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Autore: Momoko The Butterfly    20/06/2012    3 recensioni
All’inizio, non avrebbe pensato che una semplice donna umana potesse scatenare in lui tanti affanni e cambiamenti, che gli facesse provare delle vere emozioni; le stesse che lui repelleva con tanto disgusto perché ritenute deboli e inutili.
Però, dopo averla conosciuta, qualcosa di lei lo aveva scosso. Era il suo sorriso, i suoi modi cordiali, la sua sincerità o i suoi occhi smeraldini illuminati dalla passione? Forse tutto, forse niente. Ma probabilmente Clara gli aveva solo ricordato i piaceri dell’essere umano, che lui aveva da tempo – forse volutamente – dimenticato.

La mia prima fanfiction, enjoy ♥
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allen Walker, Nuovo personaggio, Tyki Mikk, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4
Ad un funerale molto importante, sembra mancare qualcuno altrettanto importante.

 
Pioveva.
Piccole goccioline di pioggia cadevano taglienti sulle foglie degli alberi di un giardino colorato eppure, allo stesso tempo, grigio e senza vita.
E, sotto al piano incessante del cielo, sfilò, accompagnata da un silenzioso abbraccio d’addio, una bara nera e imperlata di pioggia; era ricoperta di bellissimi fiori bianchi.
Sul suo coperchio, una foto di un uomo giovane, dagli occhi verdi e brillanti di una vita che ora non possedevano più. Sotto, un nome, inciso su di una scintillante targa d’oro: Carl Evans.
Attorno alla bara,  a seguire quel suo inarrestabile percorso, vi erano figure in nero, dai volti solcati da amare lacrime addolorate. Tra queste, quello di una donna robusta, di una considerevole età, era coperto da un velo nero ma abbastanza sottile perché vi si potesse vedere oltre.
Teneva lo sguardo basso e stringeva tra le dita guantate di nero un fazzoletto bianco, umidiccio. Ma non per la pioggia.
Accanto a lei, svettavano le figure del Conte del Millennio, di Cheryl, di Tyki e Road. Ognuno aveva in mano un ombrello, che li riparava dalle intemperie, e a quanto pare sembravano essere gli unici. Come se non volessero minimamente sentire il pianto del cielo sulla pelle. Come se fossero completamente estranei a tutto ciò.
 
La bara, trasportata da ragazzi giovani ma dai visi arrossati, terminò il suo viaggio una volta arrivata alla buca dentro la quale sarebbe poi stata deposta.
La donna col velo vi passò davanti, sfiorando con la propria mano la sua superficie lucida e bagnata. Guardò la foto, e subito avvertì le lacrime tornare imponenti per sgorgarle dagli occhi.
Avrebbe voluto essere al funerale di qualcun altro; avrebbe voluto che quello nella bara non fosse realmente suo marito. Invece, era proprio così…
Tyki la osservò allontanarsi mentre era sul punto di piangere, lo sguardo totalmente impassibile. Poi attese. Attese che anche un’altra persona arrivasse a rendere l’ultimo saluto all’uomo, ma… Non venne nessun altro.
Si guardò attorno, ma incontrò solo il viso di Road che, seppur triste, in realtà stava solo cercando con tutte le sue forze di non sorridere e fregarsene.
Mancava qualcuno, e quel qualcuno era Clara Evans, che quell’oggi non era presente a dire addio al padre defunto.
La cerimonia proseguiva. Clara non c’era.
E Tyki, per la prima volta, si sentì stranito. Qualcosa gli diceva che doveva andare a cercarla, nonostante lui, superficialmente, non la considerasse che una semplice donna. Tuttavia, mentre si chiedeva il perché di tutti quei presentimenti, non si era minimamente accorto di stare camminando, di stare abbandonando il funerale sotto gli sguardi stupidi del fratello e della nipote; di stare camminando sotto la pioggia bagnandosi fino all’osso, di stare raggiungendo un boschetto e di fermarsi di fronte ad una figura completamente vestita di nero.
I lunghi capelli castano chiaro le circondavano la schiena e le spalle, mentre la sua testa era nascosta dalle braccia, tenute incrociate sul vestito.
La donna sollevò piano la testa, come se all’improvviso le fosse diventata pesantissima. E in quel mare di pioggia, riconobbe la figura del Noah. Rimase ferma a guardarlo, con gli occhi liquidi e vitrei; le guance solcate da due righe bagnate, la fronte e la punta del naso arrossati.
E poi, in men che non si dica, Tyki se la ritrovò addosso. Lo stava abbracciando, e intanto aveva cominciato a piangere, sfogandosi tra le sue braccia. Inizialmente stupito da quella repentina reazione, si stupì ancora di più quando si vide circondarle le spalle a sua volta, stringendola di più a sé.
Ma… cosa significava? Si trattava della sua recita, o della realtà? In quel momento non gli importava poi molto.
Rimasero così, sotto la pioggia, abbracciati l’uno all’altra, senza saperne il perché, guidati dalle sensazioni che, come in un vortice tempestoso, avevano iniziato a vorticare nei loro cuori confusi.
 

I giorni, le settimane e i mesi passarono, forse anche troppo velocemente.
Tyki e Clara smisero di incontrarsi. Tutto tornò – all’apparenza – come prima.
 
Il Conte divenne particolarmente euforico, a causa di una missione imminente nel Nord America.
I Noah non ne sapevano poi molto, perché il primo apostolo teneva sempre per sé i suoi piani, e non li divulgava se non all’ultimo minuto, quando ormai il momento era giunto.
Nuove guerre presero a susseguirsi come foglie cadenti da un albero in tutto il mondo, inarrestabili. Cheryl aveva ripreso il suo normale lavoro di ministro, non più interrotto dai doveri che doveva rispettare come Noah.
E Tyki era rientrato in uno stato di inattività apparentemente senza fine.
Almeno, prima poteva per lo meno rilassarsi in compagnia della giovane Clara, passando i pomeriggi da lei e fuggendo così dalla noia che sembrava essere tornata a lambirlo in quelle settimane, peggio di una maledizione.
Non c’era nulla di divertente da fare. Niente esorcisti, niente missioni, niente stupidi compiti o chiacchierate con il Conte. In quel momento, gli sarebbe andato bene fare qualsiasi cosa, persino fare da baby-sitter a Road.
Era estate, faceva caldo e lui era sempre rimasto chiuso in casa. Per di più, da un paio di giorni le cicatrici gli davano molto fastidio, tanto da non lasciarlo dormire per niente la notte. Non ne aveva parlato con Road o Cheryl, sebbene gli avessero raccomandato di farlo, perché non voleva farli preoccupare più di quanto già fossero. E tutte le volte si sentiva come trascinato da una forza che nemmeno lui conosceva, e da sensazioni che gli mettevano addosso molta angoscia.
 
Si sentiva oppresso. E lui detestava il fatto di non poter essere libero, di non poter scegliere.
Un pomeriggio, fece qualcosa di insolito, che nemmeno lui stesso di aspettava di poter fare: andò da Clara. Di sua spontanea volontà, però. In verità, non aveva più l’obbligo di andarci, dato che la ‘missione’ era compiuta e presto la giovane avrebbe ricevuto la visita del Conte; ma lui sentiva il bisogno di rivederla.
E nonostante gli risultasse difficile da ammettere a sé stesso, gli mancava. Gli mancava la sua compagnia, i suoi sorrisi e i suoi occhi brillanti. Ma soprattutto, la sua premura e la sua gentilezza, talmente naturali per lei che per un attimo il Noah del Piacere aveva pensato che fosse finta, una bambola dal sorriso perenne.
Però poi si era reso conto di stare parlando con una persona reale, in carne ed ossa. Lei era vera. Lo aveva capito perché, tornando a casa dopo ogni pomeriggio passato con lei, si sentiva spudoratamente finto, per contrasto.
Loro erano due persona diverse. Una, l’incarnazione della purezza nella sua più primordiale forma; l’altro, il peccato in persona. Due opposti, eppure così vicini sia dentro che fuori. Be’ era anche vero che gli opposti si attraggono.
 
Non prese la carrozza, perché non voleva farsi notare troppo. Utilizzò invece l’arca, creando un portale e passandovici attraverso, per sbucare infine dall’altra parte, di fronte alla villa di Clara Evans.
La porta nera e liquida sparì, lasciando rimanere solo il Noah, il quale, con passo calmo, si diresse verso la porta principale, fermandosi infine di fronte ad essa.
Afferrò uno dei pesanti battenti di ferro e bussò una, due, tre volte, finché non venne ad aprirgli proprio la giovane.
Era vestita di blu scuro, quasi nero, e i capelli le ricadevano senza un ordine preciso lungo le schiena e sulle spalle. Gli occhi erano diventati, tutto d’un tratto, spenti. Avevano perso quella brillantezza che li contraddistingueva, come fossero morti.
La giovane sollevò lo sguardo verso il Noah e disse, con poca felicità nella voce ma molta impassibilità:
- Oh, buon pomeriggio, Lord Mikk.
Lui non ci fece caso; le prese la mano e la baciò con più delicatezza del solito.
- Madame. Scusate il disturbo – disse cordiale, col solito sorriso in volto.
- Si figuri se la sua presenza è un disturbo – rispose la donna, abbozzando un sorriso – Prego, entrate.
Tyki entrò e si tolse la tuba, tenendola tra le mani e seguendo la donna lungo un piccolo portico costeggiato di bellissime colonne bianche. Si diressero verso un tavolo grande e spazioso, di legno scuro ma pregiato, e vi presero posto.
Non vi era nulla sopra, ma il paesaggio che si poteva ammirare da quel punto era mozzafiato. Si vedevano le montagne, i boschi, i campi, le nuvole che solcavano le cime, così vicine da poter essere quasi toccate. Il tutto, sempre illuminato dalla raggiante luce del sole, che pareva donare vitalità a tutto ciò su cui si posava.
Clara si abbandonò sulla sedia, osservando il panorama con uno sguardo privo di vita.
Fu Tyki a rompere il silenzio.
- Come state? – domandò mentre accavallava le gambe e poggiava la guancia sul palmo.
La donna parve scuotersi e risvegliarsi, voltando i propri occhi spenti verso il Noah.
Il suo cuore cominciò a battere più velocemente, e il respiro le si mozzò in gola.
- Io… - mormorò, arrossendo a dismisura – Io non… Io sto…
Tyki si stupì: non l’aveva mai vista così. Era convinto che Clara fosse una donna più forte e coraggiosa. La persona che gli balbettava davanti in quel momento non poteva essere lei. Non riusciva davvero a riconoscerla in quei suoi atteggiamenti così insicuri e fragili. Che si fosse lasciata andare allo sconforto?
- Ho capito – disse infine Tyki, alzandosi dalla sedia e cogliendo totalmente di sorpresa la giovane. Afferrando il cappello disse:
- Mi scusi se ho deciso di disturbarla mentre non è nelle condizioni migliori. Con permesso.
E, detto questo, si allontanò con passo tranquillo, dal tavolo, tornando indietro.
“Vediamo come andrà a finire…” pensò con un sorriso furbo.
Voleva metterla alla prova. Chissà che non si risollevasse. Per quanto fosse distrutta, sapeva benissimo che non l’avrebbe mai data vinta alla tristezza. Aveva imparato a conoscerla.
E infatti…
- Lord Mikk! Aspetti! – la voce di Clara arrestò la camminata del Noah – Mi perdoni! Non volevo crearle fastidio…
Tyki si girò lentamente nella sua direzione.
- Ultimamente, sa, non sono più io… Però… sto bene – rise nervosamente – Ah ah ah… Se mio padre potesse vedermi… mi picchierebbe, vedendomi in questo stato.
Mentre finiva di parlare, si asciugò una lacrima, col palmo della mano, che le era parsa sull’occhio sinistro.
Il Noah si avvicinò alla donna e, senza che questa se ne accorgesse, la prese per le spalle.
Clara sussultò lievemente, sollevando lo sguardo timido verso il suo. Arrossì ancora.
- Se suo padre fosse qui – disse Tyki, con un sorriso – sarebbe fiero di lei.
La giovane tentò con tutte le sue forze di trattenere le lacrime. Lo avrebbe ringraziato, per quelle gentili parole che le dedicava, ma la sua bocca non riusciva a muoversi, rimasta come paralizzata.
Passarono alcuni istanti. Poi accadde qualcosa.
Tyki si strinse all’improvviso il petto, piegandosi in due dal dolore e ansimando.
Clara si allarmò e lo sorresse subito, parecchio preoccupata.
- Lord Mikk! Che vi succede?! – esclamò prendendolo sotto braccio.
Non sentendo alcuna risposta da parte del Noah, lo trascinò a fatica all’interno della villa, su per le scale, fino alla propria camera.
Lo fece adagiare sul letto con la schiena poggiata sulla testiera, poi lo chiamò ancora.
- Lord Mikk! Rispondetemi!
Cercò di prendergli la mano con cui si stava praticamente strappando i vestiti, ma Tyki la bloccò.
- Sto bene… - mormorò mentre aumentava la presa sui tessuti sgualciti che componevano il gilet e la camicia. Cercò di sollevarsi, ma Clara lo costrinse a ristendersi.
- No, non è vero! Mi lasci dare un’occhiata – ribatté la giovane, scostando le mani del Noah per aprirgli i vestiti.
Si sedette accanto a lui e scoprì le cicatrici delle ferite che Allen Walker gli aveva inferto sull’arca.
Tyki non riuscì a fermarla. Aveva la mente annebbiata a causa del dolore, stranamente più forte del normale, e non riusciva a capire bene cosa gli succedesse attorno.
Clara si coprì la bocca con una mano, mentre con l’altra sfiorava quei segni sulla pelle del Noah, incredula.
- Lord Mikk, ma… - balbettò – Come avete fatto a…
- Non è niente… - intervenne il Noah, mentre sentiva il dolore attenuarsi lentamente e il senso di confusione diminuire – Qualche mese fa ho avuto un incidente in carrozza, nulla di grave…
- E vi siete procurato simili ferite in un incidente in carrozza? – domandò la giovane porgendogli un bicchiere d’acqua, mentre si risedeva accanto a lui dopo essersi alzata per versarglielo.
Tyki annuì, mentre afferrava il bicchiere e beveva in silenzio.
Non ne sapeva il perché, però non credeva appieno alla storia del portoghese. Con ferite del genere, una persona sarebbe come minimo morta, o costretta a letto sommersa di tubi e flebo se non per sempre, almeno per molto tempo.
Tuttavia, non disse nulla, fiduciosa nelle sue parole.
- Posso fare qualcosa per voi? – domandò invece, apprensiva.
Tyki non disse nulla. Allungò semplicemente una mano verso il comodino ed indicò con un dito il bicchiere vuoto.
Clara capì al volo e si affretto a riempirglielo di nuovo, porgendoglielo e guardandolo poi mentre lo svuotava nuovamente. Sembrava avere molta sete.
Una volta finito lo diede alla giovane, la quale lo mise di nuovo sul comodino e aspettò altre indicazioni.
- Vorrei alzarmi… - disse il Noah, mentre cercava di sollevarsi dal letto.
- Ma certo! – rispose prontamente Clara prendendolo per le mani e tirandolo verso di lei. Mentre lo faceva, notò che la distanza tra i loro visi si accorciava sempre più, fino a ridursi a non più di qualche centimetro scarso. La donna arrossì, e come guidata da una forza invisibile, iniziò ad avvicinarsi ancora di più… fino a sfiorare le sue labbra.
Tyki se ne accorse, ma non oppose resistenza. Qualcosa di lui gli diceva di fare la sua stessa cosa.
Clara chiuse gli occhi, sentendo la distanza tra le loro bocche ormai nulla. Quel momento perfetto che niente avrebbe potuto interrompere…
 
Tranne lo scricchiolio della porta della stanza che si apriva. E, subito dopo, la figura alta e slanciata di Cheryl che, una volta vista la pericolosa vicinanza delle loro labbra, contrasse le proprie in un sorrisetto compiaciuto assai malizioso.
- Ecco dov’eri finito, fratellino! – esordì, facendo congelare sul posto i due giovani.
Accortasi della presenza dell’uomo, Clara si allontanò con uno scatto fulmineo dal Noah del Piacere, che ricadde sulla testiera in malo modo sbattendo leggermente la testa e massaggiandosela.
- Ripasso più tardi, se desiderate! – esclamò Cheryl facendo l’occhiolino al fratello minore, il quale voltò lo sguardo disgustato altrove, fregandosene del fatto che avesse ancora la camicia sbottonata.
Clara invece scese con un salto dal letto e si affrettò a spiegare, rossa in viso e con innaturale tempestività, cosa fosse realmente successo:
- Lord Kamelot! Non è come pensa! Lord Mikk ha avuto un malore e io mi sono offerta di aiutarlo, tutto qui!! Non è successo nulla!!
- Già… - ribadì il Noah del Piacere, rivestendosi con indifferenza.
Cheryl non smise di sorridere, anzi. Soffocò persino una piccola risatina divertita.
Clara era diventata bordeaux, mentre si sistemava impacciata la lunga veste scura con le mani, tremolanti.
Tyki finì di sistemarsi e si mise a sedere sul letto, accorgendosi poi di non riuscire a sollevarsi da esso. Per fortuna, intervenne il fratello maggiore, che gli afferrò la mano e lo tirò a sé, facendolo alzare. Camminò incerto fino alla porta, e si fermò ad aspettare il fratello maggiore.
Clara si affrettò a raggiungerli e a condurli dinnanzi alla loro carrozza, venuta a prenderli apposta.
Prima si salirvi, Cheryl scompigliò i capelli del fratello minore con una mano, ridacchiando divertito.
- E’ meglio che torni a casa! Era sparito da qualche parte senza dirci nulla. Grazie, Miss Evans, per averlo recuperato! Questo elegantone è un vero ribelle ♥ !
Tyki subì quella amorevole ‘carezza’ sulla propria testa in silenzio, ma con un’espressione parecchio scocciata in volto. Avrebbe voluto allontanarsi, ma dato che il fratello lo stava sorreggendo per una spalla impedendogli di cadere, non gli sarebbe convenuto per niente.
Clara rise lievemente, con ancora sulle guance un po’ di porpora.
- Sono io che devo ringraziarla. Se non fosse venuto qui, non avrei mai ritrovato il sorriso. Grazie, Lord Mikk.
Tyki si girò verso la donna. Sorrise.
- Di niente, Madame – rispose, salendo sulla carrozza aiutato dal fratello che, con una piccola riverenza, salutò la giovane e sparì poi dentro la vettura.
 
Il cocchiere fece schioccare le redini e infine i cavalli presero a muoversi, trotterellando lontani dalla villa della giovane Clara la quale, una volta resasi conto di essere rimasta da sola, tornò ad assumere un colorito normale e sorrise, mentre tre parole sussurrate le uscivano libere dalle rosee labbra, per disperdersi poi nel vento:
- Grazie, Lord Mikk…
 
Tyki continuò a guardare la sagoma della donna divenire sempre più nera e sottile, fino a scomparire del tutto dietro a una collinetta verde.
A quel punto tornò a sedersi normalmente, emettendo un grosso sospiro rilassato, aspettando che Cheryl iniziasse a parlare. Stranamente però il fratello maggiore lo guardava perplesso, mentre il monocolo che era solito portare brillava in contrasto con i raggi del sole, calante. Solo dopo qualche minuto di viaggio, si decise ad apri bocca.
- Il Conte ha deciso per stasera – disse, attirando su di sé la piena attenzione di Tyki – Ha detto di aver aspettato troppo tempo, e che ormai sarebbe ora di agire. Non sei contento, fratellino?
Il Noah del Piacere non rispose. Sembrava non gli importasse, e invece gli dispiaceva. Riteneva Clara una persona forte e libera, di carattere. L’aveva vista abbattuta nell’animo, ma subito dopo si era ripresa, più vigorosa che mai.
E non poteva negare di essersi accorto del suo tentativo di baciarlo… e del suo involontario assecondamento. Provava davvero qualcosa per quella donna?
Ogni volta che pensava a lei, sentiva come una morsa allo stomaco, e la voglia irrefrenabile di vederla. E ogni volta che era con lei si sentiva stranamente bene, come fosse stato in presenza di un parente caro o di un amico prezioso; o di Frank, Momo e Ease, persone a cui voleva molto bene ma alle quali purtroppo aveva dovuto rinunciare.
Si sentiva libero, quando stava con Clara. Si sentiva… umano.
 
Cheryl continuava a parlare, ma Tyki non lo ascoltava, perso com’era nei suoi pensieri. Tornati a Villa Kamelot, vennero accolti da una Road pimpante e gioiosa, che li salutò festante e li invitò tutti ad entrare. Dopodiché, si avvicinò allo zio e con una vocina stranamente gentile – per nulla tipica di lei – chiese:
- Yo Tyki, tutto bene?
Si poteva avvertire una certa nota calda nella sua voce.
- Sì, tutto bene – rispose il terzo apostolo, un po’ malinconico.
Road a quel punto gonfiò le guance, s’imbronciò e tirò un pugno all’addome dello zio, il quale s’inginocchiò a terra reggendosi la parte dolente. Subito dopo sbraitò:
- Che cavolo fai?!
E la nipote sbottò:
- Allora sorridi!
E se ne andò a passo di marcia.
 

- Noi andiamo a casa, Miss Evans – sussurrò George il maggiordomo con al seguito la servitù della villa, di fonte alla porta della stanza della giovane Clara.
- Va bene, a domani – rispose questa con un sorriso mentre, seduta su uno scrittoio, ricamava un piccolo centrino color crema.
L’uomo baffuto annui in silenzio, e chiuse piano la porta con un lieve scricchiolio.
Quando fu sola, la donna poggiò il centrino sul tavolo e si abbandonò con la schiena contro lo schienale della sedia, stremata, volgendo lo sguardo all’insù.
Tirò un lungo sospiro e chiuse gli occhi, nel tentativo di rimettere a posto le idee, i pensieri e le emozioni della giornata appena trascorsa.
Tuttavia, schiuse all’improvviso le palpebre quando sentì la porta scricchiolare di nuovo e aprirsi.
- C’è qualcosa che non va Geo-
Cercò di dire, mentre si girava, quando vide davanti a sé non il proprio maggiordomo, bensì una tonda figura vestita con un cappotto chiaro e una tuba allegramente decorata, apparsa dal nulla sulla soglia della sua stanza.
E prima che potesse pensare qualsiasi cosa, si sentì salutare cordialmente.
- Konbanwa, Miss Evans. ♥
Clara sbiancò, e il suo respiro divenne irregolare, quando si accorse che la figura che aveva davanti era quella del Conte del Millennio.
Come aveva fatto ad entrare? E poi… aveva un aspetto strano, decisamente… non umano.
Questo preoccupò la giovane ancora di più. Che cosa significava?
- Sono addolorato per la perdita di vostro padre – disse il primo postolo trotterellando verso la donna – Sono sicuro che lo sarete anche voi, non è vero? ♥
Clara esitò. Cosa doveva dire? Cosa doveva fare? Non era neanche riuscita a muoversi dalla sua sedia, figuriamoci se avesse potuto agire in qualche modo per difendersi.
- Sì… - rispose infine. Che cosa voleva da lei? Be’, l’unico modo per scoprirlo era stare al gioco.
Ora il Conte era vicinissimo, e quasi sussurrando disse, con tono allettante:
- Non le piacerebbe poterlo rivedere? ♥
 
- Che cosa? – domandò incredula Clara, ghiacciandosi sul posto, mentre nella sua mente i ricordi dell’adorato padre si susseguivano veloci e come un richiamo la esortavano a prestare attenzione all’intruso.
- Io posso far sì che il signor Evans ritorni in vita! ♥ - esclamò gioioso il Conte, imitando con le mani lo sbocciare di un fiore.
- Ritornare… in… vita…? – domandò ancora sorpresa la giovane, estranea al luogo e all’insolita compagnia ma sola con i propri ricordi.
Avrebbe davvero potuto riabbracciare suo padre? Rivederlo, era la sola cosa che desiderava. Poterlo vedere, toccare, sentire. La sua voce, la sua presenza sempre sicura e attenta, i suoi occhi ispiratori, la sua incrollabile forza d’animo… Avrebbe davvero potuto riavere tutto questo?
Completamente pervasa da un forte senso di speranza, domandò:
- Com’è possibile?
Il Lord del Millennio rise sonoramente, dando piccole pacche sulle spalle della donna e invitandola ad alzarsi.
- Oh oh oh mi segua! ♥ - vociò allegrò.
Clara si alzò dalla sedia e all’improvviso si ritrovò in uno spazio completamente bianco, pavimentato con motivi a scacchiera che parevano ripetersi all’infinito, disperdendosi all’orizzonte avvolti da una sorta di nebbiolina bassa e fumosa.
Il Conte fece qualche passo in avanti e solo allora richiamò l’attenzione della giovane, rimasta a fissare lo strano luogo nel quale si era ritrovata in pochi attimi e senza un modo preciso. Dietro di lui vi era qualcosa. Uno scheletro nero quasi meccanico, con un pentacolo ancora più scuro sulla fronte. Era sorretto da degli impianti metallici a cui era collegato, come un giocattolo.
- Questo è un corpo speciale di mia invenzione. Grazie a esso, potrà richiamare suo padre e continuare a vivere con lui una bella vita felice! ♥ - esclamò allegro il primo apostolo.
Clara si avvicinò, sfiorando delicatamente la superficie fredda dello scheletro con le dita candide; quando un pensiero, rapido e fulmineo, le attraversò la mente.
“- Quei Lord… sono come degli angeli della morte… tesoro. Non fidarti mai… né di loro… né del Conte del Millennio. Soprattutto di lui.”
Le parole di suo padre… perché le tornavano in mente proprio in quel momento?
Ebbe quasi l’impressione che fosse proprio lui e non il ricordo delle sue parole, ad insinuarsi nella sua testa.
“Padre, non vuoi più stare accanto a me?” si chiese.
Oppure… Che la stesse mettendo in guardia? Che stesse cercando di… proteggerla?
Ritirò le mani, congiungendole e lasciandole cadere sul lungo vestito davanti a sé.
- Che cosa – domandò, col volto abbassato e lo sguardo perso – volete in cambio, Conte?
Il primo apostolo rise.
- Oh oh oh… nulla. Tutto ciò che vi chiedo e di chiamare a gran voce vostro padre. ♥
- Basta… solo che lo chiami?
- Certo! ♥
 
La faccenda le pareva una matassa spinosa e di cui avrebbe fatto bene a dubitare. Le sembrava strano.
Certo, vedere suo padre di nuovo l’avrebbe resa felice, ma… tutta quella situazione le pareva comunque molto sospetta. Il Conte che appariva dal nulla, le offriva di riportare in vita suo padre, la portava in una stanza strana… Le sorrideva come se avesse vissuto, dal giorno di quel maledetto funerale, solo un brutto sogno e ora le chiedesse di svegliarsi.
Lei sapeva benissimo che una persona che muore, non torna più indietro. Sparisce per sempre.
Ma suo padre non era sparito. Era ancora vivo, dentro di lei. Non poteva vederlo, toccarlo o sentirlo, ma c’era. Ciò che le aveva lasciato, quanto di più bello ci fosse… era il suo ricordo e i suoi insegnamenti… che aveva intenzione di seguire!
 
- Conte… - mormorò Clara, alzando il capo verso lo scheletro – No.
Il Lord del Millennio s’accigliò.
- Come, prego? – domandò, perplesso.
Clara ripeté, con più sicurezza e determinazione:
- Ho detto di no. Che non intendo accettare la sua offerta.
 
Le lunghe orecchie del primo apostolo si drizzarono, e il suo sguardo mutò lievemente in un broncio.
- E’ sicura? Guardi che quella che le offro è un occasione unica, che non si ripeterà.
Clara strinse i pugni.
- Sì. Sono sicura. Ora mi riporti a casa, Conte, per favore.
Sembrava irritata.
- Come desiderate, Miss Evans… - uggiolò il Lord, e in un batter d’occhio la giovane si ritrovò nella propria stanza, da sola.
Il Conte era sparito.
C’erano lei, la sua camera e il suo centrino, caduto a terra e leggermente disfatto.
 

Il Conte del Millennio apparve nel salone di Villa Kamelot, dove i tre Noah stavano tranquillamente seduti su un comodo divano cremisi a leggere e a riposare.
Teneva in mano un fazzoletto che mordeva con insistenza in preda alla rabbia.
- Dannata donna! – sbraitò, tirando ancora più il fazzoletto tra le proprie mani e i propri denti appuntiti – Come ha osato?!
Cheryl si alzò e si avvicinò al Conte.
- Che vi prende, Lord? Qualcosa non va? – domandò con fare curioso.
Road lo abbracciò, affondando nel grosso cappotto.
- Centra qualcosa quella ragazza? – chiese con lo sguardo all’insù.
- Ghn ghn – riuscì a mugugnare il Conte, dato che si stava divorando il fazzoletto dalla frustrazione. All’improvviso, però, i suoi occhi dorati andarono ad incontrare quelli di Tyki, che se n’era rimasto zitto fino a quel momento.
Si tolse il fazzoletto dalla bocca dentata ed esclamò, a metà tra l’allegro e il furioso:
- Tyki-pon! ♥
L’interessato allora chiese, perplesso e anche un po’ preoccupato. Quando il Conte si arrabbiava, era davvero spaventoso.
- Cosa c’è, Lord?
- Oh oh oh…♥ - rise saturo di vendetta il primo apostolo – Clara Evans non ha accettato di diventare un Akuma. A quanto pare l’ho sottovalutata…
Road si stupì, e così anche gli altri due Noah.
- Davvero, Millennio? Ha rifiutato? – domandò la Noah del Sogno divertita – Che cosa farà adesso?
- E’ semplice, Road cara… - disse il Conte guardando Tyki con aria d’intesa – Se ne libererà Tyki-pon! ♥

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♣ Angolo di Momoko 

Momoko: Eeeccomi qui! Vi sono mancata? 
Pubblico: *se ne frega*
Momoko: *puntando un bazooka carico e potenzialmente pericoloso contro il pubblico* Ho detto, vi sono mancata?
Pubblico: *esulta* Sììììì!! Tantissimo! ^_^'
Momoko: Beeene... Mi scuso con tutti per l'attesa, ma alla fine sono riuscita a pubblicare il capitolo. Devo essere sincera, non mi piace molto, spero almeno che a voi lettrici care non sembri così orribile ç_ç Mi sono uccisa per scriverlo, tra i divieti di quei cari vecchietti chiamati 'mamma' e 'papà' e le continue lotte prive di decenza con i cosiddetti 'fratellini'.
Però, come vedete, sono ancora viva e con la voglia di scrivere più grande del mondo! :D Perché la storia si sta evolvendo e devo dire che mi soddisfa assai.
Spero che il capitolo vi piaccia e che mi perdonerete per la lunga attesa^^ Ma purtroppo gli aggiornamenti saranno sempre lenti e imprevedibili, e di questo mi voglio scusare con tutte voi lettrici. Purtroppo, a causa di impegni personali e a cui purtroppo non posso rinunciare, avrò meno tempo ancora da dedicare alla storia ç_ç Scusatemi tanto, non linciatemi.
Come sempre ringrazio di cuore Nuirene, Acquamaryne e Guchan per le recensioni^^ Sarà per voi che continuerò a scrivere, grazie al vostro sostegno. Se riuscirò vedrò di fare qualcosa, anche se non so ancora che cosa.... *va a pensarci su*

Intanto...

A presto,

Momoko.
   
 
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