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Autore: Lord_Trancy    24/06/2012    4 recensioni
Di notte, d’estate siamo tutti giovani.
Ci sono tante cose che però non si vedono. La luna le conosce, e non piange.
“Le voci dei due ragazzi scorrevano in quelle strade vuote anche del pallore della luna, quasi imperiose per la loro bellezza, anche se raccontavano un po’ di quel niente che è il tutto per i ragazzi con i sogni.”
[M♥M]
{Dedicata a quella mia conoscente e a chi, come lei, ha gli occhi e non riesce a vedere}
Genere: Generale, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matt, Mello | Coppie: Matt/Mello
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata a quella mia conoscente che “quelle due facciano quello che vogliono, ma non dove la gente le veda!” e a chi come lei ha gli occhi e non riesce a vedere.

 

~†~

 

 
Le vie del centro, quelle con i locali a ogni angolo, vive di gente delle belle serate, erano ormai distanti. Due ragazzi si erano staccati dal loro gruppo di amici, salutando i compagni delle avventure per le strade del centro, delle birre alla spina e delle rose comprate per strada, da dedicare alle ragazze con le gambe lunghe e belle, con il sorriso dell’estate giovane.
Anche se, per i due che stavano imboccando la strada di casa, le cose andavano in maniera differente.
No, anzi, non c’era nulla di diverso.
Erano due ragazzi che passavano il sabato sera per le strade del centro, ridendo di niente e vivendo la gioventù, ma che per farlo senza vincoli erano silenziosamente costretti a dosare le parole, non lasciare indizi dubbi.
Perché se nessuno sapeva avrebbero vissuto quei loro vent’anni  –forse più, forse meno- ricchi di speranze e di responsabilità ancora lontane, senza pecche, rinunce e delusioni.
Camminavano sul marciapiede. La luna c’era ma era mangiata dalla luci della città, dominava invece la luce sintetica, arancione, dei lampioni che, ad intervalli regolari, sorgevano lungo la strada illuminando i due quasi ventenni. Anche se il colore prepotente di quella luce artificiale poteva giocare brutti scherzi, si potava affermare che uno dei due avesse i capelli rossi, tonalità vistosamente esaltata dalla luce arancione, mentre l’altro era biondo, sì, nonostante i lampioni.
Parlavano, sereni. Parlavano di quello di cui possono parlare due ragazzi della loro età, ragazzi come tanti che spendono le sere estive per le strade del centro.
Parlavano e le loro voci erano belle. Lungo tutta la grande via attorniata dai palazzi alti, non c’era un’anima. Le voci dei due ragazzi scorrevano in quelle strade vuote anche del pallore della luna, quasi imperiose per la loro bellezza, anche se raccontavano un po’ di quel niente che è il tutto per i ragazzi con i sogni.
Camminavano vicini, uno di fianco all’altro, guardandosi ogni tanto negli occhi, per avere la conferma che l’altro lo stesse ancora seguendo i discorsi leggeri.
Un uomo uscì da un portone di legno pesante. Teneva un cagnetto al guinzaglio.
Rallentarono il passo, giunti vicino alla casa del rosso. Quest’ultimo concluse un discorso, attendendo un istante prima di udire la risata cristallina –quasi impercettibile a dire il vero, ma che gli mandava il cuore a farsi un trip irripetibile a parole- del biondo, unendovisi a propria volta.
In lontananza, forse a qualche piano alto di uno dei palazzi, un bambino iniziò a piangere, bastò poco che il suo suono sgradevole fosse inghiottito dalla staticità della notte lontana dal centro.
Il rosso e il biondo parlavano piano, tanto che il rombo di una motocicletta –forse ad un paio di isolati da lì- risuonò con forza.
«Grazie di avermi accompagnato fin qui.» disse il rosso, dando le spalle al portone e guardando l’altro negli occhi.
L’uomo con il cane sospirò stanco, osservando i propri piedi seguire la strada del volpino, tanto reclamato dalle sue figliolette, ma affidato alla sua cura.
«Sì… ci vediamo domani?» disse il biondo, tradendo ingenuamente aspettativa, nel pronunciare l’ultima frase.
«Sì certo.» rispose pronto l’altro, come se stesse aspettando quelle parole.
Si guardarono, come se volessero dire tante altre cose. Avevano però imparato a leggerle negli occhi, perché il tempo per dire la verità era poco, i pomeriggi sempre meno innocenti, chiusi in casa, erano sempre meno frequenti, i luoghi giusti per dire cose sbagliate – ma erano vere! Erano così vere che non poterle esprimere, non poter comprare quelle rose a pochi euro per strada e dedicarle a chi davvero desideravano, faceva un gran male- erano pochi e desolati. Ma i rimpianti erano il prezzo per camminare tranquilli per le strade del centro, nelle estati giovani.
Era tardi, era tanto tardi quella sera. Trascorrerla anche solo per pochi attimi sulla strada rendeva tutto quasi finto. L’uomo brontolò il cane, strattonandolo un po’.
«Mihael…» s’interruppe boccheggiando. Non poteva proseguire.
Anche Mihael era un po’ rigido nel suo starsene ritto in piedi di fronte al rosso, cercando segretamente di temporeggiare per stargli vicino – in un modo o nell’altro – quanto più potesse. Aprì la bocca, fece per parlare.
Il rosso era come titubante – perché, poi, un bel giovane innamorato, sposato con l’estate e la sua vita, dovrebbe essere così insicuro davanti a ciò che tutti cercano e che solo il cuore trova, lo sapeva solo la luna che era fuggita, sapiente – si guardava un po’ intorno, facendo guizzare lo sguardo a destra e a sinistra.
Il bambino, forse un altro, riprese il suo pianto. Sfumava, in lontananza.
Entrambi i due ragazzi avevano visto l’uomo col cane, ma Mihael non aveva ora la voglia di fare quello che stava facendo l’altro, non voleva guardarsi intorno per accorgersi che, sì, quell’uomo era troppo vicino.
Non voleva conferme che lo spingessero a non fare quello che stava facendo.
Un po’ impacciato forse, come è giusto che sia, si era sporto in avanti, verso il viso del rosso e, prima che potesse succedere qualcosa d’altro, premette le proprie labbra emozionate sulle sue. L’altro fu colto da un’emozione strana, un po’ prepotente, ma non era sorpresa. Nemmeno se ne accorse che finì per stringergli le spalle.
Lo voleva, lo voleva tanto. Troppe volte in quella gioventù che non chiede altro che essere vissuta, si erano privati di tanti piaceri, anche più semplici.
Tanti baci, carezze, sguardi troppo lunghi, sospiri, parole che venivano su dal cuore, erano morti prima ancora di nascere, un aborto causato da occhi troppo ignoranti per vedere.
Fu un bacio breve, delicato. Il tempo di schiudere un po’ le labbra per godersi il respiro dell’altro, che già i loro visi erano troppo distanti. Ma gli occhi rimanevano incatenati con un incanto che niente, niente, avrebbe spezzato.
L’uomo passò di fronte ai due ragazzi –il cagnetto aveva perso entusiasmo per quei pochi metri di asfalto, e sembrava trascinare le zampine pelose alla stregua del proprio padrone- gettando un occhio a quell’insolita vicinanza che univa quei due visi troppo rossi per quella sera fresca d’estate.
Abbassarono lo sguardo, colpevoli.
L’uomo alzò un sopracciglio, piegando impercettibilmente le labbra verso il basso, un’espressione vagamente contrariata. Poi, indifferente, proseguì la sua strada noiosa.
 
Poco più tardi, il ragazzo più alto, quello biondo, sfilò lo smartphone dalla tasca posteriore dei pantaloni. Era un sms del suo ragazzo, diceva “Buonanotte Mihael, ti voglio bene”. Gli parve di sentire la voce ridotta ad un sibilo dell’altro, mentre gli diceva quelle cose. S’immaginò che sorridesse.
Per quanto avrebbero dovuto tenere la voce bassa?
Guardò in cielo, in cerca della luna e le sue risposte. Ma la luce della città l’aveva portata via.
“Anche io” rispose muovendo veloce le dita sul touch screen. Non sorrise.
 
Erano due ragazzi. Non erano etero, o gay, o altre etichette date dai molti. Erano due ragazzi innamorati, come tanti giovani d’estate.
Per il bene di se stessi, ed anche la convinzione di poterci riuscire, avevano deciso di mantenere un segreto.
Solo la luna sa se ci siano riusciti.
 
Ma le difficoltà sono tante.

 
 
 
 
 
Qualche Nota:
Mah. Stavo tornando a casa a piedi ieri sera, con un mio amico. Sarà stata l’aria del silenzio, ma poi ho sentito il bisogno di scrivere qualcosa. Ecco quindi questa shottina senza nessunissima pretesa, di mille parole e poco più. Vi giuro, non voglio proprio arrivare a nulla, ho scritto questo testo semplice e breve solo perché mi sento in colpa ad affannare la mia beta, vera ed impegnata donna di mondo, con tutte le mie ispirazioni estive. Quindi niente di abbastanza serio da poter essere corretto U_U
Uhm…uhm… ero partita con lo scrivere un rientro a casa di sera e poi boh, saranno le tante rivelazioni di questo giugno, sarà la mia indole polemica, sarà che mi sono resa conto di davvero troppe cose che… che… non so che ho combinato.
Come sempre mi auguro di ricevere qualche recensione, mi servirebbe farmi un’idea di quello che scrivo.
Vi voglio bene, Lettori.
Lally
 
  
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