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Autore: Cacciatrice    21/06/2012    1 recensioni
Cosa accadrebbe se ci fosse una rivoluzione mondiale?! Se un gruppo di individui organizzatosi in ogni parte del mondo esplodesse in una rivolta talmente potente da distruggere ogni cosa?! Potreste non credere nei Maya, ma non potete negare la pazzia del genere umano. Jen e Josh sopravvissuti alla catastrofe della loro cittadina, a causa di una serie di avvenimenti, vengono divisi in due eserciti diversi. Cosa succede se ti ordinano di sparare all'amore della tua vita, al tuo sostegno, a tutto ciò che ti è rimasto?!
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Walking corpses in a dead place Pov Josh
"Diamine!" pensò prima di spalancare la porta di casa, senza curarsi di salutare i propri genitori, era in ritardo! Iniziò a correre verso la casa di Jen, già se la immaginava fuori sugli scalini a guardare in cagnesco la via. Ma non c'era. Suonò il campanello e comparve April, la madre di Jen. Le assomigliava molto, avevano la stessa forma degli occhi, la stessa consistenza capelli, il colore invece erano una fusione tra il castano scuro della madre e qualche ciocca biondiccia del padre, queste ultime si notavano di più in estate, perciò per tutte le altre stagioni era un castano scuro-chiaro, quando era piccola Jen gliel'aveva descritto "come il colore del vomito quando mangi una banana ricoperta di cioccolato" e lui le aveva risposto " o della cacca" e da quel giorno Jen aveva i capelli color cacca. Gli occhi invece erano tutt'altra storia, lei sosteneva che non fossero marrone normale,ma cervoni, ovvero alla luce del sole a volte diventavano verde scuro. Josh l'aveva presa in giro, ma un giorno li vide, erano al parco e c'era un sole accecante, lei si tolse gli occhiali da sole e gli occhi erano verdastri, no il verde chiaro che si vede sulle modelle, era il verde dell'erba scura mista al terreno, più reale, comunque non le aveva detto nulla per non darle la soddisfazione di avere ragione.
<< Josh! Sei puntuale, sicuro di stare bene? >>
April sorrise, ecco il sorriso era un'altra cosa che avevano in comune, e lo invitò ad entrare.
<< Sì! Non volevo che mi rimproverasse...>>
Sorrise anche lui, April gli era simpatica aveva un qualcosa di diverso, era sempre solare e socievole, gli ricordava sua madre quando non litigava con suo padre, ovvero raramente.
<> Una voce alle sue spalle scimmiottò la sua, si girò con un'espressione sarcastica e una risposta pronta, però qualcosa lo trattenne. La giovane donna che gli si stava avvicinando aveva i capelli sciolti , leggermente mossi le arrivavano alle spalle, le gambe erano fasciate da jeans neri aderenti, una canotta bianca le abbracciava il busto mettendo in risalto il seno, infine una camicia nera a maniche corte le donava un tocco in più, un tocco "alla Jen", sembrava più alta perciò guardò in basso e vide che ai piedi non c'erano più le Vans, ma delle scarpe con tacco, abbastanza alte da poterlo raggiungere senza alzarsi in punta di piedi. La cosa che lo catturò di più del resto era il volto, truccato delicatamente, gli occhi sembravano verdastri anche senza la luce del sole a causa dell'ombretto scuro, di uno strano colore tra il nero e il marrone, la matita nera sottolineava la delicatezza degli occhi,quasi orientali pur non avendo nessun parente proveniente da quella parte del modno, infine le labbra erano rosse e carnose, in quel momento increspate da un sorriso per niente ingenuo.
<< La prossima volta dimmi come ti vesti! Guardati, menomale che non indossi i tacchi! >>
Quelle parole lo costrinsero a osservarsi, bè in effetti anche lui indossava dei jeans scuri, una maglietta bianca e una camicia nera aperta, ai piedi aveva delle scarpe da ginnastica bianche. Lui annuì, cercando di non osservarla più di tanto.
<< Jen, ricordati di portare le Vans insieme. Non vorrai rimanere seduta tutto il tempo. >>
Per fortuna April lo salvò, Jen corse verso camera sua e Josh si chiese come riuscisse a correre con quegli affari ai piedi, lui sarebbe caduto rompendosi una gamba. "Forse è una dote femminile" pensò. La ragazza tornò e senza aggiungere altro salutarono April e si diressero verso il pub, era vicino casa perciò sarebbero potuti andare a piedi.
<< Pronta per la cena di fine anno? >>
Chiese Josh per rompere quel dannatissimo silenzio, la ragazza al suo fianco sollevò lo sguardo disorientata come se avesse interrotto un flusso di pensieri importanti.
<< Cosa?! Oh! Sì! Certo. Tu? >>
<< Sì, anch'io... >>
E l'odioso silenzio ritornò. Josh si chiedeva la causa di quella timidezza istantanea, iniziò ad analizzare il comportamento di Jen mentre camminavano, si spostava spesso la ciocca dietro l'orecchio, le unghie erano ormai nulle e le dita stavano iniziando a sanguinare. Doveva fare qualcosa per fermare quell'autolesionismo.
<< Ok, che hai? >>
Le chiese fermandosi improvvisamente e catturando ogni suo movimento. Lei lo guardò di rimando, come se non volesse essere al centro delle sue attenzioni.
<< Niente...>>
Sussurrò riprendendo a camminare, ma Josh glielo impedì, le afferrò una spalla e la fece girare.
<< Sei nervosa. Che hai? >>
Lei assottigliò le palpebre, in quel modo che diceva " sto per darti un pugno".
<< Oh è arrivato Sherlock Holmes! Ma dai! Non l'avevo notato! "Sei nervosa!" Bla bla bla. >>
Fece per girarsi, ma la mano di Josh era sempre ferma sulla sua spalla. Jen sospirò, era strana, davvero strana. Di solito non era così nervosa nemmeno per il compito di matematica e non era certo un genio in quella materia, bè nemmeno lui lo era.
<< Tu sei nervoso. >>
Questo era un'accusa bella e buona! Lui non era nervoso, certo gli sudavano le mani e sentiva una cosa strana allo stomaco, però non era nervoso.
<< E non dire che non lo sei! Lo so perché mi hai rivolto la prima parola della serata poco fa, chiedendomi "come stai?">>
L'ultima frase la disse scimmiottando la voce del ragazzo, la quale attività era ormai diventata il suo hobby da quando secondo lei Josh aveva acquisito una voce più  "da uomo" e quindi più profonda. Aveva ragione non le aveva parlato perchè pensava che lei fosse nervosa, a sua volta lei non aveva rotto il silenzio a causa del suo mutismo. Si domandò perchè non le aveva parlato e non arrivò nessuna risposta razionale. Oh, c'era il fatto che voleva ignorarla perchè quella sera era proprio...."carina", no una bambina con le treccine è carina, "affascinante" nemmeno, una signora è affascinante...lei era ...ecco, non lo sapeva.
<< Scusa. Stai bene stasera...>>
Lasciò la presa e iniziò a camminare velocemente, sentendo il rumore dei tacchi di Jen dietro di lui, il rumore divenne più forte e frequente, si girò e lei era accanto a lui.
<< Potresti rallentare, sai potrei cadere da un momento all'altro. >>
Arriciò il naso, disguastata da quella visione, le labbra di Josh si curvarono involontariamente in un sorriso e iniziò a camminare più lentamente.
<< Come mai ti sei messa "in tiro"? >>
Chiese con sguardo malizioso, come se volesse farla arrossire per avere una prova della sua colpevolezza.
<< Oh, bè. Io ... no aspetta! Non mi sono "messa in tiro". Forse un po'. Ho esagerato?>>
La voce da bambina con la quale pronunciò l'ultima domanda, fece allargare il sorriso di Josh. Non aveva la minima idea dell'effetto che faceva. Era indeciso tra il dire "no" e chiederle il motivo, oppure "sì" e portarla a casa a cambiarsi. "Perchè vorrei che si cambiasse?" chiese a se stesso. La sua mente concretizzò le sue sensazioni in una parola: gelosia. Diamine no, lui non era geloso!
<< Sì, però sei... wow! A cosa dobbiamo questa preparazione? >>
Con questa domanda mandò al diavolo il proprio cervello. Jen sorrise un po' imbarazzata e non aggiunse altro.
<>
Un moto quasi violento di curiosità lo pervase, voleva saperlo a tutti i costi. Si chiese il motivo di tutto ciò. " Per spaccargli la faccia" gli disse il cervello. Josh roteò gli occhi, certo che no, voleva solo conoscerlo. Però se c'era un ragazzo, quel ragazzo doveva appartenere alla classe, perchè se no non si sarebbe vestita e truccata in quel modo proprio stasera. Mise a rassegna i volti e le personalità di tutti i maschi della classe e non trovò nessuno adatto a Jen.
<>
Fece la sua solita espressione da cucciolo indifeso, ma Jen non abboccò, si limitò semplicemente a scuotere la testa e a incrociare le braccia al petto.
<< Ehy! Ben arrivati! Con un quarto d'ora di ritardo!>>
Le urla dei loro compagni si potevano sentire anche a due kilometri di distanza, ma stranamente Josh li aveva sentiti solo ora. Adam,con i capelli mossi castani- un po' più chiari di quelli di Jen- e gli occhi castano chiaro, gli si avvicinò e si salutarono con la solita stretta di mano accompagnata da un semi abbraccio, poi gli sorrise: ehi, era il suo migliore amico! Vide Alex, la migliore amica di Jen, che le andava incontro e l'abbracciava, aveva i capelli acconciati in modo tale da avere il viso scoperto e il resto dei capelli marrone scuro dietro, come Jen aveva optato per una canotta però la sua era rossa e tale colore era richiamato nell'ombretto rosso scuro sugli occhi neri e infine indossava dei jeans corti, anche lei aveva dei tacchi ma un po' più alti, Josh si chiese come diamine facesse a camminare.Entrarono e trovarono tutti gli altri, si sedettero e iniziarono a mangiare e a scherzare come al solito. Il tempo passava veloce, mentre stava ballando con i suoi amici controllò l'ora, mancava poco a mezzanotte doveva avvisare sua madre che stava andando tutto bene, uscì e fuori trovò Jen che parlava al telefono. Forse stava aspettando quel tipo, nella mente di Josh si stava già creando una storia su di lei che parlava con un tizio... il buio li pervase. Le luci si spensero, tutte insieme, nessuna luce di emergenza si accese. Ad un tratto un rumore assordante lo rese sordo, proveniva dall'alto, d'istinto abbracciò Jen, la quale lo stava guardando un po' stranita. Dopo ciò ci fu solo il caos. Bombe che esplodevano, persone che urlavano, Jen che farneticava qualcosa ma lui non poteva ascoltarla, senza nemmeno accorgersene iniziò a correre trascinandosi dietro la ragazza. Gli urlava qualcosa, lui non capiva. Non era spaventata, o impaurita, solo allarmata e furiosa con lui che non la capiva. << ALEX E ADAM >> mimò con le labbra. Giusto! Li avevano lasciati lì. Si fermò di colpo facendo quasi cadere Jen e si girò, da lontano si potevano vedere i contorni del locale distrutto e non solo il locale tutto intorno a loro era distrutto. Voleva ritornare indietro ma la mano gelida di Jen stretta alla sua lo fermava, la guardò, lei indicò il cielo: delle nuove bombe vennero scaraventate contro il locale. Una lacrima lenta e ardente solcò la sua guancia. I loro amici erano morti. Adam. Come quando nei film raccontano che quando una persona muore gli passa tutta la vita davanti, lui ricordò tutti gli attimi, tutti i sorrisi, le battute fatte con Adam. Il senso di "completezza" che aveva quando era con lui. Era tutto finito. Ricacciò indietro quel magone che tentava di soffocarlo, avrebbe pianto dopo, se ci fosse stato il tempo. Si girò verso Jen, anche lei aveva lo sguardo fisso sul locale, ma non piangeva si limitava a osservalo con gli occhi spalancati. Josh pensò che non l'aveva mai vista piangere. Dovevano correre! Dovevano andare dai propri genitori! La scosse e senza che lui dicesse niente capì il filo dei suoi pensieri. Iniziarono a correre verso le loro case.Una sensazione brutta, cattiva si fece strada in lui come quando da piccolo sai che stai candendo dall'altalena ma non puoi evitare di farti male. "Troppo tardi" disse il cervello. Ogni briciola di lucidità andò via. Vide Jen che si staccava da lui e correva verso casa sua, che si accasciava a terra, tra le ceneri e sussurrava. Non piangeva. Non urlava. Stava per andare lì e urlarle contro di piangere. Ma incrociò le ceneri di una dimora famigliare, evitò di pensare che tra quelle ceneri c'era la sua famiglia. Notò un vaso, brutto, sano, in piedi e iniziò a ridere isterico. Sua madre gli aveva detto che pur colpendolo quel brutto vaso sarebbe sopravvissuto anche alle bombe, lui e sua sorella si erano guardati immaginando di avere un'arma a loro disposizione per distruggerlo per quanto era brutto. Lui era lì. Lui era sopravvisuto! Sua madre no! La sua adorata madre no! Sua sorella nemmeno! E nemmeno suo padre...e adesso con chi si sarebbe infuriato per le poche attenzioni?! Prese il vaso e iniziò a riempirlo di botte, la risata si trasformò in degli strani singhiozzi e si ritrovò a piangere. Una figura gli si avvicinò, gli tolse il vaso ancora intatto dalle mani e lo abbracciò.
<< E' ANCORA INTERO!>>
Urlò tra i singhiozzi, le mani fredde come quelle di un morto gli acarezzavano i capelli e dei sussurri che non riusciva a capire come una specie di cantilena gli arrivavano alle orecchie , cadde in ginocchio e lei con lui.
<< Devo distruggerlo, devo distruggerlo,devo...>>
Era la sua voce che sussurrava quella cantilena. Lei non parlava, si limitava ad abbracciarlo e ad accarezzarlo come quando mamma arriva e ti vede giù da quella maledetta altalena. Cercò di non pensare al fatto che non sarebbe più arrivata. Che quegli occhi celesti uguali ai suoi erano in quelle ceneri, con i capelli ricci, e quel sorriso fatto di denti perfetti.
<< Non ho messo in ordine la camera. >>
Disse con una voce che non era la sua, era più...infantile. Non la riconosceva. Jen scosse la testa come per dire "non importa". Passarono ore, o forse solo pochi minuti interminabili. Lei si alzò e gli porse la mano.
<< Dobbiamo andare.>>
Sussurrò, come se non volesse dirlo, come se avesse paura che la sua voce andasse via dal corpo. Josh si alzò, le prese la mano e iniziarono a cammianare insieme. Cadaveri ambulanti in un posto ormai morto.
*Note dell'autrice*
Hello! Bè questa è la terza parte del racconto che scrivo in meno di ventiquattro ore,anche se non ve ne importa mi andava di dirlo. Se avete delle idee, domande, cose che non vi piacciono...ditemelo, per favore. Grazie per essere arrivati fino alla fine. Ciao! :) P.S. ci sono quei dannatissimi "<>" che non riesco ad eliminare, perciò ignorateli.
  
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