo d'orribile gusto, ma...
Ma.
Era proprio una strana coincidenza, quella. Uno scarabeo. La Skeeter. Proprio una bizzarra, bizzarra, curiosa coincidenza.
Comunque, una settimana più tardi al Profeta arrivò una foto, scattata da qualche parte in Mozambico da un anonimo fotografo, nella quale Rita Skeeter se ne stava abbracciata ad un gran bell'uomo non eccessivamente vestito, con un grazioso cocktail con l'ombrellino in una mano, un paio di occhiali da sole nell'altra e la pelle uniformemente abbronzata che spiccava anche nell'immagine in bianco e nero: gli Auror fecero i loro incantesimi e dissero che la foto era autentica e che non era stata ritoccata, e io smisi di occuparmi del problema. Io ed Harry ci facemmo sopra una bella risata davanti ad una birra, brindammo alla memoria dello scarabeo gigante e tutto finì lì.
Era stata una coincidenza, mi dissi. Soltanto una coincidenza.
Tredici giorni più tardi la Umbridge annegò nella sua vasca da bagno. Sembrava che ci avesse messo molto tempo a morire, che si fosse trattato di una cosa lunga e laboriosa, perché aveva un'espressione orribile sul viso. E poi la casa di famiglia dei Parkinson prese fuoco – con i Parkinson ancora al suo interno – ed un incidente con la bacchetta tolse di mezzo Goyle, e Tiger, be', Tiger si era suicidato. L'isola di Azkaban venne sommersa dalla più colossale onda di marea che si fosse mai visto nel Mare del Nord, e la cosa tolse di mezzo l'ottanta per cento dei Mangiamorte sopravvissuti alla guerra.
Avrei dovuto farmi delle domande anche allora. Era tutto lì. In bella vista, evidente. Avrei dovuto farmi delle domande anche allora, ma non me le feci. Non volli farmene, e fu proprio un grosso errore, questo.

Fu in quel periodo che Ginny lasciò Harry. Lui era a casa per le vacanze, e una notte litigarono. Urlarono così forte che li sentimmo anche noi, io ed Hermione, dal soggiorno di casa nostra: e così, quando uscimmo sulle scale dell'ingresso, facemmo in tempo a vedere Ginny allontanarsi lungo la strada, con due grosse valigie in mano ed una scopa sotto braccio, e poi Smaterializzarsi. Fissai a bocca aperta il punto in cui era scomparsa, e quando girai la testa verso casa di Harry vidi lui appoggiarsi alla porta di casa e accartocciarsi in sé stesso, come rimpicciolendosi.
Non sono mai stato un granché a consolare gli altri, ma lì c'era Harry, Harry, e aveva bisogno di una parola di conforto, di una pacca sulla spalla, di qualcuno che l'aiutasse a superare la cosa.
Era il mio migliore amico. E' il mio migliore amico, Harry.
Lo consolai. Lo consolammo tutti e due, io ed Hermione. Harry sembrava spezzato e infranto, desolato, e noi pensammo a tutti i progetti che aveva fatto per quella casa a Godric's Hollow, a tutti i sogni su stanze su stanze piene di bambini per sostituire quelli che erano morti, per darsi una possibilità, solo una possibilità, di avere qualcuno sul quale distribuire manciate di goffissimo amore. Io pensai a quanto era stato raggiante e felice alla fine del sesto anno, e poi di nuovo alla fine della guerra, nei giorni in cui si era tenuto per mano con Ginny.
Non gli facemmo domande. Merlino, tormentarlo così, chiedergli e insistere... per cosa? Per una volta, anche Hermione non chiese niente.

Ecco. Forse, se avessimo scritto una lettera a Ginny, allora, ed avessimo insistito per sapere, allora, e ci fossimo fatti venire dei dubbi, allora, forse saremmo stati ancora in tempo per salvare il salvabile. Forse.

Comunque. Ginny si trasferì in Francia. Spediva delle lettere a mia madre, di tanto in tanto, per dire che era viva e che aveva trovato un lavoro e che, no, non dormiva per strada, certo che no. Gabrielle Delacour ci fece sapere tramite mia cognata che Ginny sembrava star bene; non aveva mai parlato di quel che era successo con Harry, ma sembrava essere a posto.
In quell'estate le nostre riunioni serali divennero ancora più frequenti, trasformandosi in un'abitudine, poi in una routine, fino al punto in cui Harry cominciò a dormire di tanto in tanto sul divano di casa nostra. Alla fine lo convinsi a vendere casa sua (che era piena di rammarico e di rimpianti, ad ogni modo, ed Hermione disse che probabilmente non gli faceva bene restare lì) e a trasferirsi da noi. Organizzammo un barbecue all'aperto per festeggiare la cosa, e i genitori di Hermione vennero a darci una mano per evitare che dessimo fuoco alla casa nel tentativo: io non sono mai stato un campione con tutto l'armamentario che i Babbani usano per cucinare ed Hermione, malgrado fosse un assoluto genio in molte le cose, guardava ai fornelli con la prudenza che generalmente si riserva agli Ippogrifi irritati.
A quel barbecue invitammo tutti, ma venne poca gente. C'era chi lavorava anche d'estate, certo, e Lavanda era in luna di miele, Michael in vacanza in Normandia... E non ci feci caso, all'epoca, ma da quando Harry era diventato una presenza fissa in casa nostra, anche Neville aveva cominciato a farsi vedere molto meno spesso.
Alla fine dell'estate la McGranitt andò in pensione. Era vecchia ed era stanca e voleva solo godersi la quiete della sua graziosa casa in Scozia, con il suo giardino pieno d'erica e d'edera dove le sue sorelle sarebbero andate a trovarla tutti i giorni e le avrebbero portato una mezza dozzina di nipoti in visita: perché alla McGranitt, malgrado i cinque decenni e più d'insegnamento, i bambini non avevano mai smesso di piacere.
Il suo pensionamento non arrivò come una sorpresa. La nomina a Preside di Harry, invece, sì. Stavolta, quando andammo ad Hogwarts ad assistere al Banchetto d'Inizio Anno ed all'insediamento di Harry in carica, mentre applaudivo e mentre pensavo che forse qualcosa si poteva ancora salvare, per Harry, malgrado Ginny, anche io non potei non fare caso all'espressione stranissima di Piton. Al suo atteggiamento. Al fatto che non guardasse nessuno in faccia, mai, ma Harry meno di tutti.
Ecco, erano sempre lì. Tutti lì, i segni, gli eventi, e andavano peggiorando ed aggravandosi di anno in anno, sempre più evidenti, sempre più brillanti, come un grosso, fottutissimo cartello nero con una cubitale scritta giallo fosforescente sopra che diceva PERICOLO. ATTENZIONE. SI STA RAGGIUNGENDO IL PUNTO DI NON RITORNO.
Forse Hermione vide i segni. Forse Hermione lesse la scritta. Non lo so, e non lo saprò mai, adesso – perché Hermione non è più qui per parlare con me.

Anche Vitious andava in pensione, e la prima decisione del Preside Potter fu quella di assumere Hermione per sostituirlo. Ne fummo tutti felici, sicuro, ma Hermione non quanto avrebbe dovuto esserlo: con gli occhi di adesso posso vedere che la sua gioia, già allora, aveva cominciato a tingersi di dubbio. Le fette di prosciutto le erano finalmente cadute dagli occhi, ed Hermione, magnifica Hermione, Hermione è sempre stata gloriosamente inadatta a fingere di non vedere.
Io ed Hermione vendemmo la nostra vecchia casa e, con il permesso entusiastico di Harry, ce ne costruimmo una nuova nel punto in cui era sorta la casupola di Hagrid: perché Hagrid era morto in guerra, e Gazza, be', anche Gazza era scomparso durante l'estate, insieme alla Skeeter, ai Malfoy... a tutti gli altri. Forse si era addentrato un po' troppo nella Foresta. Forse era scivolato nel lago. Forse non era stato abbastanza attento. Hermione insisté perché adottassimo Mrs. Purr, rimasta orfana, ed io divenni il nuovo custode di Hogwarts: forse non era un ruolo adatto a ricoprirmi di gloria e onore, ma Harry mi disse che presto anche Madama Bumb sarebbe andata in pensione, ed allora ci sarebbe stato bisogno di qualcun altro che insegnasse agli studenti a montare su una scopa.
La nostra casa era vicino all'orto delle zucche: si vedeva la Foresta Proibita dalle finestre del soggiorno, che di notte era buia e tetra come un incubo, ma di giorno si trasfigurava in una sfolgorante visione di verde ombroso, intricato, contorto. Sotto la pioggia le cime degli alberi si facevano come d'argento, il cielo grigio e velato, la nebbia sottilissima sul terreno. Costruii un pergolato d'edera per Hermione. Rimisi a nuovo il campo da Quidditch. Sistemai gli spogliatoi delle squadre ed il capanno delle scope e divenni l'idolo degli studenti. Potevo arbitrare. Sedevo al tavolo degli insegnanti – al tavolo degli insegnanti! - ad Hogwarts, ed il cielo nella Sala Grande sembrava ancora più vicino, da lì. Tutto era magico e splendido e incredibile.

Fu un bellissimo periodo, malgrado tutto. Bellissimo. Lo ricordo oggi e mi lacera il cuore, e mi sento un imbecille per non aver visto niente, per non aver capito, per essermi beato della mia gioia cieca e fiduciosa mentre Hermione continuava a pensare, e a pensare, e a pensare.

L'estate precedente non avevo fatto caso alle assenze di Neville. Neville era sempre stato un po'... riservato. Aveva un temperamento malinconico che era solamente peggiorato dopo la morte di sua nonna; la guerra l'aveva lasciato claudicante dal lato sinistro e privo di tre dita alla mano destra, e, poiché lavorava all'Orto Botanico di Londra – l'orto botanico magico, quello vero, non quella schifezza piena di rose e piante di piselli che hanno i Babbani – e lui si era preso un appartamento da quelle parti, Godric's Hollow era diventata un po' lontana per lui. Non sempre veniva alle nostre serate.
Ma da quando io ed Hermione ci eravamo trasferiti ad Hogwarts Neville era letteralmente scomparso. Luna veniva a trovarci. Lavanda veniva a trovarci. Diavolo, Seamus veniva a trovarci, e Seamus viveva a Dublino, per le mutande di Merlino, vivere a Londra... vivere a Londra era solo una scusa, soltanto una scusa! Avrei dovuto capirlo.
Avrei dovuto vedere che Neville non veniva mai alle nostre serate, non se c'era anche Harry.
Avrei dovuto capire.
Tutti i miei sbagli, grossi, grossissimi sbagli, si riducono a questo, a non vedere, a non capire: perché poi Neville era scomparso e dopo... e dopo anche Hermione era scomparsa.
Li sentii litigare, una sera, nell'orto delle zucche. Hermione ed Harry. Li sentii litigare ferocemente. Fu qualche tempo dopo la scomparsa di Neville: li ascoltai discutere ed urlare, e solo tre giorni prima Hermione si era svegliata prima dell'alba e mi aveva baciato ed avevamo fatto l'amore, magnifica, magnifica Hermione, ogni volta era come la prima, ma poi lei mi aveva poggiato la testa sulla spalla e si era messa a piangere. Non mi aveva detto niente, ma... ma se Hermione piangeva era perché il cielo stava per crollare, io questo lo sapevo, lo sapevo ed ugualmente non avevo capito, e non avevo capito, non avevo capito, stupido, stupido, ottuso Ron. Con la testa come le zucche dell'orto.
Li sentii litigare ed Hermione entrò in casa sbattendo la porta. Mi raccontò qualche sciocchezza – oggi non riesco a ricordare cosa mi disse. Sciocchezze, appunto. Mi mentì. Disse che Harry voleva espellere qualcuno, forse...? Forse qualcosa del genere. Oggi non lo ricordo. Ricordo solo che mi sorrise, e che mi abbracciò. Disse che tutto si poteva risolvere.
Magnifica Hermione.
Quando anche lei scomparve, scoprii che il cielo non stava per crollare, no, era già crollato. Maledettamente crollato, con tutte le stelle e i pianeti e il sole e i meteoriti, tutto, tutto ci era venuto addosso. Come un castello di carte, una carta dopo l'altra, ma queste carte pesavano come macigni. Con il cielo crollato, non restava niente da reggere in piedi.

E fu così che scoprii che Harry usava delle lenti a contatto. Colorate. Le aveva in bagno, sopra ad una mensola, ed erano lenti a contatto verdi, e non era questa una cosa così innocente? Così innocua? Così stramaledettamente sbagliata, era quella, era quella la risposta, la fottuta, dannatissima risposta!
Delle lenti, me ne parlò il ritratto di Silente. Andai a trovarlo un giorno che Harry non c'era, il primo giorno in cui riuscii a trascinarmi fuori dal letto dopo la scomparsa di Hermione. Era passata una settimana ed io mi sentivo le gambe di piombo, la testa di piombo, ero in preda al panico ed al terrore perché non volevo che nessuno la trovasse... impiccata... al Ministero o... o... o che trovassero una pelle di lontra sui gradini di Hogwarts o, Merlino, Dio, Dio, che qualcosa bruciasse con lei dentro, nessun incidente con nessuna fottutissima bacchetta, non Hermione, non la mia Hermione. Harry sembrava disperato e sciamava tutti i giorni al Ministero per insistere e pregare con gli Auror perché facessero di tutto, di tutto per trovarla, ed io gli avevo creduto, avevo creduto che soffrisse, come me, che avesse paura per lei. Ero andato da Silente in cerca di conforto, ma quel che Silente fece, invece, fu dirmi la verità.
Lenti a contatto verdi. Era per questo che Harry ed Hermione avevano litigato: avevano urlato forte, litigando ancor prima di scendere nell'orto delle zucche, ed anche Silente, nell'ufficio del Preside, li aveva sentiti. Lenti a contatto verdi.
Era per questo che Hermione era scomparsa.

Qualcosa nella mia testa fece clic, allora. Vidi la luce. Ebbi un'illuminazione, una folgorazione. Le fette di prosciutto, le stramaledette bistecche, mi caddero dagli occhi, e così io vidi, vidi, vidi il mio amico, il mio migliore amico, che Piton temeva, che portava lenti a contatto – verdie gli occhiali, che aveva la Bacchetta della Morte, che sorrideva ancora, ma non sorrideva più come prima, che Ginny si rifiutava di incontrare, che Neville aveva sfuggito per mesi prima di scomparire, di morire, che Hermione aveva affrontato... ed io ero stato cieco fino all'ultimo, cieco come un cane cieco, cieco e tonto e leale, perché questo era stato il mio ruolo, sempre, fottutamente leale, era nella mia natura come le lentiggini e i capelli rossi e l'arroganza. Cieco fino al giorno in cui mi era stato impossibile continuare tenere gli occhi chiusi.
E così me ne sono andato, prima che Harry facesse scomparire anche me.
Forse è stato quello il mio ultimo errore. Se fossi rimasto, forse avrei potuto fermarlo, quello che non era più il mio migliore amico – perché Harry era il mio migliore amico, e sempre lo sarebbe stato, ma Harry non c'era più.

Il resto, come tutti sanno, è storia.
E' così che è cominciata la guerra: quella vera, non quella sciocchezza di prima, dove riuscivamo a contare i morti e quasi sempre trovavamo i cadaveri – o i pezzi – e potevamo sperare che sarebbe finita bene. Non avevamo la benedizione di una Profezia, in questa guerra, e nessun eroe sarebbe rimasto vivo per combatterla fino alla fine.
La guerra è andata avanti per anni e poi per decenni e adesso la stiamo perdendo miseramente. Non abbiamo mai avuto una vera possibilità di vincerla, perché Harry è come una macchia scura di sangue sul terreno dell'Europa e recluta seguaci, e tutti i suoi servi sono Marchiati con una saetta nera sulla fronte – perché non possano nasconderla, capisci, perché Piton o chi per lui non possa cambiare campo ancora una volta, perché siano costretti ad essere leali sempre e ovunque e comunque... ed è invincibile, Harry. Harry dagli occhi rossi, Padrone della Morte.
C'erano stati sette Horcrux, non sei, e nessuno l'aveva saputo. Nessuno ci aveva pensato. Sette Horcrux, e l'ultimo era dentro il mio migliore amico. Forse Silente l'aveva immaginato. Forse era per questo che il suo ritratto aveva cercato di fermarci. Forse... forse l'aveva sospettato. Ma non aveva parlato, non ci aveva detto quel che temeva, non ci aveva avvisati, ed io per questo lo maledico. Lo maledico. Maledetto sia Albus Silente con tutti i suoi segreti.

Se guardo indietro, adesso, posso vedere il lungo elenco degli errori che abbiamo commesso, che tutti abbiamo commesso, stendersi dietro di me come una pergamena srotolata, e ci sono gli errori grossi e i piccoli errori e gli errori che adesso sono evidentemente errori, anche se quando sono stati compiuti non sembravano esserlo affatto.
E' un elenco che mi ripeto tutte le sere, quando le candele accese appestano l'aria con il loro fetore di cera bruciata e l'aria si fa densa e fumosa, qua sotto le radici degli alberi, soffocante. Lo sto mettendo per iscritto, adesso, in questo fetido buco in cui mi sono rifugiato, da qualche parte nel suolo della Foresta di Dean, perché ripetermi quanto sono stato stupido e cieco e arrogante è tutto quel che mi resta da fare.
Sono venuto qui perché ricordo i mesi in cui ci ci siamo stati prima, io, Hermione ed Harry, dopo Grimmauld Place, i mesi in cui Hermione era stata viva ed Harry era stato ancora Harry. Solo Harry. I mesi prima della Bacchetta, prima della morte di Voldemort. Sono stati mesi lunghi e terribili, ma certe volte felici malgrado la guerra e il panico e il terrore; certe volte, quando Hermione inclinava la testa da una parte ed io riuscivo a vedere le sue labbra piegarsi mentre leggeva, certe volte, quando Harry tirava fuori la scacchiera dalla borsetta di perline di Hermione e potevamo fingere di essere ancora ad Hogwarts. Certe volte.
Scriverò questa lettera e scriverò tutto ciò che so. Scriverò tutto quel che è accaduto: spero sempre, perché non posso farne a meno, che un giorno qualcuno... chiunque... la trovi e la legga e sia colto dalla folgorazione, dall'illuminazione che io non riesco ad avere, e capisca come vincere questa guerra. Scrivo perché è tutto quel che posso fare, perché, anche se non riesco a fare a meno di sperare, so che è inutile. E' tutto inutile. Hanno preso Fred e George, la settimana passata, durante un raid ad Hogsmeade. Mi hanno detto che Charlie è già stato Marchiato, e di Luna e della resistenza di Newcastle non ho più notizie da settimane.
Io me ne sto qui seduto. Aspetto che vengano a prendere anche me. Prego che non mi lascino qui, da solo, a traghettarmi fino al giorno della mia morte naturale, a pensare, a pensare come non ho mai pensato prima, a ricordare...
La guerra è finita: Harry Potter ha vinto.






Note della storia: Non che io creda veramente che Silente avrebbe mai tenuto la bocca chiusa; sospetto che, se avesse pensato che c'era la possibilità che quell'Horcrux se ne restasse in giro felice felice e che Harry considerasse l'ipotesi di evitare il suicidio, be', avrebbe provveduto personalmente. Mi piace tanto, Silente, ma mi inquieta anche molto. Gorsh.

Questa storia è nata per lo Scacchi Contest! indetto da Lalani, con il prompt errori. Indovinate? Avevo scelto il pedone nero! x°D Che sorpresa, eh? Purtroppo non siamo riusciti a raggiungere il numero minimo di partecipanti richiesto perché un concorso sia valido. Indi per cui, niente giudizi.
E' stata un po' un parto. Trovo ostici e poco amichevoli alcuni pezzi, rileggendoli. Ron è un punto di vista faticoso.

Si ringrazia di cuore dierrevi, che si è prestato a leggerla e a correggerla malgrado la depressione intrinseca della trama.
E guardate che cos'ho fatto! Scusate, per questo ci vuole la faccina adatta: *______*
... va bene, la smetto. x°D Ho smesso! Non serve fare quelle facce!

Un grazie con olivetta e ombrellino a chi è arrivato fin qui con la lettura e doppio con ghiaccio, mescolato, non agitato, a chi si fermerà a lasciarmi un parere.
  
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