Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |       
Autore: rospina    24/06/2012    2 recensioni
Bell Pallone.
Una giovane ragazza dai rossi capelli e mille difetti, con un'amica del cuore sempre fedele e attenta e un fratello che vuole fare il medico ... il resto sarà tutto da leggere e scoprire. Spero che lo facciate in tanti ...
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

UNA SEMPLICE STORIA

 

 

Perché vorrei solo che la speranza non andasse mai via, perché vorrei volare nel cuore di coloro che amo per restarci sempre e insieme con loro poter scrivere una semplice storia di felicità …

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo un anno e mezzo di estenuante lavoro sono giunta al termine! Arrivare alla fine di questo nuovo lavoro è stato davvero difficile ed estenuante, perché questo racconto ha sopportato mille peripezie, forse era un segno del destino, che vuole dirmi.

“questa storia fa schifo te l’ho detto mille volte, ma tu niente, arrangiati”.

Non so come troverete questa storia, la trovo strana io, figuriamoci voi che la andrete a leggere, attenderò con ansia ogni vostro giudizio, negativo o positivo … non fa nulla sono qui ad accettarlo. E poi voglio ringraziare in modo particolare Alessia, per il suo sostegno e la sua pazienza. Grazie a mamma e papà, come sempre, perché loro credono davvero in me, e grazie a chi mi vuole bene, perché non lo sanno, ma con una loro parola sanno davvero farmi andare avanti sempre e comunque.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                                                                                                                            

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tre mesi.  Tre lunghi mesi di lavoro buttati via. Era davanti al suo portatile con le mani fra i capelli e lo sguardo fisso al monitor incredula, non riusciva ancora a crederci, la sua storia totalmente distrutta e non poteva recuperarla. Cos’era successo? Ancora non lo sapeva, forse un virus si era insinuato nel suo computer, infido e traditore, sotto le false spoglie di una qualunque bellissima canzone, e le aveva mangiato il suo manoscritto, ridotto a brandelli, neppure le tarme sarebbero riuscite a fare un lavoro migliore con la carta conservata nella soffitta. Bell Pallone guardava intontita quelle parole poste senza senso in quelle pagine virtuali, e senza saperne la ragione, delle minuscole lacrime cristalline, calde e salate stavano percorrendo il suo volto lentamente. Non erano lacrime copiose, erano solo due. Due gocce salate che esprimevano con delicatezza la sua tristezza. Allungò una mano e abbassò lo schermo, era ora di andare a dormire. Spense la luce della stanza e s’insaccò nel letto. Si rannicchiò per il freddo nel suo piccolo letto singolo. Con la bocca cercava di scaldarsi le mani con l’alito. Si disse che quella sera non sarebbe riuscita a chiudere occhio, e invece la stanchezza s’impossessò di lei e cadde in un sonno profondo. L’indomani mattina si alzò ancora intontita e depressa, le parve di non essere riuscita a chiudere occhio, e nonostante tutto il suo corpo fosse riposato, e il suo volto fresco e delicato, come solo i visi delle giovani diciottenni sanno essere, cercò di far sembrare il suo sguardo sofferente. Raggiunse la cucina strisciando i piedi, alzò la mano in  segno di saluto, si avvicinò al frigorifero e prese il latte freddo, come un automa lo versò nella sua tazza e lo mise nel microonde. Sempre gli stessi minuti e sempre la stessa gradazione per scaldarlo. Tenne gli occhi fissi sul fratello. Francesco, che stava guardando con attenzione una puntata di E.R. . Il campanello del piccolo forno multifunzione, che loro usavano solo come scaldavivande, la riportò alla sua colazione. La tazza di latte fumante era davanti a lei, e mentre rovesciava i cereali nella scodella, che riportava la foto di due personaggi dei cartoni animati; chiese a suo fratello:

“Non noti nulla di strano?”

Lui la guardò dritto negli occhi azzurri come i suoi, un’occhiata fugace, Bell aveva i soliti capelli rossi e ricci, tutti arruffati, come tutte le mattine del resto, corrugò la fronte, la guardò meglio, si avvicinò a lei col viso, e quando finalmente furono vicini vicini, lui le disse:

“Ora che ti guardo bene si!”

Il volto di Bell ebbe un lampo di gioia. Qualcuno si era accorto del suo malessere.

“Dovresti toglierti i baffi con la ceretta, si vedono troppo”

Bell si sentì avvampare e divenne paonazza. Non si vergognava di suo fratello, ma era arrabbiata. Nessuno la prendeva seriamente in considerazione,trangugiò il suo latte e finì di prepararsi. Aveva già lo zaino in spalla quando chiese:

“Ma dov’è finita mamma?”

“Non c’è, è andata in palestra presto stamattina, ah dimenticavo, ha detto di dirti che non torna per pranzo, non ci sarò neppure io, devo andare all’università ho lezione”

“Ok, a stasera allora”

E uscì da casa in tutta fretta. Capitava spesso che si ritrovasse da sola per il pranzo. Sua madre era troppo impegnata a mantenersi in forma, uscire con le amiche e fare compere. Suo padre era un  imprenditore edile di successo. Ma in casa non era presente, era una figura che un po’ mancava nella famiglia Pallone, per lui il lavoro veniva prima di ogni cosa, doveva incrementare il suo capitale, perché lui teneva a vedere il suo conto in banca sempre più gonfio, e poco importava se stava perdendosi le cose più belle della sua vita, si era perso la lunga ed estenuante decisione di suo figlio Francesco di andare all’università e seguire i corsi di medicina, e si stava perdendo le angosce giovanili di Bell, la sua paura di non superare gli esami di maturità,la prima cotta e le liti con le amiche che a lei sembravano insormontabili. Il capo famiglia Pallone si stava perdendo tutto questo. Inconsciamente. E senza chiedersi se un domani avrebbe rimpianto tutto questo.

La campanella aveva suonato, e strisciando i piedi raggiunse l’aula dalle pareti completamente bianche. Alcuni compagni erano già arrivati e parlavano fra loro seduti sopra i banchi verdi, allineati due a due per tutta la lunghezza della stanza. La lavagna verde era appesa a lato della cattedra, e proprio nel centro del muro era attaccato un crocefisso misero, e quasi ignorato da tutti, al suo fianco la foto del presidente della repubblica, un uomo normale con bianchi capelli e alcune rughe che avrebbero dovuto significare saggezza, ma a nessuno di quegli alunni importava veramente di quell’uomo tanto importante per l’Italia. Bell Pallone occupò posto al suo banco, fece cadere lo zaino per terra e si sdraiò per metà sul banco. Uno dei suoi compagni la chiamò:

“Pallone mi passi i compiti?”

Lei si voltò, era Emanuele Tellini. Suo compagno di scuola dal primo anno di liceo. Lui era tra i ragazzi più ambiti di tutto l’istituto, nessuna ragazza era capace di resistere al suo fascino che era ben fornito di arroganza da vendere. Bell non lo guardò e gli disse di sì, che aveva fatto tutto:

“Se vuoi, puoi copiarli …” ma non si mosse per tirare fuori i quaderni dallo zaino. La stanza si riempì quasi completamente, e subito dopo entrò la professoressa. Una donna non altissima, dai corti capelli biondi, aveva sui cinquant’anni, un paio di occhiali dorati sul naso, che non nascondevano i suoi occhi castani, sulle labbra aveva un filo di rossetto rosso. Si sedette sulla sedia alla sua scrivania e fece scivolare via la pelliccia di visone sulla spalliera della sedia. Si schiarì la voce e gridò:

“Buongiorno! Se non ve ne siete accorti, sono entrata”

 E con un coro scomposto risposero:

“Buongiorno professoressa”

Prese il libro fra le mani e iniziò a canticchiare una vecchia canzone:

“La lontananza sai è come il vento, che fa dimenticare chi non s’ama …”

Bell e il resto della classe sapevano bene cosa significava quella canzone. Ogni qual volta la professoressa cantava quei versi c’era aria di interrogazione, e tutti cercarono di farsi piccoli per non farsi notare,  in maniera assurda, tanto sapevano bene che alla fine avrebbero dovuto far sapere anche loro cosa sapevano. Bell non se ne curò, era tra i primi della classe, lei sapeva sempre tutto, non si faceva mai cogliere impreparata alle interrogazioni, o ai compiti in classe. Amava studiare, e aveva paura di non riuscire a dare quello che sapeva di poter dare, ora che era arrivata al rush finale, e poi ancora non aveva deciso cosa fare con l’università, ogni volta che voleva affrontare l’argomento con sua madre lei era troppo impegnata a fare qualcos’altro per interessarsene. Suo fratello non poteva e non voleva darle nessun consiglio, era convinto che non dovesse essere influenzata nelle sue scelte, ma che doveva essere lei a decidere del proprio futuro. L’idea di parlarne con suo padre non le aveva neppure sfiorato la mente. E ad ascoltarla aveva trovato lei, quella piccola grande donna che era la sua professoressa, che portava un nome tanto piccolo Rosa, un nome che spesso era diminuito dai suoi colleghi che amorevolmente la chiamavano Rosellina. Bell adorava quando la sentiva chiamare con quel vezzeggiativo, credeva che le stesse davvero bene, era fatto per lei, perché le rose sanno nascere anche nel freddo dell’inverno pur essendo delicate. E lei, aveva letto quello che lei scriveva e la spronava ad andare avanti. Nessun altro aveva letto i suoi manoscritti, provava vergogna per quello che scriveva, pensava che fossero delle schifezze, però nonostante tutto, non riusciva a smettere di farlo. Bell ascoltava attonita quello che succedeva, sapeva bene che quel giorno non sarebbe stata interrogata, e con la matita faceva strani ghirigori sul quaderno che usava per gli appunti.

Tellini!” tuonò imperiosa la voce della professoressa

“Vieni avanti che oggi tocca a te!”

Il giovane alzò gli occhi al cielo, come un attore consumato si alzò dalla sua sedia e con la sua inconfondibile camminata raggiunse l’insegnante di italiano.

La donna gli disse:

“Allora oggi che ne dici se parliamo un po’ in latino?” la professoressa parlava senza neppure guardarlo negli occhi, e il giovane annuì con la testa. Le domande si susseguirono una dietro l’altra, ma purtroppo le risposte erano solo delle misere scene mute, e fu in quel momento che l’insegnante chiese:

“Bell, vuoi rispondere tu?”

Da dietro le spalle una voce sottile le giunse all’orecchio:

“Se osi rispondere guai a te”

Ma lei lo ignorò e rispose facilmente, e fu proprio in quel momento che la professoressa sentenziò:

“Emanuele Tellini, tu dovresti prendere un po’ da Bell … magari foste tutti così”

Si sedettero tutti quanti e  rimasero in silenzio. La lezione finì tra le risa generali della classe, un altro compagno aveva fatto una misera figuraccia di fronte alle domande della prof., come fu fuori subito una ragazza dai lunghi capelli neri si accostò a Bell, dall’alto la sovrastò, i suoi occhi penetrarono gli occhi di Bell, sembrava che una chiazza di petrolio si stesse stendendo nel mare più limpido, e come una belva si avventò su di lei afferrandola per un braccio e con voce sibillina chiese:

“Come ti sei permessa di far fare una figuraccia al mio Emanuele?”

“ma io …”

“Tu cosa?” le parlava standole addosso, il suo corpo era perfetto, le gambe slanciate erano coperte dal jeans, e sopra indossava una maglia corta, leggera, che lasciava percepire le forme del suo giovane corpo saldo. Bell la guardava senza toglierle gli occhi dagli occhi, si sentiva a disagio ma non voleva darlo a vedere, sapeva di non essere bella quanto lei, e i suoi capelli rossi e arruffati non la aiutavano, il suo volto non era quello di una diciottenne, ma quello di una ragazzina molto più piccola della sua età,  i suoi lineamenti erano acerbi, anche lei indossava un jeans e una maglia ma era sicuramente molto meno avvenente. Anche se questo non voleva dire che fosse meno bella, era solo una bellezza diversa,la prima era algida, fredda e distaccata, mentre la seconda era molto più morbida e conferiva tenerezza. E questa continuò:

“Allora pel di carota? Hai niente da dire?”

Lei continuava a non rispondere e fu proprio Emanuele Tellini ad avvicinarsi, fece un sorriso e posando una mano sulla spalla di Martina Loretti, la ragazza bruna, e se la tirò vicino a sé e scomparvero poco dopo.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: rospina