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Autore: SunriseNina    19/06/2012    2 recensioni
« Lloyd Asplund x Cécile Croomy »
Doveva raggiungere la perfezione, voleva creare il combattente imbattibile; lo snervava enormemente il fatto che, tra lui e il raggiungimento della perfezione, si stagliava un problema insormontabile: le persone.
Non che le detestasse, anzi, nella maggior parte dei casi le trovava interessanti o quantomeno divertenti, con quella patetica mania di lasciarsi dominare dai sentimenti e da stupidi precetti morali… il problema arrivava quando gli esseri umani, con i loro difetti e il loro istinto animale, minavano la grandiosità delle sue armi per il loro panico, per pietà o per inettitudine.
«Ah, uomini…» sospirò con aria di superiorità, stravaccandosi sulla sedia e appoggiando i piedi sul tavolo. ~
«Che mangia?»
La pelle pallida –quasi candida- del viso della ragazza assunse un lieve rossore; Llyod sentì una strana sensazione nello stomaco, confessando a sé stesso che era davvero graziosa.
«È takoyaki fatto da me. Vuole assaggiare?»
Sorridendo, con il battito cardiaco piacevolmente accelerato, Lloyd si portò alla bocca una delle minute polpette di polipo e trattenne i conati di vomito: era la cosa più tremendamente disgustosa che avesse mai ingerito. Non potevano essere commestibili.
«Le piacciono?»
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lloyd accartocciò l’ennesimo progetto e lo lanciò con indolenza nel cestino. Scrutò la distesa di fogli sulla sua scrivania alla ricerca di documenti salvabili in quel mare di cartacce: afferrò l’angolo di quello che pareva un progetto approvato e gli scrollò di dosso le inutili ed usate carte che lo sotterravano; gli diede uno sguardo, poi ne fece un areoplanino e lo fece planare verso la parete: il velivolo fece un loop e si schiantò contro il muro, per poi ricadere in terra inerme.
Doveva raggiungere la perfezione, voleva creare il combattente imbattibile; lo snervava enormemente il fatto che, tra lui e il raggiungimento della perfezione, si stagliava un problema insormontabile: le persone.
Non che le detestasse, anzi, nella maggior parte dei casi le trovava interessanti o quantomeno divertenti, con quella patetica mania di lasciarsi dominare dai sentimenti e da stupidi precetti morali… il problema arrivava quando gli esseri umani, con i loro difetti e il loro istinto animale, minavano la grandiosità delle sue armi per il loro panico, per pietà o per inettitudine.
«Ah, uomini…» sospirò con aria di superiorità, stravaccandosi sulla sedia e appoggiando i piedi sul tavolo.
Il laboratorio era una stanza larga e spaziosa ma tremendamente disordinata, nonostante i tentativi di Cecile di frenare il caos che Lloyd lasciava dietro di sé come una scia.
«È permesso?»
Lui sbuffò, sedendosi composto: «Avanti.»
La donna entrò nella stanza, reggendo un vassoio tra le mani e con il suo solito sorriso pacato dipinto in viso.
«Cecile, potresti anche evitare di bussare… Tanto sono sempre io!»
«Spero che si ricordi di quel che è successo quella volta che…»
«Faceva caldo, non rivanghiamo la questione! Se gli uomini vivessero senza vestiti il 63% dei divari sociali verrebbero abbattuti!»
«Certo, certo» disse lei, accondiscendente «Le ho preparato qualcosa da mangiare!» con espressione radiosa poggiò il vassoio sopra il mucchio di fogli. Lloyd osservò i piatti con celata diffidenza:la cucina di Cecile era tipicamente composta per lo più da pietanze di dubbia commestibilità.
«Questo è…»
«Ochazuke. Ci ho aggiunto un po’ di miele, spero le che piaccia!»
«E quello immagino sia…»
«Donburi di pollo! Ho provato ad aggiungere delle pere cotte, spero siano buone… E per finire, i suoi preferiti: Takoyaki!»
Già, si maledisse Lloyd.
I suoi preferiti.
 
 
Il giovane professore osservava di sbieco la sua nuova assistente, mentre questa spiluccava timidamente il suo pranzo. I capelli blu oltremare erano raccolti in una coda di cavallo, e alcuni ciuffi le ricadevano davanti agli occhi color del cielo terso.
«Che mangia?»
La pelle pallida –quasi candida- del viso della ragazza assunse un lieve rossore; Llyod sentì una strana sensazione nello stomaco, confessando a sé stesso che era davvero graziosa.
«È takoyaki fatto da me. Vuole assaggiare?»
Sorridendo, con il battito cardiaco piacevolmente accelerato, Lloyd si portò alla bocca una delle minute polpette di polipo e trattenne i conati di vomito: era la cosa più tremendamente disgustosa che avesse mai ingerito. Non potevano essere commestibili.
«Le piacciono?»
Il professore osservò quel viso angelico, incapace di deludere il suo sguardo colmo di dolcezza: «Deliziosi, mai mangiato nulla di meglio!» mentì.
 

«Dio, quant’è disordinato!» si disperò lei «Mi sento sua madre, professore: passo le giornate a correre dietro al suo disordine e ai suoi capricci!»
Lloyd rise, perfettamente consapevole di quanto fosse vero: la pazienza di Cecile andava ben oltre quella di una madre, ma non lo avrebbe mai ammesso alla ragazza.
«Mamma, come farò a finire tuuuuutto questo lavoro da soooolo!» finse lui di struggersi, contorcendosi con le mani tra i capelli.
«Lloyd, sia serio!»
«Come faròòò… Me misero e tapino!»
Cecile gli diede uno schiaffetto sulla guancia: «Oh, la pianti! Io ora devo andare, sono le sette in punto. A domani, Lloyd.»
«Non mi lasci qui al mio triste destino!»
Lei mandò gli occhi al cielo, ma senza nervosismo o irritazione: sembravano sensazioni sconosciute al suo viso perennemente sereno. Prese alcuni fogli dalla scrivania: «A questi ci penso io stasera…»
«Grazie, Cecile!» esultò Lloyd, piroettando sulla sua sedia girevole «Mamma, il bacino della buonanotte!» si premette l’indice contro la guancia con aria scherzosa.
Cecile indossò la sua tracolla, guardando indecisa e tentennante il lato sinistro del viso di Lloyd proteso verso di lei. Si avvicinò, lui chiuse gli occhi ma inaspettatamente il tiepido tocco della bocca di Cecile non gli arrivò sulla guancia, bensì sulle labbra.
Dopo un primo momento di sgomento e perplessità passarono alcuni lunghi attimi in cui quel bacio inaspettato iniziò a prendere forma, colmandosi gradualmente di passione; le gote di Cecile divennero rosse come boccioli di rosa, e Lloyd, mentre con ardore le invadeva la bocca, le giocherellò con i capelli. Lei, come presa da un improvviso senso di imbarazzo, si staccò da lui e si gettò verso la porta: «Buonanotte, Lloyd!»
L’uomo, con sguardo gongolante e con le palpebre semichiuse, si passò lentamente la lingua sulle labbra umide: «’Notte, mammina.»
Lei abbassò lo sguardo, imbarazzata, e uscì frettolosamente dallo studio, lasciando l’uomo solo con i suoi pensieri confusi e le sue scartoffie da compilare.
Lloyd osservò a lungo l’areoplanino che era rimasto in terra, e poi i piatti disgustosi che senza batter ciglio aveva accettato pur di non farle dispiacere.
In fondo aveva ben poco da biasimare al resto del genere umano in quanto alla loro debolezza davanti all’universo dei sentimenti.
   
 
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