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Autore: SakiJune    21/06/2012    1 recensioni
In "Fly Little Wagtail" avevamo lasciato Clarissant risvegliata ad una nuova vita e ad un nuovo amore. Qui ritroveremo Bedivere, Lucan, Amren ed Eneuawc; conosceremo Elyan e quel bacchettone di suo padre Bors, Garanwyn e le sue canzoni. E con i loro occhi vedremo il mondo disfarsi, la gloria farsi vergogna, la realtà vacillare."Guardando i propri figli inginocchiati davanti al re, mentre pronunciavano il loro giuramento, Bors e Bedivere sorridevano. Ma non confondete, ecco, questi due sorrisi, badate. L'uno significava dominio, orgoglio, sollievo; l'altro tenerezza, partecipazione, amore."
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bedivere
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Itonje reloaded'
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È di nuovo troppo corto? Uffa, non ho voglia di pensarci.
Non ho voglia nemmeno di pensare a come finirla, a dirla tutta.
Bon.
E non dite "povera Armelle" perché se l'è cercata u.u




Aline aveva continuato a comportarsi da moglie gentile e castellana impeccabile, ma dentro di sé era tutta sospiri e rimpianti.
Proprio quando aveva aperto gli occhi... quando finalmente si era accorta di amarlo... era arrivato quel cavaliere, il luogotenente di re Constantine. Aveva compreso che sì, come Lucan le aveva ipotizzato durante il loro primo incontro, due uomini possono innamorarsi l'uno dell'altro; e che Sir Garanwyn aveva un debole per i Coritani. In quel senso, puntualizzò a se stessa per spargere ancora un poco di sale sulla ferita. E come dargli torto? Conn era un uomo meraviglioso - lo era diventato davvero, in quegli anni, mentre lei rimaneva aggrappata al passato. Non aveva mai trovato alcuna affinità tra lui e il mutilatore di alberi che aveva incontrato nel bosco a Benwick... e sperava che nemmeno Sir Garanwyn si fosse infatuato di lui solo per questa presunta somiglianza. Ma non si sentiva di dare consigli ad alcuno; non ne aveva il diritto, non erano cose che la riguardassero, ormai. Aveva deciso: si sarebbe ritirata di buon grado con Armelle e i bambini a Grainthorpe, come sempre nella bella stagione, anche se questa non era ancora giunta. Il modo in cui Conn si muoveva disinvolto tra le mura di Lincoln in compagnia del suo nuovo amico la metteva a disagio: aveva preferito di gran lunga il ragazzo che la corteggiava timidamente. Eppure aveva respinto quel ragazzo, ed ora si ritrovava sposata ad un uomo che dalla semplice rassegnazione era passato ad amare qualcun altro.
A Conn era sembrato per un istante di scorgere un'ombra di dispiacere sul suo volto, quando quella famosa sera li aveva trovati in un atteggiamento un poco fraintendibile; ma già troppe volte si era illuso di aver fatto breccia nel suo cuore e troppe volte aveva dovuto inghiottire quell'illusione. Ora non poteva occuparsi dell'occasionale gelosia di sua moglie: tra le mura del castello v'era adesso una creatura che desiderava con tutte le forze conoscere e capire fino in fondo, senza timore di distruggere un animo fragile.

Perché Garanwyn era la squisita fusione di tutto ciò che ammirava in un uomo e bramava in una donna.


L'odore pungente degli arazzi alle pareti, un miscuglio di spezie e polvere, aveva vanificato i tentativi di Garanwyn di prendere sonno, almeno quasi quanto le impressioni della serata appena trascorsa. Si era lasciato andare. Non sarebbe più dovuto succedere, se voleva portare a termine la missione per conto del re aveva bisogno di tutta la lucidità possibile. Si trattava di strappare ragazzini e vecchi alle loro case e addestrarli per una guerra già persa in partenza - perché no, non si faceva illusioni. O forse gli piaceva pensare così, si crogiolava bene in quell'idea: combattere senza una vera speranza. Fingere di voler proteggere la patria quando sai che è solo un luogo, perché le uniche persone che ami e ti hanno amato sono morte o lontane quanto le stelle.
Conn ap Griflet, però, era più che mai vivo. Aveva sentito il suo cuore pulsare, le sue guance arrossire.
Ed era vicino. La sua voce gli era divenuta familiare, la sua natura sincera si era svelata sotto l'occhio dell'intuito. Non avrebbe dovuto permettere a se stesso di instaurare tanta confidenza, ma era stato inevitabile.

La Britannia era solo un luogo, ripetè a se stesso, sbirciando nel corridoio a destra e a sinistra. L'odore speziato rimase ancora un poco nelle sue narici, poi fu sostituito da quello della resina delle torce. Quando non hai più nulla da perdere, è ovvio che combatti lo stesso, ma le ragioni sono diverse da prima: c'è la vendetta, l'orgoglio, la rabbia. Ma non stai proteggendo nessuno, tantomeno te stesso. Anzi, vorresti gettarti contro il nemico così come ci si lascia cadere da una scogliera... per annientarti.
Contò le porte, si chiese quale tra tutte conducesse a quella stanza, quante volte Amren avesse camminato su quelle pietre e quante delle sue parole, delle sue risa, avessero echeggiato tra quelle mura. Lo immaginò bambino, che balbettava le prime parole in braccio ad una balia, e poi ragazzetto, immerso nella lettura di testi antichi, forse storie di battaglie che accompagnava inconsapevolmente con il tamburellare le dita sul tavolo, o amicizie tra gli eroi di un tempo che suggerivano un legame ancor più esclusivo e profondo, che lo facevano arrossire e guardarsi intorno come se ci fosse qualcosa di segreto nascosto in quei versi, qualcosa che solo lui potesse interpretare e desiderare per sé. E ancora, lo immaginò in procinto di lasciare quel castello per trasferirsi a Camelot, dove si sarebbero incontrati...
Abbassò lo sguardo, percependo quell'ondata di dolore come una reazione inevitabile ma troppo familiare per farlo sentire totalmente devastato. Un'ombra sul pavimento attirò la sua attenzione, ma il suo istinto allenato da anni di battaglie (e, prima ancora, di agguati da parte di Melehan e compagnia) non l'associò ad una presenza ostile.
- Signor duca, non vorrete presentarvi alle reclute con le occhiaie, domattina?
 Era incredibile come si sentisse a proprio agio in sua presenza. Gli sembrava di conoscerlo da molto tempo, di aver condiviso con lui qualcosa che non era rimasto nella memoria, ma sulla pelle. Qualche ora prima, l'atmosfera del salone l'aveva soggiogato, facendolo quasi cedere... alla luce di quelle torce poteva accadere qualcosa di peggio, perché Lady Aline non li avrebbe interrotti questa volta.
Ma lui non desiderava... Non doveva desiderarlo.
Era un guizzo di sensualità, come un pulsare color arancio di braci credute spente. Un sapore quasi dimenticato che torna a farsi sentire in bocca. Una musica che risuona tra i pensieri così forte da-
- Temo di aver bevuto troppo. Sono un pessimo padrone di casa, temo.
- Re Constantine mi aveva avvisato - sospirò Garanwyn. - Siete un sentimentale e lo disprezzate. Ma non siete un traditore, ed egli ha fiducia in voi quanta ne ha in me. - Gli dispiacque non poter vedere per intero la reazione del suo interlocutore, ancora nascosto nella penombra.
- Non disprezzo il nostro sovrano - precisò Conn, lo stomaco sottosopra e la dignità in stato di allerta.
- Vi ha deluso, e sa di non poter pretendere da voi più di quanto non vorrete concedergli spontaneamente. Questo mi ha confessato, ed è tutto ciò che sono riuscito a sapere, ma... vorrei conoscere la vostra versione.
Conn gli si mostrò alla luce di una torcia, rassegnato ad occupare anche con lui il ruolo che il destino gli aveva assegnato. Perché era questo che gli altri volevano da lui: una versione più giovane di mariti e amanti perduti, a beneficio dei cuori infranti di Britannia. Ma Sir Garanwyn sembrava apprezzarla davvero, questa versione, a differenza di Aline.
- Ve lo racconterei volentieri, ma è una storia che già conoscete. Ciò che accadde tra voi e Sir Melehan nel castello di re Brandegoris... ha involontariamente reso nulla la promessa che mi fece a Camlann.
- Temevo si trattasse di qualcosa del genere. Così, ho qualcosa da farmi perdonare. - Garanwyn aveva abbassato un poco la testa senza però distogliere lo sguardo, assumendo involontariamente quell'espressione di cagnolino sgridato dal padrone: un miscuglio di sottomissione e timida sfida a cui Conn non poteva restare indifferente. Ciò che non si aspettava, però, era una reazione violenta:
- Guardatemi bene. Trovate qualche differenza, per l'amor di Dio... trovate qualcosa per cui prendere me e non un fantasma...
L'espressione di Garanwyn cambiò, si fece seria e disperata. Aprì la bocca in cerca di parole adatte a rassicurarlo, ma non ne ebbe il tempo. Conn gli prese la testa tra le mani e lo baciò. - Non c'è nulla da perdonare. Solo voi avevate il diritto di vendicarlo, l'ho sempre saputo. Solo... non...
Garanwyn ricambiò il bacio, e capì che le paure di Conn non avevano fondamento. Era una sensazione del tutto nuova. - No. Lo so. Siete voi, Conn ap Griflet. - L'altro sorrise, e lo spinse con gentilezza verso una porta che aprì e varcò senza mollare la presa. Questa volta fu Garanwyn a tentare di divincolarsi. - Non... questa stanza non è...
- Mi credete così insensibile, davvero? - protestò Conn, ma presto le sue labbra si piegarono in un ghigno infantile e beffardo. - Qui il vostro amico Elyan trascorse la prima notte di nozze con mia cugina. Vi offro nientemeno che il letto della nostra amata coppia imperiale.
Garanwyn rise nel buio; nemmeno le sue paure avevano fondamento.
Sentirono che l'emozione presente era sincera e desiderata da entrambi, e vi si abbandonarono come alla corrente di un fiume ormai arrivato alla foce.




- Tu non ti muovi di qui. Finisco di tirar dentro i panni e poi vieni giù con me.
Haliesin, con tutta l'indignazione dei suoi quattro anni, guardò sua madre di storto e si prese un mezzo scappellotto. Seduto in cima alle ripide scale della torre di legno, architettava piani di fuga che metteva ogni volta da parte e rielaborava con maggiore fantasia. Voleva uscire di lì, andare a vedere i soldati che si esercitavano, ma soprattutto girare intorno a Conn, ascoltare cosa si dicevano lui e l'alto ufficiale di Camelot, che poi tanto alto non era e zoppicava pure. Era impensabile restare chiuso lì a far nulla quando c'era tutto un mondo fuori da quella torre marcia e puzzolente, quando l'aria era fresca e il sole filtrava dalle assi del tetto come a sfidarlo.
Armelle, le braccia cariche di lenzuola, intuì la rabbia che provava e, invece di distrarlo, puntualizzò la sua posizione:
- Cerca di capire bene questo: lui non è tuo padre... non metterti in testa di essere importante solo perché ti fa due moine!
Haliesin sentì il volto e le mani bruciare. Gridò: - Vi odio! - e scattò giù per i gradini pericolanti.
Fu una decisione che avrebbe rimpianto per tutta la vita; quegli istanti tremendi sarebbero rimasti come un marchio d'infamia nella sua mente sconvolta.
Voleva solo correre da Conn, farsi rassicurare che quelle di sua madre erano bugie, che gli voleva bene davvero, che non era solo il figlio di una serva per lui, che...
- Torna qui subito, Hal, te ne farò pentire!
Armelle si sporse per afferrarlo e inciampò, ruzzolando pesantemente fino in fondo alla scala con un grido spezzato. Haliesin venne travolto e finì in un groviglio di lenzuola che attutirono la sua caduta.
Nulla trattenne lui dal continuare a urlare, fissando il corpo immobile della madre con occhi che non erano già più quelli di un bambino.
Nulla poté far cessare quell'assordante pianto senza lacrime. Non vi riuscirono né Maryel, né Aline - tantomeno le sorelle di Conn, distolte dal telaio e dalla loro eterna apatia; per le due donnette non si trattava di una tragedia, solo di un fastidioso contrattempo.



- Voi... siete sposato? - Le sopracciglia di Conn erano così sollevate da rendere i suoi occhi ancora più tondi.
- Ma naturalmente, - rispose tranquillo Garanwyn, ordinando con un gesto secco alle reclute di rompere le righe - vi pare che la mia stirpe dovesse restare senza eredi? Sono il signore di Anjou, ho riconquistato le terre sul continente in nome di mio padre - continuò, soffocando la commozione - e intendo lasciarle ai miei figli.
Conn ricordava la guerra contro Sir Dinas, ma non si era mai curato del ducato di Neustria se non quando gli arrivava il vino novello dal continente.
- Anche voi... - continuò il luogotenente, cercando di apparire sereno.
- Non ho rapporti con mia moglie, come vi ho già spiegato, - replicò seccamente Conn. - perciò non credo di averla tradita in alcun modo. Lei ama il ricordo di qualcuno che non potrà tornare. - Si morse le labbra, improvvisamente consapevole che le parole appena pronunciate potevano sembrare rivolte a lui. - Perdonatemi.
Garanwyn scosse la testa, rassicurandolo in silenzio. Si erano allontanati dal campo abbastanza da poter conversare senza noie, ma non tanto da potersi concedere atteggiamenti troppo amichevoli.
- Non avete lottato abbastanza - dichiarò, scandendo le sillabe in modo che Conn non potesse fraintendere. La reazione dell'altro fu immediata: sul suo volto comparse un'espressione indispettita ed era palese che avesse bisogno di un chiarimento.
"Non ho lottato? Per Aline? Cosa ne può mai sapere, lui, di come ho affrontato il suo rifiuto? E in definitiva, che cosa gli importa? Perché dovrebbe desiderare un avvicinamento tra me e mia moglie quando io e lui..."
 Ma quella schermaglia d'amore avrebbe dovuto aspettare. Giunse loro la notizia di quanto era accaduto al castello; Conn era visibilmente fuori di sé dallo sgomento. Non rallentò il passo finché non ebbe tra le braccia il corpicino tremante di Haliesin, coperto di lividi ma disperatamente vivo.
- Hai soltanto me, adesso - mormorò con le lacrime agli occhi, mentre una calda sensazione si faceva avanti nel suo animo. Sir Bedivere avrebbe potuto spiegargli di che cosa si trattava. - Sei... mio.
Quando si dice l'ironia della sorte. Armelle aveva dato la vita per il suo obiettivo: tenere Hal lontano dal duca... eppure morendo aveva apposto il sigillo che li consacrava, indissolubilmente, padre e figlio.


Le navi da guerra dei Sassoni, nel frattempo, erano già salpate.

   
 
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