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Autore: archadhia    23/06/2012    4 recensioni
Dannato, inutile, patetico amarsi. Non serve a niente. Non è abbastanza.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Regulus Black, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

 

 Concorsi:  sviluppato per la sfida n° 5 di "Sei personaggi in cerca d’autore"  indetto dal forum di Magie Sinister.


Dedico queste righe ad una persona che non c'è più, una persona, a suo modo, meravigliosa, che mi ha aiutata con parole splendide. Un poeta, un cazzone, uno che ho sempre sospettato essere immenso. Un amico, ma anche uno che ha deciso di lasciare questo mondo.

A te, Morgan. Rest in peace.





Severus Snape stava bevendo the nero davanti al camino vecchio e fumoso del suo appartamento quando Castore, il gufo di Regulus, planò sul tavolo della cucina e arrivò fino a lui, beccandogli la mano. Con un sospiro irritato appoggiò la tazza sul pavimento e si allungò per prendere il rotolino dalla zampa dell’animale, maledicendosi per non aver sigillato la finestra.
Quando Castore prese di nuovo il largo, Severus srotolò il foglio stropicciato e lesse il messaggio conciso, scritto sulla pregiata carta intestata di casa Black.

“G.P. E’ importante. Reg”

Severus si smaterializzò all’istante a Grimmauld Place, direttamente davanti alla porta della stanza di Regulus – aveva da tempo il permesso di farlo - e la spalancò senza neanche preoccuparsi di bussare.
“Severus, sei venuto…” mormorò Regulus, dal sofà imbottito sul quale era semisdraiato.
“Un messaggio del genere e pretendi che rimanga in poltrona a sorseggiare the?” Esclamò Severus, chiudendosi la porta alle spalle. “Allora, a cosa devo il disturbo?”
Snape si rese conto che c’era davvero qualcosa che non andava perché Regulus se ne stava accoccolato lì, a guardarsi le mani, assorto, senza replicare al suo sarcasmo.
“Ho paura, Severus,” fece Regulus all’improvviso, con gli occhi bassi. “Ho paura di dover puntare la bacchetta, di uccidere ancora.” Continuò, stringendo i pugni.
Per Severus fu totalmente inaspettato.
Che stava succedendo? Regulus Black, lo stesso che si professava il più fedele dei seguaci di Voldemort, lo stesso a cui gli occhi avevano brillato di una luce incandescente mentre il Marchio si impossessava della sua carne, bruciandola fino alle ossa e facendolo urlare di dolore e soddisfazione: quello stesso Regulus, adesso aveva paura? Cos’’era cambiato?
“Non voglio più farlo.” Continuò Regulus, alzando lo sguardo e cercando il suo.
Severus non reagì subito: quelle parole sembravano uno scherzo, ma gli occhi di Regulus, beh, quelli erano sinceri. Li conosceva troppo bene, ci si era perso così a lungo e per così tante volte – tutte le volte che non sopportava più di guardare la vita che gli accadeva intorno, lontana da lui. No, non poteva sbagliarsi.
“Mi assicurerò di essere con te quando dovrai prendere parte ad un’azione,” Disse poi, cercando di minimizzare.“Se necessario agirò al tuo posto, Regu-”
“Non farlo,” Regulus lo interruppe, stringendosi il busto con le braccia - in fondo alla sua voce risuonò una nota stridente che Severus non aveva mai sentito prima. “Non tentare di difendermi, non tenermi indietro: non farlo. Sarebbe anche peggio, sapere che tu hai dovuto assumerti le mie responsabilità.”
“Regulus, sai che posso farlo.”
“Si, lo so.” Rispose il più giovane. “Ed è spaventoso.”
“Cosa intendi dire?” chiese Severus, in un soffio.
Regulus non rispose e spostò lo sguardo oltre la finestra, fissandolo sulle gocce di pioggia che frustavano i vetri.
“Rispondimi,” Insistette Severus, stringendo le labbra, nervoso. “Hai paura ma non vuoi il mio aiuto. Si può sapere che intenzioni hai?”
“A che serve che io non voglia allontanarmi da te?” Chiese Regulus, sperando davvero in una buona risposta. “A che serve, se ormai solo l’idea di… questo…” disse con voce rotta, mostrando il proprio avambraccio sinistro. “ …mi fa venire i brividi?”
Sulla stanza scese un silenzio denso, ed entrambi cominciarono ad avvertire una sensazione orribile formicolare sulla pelle.
Rabbia. Perdita. Ancora rabbia.
Severus trascinò in piedi Regulus e gli afferrò il braccio, tenendolo sospeso tra di loro, con il palmo rivolto all’insù. Regulus tentò di divincolarsi, senza successo e lui cominciò a parlare.
“Quando abbiamo preso il Marchio, abbiamo scelto, abbiamo giurato fedeltà,” Tuonò, stringendo il polso di Regulus. “Ci è entrato dentro molto più a fondo di qualche strato di pelle, lo sai, lo hai sentito. Lo volevi!”
Regulus non rispose, rimanendo ostinatamente voltato dall’altra parte.
“Guardami, Regulus. Non si tratta di me, ma del fatto che non puoi permetterti di cambiare idea, lo capisci!?” Insistette Severus.
Non ne usciresti vivo.
“Tu credi?” Rispose Regulus, girandosi all’improvviso e sfidandolo con lo sguardo.
“Ma cosa…?” Severus lasciò la presa e indietreggiò di qualche passo.
Era confuso, stava succedendo tutto troppo in fretta.
Paura? L’idea di tornare dal Signore Oscuro senza Regulus…
Solitudine. Di nuovo.
Se tradisce morirà: questo mi fa paura.

“Non ti dirò niente, Severus. Tu non rinuncerai al potere che ti dà la tua posizione. E io non voglio renderti vulnerabile e neanche che tu finisca per tradirmi.”
Severus lo fissò, incredulo. “Non potrei mai farlo, non a te. Perché diavolo lo pensi?”
Seguì un silenzio gelido, in cui i due si fissarono come se fosse la prima volta che si vedevano.
“Perché non puoi permetterti di cambiare idea.” Rispose Regulus con freddezza.
E’ così? – pensò Severus -Siamo nemici, adesso?
Avrebbe voluto urlare, scalciare, impedire con qualunque mezzo che Regulus se ne andasse ma, come al solito, si mostrò assolutamente calmo e inspirò profondamente.
“Capisco.”
“Ne sono sicuro,” Rispose Regulus, poi, con un sospiro, continuò. “Una cosa, però, voglio dirtela: assicurati di essergli sempre indispensabile.”
“So bene come è meglio agire.” Fece Severus, con la voce appena incrinata.
“Lo so, sei stato tu ad insegnarmi tutto,” ammise Regulus. “ma io non posso sopportarlo, non voglio. Tu sei sempre stato più forte di me.”
Parli di forza, Regulus, ma io non sento niente. Hai visto il vuoto nei miei occhi quando torturo, quando uccido. E’ disumano: io sono disumano, ma è l’unico modo. Solo quando alzo lo sguardo su di te torno a sentire il battito del mio cuore.
Severus pensò tutto questo, ma rimase in silenzio.
Poi, d’un tratto, il Marchio cominciò a bruciare.
Entrambi portarono istintivamente la mano sull’avambraccio dolorante e Regulus vacillò, arretrando fino ad appoggiare la schiena contro la parete.
“Basta!” Si girò con il viso rivolto al muro e cominciò a strofinare freneticamente il braccio sulla pietra ruvida.
“Lasciami in pace!” Continuò ad urlare e a scorticarsi senza preoccuparsi del sangue che cominciava a colare dalla pelle lacerata, imbrattando la parete.
Severus si avvicinò con circospezione per tentare di calmarlo, ma Regulus non ne volle sapere e, con la mano libera, lo respinse con tutte le forze.
“Stai lontano da me!” Gli intimò. “Non lo sopporto, sto impazzendo!” La voce di Regulus si incrinò e le ultime parole si udirono a malapena, mentre si trasformavano in un urlo roco.
“Regulus, calmati,” disse Severus, in tono perentorio. “Il Signore Oscuro sta aspettando, ora devi calmarti e venire con me, o si insospettirà.”
Regulus appoggiò la guancia bollente e bagnata di lacrime sulla pietra fredda, ansimando, poi cominciò a ridere piano, quasi istericamente.
“Allora non hai capito,” Ringhiò. “Io non verrò. C’è una cosa che devo fare e, se tutto va bene, quel mostro andrà finalmente all’inferno!”
“Vuoi farti ammazzare? E’ questo che vuoi? Stiamo parlando di Voldemort: lui non permette a nessuno di lasciarlo,” tentò Severus. “Ora devi darti una calmata e venire con me, avremo tutto il tempo di parlarne più tardi.”
Regulus si voltò, spingendo la schiena contro il muro imbrattato del suo sangue.
“Ho detto che non verrò,” fece, deciso. “Tradisco, Severus e se Merlino vorrà, riuscirò a cavarmela e portare a termine il mio compito.”
L’improvvisa consapevolezza tagliò il respiro di Severus, zittendo persino il dolore del Marchio, che continuava a mordergli la pelle.
“Devi avere un’ottima ragione per fare una scelta del genere, Regulus,” La sua voce era un sussurro sinistro, ora. “E’ così? Ce l’hai?”
“Sai che è così,” Rispose Regulus. “Altrimenti non ti lascerei a lui. Altrimenti continuerei ad immergere le braccia fino ai gomiti in sangue innocente. Con te. Perché tu non vuoi cambiare idea, non è vero?” riprese Regulus, tentando di incatenare gli occhi di Severus ai suoi. “Non fai niente che non serva a te stesso, e forse è giusto co-”
“Basta!” Severus lo interruppe, urlando. “Tu non hai idea! Da perfetto Black credi di sapere tutto! Pensi che sia facile per me? Pensi che io desideri tutto questo?” Disse, indicando ancora una volta il braccio sinistro. “Il prezzo che pago è molto più alto di quanto credessi, ma senza questo io non sono niente, niente! E non ci rinuncerò, hai detto bene. Ma tu… tu sei la mia anima, l’unica prova che ho di non essere un mostro. Se te ne vai tu, non avrò più freni.”
Gli occhi di Regulus tornarono umidi e lui abbandonò le braccia lungo i fianchi, spossato.
“Non posso più essere questo, non posso salvarti da te stesso.” Disse, con voce spezzata.
Severus vacillò.
Hai ragione, Regulus. Dannato, inutile, patetico amarsi. Non serve a niente. Non è abbastanza. Però non smettere: da lontano, da vivo o da morto, non smettere. Io farò lo stesso.
Sei l’unico che sono capace di amare. L’unico che me l’ha chiesto.
Ma non posso trattenerti, né seguirti.

Non disse neanche questo, non ci sarebbe riuscito e poi Regulus lo sapeva già: poteva leggerlo nella linea delle sue labbra, tese e rigide e nel tremore delle sue mani.
Rimasero fermi, uno di fronte all’altro, disegnandosi a vicenda con lo sguardo per imprimersi nella memoria il ricordo di ciò che stavano perdendo, avvertendo l’eco del loro bisogno reciproco. Il Marchio urlava ancora il suo richiamo muto e loro non si avvicinarono, né si toccarono, poi, con un cenno di assenso e una singola lacrima che prese a scendere sulla guancia tirata, Severus si smaterializzò.

§§§



“Signori,” Tuonò Voldemort rivolto ai Mangiamorte raccolti intorno al tavolo con lui. “A quanto pare ho appena avuto la conferma di essere stato tradito.”
Gli altri si guardarono intorno con circospezione, chiedendosi chi mancasse all’appello, mentre Severus, ancora scosso dalla consapevolezza della mancanza, abbassò gli occhi, tentando di non rivelare la sua angoscia.
Regulus…
Si asciugò frettolosamente la lacrima solitaria con il dorso della mano che ricadde subito dopo sul grembo, insensibile.
Voldemort si avvicinò, gli alzò il mento con un violento movimento delle dita e fissò gli occhi nei suoi, neri e immobili..
“Regulus Black pagherà il suo tradimento con la vita,” sussurrò con un ghigno, avvicinandosi pericolosamente al viso di Severus, poi si voltò e tornò al suo scranno.
Tutti i presenti ammutolirono e Severus continuò a rimanere immobile, nella speranza di smettere di provare quello che stava provando, nella speranza di potersi strappare il cuore dal petto e liberarsene una volta per tutte. Perché diavolo batti, adesso?
Niente da fare.
Eppure avrebbe dovuto aspettarselo: lui perdeva sempre tutto.
“Severus…” Voldemort lo riscosse nuovamente dai suoi pensieri agitati.
“Mio Signore.” La sua voce risultò sorprendentemente calma, considerando l’inferno che gli bruciava dentro.
Stava diventando bravo.
“Tu e Regulus eravate molto vicini.” Non era una domanda.
Eravate.
Severus alzò lentamente lo sguardo.
“Sì, mio Signore,” decise di non mentire, ma cominciò automaticamente a schermare i suoi pensieri, temendo un attacco feroce.
“Quindi, ora puoi anche riferirmi cosa blaterava il piccolo re* tra le lenzuola.” Ringhiò Voldemort, gli occhi fiammeggianti e un sorriso terrificante a deformargli le labbra sottili.
“Non capisco, Mio Signore,” Rispose Severus, riuscendo a mantenere il tono calmo. “Non avevo sentore dei pensieri di tradimento nei vostri confronti da parte di Black, altrimenti vi avrei di certo avvertito.” Mentì spudoratamente su tutto.
“Allora non ti dispiacerà avvicinarti e aprire la tua mente per farmi controllare di persona,vero?” rispose Voldemort stringendo gli occhi.
Severus ebbe un fremito che mascherò con maestria. “Niente affatto, Mio Signore.” Disse, alzandosi e portandosi al suo cospetto.
“Benissimo, ” gracchiò il Signore Oscuro alzando la bacchetta. “Legilimens!”
Snape aveva già provveduto ad innalzare barriere inattaccabili sui ricordi incriminanti, lasciando agli occhi di Voldemort solo ciò che era accaduto prima di quel pomeriggio, a Grimmauld Place.
Dopo qualche minuto di esplorazione dolorosa, la mente di Severus fu abbandonata e Voldemort, furioso come non mai, gli puntò di nuovo la bacchetta contro.
“Che questo sia di monito per chi abbia mai avuto anche il solo pensiero di tradirmi.” Parlò rivolto a tutti i presenti, ma continuò a fissare Severus per tutto il tempo. “Crucio!”
Era la prima volta che Severus subiva una Cruciatus e, quando il raggio raggiunse il suo petto, un dolore indescrivibile si irradiò lungo tutto il suo corpo, come una scossa elettrica amplificata all’ennesima potenza. Cadde in ginocchio e poi steso sul pavimento - le gambe e le braccia che si agitavano convulsamente - mentre un grido prolungato e lancinante raggiunse le sue orecchie, ferendole; a poco a poco si rese conto che quel grido usciva dalla sua stessa bocca. Il dolore era così intenso che lui non riuscì più a definire i confini del proprio corpo: era fuoco, dentro e fuori. Poi, dopo un ultimo grido rauco, svenne.

§§§



Severus se n’era andato da pochi minuti quando Regulus si alzò barcollando dal pavimento e chiamò il suo Elfo Domestico.
“Kreatcher, vieni qui.”
L’Elfo si materializzò nella stanza con un sonoro Crac, nel giro di due secondi.
“Padron Regulus ha chiamato?” poi, accortosi della ferita di Regulus, cominciò ad agitarsi. “Padron Regulus è ferito! Io posso fare qualcosa per aiutare Padron Regu-“
“Lascia perdere,ora, per favore!” esclamò il giovane Black, frettoloso. “Non preoccuparti, è una cosa da nulla di cui mi sto già occupando.” Aggiunse con più garbo, mentre si ripuliva del sangue alla bell’e meglio, con una camicia pulita che giaceva abbandonata su una poltrona.
Regulus ritrovò un po’ di energia concentrandosi sul suo obiettivo, mentre tentava di non pensare a ciò che era appena accaduto. A Severus. Al fatto che probabilmente non lo avrebbe più guardato, più toccato, più respirato.
Più.
Era inevitabile. Non avrebbe potuto dargli spiegazioni e Severus non avrebbe voluto sentirle.
“Kreatcher,” disse, sbrigativo. “Devi portarmi alla grotta, puoi farlo, vero?”
L'Elfo rabbrividì ma fece cenno di sì con la testa. “Si, posso accompagnare padron Regulus.”
“Bene, muoviamoci.”
Detto questo, si smaterializzarono.

§§§



Severus aprì gli occhi a fatica: era a terra, scomposto e con il viso coperto dai capelli bagnati di sudore ormai freddo.
Rimase lì, facendo vagare gli occhi intorno: la stanza era vuota, Voldemort lo aveva lasciato a terra mentre era ancora incosciente e se ne era andato, dopo aver dato ai suoi Mangiamorte l’ennesima dimostrazione della sua supremazia.
La supremazia sui suoi discepoli, i suoi servi, i suoi serpenti gonfi di veleno pronti ad attaccare al suo comando.
E lui sarebbe stato il migliore di tutti.
Nauseante ma vero: non aveva scelta, anche se Regulus Black credeva il contrario.
Regulus.
L'accaduto di poche ore prima lo colpì con una forza tale da farlo tremare.
Il dolore che provava fuori si estinse del tutto, mentre quello che aveva dentro cominciò a spingere in tutte le direzioni, annientando ogni possibile reazione.

Non è la dannata Cruciatus a fare male, è la tua assenza, che mi violenta l’anima.
Sei tu che fai una scelta, dopo una vita passata a reagire alle scelte di tuo fratello.
Sei tu che te ne vai per non tornare.
Sei tu che, forse, adesso sei morto, stupido di un Black.
E sono io che ti lascio andare, che penso a sopravvivere.
Sono io che mi illudo di non avere paura della solitudine.

Ho paura, Sev… aiutami…
Severus si alzò di scatto, stordito da quel pensiero non suo che gli aveva attraversato la mente, congelandosi sulla fronte in echi sempre più lontani.
“Dove sei?!” urlò, disperato.

§§§



Quando si trovò di fronte al bacile in cui era nascosto l’Horcrux, a Regulus tremarono le mani e temette di non riuscire a portare a termine il compito che si era imposto, ma si costrinse a procedere. Trasse dalla tasca interna della giacca il gioiello falso con mani tremanti e lo allungò a Kreatcher. “Prendilo,” gli intimò. “Non appena sarò riuscito a vuotare il bacile dalla pozione dovrai fare lo scambio.”
“Ma, Padron Regulus, è…è troppo doloroso…” tentò l’Elfo.
“E’ necessario. Fai come ti ho ordinato,” Disse Regulus, parlando con decisione ma rivolgendogli il più sofferente degli sguardi. “Dovrai distruggerlo subito, è fondamentale, e non dovrai parlarne a nessuno: neanche mia madre deve sapere.” Aggiunse, con la voce incrinata dal dolore e dalla stanchezza.

Poi cominciò a bere e, più beveva, più gli incubi affioravano dietro le sue palpebre e lo tormentavano: scivolò a terra, stremato e dolorante ma continuò a sforzarsi di bere la pozione, finché non vuotò il contenuto del bacile.
Dopo un paio di minuti, ancora ansimante, si alzò, aggrappandosi ai lati del contenitore di pietra e gettò lo sguardo ormai incerto all’interno, dove riposava il Medaglione di Salazar Serpeverde: il vero Horcrux.
E di nuovo il dolore – lancinante – lo costrinse a terra, a contorcersi tra gemiti e grida trattenute.

Severus, mi perdonerai? Voglio solo mettere a tacere le grida nella mia testa. Voglio che questa puzza immonda se ne vada: la colpa ha un odore così cattivo, Severus. Tu la senti? Io ne sono pervaso. Ha sopraffatto l’odore della tua pelle, non la sopporto più.
La gola cominciò a bruciare: ben presto una sete inestinguibile lo avrebbe colto.

Kreatcher  fece lo scambio, guardandolo con i grandi occhi offuscati da lacrime calde e pesanti: avrebbe volentieri preso il posto del suo padrone in quel momento, ma obbedì e, tremando per la disperazione, si fece da parte. Regulus non avrebbe permesso a nessuno di morire al posto suo, neanche ad un Elfo Domestico. Di certo non al suo, e questo dilaniò ancora di più il cuore del povero Elfo che si accoccolò in un angolo ad assistere allo spettacolo peggiore della sua vita.
Regulus non resistette a lungo alla sete: si avvicinò al lago e si inginocchiò - le mani che reggevano la gola bollente e arida. Ingoiò un primo sorso, poi un secondo, quando notò un movimento nell’acqua: attraverso le ciocche di capelli che gli erano ricadute sugli occhi, vide una mano esangue emergere lentamente, poi le mani diventarono due e infine una testa scheletrica e ghignante uscì dall’acqua. Nel giro di pochi secondi decine e decine di Inferi emersero dal lago: un odore di morte e putrefazione riempì l’aria e Regulus capì di non avere scampo. Tentò di estrarre la bacchetta ma ormai non riusciva nemmeno a combattere: era debole e la sete lo annientava.
Chiuse gli occhi.
“Ho paura, Sev…aiutami…” Ripeté queste parole fino a che le mani scheletriche degli Inferi lo trascinarono sotto il filo dell’acqua, sempre più giù, finché tutto divenne buio e silenzio e le sue lacrime si fusero con le acque del lago.
Poi, poco prima di perdere i sensi, lo sentì: calore luminoso che attraversava il suo corpo e lo calmava.

Non smettere, Regulus. Io farò lo stesso.
Io farò lo stesso.
Farò lo stesso.

FINE




* Piccolo Re: Regulus, in lingua latina.
  
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