Wind of love
Una fiamma
ardente si estendeva lungo l’orizzonte, il fumo nero e denso creava dei vortici
tenebrosi e inquietanti che il vento faceva danzare lentamente in un valzer
della morte. La boscaglia un tempo ricca di animali, era ora un cumulo di
fiamme, macerie e desolazione, le piccole creature fuggivano impazzite cercando
riparo in qualche luogo sicuro lontano da tutta quella distruzione.
Una
finestra, a qualche isolato di distanza era spalancata, la lieve brezza serale
faceva muovere le tende come un fantasma volteggiante; il buio regnava sovrano
e una figura alta e pallida come la luna fissava stordita la potenza delle
fiamme. In lontananza le sirene sembravano il canto d’aiuto di quell’inferno
esploso come un battito di ciglia, un’autopompa si dirigeva velocemente verso l’orizzonte
macinando sempre più metri fino al suo obiettivo.
I pompieri
imbracciavano i loro idranti e come i supereroi dei cartoni animati, si
lanciavano tra le fiamme estinguendole per sempre; di quella devastazione era
rimasta solo cenere e il fumo grigiastro che lento e inesorabile saliva al
cielo trasportato dalla leggera brezza che dominava quella giornata.
La figura
pallida accanto alla finestra era sparita, la luce del piccolo portico in legno
era accesa, illuminava solo la vecchia porta sgangherata della casa che pareva
disabitata per quanto assordante era il silenzio al suo interno; un movimento
fluido e leggero s’intravedeva nella fioca luce, una veste bianca che pareva
svolazzare in quel buio più scuro della notte, poi all’improvviso un volto
comparve sulla soglia di quella vecchia porta che cigolante permetteva l’uscita
di quella figura così pallida da sembrare irreale. Una donna con la mano sul
cuore guardava con apprensione l’orizzonte, il volto sfigurato dalla
preoccupazione e dall’apprensione che inesorabile si rifletteva anche nei suoi
occhi solitamente blu ma che quella sera sembravano legati alla notte scura in
modo indissolubile. Il labbro inferiore perennemente torturato e un piccolo
rivolo di sangue che si faceva strada verso il mento come a voler cercare la
libertà tanto agoniata.
Il sollievo
dipinto negli occhi di quella donna e un sorriso scaturito dal profondo verso
quell’alta figura che lentamente si avvicinava alla piccola casa sgangherata, un
passo, due passi, tre passi… per quanto la figura si avvicinasse, il suo corpo
restava fermo, come se delle mani invisibili lo trattenessero.
Uno spasmo
involontario, le mani che arpionano avidamente le lenzuola e l’urlo muto perso
nel buio di una camera nel caos più totale di una megalopoli in continua
evoluzione, la stessa figura pallida di quell’orrida visione cercava
ossessivamente la figura in costante movimento accanto a se.
Eccola,
dolce ed eterea come la sua figura, accoccolata placidamente nelle candide
lenzuola, in viso un sorriso che nulla lasciava presagire orribili sogni; la
fissava dolcemente mentre dal piccolo trasmettitore accanto al comodino il
pianto inesorabile di un bambino riportava la pallida figura alla realtà. Anche
la piccola anima innocente avvertiva il suo turbamento e con il suo pianto
senza lacrime, lasciava intendere che era tutto un sogno, un incubo tanto reale
da far male.
Un lieve
bussare e una bambina paffuta che stringeva ossessivamente un piccolo peluche a
forma di coniglio, si era fatta strada nella grande stanza avvolta nel buio, si
sentiva indistintamente il suo tirare con il naso e il respiro affannato della
donna che giaceva inerme sul letto troppo grande per una persona sola.
“Mamma…”
“Hotaru sono
qui, vieni”
“Ho fatto di
nuovo quel sogno”
“Anch’io
bambina mia”
Dolcemente aveva
stretto a se quella bambina che era ormai il suo unico appiglio a quella realtà
troppo dolorosa da sopportare, nessuna figura dolce ed eterea era accoccolata
placidamente tra le lenzuola, nessuna ciocca bionda come il grano era
intrecciata nei suoi capelli, nessun corpo caldo da abbracciare.
Lentamente erano
ripiombate nell’abisso senza fine dei sogni, mentre un’alta figura con gli
occhi smeraldi, i capelli del grano e il sorriso più dolce del mondo, le
fissava da quella finestra sgangherata e bruciacchiata che apparteneva ad un
passato troppo doloroso da superare.
Non esser triste amor mio, sarò
sempre accanto a voi e quando verrà il momento ci riabbracceremo come un tempo.
Una carezza
lontana portata dal vento, si era adagiata sui volti di quelle due anime
disperate, che in quel semplice gesto avevano avvertito il tocco del loro
grande amore.