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Autore: Love_Ade    19/06/2012    3 recensioni
È incredibile, così tante missioni, così tanti spari, ferite, cicatrici, così tanti nemici, eppure, non saranno loro a portarlo alla morte, no, sarà una maledettissima malattia presa durante il primo giorno di vacanza dopo anni. È ridicolo e totalmente ingiusto.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao, spero che questa mia One-shot su Chuck vi piaccia, buona lettura e fatemi sapere se vi è piaciuta! :)





Alex vs. la malattia
 
È incredibile, così tante missioni, così tanti spari, ferite, cicatrici, così tanti nemici, eppure non saranno loro a portarlo alla morte, no, sarà una maledettissima malattia presa durante il primo giorno di vacanza dopo anni. È ridicolo e totalmente ingiusto.
 
Papà adesso sta dormendo, è sudato e si agita nel bianco letto d’ospedale. Io, come tutte le notti gli sto accanto, lo calmo e gli asciugo il sudore, perché lui non è un papà normale, lui è il migliore, il più forte, ma sopratutto il MIO papà.
Ha fatto così tante cose per me anche se mi conosce da così poco tempo e adesso è giunto il momento di ricambiare.
Continuerò a stargli accanto tutti i secondi di tutte le ore di tutti i giorni, per aiutare l’uomo che non ha mai avuto bisogno di niente, di nessuno.
Mi addormento come al solito di fianco al suo letto, in un piccolo e scomodo divanetto di pelle rossa che c’è sotto alla finestra della stanza d’ospedale.
Mi risveglio verso le 9.00, papà dorme ancora. Mi volto e vedo che c’è Morgan con una tazza di caffè tesa verso di me.
Quant’è dolce Morgan, non esco da questo ospedale da settimane, forse mesi, non parlo quasi mai e non sto un po’ da sola con lui da secoli, ma lui mi sta sempre vicino, mi aiuta e mi sostiene, ed è per questo che lo amo. Adesso però devo occuparmi di mio padre e l’amore che provo per lui, per quanto diverso che sia ora è più importante e Morgan lo sa.
Io afferro il caffè e lo bacio con dolcezza, lui mi sorride e se ne va, deve andare al Buy More.
 
Morgan se ne è andato da un po’ e io sono ancora qui seduta, come sempre.
Papà apre lentamente e faticosamente gli occhi e a me scende una lacrima, non perché è ancora vivo, anche se questo ovviamente mi riempie di gioia, ma per il fatto di vederlo messo così, sudato, sofferente in una stanza d’ospedale non più autosufficiente. Lui non è più il forte e imbattibile Jonh Casey, incredibile spia e Marines e questo mi riempie di tristezza e di paura, perché se non è questo, chi è?
“Alex” dice lentamente e faticosamente; interrompendo i mie pensieri, papà cerca quasi inutilmente di sorridermi “perché non vai un po’ a casa, sono secoli che sei qui con me, io me la cavo anche da solo” continua cercando di mostrarsi forte “lo so papà, ma voglio starti vicino”.
Non ce la fa da solo e questo lo sa lui come lo so io, ma non voglio distruggere anche l’ultimo po’ di orgoglio che gli resta.
Lui mi sorride “ti voglio bene” gli dico mentre le lacrime mi scivolano ancora sulle guance “anche io Alex” dice mentre piano piano si riaddormenta.
 
Passano un po’ di ore da quando si è addormentato ed io sono ancora in questa stanza che cammino avanti e indietro. C’è un silenzio assordante, interrotto solo dal rumore delle mie scarpe a contatto con il parquet della stanza e da qualche lamento di papà. Mi mancano i suoi ringhi.
Vado avanti a camminare per un po’, quando la porta della camera si apre, sono Chuck e Sarah.
Vengono tutti i giorni, la mattina prima del lavoro e la sera appena hanno finito.
Era da circa 3 giorni che però non venivano, avevano una pericolosa missione a Londra o a Parigi, non ricordo.
Loro conoscono papà da molto più tempo di me e forse anche per questo tutte le volte che lo vedono li sdraiato e sofferente hanno un’espressione agghiacciata, terrorizzata. Come dargli torto? Se anche John Casey può ammalarsi, noi comuni mortali siamo spacciati.
I Bartowski stanno per un paio d’ore insieme a me, poi decidono di andarsene, io li abbraccio e mi rimetto su quel divanetto rosso a fissare papà.
 
È quasi notte e Morgan sta dormendo nella sala d’attesa, in questa stanza c’è solo il divanetto scomodo monoposto e il letto di mio padre, dato che è così dolce da voler stare sempre accanto a me, è costretto a dormire su scomode poltroncine miseramente imbottite.
Torno dal bagno dove mi ero lavata i denti e vedo che papà è sveglio.
È come se tutte le sere il suo cervello dicesse di svegliarsi.
 
È da quando è in ospedale che tutte le sere, verso le undici, gli faccio promettere una cosa, una cosa che non è controllata da lui, una cosa stupida, una cosa che però mi tranquillizza.
“Papà, mi prometti che domani sarai ancora qui” gli dico sorridendo
“te lo prometto” dice un po’ faticosamente
“prometti che domani ti risveglierai e combatterai per sconfiggere questa malattia”
“te lo prometto”
“prometti che tornerai a sconfiggere criminali ”
“te lo prometto”
faccio un respiro profondo “ora puoi dormire” gli dico con sicurezza, lui fa un ghigno divertito e in meno di un minuto si riaddormenta.
 
La mattina dopo mi risveglio con la voce di Devon, è il medico che si occupa di curare papà, è davvero fenomenale anche come medico, insieme a lui c’è anche Ellie.
“Sta guarendo?” chiedo a Devon con voce ancora addormentata “sta rispondendo bene alle cure ma…” dice titubando “ma?” dico alzando la voce “ma è una malattia di cui si sa davvero poco e sarà dura per lui guarire” continua abbassando lo sguardo “si, ma lui è Jonh Casey, lo stesso Jonh Casey che ha preso un centinaio di proiettili, lo stesso Jonh Casey che è caduto da un grattacielo altissimo ed è sopravvissuto” dico con sicurezza “lo so” dice Fenomeno prima di uscire dalla stanza insieme alla moglie.
Dopo questa visita sono abbastanza turbata, il timbro di voce di Devon era ambigua, ‘lo so’ e quindi si riprenderà o ‘lo so’ ma non ce la farà?
Ho dormito malissimo, non che abbia mai dormito bene, ma quella domanda mi ha continuato a balenare in mente per tutta la notte e ora sono più turbata che mai.
Non avevo mai considerato sul serio il fatto che potrebbe andarsene PER SEMPRE, io lo conosco da così poco tempo, non possono portarmelo via!
 
La mattina è passata da qualche ora, quando bussano alla porta.
A bussare è una donna bassa dal volto serio, oserei dire militare. Mi sembra di averla già vista, ma non so dove.
Mio padre nel frattempo si sveglia e quando nota la signora resta prima disorientato e poi cerca con tutte le sue forze di sederi per… fare il saluto militare?
Ma chi è questa donna?
“Generale Backman” dice mio padre con la voce più fiera che ha
“riposo Colonnello, sono venuta sola per vedere come stavi, di solito non faccio queste cose, ma tu sei una delle migliori spie e sei anche un ottimo Marines e insieme ai Bartowski hai fatto cose straordinarie, questo è il minimo che potevo fare” risponde con tono quasi materno “ma certo! Lei è il capo di mio padre!” urlo senza controllo per poi vergognarmi come una bambina, il Generale mi stringe la mano e dopo pochi minuti torna a Washington, dove a quanto pare vive e lavora.
Mio padre è rimasto abbastanza stupito da questa visita. Appena il Generale esce della stanza, lui si afflosci sul letto ansimando.
 
La mattina è passata da un po’, ma papà non si è ancora svegliato. Non mi preoccupo, ieri era molto stanco.
Vado al bar dell’ospedale e pranzo, torno e papà sta ancora dormendo. Inizio a spaventarmi.
“Papà” ripeto con tono abbastanza normale, che con il passare dei minuti di silenzio di mio padre diventa sempre più preoccupato fino a risultare disperato “papà!”
Mi avvicino a lui, lo scuoto con forza, poi chiamo Devon che arriva quasi subito.
“Papà! Non puoi farmi questo, me l’hai promesso!” grido disperata mentre Devon cerca di rianimarlo, io ormai sono accasciata sul pavimento aggrappata al letto, mentre con lacrime che hanno già formato una piccola pozzanghera urlo “me lo avevi promesso!” attorno a mio padre ci sono mille infermieri e dottori che cercano di risvegliarlo.
Passano minuti che sembrano ore, tutti si sono arresi, tutti tranne Devon, lui continua a farli massaggi cardiaci, metri io continuo a urlare arrabbiata e disperata “me lo avevi promesso!” urlo ormai rassegnata “lo so”.
È una voce fievole, fievolissima che si sente appena, all’inizio penso di essermelo immaginato, poi realizzo “papà!” grido nel vederlo con gli occhi aperti “te lo avevo promesso” mi sussurra con affanno “ti prego non farlo mai più! Tu non puoi morire, non così, non per una stupidissima malattia, tu papà sei un eroe e morirai come tale” lui sorride “ti voglio bene” io rido sonoramente mentre Devon si accascia un secondo sul divanetto per la forte scarica di adrenalina che va scemando.
 
Papà passa ancora una settimana in ospedale, nella quale ovviamente gli sono rimasta sempre accanto.
È guarito perfettamente e dopo due settimane torna al lavoro, ma infondo, cosa ci si poteva aspettare da John Casey?





Fine! piaciuta? spero di si, alla prossima ff xD

  
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