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Autore: Akatsuki    21/06/2012    6 recensioni
E se esistesse un altro biju oltre gli altri nove? E se il jinchuuriki di questo demone fosse una ragazza?
E se questa ragazza incontrasse Gaara, cosa potrebbe accadere ai due?
Estratto dal V Capitolo:
Gaara poggiò le mani a terra e si mantenne con le braccia per non cadere, mentre era ancora inginocchiato. Kaen si allontanò di diversi passi dalla figura del Kazekage, che con il respiro affannato si limitava a fissare sconvolto il pavimento. Kaen tremò e si abbracciò le spalle, tentando di non cedere e correre ad abbracciarlo.
«Mi dispiace tanto…» sussurrò piano, e Gaara a quelle parole alzò di scatto la testa e fissò la ragazza così intensamente che questa pensò di potersi spezzare sotto quello sguardo accusatore.

[GaaraxOC] [Primi 4 capitoli revisionati]
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kankuro, Matsuri, Nuovo Personaggio, Sabaku no Gaara, Temari
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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dreams of the desert.













I capitolo.

Davanti a lei si estendevano chilometri e chilometri di sabbia. All’orizzonte il sole splendeva luminoso nonostante stesse per tramontare e sparire dietro la moltitudine di dune dorate. Era uno spettacolo mozzafiato, anche se il caldo torrido di quel posto era tremendamente forte. I granelli di sabbia veniva trasportati leggeri dal vento rovente, che pian piano andava aumentando, segno di una prossima tempesta di sabbia.
Piccole gocce di sudore imperlavano la candida fronte di una giovane ragazza, e dal suo viso estremamente provato si poteva intuire che non fosse abituata a quel clima, tipico del Paese del Vento.
I capelli castani lunghi fino a metà schiena, ora raccolti in una coda alta, erano bagnati e gocciolavano sempre con meno frequenza. Poco prima si era imbattuta in una piccola oasi dove aveva potuto riprendersi e rinfrescarsi a dovere, altrimenti in quel momento sarebbe svenuta sulla sabbia bollente senza la forza per alzarsi. Sfortunatamente, i caldi raggi del sole avevano ormai quasi asciugato la pelle della ragazza, e quindi la situazione era la stessa di qualche ora prima.
Nonostante la stanchezza, la giovane kunoichi continuava ad avanzare imperterrita. Il suo carattere non le permetteva di arrendersi facilmente, e alcune volte questa sua caratteristica poteva essere un vantaggio, altre una specie di maledizione, un po’ come quella che portava con sé da praticamente sempre.
Gli occhi verde smeraldo erano determinati, ma se li si osservava bene si potevano scorgere tanti sentimenti negativi che la ragazza cercava da tempo di soffocare.  Dolore, rabbia, rancore e tanta sofferenza, che da anni ormai erano gli unici compagni presenti nella sua vita.
La causa era una sola e non era da sottovalutare. Una maledizione che portava morte e dolore ovunque lei andasse, a cui nessuno poteva sottrarsi. Lei lo sapeva bene, e nonostante questo si era spinta ai confini di quel paese e li aveva superati, decisa a crearsi una nuova vita in quel posto che le aveva dato tanto e tolto allo stesso modo.
Lei era la jinchuuriki di uno dei demoni più pericolosi esistenti, anche se conosciuto estremamente poco. Era un biju molto particolare, di cui nessuno sapeva l’esistenza oltre agli abitanti dello stesso villaggio da cui veniva. Si sussurrava che fosse un demone terribile, al pari del Kyuubi. Aveva le sembianze di un’enorme pipistrello rosso scarlatto, con i canini acuminati e gli occhi di un’ inquietante giallo, che sembravano penetrare l’anima di chiunque ci si perdesse dentro, quasi avessero il potere di controllarla. Il villaggio natio di quella bestia era situato nel Paese del Fuoco ed era poco conosciuto grazie agli stessi abitanti, abilissimi nelle barriere confinanti e che avevano protetto la loro patria dalle attenzioni sgradite del resto del mondo. L’ultima apparizione di Hiirowo –così si chiamava- era avvenuta sedici anni prima, pochi giorni dopo la nascita della bambina che ora ne era portatrice. Pochi erano quelli in grado di sigillare il mostro, e ancor meno quelli in grado di sopportarne la presenza nel loro corpo. La sfortuna volle che la bimba fosse la discendente dell’unica famiglia del villaggio in grado di tener testa ad Hiirowo, e così ne divenne la jinchuuriki. Di certo il potere derivante da questa sventura era assai grande, ma mai quanto la disperazione che ne derivava, e lei lo sapeva fin troppo bene.
 
 
Ormai la ragazza camminava da ore ed era davvero stremata, la stanchezza stava per prevalere sul suo corpo affaticato e lei stessa si rendeva conto di aver bisogno di liquidi e tanto riposo. Dopo circa tre giorni di viaggio, dal Paese del Fuoco era finalmente arrivata a Suna, il villaggio principale del Paese del Vento. Davanti ai suoi occhi si ergeva finalmente in tutta la sua maestosità quel meraviglioso villaggio, dove il colore prevalente era quello della sabbia che lo circondava in un deserto che sembrava sconfinato.
Arrancò affaticata fino alle porte di Suna, dove  cadde a terra con un tondo sordo, catturando l’attenzione di una kunoichi di guardia all’entrata, che subito le si avvicinò, guardinga.
«E tu chi diavolo saresti?» Temari non ricevette risposta da quella strana ragazza e seppur di malavoglia si vide costretta a chiamare aiuto per trasportarla all’interno delle mura, tenendola d’occhio con estrema attenzione. Poteva essere un nemico o una spia, indipendentemente dalle cure che necessitava. Chiamò un ninja che passava di lì e gli ordinò di portarla all’infermeria del palazzo del Kazekage, dato che l’ospedale del villaggio era inagibile perché in fase di ristrutturazione e l’unica ala disponibile era piena, come lei ben sapeva in quanto sorella del Kazekage. Seguì il ragazzo avanti a lei lanciando un’ultima occhiata stranita a quella ragazza e sentendosi leggermente confusa. Aveva la sensazione di averla già vista.
 
 
 
Dalla finestra del suo palazzo, un ragazzo dai capelli rossi e gli occhi acquamarina osservava il suo villaggio con sguardo perso e glaciale. Avrebbe dovuto abbandonare quell’espressione distaccata che da anni era presente sul suo viso, ma ormai era un’abitudine non mostrare i suoi  veri sentimenti ed era naturale per lui rivolgere al mondo lo stesso sguardo che lo caratterizzava da quasi sempre.
Si era sottratto per un po’ dai suoi compiti da capo villaggio, quali firmare montagne di documenti che continuavano ad arrivare appena credeva di aver finito il gruppo precedente. La sua scrivania era piena di fogli e sul pavimento erano presenti pile e pile di cartelline con dentro altri documenti su missioni, nuovi ninja, pratiche burocratiche e decine di altri problemi.
Si aggiustò con una mano la sua tunica da Kazekage e tornò lentamente alla sedia. Guardò indifferente il lavoro arretrato, nonostante dentro stesse sbuffando apertamente, e si sedette piano alla scrivania per continuare a compiere i suoi doveri.
Non aveva nessuna intenzione di rimanere fino a tarda notte lì dentro perché aveva perso tempo ad ammirare il suo villaggio. Era la sua terra natia, ci era affezionato e non voleva che nessuno dei suoi abitanti dovesse soffrire o peggio, morire. Certo, molti  di loro non si fidavano ancora di lui e non poteva dargli torto, dato che per anni aveva ucciso spietatamente degli innocenti solo per il gusto di sentirsi vivo, per avere una ragione di vita. La sua esistenza avrebbe avuto un senso fino a quando sarebbero esistite al mondo persone da uccide. Era questo quello che ripeteva , e pensando a quella frase sentiva sempre una morsa allo stomaco. Troppo debole, troppo. Non era riuscito a resistere e si era fatto consumare dal suo dolore, fino a diventare un mostro sanguinario. Naruto Uzumaki  aveva vissuto la sua stessa situazione, ma lui era riuscito a resistere ed a vivere sempre con il sorriso stampato sulle labbra. ”Da un lato è stato più fortunato” si diceva Gaara “aveva il supporto dei suoi amici. E io? Io non avevo nessuno su cui fare affidamento, con cui sfogarmi e farmi consolare nei momenti di sconforto. Ero solo.” Questo si ripeteva per ‘consolarsi’ e per sentirsi meno male, per sentirsi meno in colpa, ma non funzionava mai e finiva per reputarsi più debole di quanto già non fosse stato in passato.
Anche ora che era stato eletto Kazekage avevano tutti paura di lui e di quello che portava dentro e di certo non poteva chiedere a tutta la sua gente di dimenticare quello che aveva fatto, sarebbe stato impossibile. Per ora svolgeva i suoi compiti diligentemente e cercava di comportarsi al meglio, nonostante il suo sguardo freddo incutesse timore a tutti i suoi sottoposti e agli abitanti del villaggio.
Abbandonò quella marea di pensieri e rivolse la sua completa attenzione ai documenti che aveva davanti, tanto che non si accorse che qualcuno aveva bussato alla porta. Il rumore si ripeté, ancora e ancora, fino a che la porta si aprì cautamente e dallo spiraglio sbucò una testa castana.
«Kazekage-sama, è qui dentro?» chiese Matsuri preoccupata. Stranamente Gaara non le aveva risposto con il solito ‘avanti’ che ormai la accompagnava tutte le mattine quando andava nel suo ufficio per portargli altre cartelline, che sfortunatamente aumentavano di giorno in giorno. Molto spesso si offriva di aiutarlo quando vedeva che era molto stanco e rimanevano insieme per un paio d’ore a firmare fogli su fogli, cosa che rendeva davvero felice la piccola Matsuri. In fondo era il suo maestro.
Il rosso alzò piano la testa praticamente immersa nella scrivania e guardò la porta dalla quale era sbucata la ragazza.
«Sono qui Matsuri, entra pure.»
«Buongiorno Kazekage-sama, le ho portato gli altri documenti.»
«Ti ringrazio, poggiali pure qui.» rispose Gaara indicando con un cenno della testa uno spazio libero sulla scrivania e continuando a firmare i fogli. Stiracchiò leggermente il collo alzando gli occhi al cielo. Gli piaceva essere un kage, ma negli ultimi giorni era davvero stanco.
Matsuri fece come il rosso le aveva detto, per poi tornare composta davanti alla postazione di Gaara osservandolo preoccupata. Fece per allungare una mano per poggiarla sulla sua spalla ma si trattenne, non poteva certamente fare una cosa del genere, per di più con il Kazekage in persona. Non era un segreto che la ragazzina provasse dei sentimenti nei confronti di Gaara, ma era ben decisa a tenerlo segreto almeno al diretto interessato.
Tentennò un attimo, indecisa se uscire di corsa dalla stanza o rimanere per fare compagnia al suo maestro ed eventualmente aiutarlo a finire più in fretta il lavoro. Non voleva che si stancasse più del dovuto, così poi da svenire o peggio, ammalarsi. Era assolutamente fuori discussione, così optò per una via di mezzo.
«Se vuole posso portare a casa una parte del suo lavoro e svolgerla al posto suo, Kazekage-sama.» sussurrò indecisa, strusciando nervosamente il piede sul pavimento. Non si era mai sentita così imbarazzata in vita sua, perché gli aveva chiesto una cosa del genere? Nella sua mente aveva entrambe le mani nei capelli e tremava disperata, arrabbiata con se stessa per la sua sfacciataggine.
Gaara alzò lo sguardo dalla scrivania e lo posò sulla sua allieva. Accennò un sorriso impercettibile e si sedette meglio sulla poltrona. «Non c’è bisogno che tu faccia questo per me. Inoltre so che devi andare in missione, non credo sia giusto caricarti anche del mio di lavoro.»
Arrossì di vergogna ma si sentì anche un po’ delusa dalla risposta di Gaara. Certo, era vero che aveva delle cose da fare, ma dentro si sé si aspettava qualcosa di più da lui.
«Certo, Kazekage-sama. Allora vado, devo prepararmi per partire» fece un breve inchino e si voltò velocemente verso la porta, raggiungendola a grandi falcate, desiderosa di uscire al più presto da lì e di allontanarsi il più possibile da quel ragazzo. Non sapeva neanche lei perché fosse così delusa, ma in fondo sapeva che era perché era innamorata di quel freddo e insensibile Kazekage. Appena fuori dalla stanza si appoggiò sul muro lì di fronte e si lasciò cadere, poggiando la testa fra le ginocchia e guadagnandosi gli sguardi curiosi dei ninja che passavano di lì e quelli indignati degli anziani del villaggio. Era così sciocca, perdere la testa per una persona del genere. Ma poi, perché gli piaceva tanto? Era di ghiaccio, non esprimeva mai i suoi sentimenti e la trattava come tutti gli altri. Ma era anche dolce a modo suo, sempre gentile e cortese, non si arrabbiava mai e quei sorrisetti accennati che regalava alle persone a lui più vicine la facevano sciogliere. Stupido, irresistibile Gaara.
Sospirò e si alzò lentamente per dirigersi verso casa sua e per prepararsi alla missione. In cuor suo sperava davvero che potesse mancare, anche solo un po’, al ragazzo. Una speranza vana, perché sapeva bene che il suo cuore non apparteneva a nessuno ed era fin troppo difficile avvicinarvisi. Si chiese se qualcuno ci sarebbe mai riuscito.
 
 
 
 
 
 
 
N/a: sssalve!
Allora, ho scritto questa storia diversi anni fa, arrivando a malapena al quarto capitolo. Ora l’ho ripresa e ho modificato meglio che potevo i capitoli già scritti, aggiungendo e togliendo della parti e delineando tutta la storia a grandi linee nella mia mente. Ho anche cambiato il nome della protagonista e il suo sviluppo personale, le sue abilità e le relazioni che avrà con gli altri personaggi.
Ho modificato allo stesso modo gli altri tre capitoli e aggiunto un altro, scritto in questi giorni. Non so bene quanti capitoli avrà nel complesso, quindi taccio in quanto non voglio deludere le aspettative di nessuno in quanto lunghezza della storia. Spero solo che vi piaccia e se avete dubbi, critiche o commenti generali sarei felice se me li poneste, in quanto voglio migliorare il più possibile questa long.
Grazie mille a tutti!
Akatsuki
  
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