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Autore: andromeda2089    05/01/2007    12 recensioni
Cosa avrà pensato, provato, ricordato Carter trovandosi davanti, di nuovo, quell’uomo che due anni fa aveva rovinato la sua vita e spento quella di Lucy?
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Carter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Attimo di panico Questa fanfiction l’ho scritta di getto forse cinque anni fa, subito dopo aver visto l’episodio in cui appare la scena in questione. Carter è il mio personaggio preferito, e a vederlo in quella situazione non ho saputo resistere a buttare giù una descrizione personale della scena. Dato che l’ho scritta così tanto tempo fa forse è un po’ contorta e non bella stilisticamente, ma ho deciso di pubblicarla perché la sezione dedicata a ER mi sembra ancora un po’ vuotina.

Recensite per favore!!! Questo è un appello a tutti i fan di Carterino e di ER in generale!!!


Fu allora che lo vide, o meglio, ne sentì la voce alle sue spalle. Abby aveva fallito, non era riuscita a proteggerlo e ora, mentre vedeva i suoi occhi sbarrarsi e le sue membra irrigidirsi, non sapeva cosa fare per confortarlo. Tentò di prendergli la mano, per sottrarlo a ciò che stava per vedere, ma ormai era troppo tardi, si stava girando lentamente, quasi non volesse credere a ciò che la sua mente gli diceva.
Il paziente stava nel mezzo del corridoio, seduto sulla lettiga, con la moglie e un agente al fianco. L’immagine lo colpì come una secchiata di acqua gelida, scatenandogli brividi in tutto il corpo e mozzandogli il respiro. Nel volto dell’uomo riconobbe quello stesso volto che, negli ultimi due anni, aveva imperversato nei suoi incubi più neri.
Aveva lottato con forza contro quel ricordo, che ora gli riaffiorava alla mente e si spingeva di prepotenza tra i suoi sentieri, invadendoli. Rivisse, in un lampo, ogni momento straziante di quella sera, due anni prima, quando quell’uomo gli aveva rovinato la vita. Si ritrovò di nuovo nel buio della sala emergenze, circondato dal cicaleccio dell’ospedale, ma senza la forza di pronunciare una sillaba. Rivide gli occhi di Lucy che imploravano aiuto, che lo pregavano di salvarla, risentì il sapore del sangue sulle labbra, lo stesso sangue che si spandeva sul pavimento mischiandosi a quello della tirocinante.
Abby, che gli stava al fianco, vide il suo volto cambiare in un attimo. L’espressione da ragazzino, lo sguardo giocondo, il sorriso onnipresente sparirono d’un colpo, e il suo viso invecchiò di dieci anni. Gli occhi divennero vacui e si riempirono di muto terrore, gli si serrò la mascella e il suo corpo si immobilizzò.
Anche il paziente, allora, lo vide. Seguì un momento di silenzio, quasi impossibile in un ospedale grande come quello, che sembrò durare un’eternità, poi il paziente e sua moglie cominciarono a balbettare scuse “ Ero malato, ma ora mi sto curando, sono libero, e ho ripreso la mia vita normale, mi dispiace immensamente per quello che le ho fatto…”
Carter non stava ascoltando, o non diede segno di aver udito le loro parole. Stava semplicemente lì, fermo, fissando l’uomo sulla lettiga, immobilizzato dal terrore cieco che gli impediva di pensare.
Finalmente il paziente e la moglie si zittirono, e Carter si scosse dalla sua innaturale immobilità. Tentò di dire qualcosa, ma un suon strozzato gli morì in gola. Ci riprovò, e sputò fuori queste quattro parole, che gli esaurirono le poche energie rimanenti dopo quel terribile incontro “Sono felice per te”. Di colpo, esausto, scappò via, dirigendosi quasi di corsa verso i bagni.
Abby, incredula, era rimasta ad osservare tutta la scena, e anche ora faticava a credere ai propri occhi. Lanciò un’ultima occhiata al paziente, che ora confabulava sottovoce con la consorte, e si diresse con passo incerto verso la porta dietro la quale aveva visto sparire Carter.
Bussò piano, inizialmente, ma si rese conto che non sarebbe servito a nulla, quindi aprì delicatamente la porta scura. Carter era crollato, stava accasciato a terra e le sue spalle erano scosse dai singhiozzi. Abby non sapeva cosa fare, poteva solo stargli vicino. Gli si inginocchiò accanto e gli prese la mano. Carter, d’impulso, la strinse.
  
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