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Autore: venerdi 17    21/06/2012    6 recensioni
Il mondo, tu, stretto in una mano, la mia.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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1 - PORTAMI VIA
 
Portami via di qua
verso un’altra città,
dove la gente, la gente che va,
non mi conoscerà.
 
Portami via con te,
se ancora un posto c’è,
dove cancellare il nome, l’età,
ricominciare forse, chissà...
 
È sempre così, non posso fare a meno di scappare via.
È ancora così, il tempo di un baleno o di una poesia.
 
[Daniele Silvestri]
 
**
 
 

Domenica 13 Maggio 2012
 

L’appartamento che l’azienda mi ha messo a disposizione è all’interno di un residence in Westwood Village, è ampio, luminoso, e soprattutto non troppo distante da Downtown, il quartiere dove lavorerò da domani. In soggiorno, di fronte alla libreria, vedo gli scatoloni che ho spedito. La cucina è piccola ma perfettamente attrezzata, due bagni, uno con vasca all’interno della camera da letto, una cabina armadio e uno studio. 
Luca ha riempito il frigo e la dispensa degli alimenti che preferisco. Conosce perfettamente i miei gusti, non mi stupisco quando vedo ben tre confezioni dei biscotti ai cereali che mangio a colazione.
All’interno del residence sono a disposizione degli ospiti: una piscina, un centro benessere e una palestra. Arriccio il naso quando Luca m’informa, con finta nonchalance, che ho anche un posto auto, non mi serve e lo sa. Lui vorrebbe che ricominciassi a guidare, ma io ancora non riesco a sfiorare un volante senza rischiare un attacco di panico. 
Abitano in questo residence anche Karen e Margaret, le nostre assistenti. 
«Sei sicura di voler dormire da sola stasera? Almeno la prima notte in città potresti venire da me. Possiamo prepararci una cena veloce e se sei stanca andare a dormire presto» chiede Luca premuroso.  
«Veramente ho già cenato in aereo e prima di andare a letto vorrei tirar fuori dalle valigie almeno le cose indispensabili. Per questa volta passo, okay?» 
«Come vuoi, non insisto. Ora però devo andare. Passo a prenderti domattina»
«Perché? Non voglio disturbarti, prenderò un taxi»
«Scherzi?! Il primo giorno ti farò da autista, ma non abituarti. Sei troppo mattiniera per i miei gusti. Domani sarà la prima volta in un mese che sono qui che mi presenterò in ufficio prima delle dieci»
«Oh, ma io ho attraversato il globo proprio per insegnarti le sane abitudini. Sveglia presto al mattino e a letto con le galline. Basta nottate a base di alcol e donne»
«Ehi, signorina-sane-abitudini, non sarai mica venuta qua per rompere, vero? Lavoro come un matto tutto il santo giorno e la sera quando posso ho voglia di divertirmi»
«Lo so bene che lavori tanto, anzi troppo, infatti mi hai voluta a Los Angeles proprio per questo, no?»
«Certo! Non vedevo l’ora che arrivavi per rifilarti alcune clienti che mi stanno facendo impazzire»
«Non provare a fare il furbo con me. Ancora non siamo in ufficio e già pensi di mollarmi quelle pallose? Le nostre competenze saranno le stessa di sempre, io gli uomini e tu le donne. Lo sai di  essere molto più bravo di me a trattare con loro» apre la bocca per dire qualcosa ma lo blocco puntandogli un dito sul petto «Zitto e non ribattere. Non mi freghi!» 
«Veramente io speravo che con il trasferimento avremmo rivisto anche le nostre mansioni. Che so…» finge di pensare portandosi una mano sul mento «Ci sono!» esclama, schioccando le dita «Possiamo fare che io mi occupo di quelle sotto i trentacinque anni e tu di quelle dai trentasei in su. Per gli uomini magari cerchiamo qualcun altro» è sul punto di scoppiare a ridere, come lo sono io «Che dici? A me sembra perfetto» alza i pollici come Fonzie e mi fa l’occhiolino.
«Ho un’idea migliore, Fonzie della costa californiana. Perché non facciamo che tu lavori solo con le tettone-cosce-lunghe e lasci a me le cesse?» dico con tono accondiscendente.
«Perfetto, ci sto!» mi porge una mano per sancire il patto. La stringo e poi girandogli il braccio dietro la schiena lo spingo verso la porta di casa.
«Fuori da qui prima che cambi idea e ti molli sia gli uomini che le donne, figone o cesse che siano!»
«Okay, okay, stavo scherzando» risponde, liberandosi dalla mia costrizione e alzando le braccia in segno di resa «Lo sai che senza di te non posso farcela» dice, passandomi un braccio sopra le spalle e fingendo di stritolarmi il collo all’interno del gomito «Vieni qui, scema» sussurra, baciandomi sulla tempia «Mi sei mancata»
«Mi sei mancato anche tu, tanto» rispondo abbracciandolo in vita.
Con il pollice della mano libera sfiora la cicatrice ancora un po’ arrossata sopra al mio sopracciglio «Non si vede quasi più»
«Sì lo so, anche le altre non si notano più come prima. Mi hanno detto che tra qualche mese, se faccio attenzione e non ci prendo il sole, rimarranno solo dei leggeri segni un po’ più chiari»
«Bene. Sei sicura di voler dormire da sola?»
«È forse una proposta la tua?» chiedo, ancora stretta nella morsa del suo gomito e alzando la testa per guardarlo, sbattendo le ciglia languidamente.
«Certo che sì, prima o poi dobbiamo farlo, è un po’ che te lo dico. Per me stasera va benissimo» spalanco gli occhi e mi libero dall’abbraccio «Faccio prima una telefonata però» dice, mentre si rovista le tasche alla ricerca del cellulare.
«Sei sempre il solito cazzone!» esclamo, tirandogli un pugno sulla spalla e ridendo «Vai e goditi la tua serata da single scapestrato» apro la porta di casa, poi con un gesto della mano lo invito a uscire.
«Il solito cazzone che però ti fa ancora ridere. Vorrà dire che sarà per un’altra volta. Ci vediamo domattina, strega» mi saluta con un bacio e se ne va.
 
Prima di andare a letto, do un’occhiata alle scatole per accertarmi che siano tutte integre. 
Ho impiegato più tempo del necessario per svuotare la libreria del mio appartamento di Milano e riporre tutto al loro interno, alternando momenti in cui sentivo affiorare lacrime silenziose ad altri in cui sorridevo come un’idiota. Seduta sul pavimento a gambe incrociate, ho sfogliato album di fotografie e riletto con rinnovata malinconia le dediche dei libri che ho ricevuto in regalo. Spolverando le copertine di cd e dvd ho canticchiato le canzoni che più amo e recitato con voce artefatta le battute dei miei film preferiti. Pochi strati di cartone racchiudono i ricordi di tutta la mia vita. 
Dalla mia borsa prendo il libro che tengo sempre nel cassetto del comodino. L’unico che ho ricevuto in regalo la cui dedica è stata impressa solo dopo che l’avevo già letto. Riapro per l’ennesima volta la copertina e rileggo le parole che ormai conosco a memoria: Tesò, quando mi hai detto di non aver mai letto il mio libro preferito, sono corsa ai ripari e ora eccolo tra le tue mani. Breve ma intenso, fa parte di me fin dalla prima volta in cui l’ho sfogliato, e ora che l’hai letto, è un po’ anche dentro di te. Sei la mia migliore amica. Noi ci siamo riconosciute e scelte. E anche se tra pochi giorni non vivremo più nella stessa città, l’affetto che ci lega sarà sempre con noi, non sarà necessario vederci ogni giorno per mantenerlo vivo. Ma nonostante questo, mi mancherei tantissimo. Mannaggia a te! Ti voglio bene, Scornacchiata. La tua Alice. 
Pochi giorni dopo avermi scritto la dedica, si trasferì per lavoro in un’altra città. Ma aveva ragione lei, noi ci eravamo scelte e sarebbe stato per sempre.
Richiudo il libro e m’infilo sotto le coperte lasciando la luce del comodino accesa, se dovessi svegliarmi durante la notte non voglio rischiare di spaventarmi non capendo dove mi trovo. 
Chiudo gli occhi sperando di addormentarmi in fretta. Ho rimuginato anche troppo durante il viaggio e ho veramente bisogno di annullare almeno per qualche ora tutti i miei pensieri. 
Da domani, poi, cercherò una soluzione per riprendere in mano le redini sfilacciate della mia vita.
 
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Ciao, io sono V.17 e questa è la mia prima storia, sarà un po’ romantica, un po’ ironica e un po’ introspettiva. 
 
A presto…
 
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PICCOLO… SPAZIO… PUBBLICITÀ…
 
Sono una Pecora Nera, non un Agnellino

Con disappunto muove il musetto da un lato all’altro agitando i capelli lisci come la seta e sculettando si avvicina al divano, ci getta sopra la borsa e, porca della miseriaccia ladra, si toglie la giacca lasciandola sul bracciolo. Con le mani in tasca aspetto che si volti verso di me con la stessa inquietudine di un condannato a morte che attende che cali l’ascia del boia, e come già temevo, il colpo di grazia arriva, dritto e preciso, però non dietro al mio collo, ma di fronte a me e al di sotto della cintura. Tiro fuori le mani dalle tasche per osservarle ancora, no che non ci stanno, ma forse con entrambe riesco a circondarne almeno una. 
«Beh, che stai facendo lì impalato?» impalato? Quindi se n’è accorta «Dammi una mano» veramente sono appena arrivato alla conclusione che mi servono tutte e due.
Sollevo lo sguardo. Però qui si gioca scorretto, coniglietta, non te ne puoi stare di fronte a me con le mani ai lati della tua scrivania e piegata in avanti sbattendomi in faccia le tue tette di zucchero filato.

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Disneyland After Dark
 
Il Disneyland After Dark brulicava di ragazzi urlanti, eccitati, accaldati. Addossati uno all’altro quelli in pista investiti dalla cascata di luci che si riversava sopra le loro teste erano una sequenza veloce di diapositive, alcuni gruppi si muovevano seguendo il ritmo della musica, altri saltavano scoordinati con le braccia protese verso il soffitto, qualcuno sull’orlo dello straripamento ormonale era avvinghiato a un altro corpo altrettanto interessato a rifocillare l’appetito sessuale. Davanti al bancone del bar i bicchieroni di plastica trasparente passavano di mano in mano terminando la corsa sopra bocche che li svuotavano con avidità, per placare il caldo soffocante, sciogliere la tensione, annientare la timidezza, potenziare a dismisura l’aggregazione.
Le note rock frustavano le pareti macchiate da scritte e disegni di varie dimensioni e colori, il soffitto che sembrava un caleidoscopio per opera delle luci colorate in continuo movimento, il bancone di legno consumato e graffiato che vibrava al ritmo dei bassi, gli stomaci ebbri di birra e super alcolici, i palati e le lingue che talvolta accoglievano una pasticca accompagnandone poi la discesa attraverso la gola con sorsi abbondanti di miscele più o meno alcoliche.
 
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