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Autore: nals    18/06/2012    4 recensioni
Non sai quanto sia trascorso – non ti va di contarlo, il tempo – ma adesso ti è più facile respirare.
Il letto in fondo, quello sotto la finestra, riesci a guardarlo. Le lenzuola sono perfettamente stese, non nascondono alcun bozzolo di carne sanguinolenta. Saranno gelide, adesso, fredde quanto le tue dita. Ma è un vuoto confortante quello, come un cielo senza luna.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Dita.
 

A Tina che mi ha convinta a scrivere, regalandomi un po’ della fuggiasca ispirazione.
A te, che sai sempre come ricavarci qualcosa.
A questa storia che proprio non voleva saperne, di scriversi

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
L’alba giunge silenziosa e gelida, infilandosi con discrezione sotto le tende scure. Zampetta sulle lenzuola sparse sul pavimento, si arpiona al materasso sformato e gioca, scomparendo tra le dita di James.
Dorme ancora, Prongs. Respira piano piano, i pugni stretti sul cuscino, le labbra ridotte ad una linea sottile, sottilissima. È come se stesse trattenendo il fiato, per evitare che si consumi o che vada perso assieme al sorriso di Remus.
Serri la mascella.
C’è un solco d’ombra tra le sue sopracciglia, è piombo nero, come gli occhi di Moony; ti brucia la gola.
Ci pensa, James, a quattro sere fa. Anche quando dorme. E ci penserà ancora e ancora e ancora. Sempre.
Non è finito niente. È tutto da vedere, è tutto da rifare. Non è finito un cazzo, Sirius.
Il sole è ancora troppo basso per scaldare te. Lasci il dormitorio avvolto di torpore e buio, lasci James e il suo perdono.
Il suo perdono, quello che vorresti fosse il perdono ditutti.
 
***
 
 
 
 
 
 
 
Non sai quanto sia trascorso –  non ti va di contarlo, il tempo – ma adesso ti è più facile respirare.
Il letto in fondo, quello sotto la finestra, riesci a guardarlo. Le lenzuola sono perfettamente stese, non nascondono alcun bozzolo di carne sanguinolenta. Saranno gelide, adesso, fredde quanto le tue dita. Ma è un vuoto confortante quello, come un cielo senza luna.
Non hai avuto il coraggio di chiedere cosa gli fosse successo, cosa gli avessi fatto. Non l’hai ucciso, questo è sicuro. Altrimenti ti avrebbero accoppato già da un pezzo e poi James ieri ti ha sorriso. “È tutto a posto, Moony,” ti ha detto, “torno domani,” ha aggiunto e se n’è andato, dopo aver stretto la tua mano così forte che avresti voluto urlare se solo ti fosse rimasto spazio per la voce, nella gola. La tua trachea è stracolma, in realtà.
È riempita di terrore per circa un terzo e trabocca dischifo. Sei così stanco, Remus. Stanco, stanco, stanco.
Serri gli occhi e la stanza – pareti di pietra e soffitto grigio melma – sfuma e scompare, assieme ai suoi contorni. Vorresti solamente dormire, dormire e basta. La tua mostruosità riflessa in quelle iridi scure s'incolla alle pareti del cervello non appena le palpebre spennellano di nero il mondo e tu annaspi in cerca d'aria, stringendo  la presa sulle lenzuola. È tutto ciò che ricordi, è tutto ciò che vorresti dimenticare.
La porta cigola d'un tratto, ma gli occhi non li apri. Ti limiti a sperare che il visitatore ti creda addormentato. È più facile così, fingere che sia tutto a posto, che tu ti sia ripreso. È più semplice per evitare che ti facciano domande.
Le gambe della sedia accanto al letto stridono sul pavimento e l’ennesimo spostamento d’aria t’informa della sua vicinanza. Il cuore prende a battere impazzito.
Non lui. Non lui. Non lui. Non LUI.
Nessuna una parola, non una. Un sospiro quasi sofferto e il nulla.
Sirius non parla. Perché è Sirius, ne sei certo; ha aspettato fin troppo – e poi le preghiere con te non hanno mai funzionato. Dopo giorni trascorsi in preda all’apatia e al completo disinteresse, al sicuro nella tua bolla fatta di lenzuola calde e silenzi forzati, è come se la vita abbia deciso di stiracchiartisi addosso, seppellendoti. È bastata la sua presenza ad originare il crollo. Il mondo gommoso fatto di solo sole e cioccolato fuso ha ceduto, si è accasciato stremato e non  ha saputo più tirarsi in piedi. La luna ha smesso di essere l’innocuo palloncino sgonfio inchiodato al soffitto.
Colpa sua. Solo colpa sua. Come tre notti fa, come Piton e i suoi occhi terrorizzati e il suo sangue, e gli artigli…gli artigli a graffiarti il petto, a chiederti di buttare nel cesso qualsiasi traccia di umanità annidata nell’ectoplasma, a chiedere te fino in fondo, e le sue – tue – fauci piantate nel cervello a ricordarti il calore della luna.
E poi la necessità di farla finita, di smettere di fingere, smettere di essere qualcos’altro, tendere i muscoli ed allungare la zampa – entrambe – e  prendere, prendere e basta. Prendere ciò che ti spetta, ciò che è sempre stato tuo, e mordere, mordere, mordere!
 “Rem io…cazzo”
Serri violentemente gli occhi, il respiro muore negli alveoli.
Scoppieresti a ridere se non dovessi fingere. Forse scoppieresti e basta. Piantala, piantala e vattene. Non voglio ascoltare, non voglio vedere, non voglio te qui!
“Rem.”
Un sorriso ti piega le labbra, nonostante ci sia ben poco da ridere, o forse no. Lui se ne accorge: smette di respirare. Smetti pure tu.
“Cos…?”
Non parlare.
“Volevo…” . Sbuffo. “Volevo che Piton la pagasse. Volevo…non ho pensato…”
Che la pagasse? Non hai pensato?
“Non…merda” e Sirius ingoia. Ingoia le parole – foglie di tarassaco ficcate tra i denti– e le scuse, tutto quello che vorrebbe dirti, tutto ciò che non riesce e tirar fuori. E tu non hai il tempo di sorridergli e rassicurarlo, di promettergli che sfogarsi sia la cosa migliore, che le parole sono fatte per esser cacciate fuori. Non hai tempo nemmeno per la tenerezza che ti ha stritolato le viscere, per un dannatissimo secondo, non lo VUOI avere quel tempo!
“Ho fatto una cazzata, mi dispiace. Remus…mi… .”
“Ma andate al diavolo! Mi avete rotto. Sono venuto qua solo a dirti un fottuto addio. Non mi vedrai più, sparirò. Non vedrai il mio brutto muso per molto tempo, io eviterò il tuo! Starò lontano, capito?”
Il cuore urla frustrato, il respiro ti si nega ancora.
Starò lontano.
Starò lontano.
Starò lontano.
Le coperte scivolano a terra, all’improvviso, veloci quanto le dita strette sulla bacchetta. Sirius non ha il tempo di fare nulla, di pronunciare nulla, l’urlo nella tua testa è tanto imperioso che il briciolo di tormento muore sotto coltri di rabbia ed impulsività. Un tonfo, il barlume dell’incantesimo andato a segno e Sirius giace a terra, privo di sensi.
Le dita tremano assieme alle gambe, e al respiro, e al cuore. Strappi aria all’aria – brucia. Lanci un’ultima occhiata alla sagoma stesa in terra e ti rimetti a letto. Le palpebre traballano e calano sull’iride senza sforzo.
Il nero e poi  Piton, il terrore ad annacquargli lo sguardo, tutto quel sangue. E gli artigli tesi, e poi Sirius, i suoi occhi e James. Il nero, la luna, e ancora san…Prongs, Padfoot, il muso di Coda. E la luna, sempre lei, a sbirciare tra le foglie, e poi Sirius e ancora Prongs, ciuffi d’erba tra ciuffi scuri, i denti a mordicchiarti le orecchie e poi il calore o Sirius. Sirius, Sirius, Sirius.
“Non ti voglio lontano.” È un sussurro nato e morto silenzioso, tu dormi già, o forse è l’impressione. Le dita di Sirius stringono le tue, sono calde e chiedono scusa, scusa, scusa. Le tue non dicono niente, stringono e basta. Sussurrano forse.
Non andartene, sibilano. Non andartene, idiota.
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
Note di fondo:
Questa shot è da considerare una sorta di proseguo di “Colpe”, ma, naturalmente, non è necessario che il lettore la conosca, ecco. A tal riguardo, nel caso in cui non si sia capito un accidente,  – cosa probabile – Remus è in infermeria dopo l’incidente che vede come sventurato co-protagonista il caro buon vecchio Piton.
Sirius sta cercando di rimediare. Ù.ù
 
Tengo a ringraziare ancora Tina. Se tale creaturina d’inchiostro esiste è solito merito suo ù.ù
E altri mille alla mia Honeybee, che è riuscita lì dove io avrei fallito: rendere questa storia gradevole abbastanza  ù.ù ( Cosa farei senza di te?!)
E grazie a voi, ragazze/i. <3
Sapere che siate giunti fin qua giù, come sempre, mi riempie di gioia.
GRAZIE.
 
nalì
   
 
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