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Autore: Roxar    21/06/2012    13 recensioni
Dieci cose non dette, dieci cose che nessuno ha mai saputo.
5. Diceva che Sirius era la parte migliore di sé.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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1. Era stato un bambino sensibile.
(Quando Walburga recava visita a suo fratello Cygnus, Andromeda aveva l’abitudine di prendere per mano Sirius e Regulus e condurli nella propria camera da letto. Accordato loro il permesso di accoccolarsi sul soffice tappeto, Andromeda sfilava dalla propria libreria “Le fiabe di Beda il Bardo” e leggeva a voce alta ed espressiva. Quando venne il momento conclusivo della fiaba dei Tre Fratelli, Regulus increspò le labbra e i suoi occhi si annebbiarono di tristezza.

«Oh, Andromeda, è terribile che quel bambino sia cresciuto solo, senza il suo papà».)

 

2. La sua camera da letto era sempre impeccabilmente disordinata.

(Sirius imprecava tra i denti ogni volta che prendeva l’infelice iniziativa di entrare in camera di suo fratello. Più volte gli capitava di inciampare in una scarpa o in un libro e ogni volta Regulus rideva.

«Non potresti riordinare, di tanto in tanto?» sbottava stizzito, calciando via un paio di pantaloni.

Regulus rideva e diceva che quella in quella stanza c’era un po’ del mondo che avrebbe voluto.)

 

3. Gli aveva lasciato una piccola cicatrice sullo zigomo destro.

(Regulus era furioso quel giorno. Al riparo dai freddi occhi di Walburga – e dalla sua bacchetta – aveva dapprima pregato Sirius di non abbandonarlo, di bere un po’ d’acqua fresca e rifletterci su. Ma quando il fratello l’aveva schernito dicendogli che era solo un povero coniglio spaventato e succube del leone, Regulus aveva stretto il pugno e le nocche avevano impattato contro il viso così sprezzante di Sirius.

Sirius non lo sa, ma Regulus non lo colpì per vendetta. Lo fece per disperazione.)

 

4. “Cura delle Creature Magiche” era la sua materia preferita.

(Glielo aveva confessato in una notte di Agosto, poco prima di affrontare il suo quarto anno. Contrariamente alle aspettative di Regulus, Sirius abbozzò un sorriso e spinse indietro i capelli.

Disse che, dopo esser cresciuto in una famiglia di squilibrati, veniva assai più semplice provare sincero affetto per gli animali.

Aveva avuto dannatamente ragione. La conferma negli occhi di Regulus era palese.)

 

5. Diceva che Sirius era la parte migliore di sé.

(«Sirius, io e te siamo fratelli; stessa carne e stesso sangue. Un po’ come se fossimo un’unica persona. Solo che tu sei la parte migliore di me».

«Regulus, cosa cazzo blateri alle tre del mattino?»

«È così, ti dico. Tu sei coraggioso, ribelle, determinato; sei quello che io non sarò mai».

Sirius aveva regolato l’intensità della torcia sino a che questa non gettò ombre scure sui loro volti, ammorbidendone i contorni.

Lo fissava attentamente, restava zitto. Ma Regulus, quello sguardo, non ebbe mai il coraggio di ricambiarlo.)

 

6. Non ha mai voluto essere il migliore agli occhi di Walburga.

(Quando sua madre lo lodava per il puro gusto di arrecare dispetto a Sirius, Regulus stringeva i pugni e fissava il proprio bicchiere d’acqua, contando le bolle che risalivano e scoppiavano in superficie. E quando Sirius replicava a denti serrati e Walburga strillava di quanto Regulus fosse un figlio migliore, lui alzava gli occhi e guardava al fratello.

Sperava che la sua espressione mortificata avrebbe parlato più di quelle parole che non sapeva dire.)

 

7. Ma avrebbe voluto esserlo a quelli di Sirius.

(Regulus, sin da quando era un timido bambino, si era sempre, incessantemente sforzato di essere un buon fratello. Così, aveva condiviso i suoi giochi con Sirius, avevano fatto i compiti insieme e talvolta aveva scritto interi temi di Erbologia per lui.

Voleva che Sirius fosse fiero di lui, voleva sentirsi dire che era il fratello migliore che avrebbe potuto capitargli.

Poi, però, era arrivato James Potter e Regulus era diventato solo il debole ragazzino che piegava la testa alle assurde dottrine dei Black.)

 

8. Tre giorni dopo che si schierò dalla parte di Voldemort pianse come un bambino.

(Sirius lo venne a scoprire quasi per caso. Gironzolava pigramente nel parco quando intravide Regulus sdraiato all’ombra dell’albero più lontano. I suoi passi erano morbidi, sull’erba, mentre puntava a lui. Regulus sollevò le palpebre e lo fissò, con la curva di un sorriso.

Si erano scambiati una manciata appena di parole quando Sirius lo notò. Un lembo di tatuaggio era evaso dal sicuro riparo della camicia.

Urlò cose talmente volgari e cattive che il rimorso, molti anni dopo, a volte lo teneva sveglio.

Ma Regulus ascoltò in silenzio. Poi si raggomitolò su se stesso e strinse i pugni accanto alle tempie. Piangeva come un bambino, come quando lui era stato un bambino.

Sirius ne rimase profondamente sconvolto e quel preciso ricordo non lo abbandonò mai.)

 

9. Nutriva invidia per i passeri selvatici.

(Ogni giorno i passeri zampettavano a balzelli sul ramo davanti alla finestra di Regulus.

Il ragazzo li osservava con viso cupo e indietreggiava un poco; Sirius lo motteggiava, sostenendo che era davvero uno smidollato ad aver paura di un piccolo uccello.

«Non è paura» replicava quello a mezza voce, senza mai chiarire il proprio pensiero.

Solo dopo qualche tempo Sirius capì che no, non era paura. Ma invidia.

Perché mentre quei piccoli passeri si sarebbero librati liberi nell’aria, Regulus sarebbe rimasto lì, prigioniero della sua vita e della sua casa.)

 

10. Il giorno in cui il Cappello Parlante lo smistò a Serpeverde, i suoi occhi rimasero inchiodati al tavolo dei Grifondoro.

(Quando il vecchio Cappello strillò: «Serpeverde!», Sirius avvertì il proprio morale sprofondare fin sotto le scarpe. Aveva sperato ardentemente di avere il fratello con sé.

Gli occhi di Regulus non scrutarono il festoso tavolo della sua nuova Casa, ma restarono incollati al viso sorpreso e amareggiato del fratello.

Sirius gli sorrise, come a rassicurarlo che andava tutto bene, ma le labbra di Regulus restarono irrimediabilmente dritte, anche mentre i suoi occhi di bambino si riempivano di lacrime.

Perché quella, e l’avevano capito entrambi, era stata la fine di tutto.)

 

 

   
 
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